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giovedì 20 dicembre 2018

Coloranti artificiali e loro sicurezza

I coloranti fanno parte degli additivi, e sono sostanze aggiunte al cibo di origine artificiale (o talvolta naturale) che conferiscono un colore diverso da quello originale. Ne esistono quindi di naturali (curcuma, cocciniglia) o artificiali (ossia prodotti con procedimento industriale chimico).
Li assumiamo spesso senza accorgercene, e i bambini con la loro alimentazione "moderna" sono tra i maggiori consumatori; il loro consumo è sicuramente in aumento.

In generale gli additivi non sono privi di effetti collaterali.
Poche settimane fa, in seguito ad una denuncia di un'associazione di consumatori, l'FDA americana ha messo al bando 7 additivi artificiali, ricordando che per una legge del 1938 qualsiasi sostanza sospettata di essere cancerogena non può essere messa nel cibo.

Si può essere allergici a coloranti presenti in cibi e farmaci? Secondo molti allergologi non sembra ci sia una vera e propria allergia, quindi il sistema immunitario non è coinvolto, ma le reazioni avverse non sono così rare. Una review dell'anno scorso invece ha evidenziato che le reazioni avverse ai
coloranti  possono coinvolgere anche il sistema immunitario, sono sia  IgE che non-IgE mediate, ma sono generalmente lievi, raramente portano ad anafilassi (reazione grave e sistemica). La prevalenza è generalmente bassa, ma sale nelle persone con altri tipi di allergie.


https://www.cartoonstock.com/cartoonview.asp?catref=mfln6321


Il loro consumo è sicuro?

Lo vediamo con stralci da un articolo di Healthline.com


"Attualmente la maggior parte dei coloranti artificiali deriva dal petrolio.
Molti di quelli sviluppati nel corso degli anni sono risultati tossici e tolti dal mercato.
L'industria spesso preferisce coloranti artificiali rispetto a caroteni o estratto di barbabietola perché i colori sono più accesi.
Tra le accuse che si muovono, cancerogenicità, allergie e iperattività nei bambini.
EFSA e FDA concludono però che non ci sono rischi significativi per la salute, anche se alcuni coloranti concessi in una nazione sono proibiti in altre. Attualmente si utilizzano 6 coloranti artificiali, ne sono stati banditi alcuni nel corso degli anni".

"Dagli anni '70 del secolo scorso un medico osservò che i coloranti artificiali potevano esacerbare l'iperattività nei bambini, ma non fu tenuto in grossa considerazione.
Studi successivi osservarono però che alcuni bambini predisposti, rimuovendo i coloranti, avevano effettivamente miglioramenti nel comportamento, e in particolare in uno di essi il 73% dei bambini con ADHD riduceva i propri sintomi eliminando i  coloranti artificiali.

Ci si trova sempre in quell'area grigia insomma in cui ciò che fa male ad alcuni ma è innocuo per altri viene definito sicuro.

In sintesi "Gli studi suggeriscono che esiste una piccola ma significativa associazione tra coloranti alimentari artificiali e iperattività nei bambini. Alcuni bambini sembrano essere più sensibili di altri".

Per quanto riguarda un eventuale legame coi tumori, "Il consumo di coloranti alimentari artificiali è in aumento, soprattutto tra i bambini. Consumare troppi coloranti alimentari contenenti contaminanti potrebbe rappresentare un rischio per la salute.
Tuttavia, con l'eccezione di Red 3 (eritrosina), attualmente non ci sono prove convincenti che i coloranti alimentari causino il cancro".
Gli studi sono comunque datati di alcuni decenni, e in questi anni si sono aggiunti molti additivi e contaminanti che potrebbero determinare un effetto sinergico.

Per quanto riguarda il legame con le allergie, "Alcuni coloranti alimentari artificiali, in particolare Blue 1, Red 40, Yellow 5 e Yellow 6, possono causare reazioni allergiche in individui sensibili", con diversi meccanismi.
Uno studio ha evidenziato che tra gli allergici che hanno gonfiore  e prurito, circa la metà peggiora se esposta a coloranti artificiali. In generale chi ha tendenze allergiche farebbe bene a evitarli.

In sintesi, vi sono alcuni timori nell'uso dei coloranti artificiali, ma attualmente l'evidenza che possano causare tumori è definita debole, e alle dosi di esposizione improbabile che possa succedere. L'allergia ai coloranti esiste ma si tratta di un fatto relativamente raro, ma che colpisce soprattutto chi abbia già allergie.
Il pericolo maggiore risulta quindi quello relativo ai comportamenti alterati nei bambini con predisposizione. Se notate comportamenti aggressivi o iperattività meglio evitarli.

C'è una nuova tendenza dell'industria a usare i coloranti naturali, visti come più sicuri, anche se in realtà possono raramente dare problemi anche loro.

La mia considerazione personale è di lasciare prevalentemente negli scaffali i prodotti dell'industria alimentare contenenti coloranti, anche perché spesso sono presenti in prodotti ricchi di zuccheri e grassi raffinati e poveri di nutrienti, soprattutto se abbiamo visto in passato che hanno favorito reazioni avverse che spesso dipendono dall'accumulo e dalla ripetitività dell'esposizione.

Aggiornamento 2/3/2019

La review di Vojdani sui coloranti artificiali: possono attivare infiammazione, reazione allergica, permeabilità intestinale, autoimmunità, crossreattività.

Aggiornamento 15/5/2019

Alcuni rischi legati ai coloranti secondo il Dr. Friedman



Aggiornamento 18/5/2019

Lo zafferano è efficace quanto il metilfenidato nel migliorare il comportamento dei ragazzi con ADHD in uno studio preliminare. L'effetto è dovuto forse alla riduzione dello stress ossidativo, spesso presente nei disturbi neurologici/comportamentali.

Aggiornamento 23/7/2019

Alcuni coloranti possono essere pericolosi per persone con carenza G6PD (quelli che chiamiamo fabici)

Aggiornamento 28/9/2019
In una popolazione cinese è stata rilevata una relazione lineare tra il consumo di bibite zuccherate e l'ADHD

Aggiornamento 10/9/2020

I coloranti per capelli sono inseriti nel gruppo dei probabili cancerogeni. Secondo una revisione degli studi non vi è prova certa che l' uso personale aumenti il rischio tumorale in generale. Un'associazione positiva è stata trovata per rischio di carcinoma basocellulare, alcuni tipi di cancro al seno, e cancro ovarico. Aumento del rischio di linfoma di Hodgkin in donne con capelli scuri, di carcinoma basocellulare in donne con capelli chiari. La genetica dell'N-acetiltransferasi (NAT1 e 2), enzima coinvolto nei processi di disintossicazione, potrebbe giocare un ruolo chiave

Aggiornamento 24/10/2020

Il consumo di bibite zuccherate (SSB) e zucchero è correlato con i comportamenti legati ad ADHD (deficit di attenzione e iperattività). "Si suggerisce che coloranti alimentari, conservanti o persino caffeina nelle SSB possano indurre effetti negativi sui sintomi dell'ADHD".

Aggiornamento 28/10/2020

Le tossicità di molti additivi, come biossido di titanio e altre nanoparticellle contenenti metalli sono ancora allo studio, per il loro effetto su microbiota, fegato, intestino e capacità di passare la barriera ematoencefalica e la capacità di creare stress ossidativo

Aggiornamento 12/12/2020

Gli effetti degli additivi alimentari sul microbiota, possono predisporre all'IBS

Aggiornamento 20/1/2021

Molti bambini con ADHD rispondono alla dieta, con dei miglioramenti nel comportamento. Questo forse perché il cervello tende a rispondere eccitandosi all'introduzione di alcuni cibi e in particolare il cibo spazzatura.
"Il programma di modifica della dieta sotto forma di aggiustamento dell'apporto energetico e di macronutrienti, con l'esclusione di additivi alimentari, glutine, latte e latticini, uova e cibi altamente contenenti salicilati e solfiti, insieme ai suggerimenti di educazione sanitaria (sonno regolare, tempo limitato per la TV) hanno migliorato i sintomi e il comportamento dei pazienti con ADHD come documentato dalla diminuzione dei punteggi della valutazione di Conner.

L'obesità ha un ruolo importante nell'influenzare iperattività, impulsività e problemi di apprendimento nei pazienti con ADHD. Il programma di modifica della dieta è riuscito a ridurre l'obesità e quindi i sintomi dell'ADHD.

L'assunzione limitata di carboidrati nella dieta (concomitante alla riduzione dei cibi con glutine, NdT) è molto efficace nel ridurre l'iperattività e i problemi di apprendimento nei pazienti con ADHD. L'assunzione di grassi ha mostrato un aumento significativo dopo aver seguito il programma di modifica della dieta che forse è uno dei motivi della diminuzione dell'iperattività. Infine, questo studio conclude il grande impatto della modifica della dieta sulla diminuzione dei sintomi dell'ADHD non solo per l'effetto diretto sull'iperattività e sui problemi di apprendimento, ma anche per la diminuzione del BMI che a sua volta migliora i sintomi nei pazienti con ADHD".

Aggiornamento 13/5/2021

I coloranti giallo arancio S (E110) e Rosso Allura AC (E129) possono essere responsabili di colite e IBD in topi che hanno alti livelli di interleuchina-23, in particolare se presenti alcuni batteri che li metabolizzano.
"I drammatici cambiamenti nella concentrazione di inquinanti dell'aria e dell'acqua e l'aumento dell'uso di alimenti trasformati e additivi alimentari nella dieta umana nel secolo scorso sono correlati con un aumento dell'incidenza di malattie infiammatorie e autoimmuni", ha detto l'autore dello studio Sergio Lira.

Aggiornamento 29/5/2021

Le nuove linee guida per la prevenzione delle allergie alimentari nei bambini.
In estrema sintesi, evitare l'uso di latte vaccino in formula come supplemento per i bambini allattati al seno nella prima settimana di vita; introdurre uova ben cotte, ma non crude o pastorizzate nella dieta del neonato come parte dell'alimentazione complementare; nelle popolazioni in cui vi è un'elevata prevalenza di allergia alle arachidi, introdurle in una forma adeguata all'età come parte dell'alimentazione complementare.
Le donne in gravidanza non devono eliminare i cibi allergizzanti, perché questo aumenta il rischio di allergia nel bambino.
Inoltre, non si sono pronunciati pro o contro gli omega 3, probiotici, prebiotici o le vitamine in gravidanza e allattamento

Aggiornamento 26/9/2021

Le allergie legate agli alimenti non mediate da Ig-E (o miste) sono prevalentemente reazioni gastrointestinali (malattie eosinofile in particolare esofagite, celiachia, enterocolite allergica indotta da proteine ​​alimentari (FPIES), enteropatia indotta da proteine ​​alimentari (FPE) e proctocolite indotta da proteine alimentari (FPIAP)) o dermatologiche (dermatite atopica) e spesso anche altri allergeni (inquinamento, irritanti, pollini ecc.) sono concausa.
Le diete di esclusione e quella a basso contenuto di istamina possono funzionare.
I fattori nutrizionali influenzano la tolleranza.
"Dopo che le fibre alimentari vengono metabolizzate, i derivati batterici, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA) e l'acido retinoico (RA), influenzano lo sviluppo e la funzione delle cellule FoxP3+ Treg attraverso l'interazione con le cellule epiteliali intestinali e le cellule dendritiche tollerogeniche (DC) con Cellule T CD4+ naive. L'attivazione e l'espansione delle cellule Treg promuovono la produzione della citochina regolatrice immunitaria, IL-10, che favorisce il cambio di classe delle cellule B da IgG1 a IgG4. Le cellule B IgG4 allergene-specifiche producono anticorpi ad alta affinità per gli allergeni alimentari, prevenendo le interazioni dell'allergene con le IgE legate ai mastociti. I fattori derivanti dal microbiota, come i cataboliti triptofano-indolo, possono attivare direttamente le cellule linfoidi innate attraverso il recettore degli arili (AhR), e indurre la produzione di IL-22, una citochina che promuove rigenerazione dell'epitelio intestinale e integrità della barriera" (riducendo la permeabilità intestinale che è alla base di molte malattie).
Invece l'esposizione a batteri infiammatori attiva le citochine che richiamano gli eosinofili, producono le Ig-E e promuovono il rilascio di istamina, alla base delle reazioni allergiche.
"In condizioni normali, solo quantità minime di antigeni alimentari (Ag) possono attraversare le barriere della mucosa attraverso la via paracellulare, un processo tipicamente associato allo sviluppo della tolleranza immunitaria. L'esposizione ad Ag di durata o entità inappropriata può portare a malattie immuno-mediate in soggetti geneticamente suscettibili.
Gli allergeni degli acari "sono in grado di interrompere le giunzioni strette intercellulari (TJ) e aumentare il traffico di Ag attraverso i monostrati epiteliali bronchiali. Questa proprietà, e in generale la capacità di indurre funzioni effettrici epiteliali, è condivisa con altri allergeni, inclusi alcuni allergeni alimentari, e trigger meno specifici come detergenti e microplastiche".
Alterazioni della permeabilità delle diverse mucose o epiteli (derma ecc.) sono sempre presenti nelle allergie.
"Come ampiamente documentato in numerosi studi condotti negli ultimi 20 anni, la composizione e la diversità delle comunità microbiche che rivestono tutte le superfici corporee, denominate collettivamente microbiota, rappresentano una variabile importante e critica nella regolazione della competenza barriera e delle risposte adattative e innate".
Escludere alimenti in gravidanza può favorire sbilanciamenti nel microbiota del bambino e aumento degli anticorpi legati alle allergie, mentre l'uso di probiotici riduce il rischio.

"Le reazioni alimentari non allergiche sono state anche definite come "ipersensibilità alimentare non allergica". Negli ultimi anni il termine “intolleranza” è stato spesso abusato per definire un'ampia gamma di disturbi legati all'assunzione di cibi diversi. Molteplici e autorevoli segnalazioni, sia scientifiche che istituzionali, chiedono con insistenza di rivedere la terminologia per collocare il complesso mosaico di questi disturbi nella più corretta definizione clinica di “reazioni avverse al cibo non immunologiche”.
L'esistenza e la prevalenza delle ipersensibilità tra cui glutine, istamina e glutammato, è tuttora dibattuto. L'assenza di test affidabili è un altro problema.
Le sensibilità a istamina, additivi e salicilati sono indipendenti dall'ospite. Quelle al lattosio, glutine (o grano) e FODMAP sono invece dipendenti dall'ospite.
Le linee guida NICE sul'intestino irritabile consigliano una dieta varia con esclusione degli alimenti trigger, e in secondo luogo la dieta FODMAP

Aggiornamento 9/2/2022

Gli additivi alimentari e in generale il cibo industriale (dolci conservati, carni processate, zuccheri e grassi aggiunti, dolcificanti) alterano il microbiota e favoriscono permeabilità e infiammazione intestinale, aumentando il rischio di malattie infiammatorie croniche intestinali.

Se fate del vostro intestino un cestino della spazzatura non rimaneteci male se poi non state bene

Aggiornamento 29/12/2022

Il colorante sintetico rosso allura (E129), usato per esempio nel bitter, può aumentare il rischio di morbo di Crohn. I topi esposti cronicamente a questa sostanza sviluppano colite.
Il meccanismo d'azione coinvolge un'interruzione dell'integrità della barriera epiteliale intestinale tramite la chinasi della catena leggera della miosina e la riduzione dello strato di muco, inoltre stimola la secrezione di serotonina del colon, modulando la composizione del microbiota intestinale e promuovendo la colite e le reazioni infiammatorie.

Aggiornamento 25/4/2023

Un gruppo di adolescenti ha consumato 30g di noci al giorno per 6 mesi, con una moderata aderenza al protocollo (ossia non sempre l'hanno fatto).
Si sono riscontrati miglioramenti nell'intelligenza fluida, nell'attenzione e nei sintomi di ADHD.
Secondo i ricercatori i grassi presenti nelle noci (acido alfalinolenico, omega 3) è capace di favorire la crescita di sinapsi con un migliore funzionamento e quindi migliori connessioni tra neuroni. Per i risultati l'aderenza ha contato molto e i ricercatori hanno concluso raccomandando una porzione per almeno 3 volte a settimana.

sabato 10 novembre 2018

Se fosse così facile…


Prendo spunto da un post di Project Diet che ci informa che è possibile dimagrire tranquillamente, e per questo basta mangiare poco, perché mangiando poco la perdita di grasso è consistente, in quanto per motivi evolutivi il grasso è stipato proprio per quando mangiamo poco, e il muscolo magari rimane lì, come se non ci fossero adattamenti che determinano un suo sacrificio.
Basta tagliare le calorie, e magicamente il corpo utilizzerà le sue riserve sotto forma di grasso, lasciando intonse o quasi quelle di proteine (ossia i muscoli).
Ovviamente non è vero nulla, e lo scrittore dimentica come dimagrire a dismisura sia praticamente impossibile, tant'è che le linee guida parlano di  una perdita di peso del 10% come traguardo/obiettivo, senza neanche distinguere tra massa grassa e magra (anche se si parla di salvaguardare la magra, cosa non facile).
Non basta volerlo. Non basta tagliare le calorie, perché quello di cui ci liberiamo in maggiore quantità sarà il muscolo, in particolare se la massa grassa è bassa.

Invita a usare la logica, ma la biologia non è logica. Quello che è successo nell'olocausto, cioè condizioni che non si possono applicare alla realtà dei nostri giorni, di persone obbligate a lavorare in assenza di cibo, e non con la nostra disponibilità di "di tutto un po'", è un caso a parte (ed è una delle principali ragioni del recupero del peso) . In quel caso si riusciva ad utilizzare tutte le riserve, e quindi chi ne è uscito vivo era scheletrico.

I problemi di certe persone a perdere peso sono noti e non sono solo causati dal mangiare di nascosto. Anche se ovviamente capita anche quello.

Proprio per sopravvivere alle carestie il metabolismo subisce dei cambiamenti che determinano un risparmio energetico che blocca la perdita di grasso. Il grasso è importante e va difeso, mentre i muscoli sono costosi e si possono mantenere solo nei periodi floridi.
E questo riguarda anche i nostri antenati/successori: le carestie vengono "segnate epigeneticamente" nel DNA, e il metabolismo si comporterà di conseguenza.
I figli di chi ha subito un assedio in Olanda durante la II guerra mondiale sono tutti morti di malattie legate al diabete e all'obesità, perché il loro metabolismo si era fissato sul risparmio energetico durante la gravidanza, e hanno avuto una paurosa tendenza a ingrassare durante la vita.

Tutti conoscono il plateau che si ha col dimagrimento (che in senso termodinamico corrisponde a quando la dieta ipocalorica diventa isocalorica, ossia quando continuando a introdurre un numero ridotto di calorie non c'è più un deficit calorico, ma il metabolismo si è adattato a quelle introdotte).

Allora andiamo a studiare cosa succede a livello cellulare. Scopriamo così che esiste una proteina nota come Beta-arrestina, che, come suggerisce il nome, arresta il segnale adrenergico di lipolisi (quello che stimola la fuoriuscita degli acidi grassi dagli adipociti, per capirci) quando tale segnale è costantemente attivato. Una sorta di sicura, o di troppopieno, se volete. E blocca il dimagrimento. Anche la produzione di calore (attivazione del grasso bruno) è bloccata dallo stesso meccanismo, il tutto per risparmiare energia.

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1043276012000471


La trasformazione del grasso bianco in bruno (quello termogenico) viene infatti inibita dalla restrizione calorica, e il grasso bruno non ha rilevanza in questo tipo di dimagrimento, proprio perché viene ridotto ai minimi termini e la sua partecipazione al dispendio
calorico diventa trascurabile.

Niente più rilascio di grasso per scopi energetici, ma sacrificio della massa magra. E quella che rimane aumenta la sua efficienza, nel senso che con le stesse calorie produce più ATP, e la cellula ne consuma meno.


Inoltre Beta-arrestina interagisce con grelina (ormone della fame e del rallentamento metabolico) e insulina (ormone dello stoccaggio dei grassi), stimolando così l'adipogenesi (nascita di nuove cellule grasse), facilitando o predisponendo l'aumento di grasso durante o dopo una dieta ipocalorica. Come abbiamo capito da decenni, più si sta a dieta e più si ingrassa.



Ma non basta, dobbiamo considerare il network ipotalamico (il vero direttore d'orchestra della composizione corporea) di risposta alla restrizione calorica, grazie al quale l'ipotalamo disattiva la sintesi muscolare e l'asse tiroideo e attiva quello surrenalico, che sul lungo periodo porta ad aumento di peso, in particolare a livello addominale. E al rischio di osteoporosi.

https://ses.library.usyd.edu.au/bitstream/2123/16285/2/Sainsbury_Obes.Revs_2012.pdf

Ma, per rendere la cosa più complicata, anche gli ormoni tiroidei, che tutti associano al dimagrimento (anche tramite l'attivazione del grasso bruno), possono spingere alla nascita di nuove cellule adipose e così favorire lo stoccaggio di nuovo grasso e l'aumento di peso, almeno nel lungo periodo.






Un'altra molecola che ci rema contro è la miostatina, miochina rilasciata dai muscoli che aumenta in seguito a riduzione delle calorie introdotte, bloccando il turnover proteico, la sintesi di muscolo e stimolando l'invecchiamento. L'inibizione della miostatina è allo studio per curare diabete, bloccare l'invecchiamento, l'osteoporosi e tanto altro. E invece la si vuole stimolare con la dieta.


Perché non si perde grasso indefinitamente e dappertutto? 

In generale i settori in cui sembra più difficile perdere grasso, a causa di una alterata e sbilanciata adipogenesi e lipolisi, sembrano essere addome per l'uomo e fianchi per le donne.
Gli adipociti sottocutanei hanno pochissimi recettori per la lipolisi, e quindi una volta stipato il grasso non va via, se non in condizioni estreme di carestia (l'esempio precedente dell'olocausto).  
Soprattutto in caso di insulino-resistenza, il tessuto adiposo  fa ancora più fatica a rilasciare gli acidi grassi. Questo è dovuto all'aumento dei recettori α2 (antilipolitici) e alla ridotta azione di altri fattori ormonali lipolitici (ANP, peptide natriuretico atriale), e questo si manifesta anche dopo attività fisica. Il tono α-adrenergico è più forte nel distretto femorale e per questo è più difficile liberarsi di quel grasso.
Negli obesi vi è anche una riduzione del flusso sanguigno nel compartimento adiposo, e per questo ridotta lipolisi.
Un recentissimo lavoro mostra come negli obesi 12 settimane di attività fisica supervisionata non alterano il tessuto adiposo sottocutaneo addominale in maschi obesi. Tradotto in soldoni è probabilmente il grasso più difficile da levare.

Per rimanere all'esempio della banca, fatto dal nostro amico, i soldi messi da parte nel conto "tessuto adiposo" sono vincolati, ma li si prende molto volentieri da un altro conto, chiamato "massa magra".

L'importanza della massa magra

Il fatto di mettersi a dieta ipocalorica è uno dei fattori che fanno ingrassare, paradossalmente più nei magri che nei grassi, perché il "fat overshooting" (l'effetto yo-yo che fa sì che dopo una dieta ci si ritrovi con più grasso di prima perché il set-point ipotalamico si fissa ad un livello più alto di grasso) colpisce più quelli con una piccola FM (massa grassa) che gli altri, a causa della maggiore perdita di muscolo che si ha nei primi.

L'evidenza dell'esistenza di un "proteinostato", un sistema regolatore della quantità di massa magra, così come esiste per quella grassa rappresentato principalmente dalla leptina, è crescente, ma è più probabile che sia il risultato di centinaia di molecole il cui segnale è integrato (tra cui la miostatina).
Se il sistema "si fissa" in basso, a voglia di fare piegamenti sulle braccia e corsa, il muscolo non aumenta.

Ci dice Dulloo, uno dei più noti ricercatori nel campo, "(...) se l'individuo entra in uno squilibrio energetico cronicamente negativo, la perdita di peso risultante comprenderà non solo una perdita di FM ma anche di FFM (massa magra): la proporzione di perdita di peso come FFM è altamente dipendente dalla % di grasso corporeo iniziale anche nell'intervallo normale dell'indice di massa corporea (BMI)". Ossia più si è normopeso più si tende a perdere massa magra anziché grassa.

Una dieta a risparmio proteico come la chetogenica può invece, salvaguardando la massa magra, avere più successo, nonostante sia fortemente ipocalorica, ed essere fatta anche ciclicamente. Questo è dovuto al particolare stato di risparmio di massa magra indotto.

Per capirci, questo è quello che è successo a una mia paziente venuta da poco, normopeso, che non ha voluto cambiare il suo stile di vita, inserendo attività fisica e mangiando correttamente, ma solo tagliando le calorie di testa sua (la prima rilevazione è nella colonna a destra, la seconda dopo un mese a sinistra).


Riduzione della massa magra e aumento della grassa. In parole povere, pur avendo ridotto (di poco) il peso totale, è ingrassata.

Ecco invece cosa è successo ad un reduce da un "cutting" (taglio dei carboidrati per favorire la "definizione" del muscolo) in seguito a lenta reintroduzione dei temutissimi carboidrati.




Aumento della massa magra e riduzione di quella grassa, quella che tecnicamente si chiama ricomposizione corporea.

Viceversa perdere la massa magra sarebbe come avere un motorino 50 con un serbatoio da camion: il serbatoio (che viene anche periodicamente rifornito) non si svuoterà mai. Meglio quindi agire aumentando la cilindrata del motore, ossia aumentando i muscoli, e quelli consumeranno il grasso, anche a riposo.


I danni della restrizione energetica, il recupero del peso e come evitarlo

Ricordo che negli anni '50 del secolo scorso Ancel Keys (proprio lui, il "padre" della dieta mediterranea) fece degli studi sulla restrizione calorica (Minnesota Experiment), in cui persone sane che assumevano circa 3000 kcal al giorno passarono per diversi mesi a circa la metà. Questo comportò semplicemente una carenza di nutrienti i cui effetti si mostrarono negli  anni successivi, in cui i pazienti ebbero problemi psichiatrici che sfociarono nei disturbi del comportamento alimentare e arrivarono fino all'automutilazione.
Ed ecco anche spiegato perché a volte nascono i disturbi del comportamento alimentare.
E, dal punto di vista del peso e della composizione corporea, il loro consumo energetico tornava pari a quello precedente solo dopo che avevano recuperato il grasso con gli interessi (con meno muscolo).


Può anche essere vero che non si perda solo muscolo, ma quello che si perde è fondamentale nel rimettere i kg persi.


È stato dimostrato in un modello animale, nel quale la composizione corporea può essere rilevata perfettamente (si aumenta la precisione perché i tessuti vengono sezionati, cosa ovviamente non fattibile nell'uomo): i topi messi a moderata restrizione calorica aumentano il loro grasso e riducono il muscolo probabilmente perché viene interpretato come incertezza sulla disponibilità di cibo, e questo non è legato alla termogenesi né alla quantità di moto.
Con un altro recentissimo modello animale invece possiamo capire molto bene come con una dieta corrispondente a 800kcal negli umani si determini nel giro di 3 mesi ridotta massa magra ma aumentato grasso viscerale e peggiorato quadro metabolico.


Per quanto riguarda la fase di recupero del peso, secondo una review "l'evidenza suggerisce che iperinsulinemia, resistenza all'insulina e soppressione della termogenesi nel muscolo scheletrico contribuiscono tutte al recupero accelerato del grasso durante la fase di rialimentazione" (quindi non è un fatto esclusivamente di calorie).
Si tratta del cosiddetto "partitioning" (partizionamento) grazie al quale, in base a segnali ormonali ecc, il corpo "sceglie" dove destinare le calorie introdotte, se al deposito di grasso o alla costruzione di muscolo o ad essere ossidato come energia.
Pare che un forte taglio calorico privilegi il recupero del grasso nel tronco, mentre un miglioramento del grasso epatico lo faccia destinare al distretto sottocutaneo.
Il carico e l'indice glicemico sembrano ridurre la propensione al recupero del peso, ma sono necessari studi maggiormente controllati.

Quando siamo in fase di rialimentazione (ossia ricominciamo a mangiare dopo aver tagliato le calorie), è come se avessimo dei segnali "falsi" che ingannano il corpo, facendogli pensare che c'è ancora carestia e quindi vada messo tutto da parte e non sprecato (come calore nel grasso bruno o per costruire massa magra), e questo "risparmio" è fondamentale per il recupero.



L'insulina è un fattore chiave nella composizione corporea. È vero che stimola l'ingresso dei grassi nel tessuto adiposo e blocca la lipolisi, ma allo stesso tempo attiva (come la leptina) il consumo di energia postprandiale e la termogenesi, bloccando la fame. Quindi mangiare (il giusto) fa spendere energia, non mangiare poco! Quando invece il segnale insulinico viene alterato (infiammazione che porta a gliosi e alterazione delle proteine SOCS3, PTP1B e TCPTP e mancato trasporto dell'insulina a livello della barriera ematoencefalica) non si attiva più la spesa energetica e si favorisce l'accumulo del grasso.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28758251

Ecco perché l'eccesso di insulina fa ingrassare, non certo dal punto di vista biologico per le calorie in più (quello è un punto di vista termodinamico).



E la de novo lipogenesis (sintesi nel fegato dei grassi a partire dai carboidrati)? Avviene quando si saturano le riserve epatiche di glicogeno, sotto controllo insulinico, e queste riserve non sono di 600g per tutti. In particolare in persone con problemi metabolici o poco sane la soglia è molto inferiore.


Pubblico un post di una collega (dott.ssa Perticone), che ci fa un report dal recente  congresso nazionale SIO:
"L'intervento maggiormente degno di nota è stato quello del Professor Cinti (Ancona). Ha parlato in maniera più che magistrale di tessuto adiposo bianco, bruno e rosa. Ha condotto numerosi studi elegantissimi che dimostrano come il deficit calorico prolungato inibisca in maniera irreversibile la trasformazione del tessuto adiposo bianco in bruno, limitando di fatto la spesa energetica derivante dalla trasformazione in grasso bruno. Non solo, il deficit calorico prolungato, oltre ad inibire tale trasformazione, provocherebbe anche ulteriore iperplasia (aumento del numero di cellule) del tessuto adiposo bianco".


Ci dice Kevin Hall, l'idolo di chi pensa che una caloria sia sempre una caloria: "Diete con una maggiore quantità di proteine ​​possono offrire benefici per il mantenimento della perdita di peso, in particolare quando la dieta ha un basso indice glicemico. Il mantenimento della perdita di peso potrebbe essere migliorato perché le proteine hanno più elevato effetto ​​sulla sazietà rispetto ai carboidrati e ai grassi" e "Sfortunatamente, le interazioni tra dieta e biologia per la perdita di peso non sono sempre riproducibili e probabilmente spiegano solo una frazione della variabilità individuale".
Quindi la chiave rimane sempre la personalizzazione del trattamento, ma mangiare poco rimane il miglior modo per stimolare un successivo aumento di peso, questo dovrebbe essere chiaro a tutti.


E non tutti i nutrienti sono uguali, come ci dice anche un un report del gruppo ESPEN (nutrizione clinica europea), in particolare quando c'è resistenza insulinica:

"L'eccesso di glucosio ingerito interagisce con l'intestino e il suo microbioma e in definitiva colpisce numerosi organi tra cui muscolo scheletrico, tessuto adiposo e fegato. L'eccessiva disponibilità di glucosio può indurre l'espansione del tessuto adiposo e può favorire la deposizione di grasso ectopico, la deposizione nel fegato e nei tessuti muscolari, che esacerba ulteriormente l'insulino-resistenza e gli squilibri glicemici. La resistenza all'insulina è associata a e può favorire la progressione della sindrome metabolica a diabete, e rappresenta un fattore che contribuisce all'iperglicemia, alla variabilità del glucosio e ai risultati mediocri in malati critici o quelli che si stanno riprendendo da un intervento chirurgico."

Mangiare a sufficienza

L'AMPK, un sensore cellulare del deficit energetico, è presente anche nell'ipotalamo, in diverse sottoforme. A seconda di quella più attiva, si stimola più la fame o più l'attivazione del grasso bruno. Ma è chiaro che nel lungo periodo a prevalere sarà sempre la fame per una questione di recupero del peso. Alcuni farmaci antipsicotici fanno ingrassare proprio stimolando l'effetto oressigeno (stimolante la fame) di AMPK.

I mitocondri sono gli organelli produttori di energia della cellula, ma in realtà stanno emergendo come forti regolatori di numerose funzioni cellulari. Quando sono disfunzionali, come nel diabete o altro, anche la lipolisi è alterata. Aumenta il lattato, che impedisce ai muscoli di utilizzare lo zucchero come fonte di energia. Questa condizione può essere legata allo stress ossidativo, iperglicemia, ipertrigliceridemia e carenza di coenzima Q10.
Sembra strano, ma anche per attivare la lipolisi c'è bisogno di energia, e questa la possiamo avere solo mangiando a sufficienza.

I body builder, in particolare i cosiddetti "hard gainer" (duri ad aumentare di peso), hanno ben ragione a mangiare ogni 3 ore o anche meno per non catabolizzare la massa magra, cosa che favorirebbe la deposizione di grasso. Questo perché le loro vie anaboliche sono "sintonizzate" su una perenne presenza di nutrienti, e qualsiasi forma di digiuno anche breve li porta a perdere muscolo.

Conclusioni

Noi non ci siamo evoluti per le carestie successive a megamangiate e/o megaaumenti di peso. Non sono previsti dalla natura, non si sono mai verificati se non negli ultimi decenni, ma accadono oggi come adattamento fisiopatologico all'ambiente obesogeno e contronatura che ci circonda.

Se proprio vogliamo vederla da un punto di vista evolutivo, l'aumento di grasso è anzi favorito da una condizione di scarsità di nutrienti, a causa dell'incertezza sul futuro (che probabilmente non c'è, ma il nostro ipotalamo non può saperlo).
Il grasso è messo da parte per i momenti di difficoltà, ma il taglio calorico è un momento di difficoltà, quindi non ha senso evolutivo sacrificarlo quando è molto più facile rinunciare ai "costosi" e "superflui" muscoli (nel senso che si sopravvive anche con pochissimi muscoli).


https://www.facebook.com/trust.biologist/posts/1853288171450449:0


Mettere su grasso è una risposta fisiopatologica, perché normalmente i nostri sistemi di gestione della composizione corporea tendono ad abbinare perfettamente introito e spesa energetica, evitando variazioni.

Continuare a considerare le persone sovrappeso come persone normali con qualche kg di materia inerte in più è il più grosso errore che gli "esperti" continuano a fare, visto che il tessuto adiposo è un vero e proprio organo endocrino che influenza tutto l'organismo, ad esempio riducendo la sintesi proteica muscolare (un'importantissima fonte di spesa energetica).
Ossia a parità di sforzo fisico e alimentazione l'obeso guadagna meno muscolo a causa delle alterazioni ormonali/paracrine. E il reduce dalla dieta ancora meno.
Se avete fame non è per il deficit energetico, ma perché il vostro corpo vuole che recuperiate il grasso perso!

Per quanto riguarda gli sportivi, giusto da poco un collega (dott. Gentile) ha riportato un report in cui si mette in guardia dalle diete ipocaloriche che comportano peggioramento della prestazione.
Tra l'altro in un post successivo si indica il peggioramento della prestazione come indicatore positivo di deficit calorico....


È chiaro che in questo complicatissimo quadro solo un corretto bilanciamento di tutti i fattori può favorire una corretta composizione corporea, e non il semplice bilancio calorico come portato avanti da alcuni che vogliono farla troppo semplice.
Quello che capita a uno può non capitare a un altro, siamo tutti diversi.
Nella mia carriera in questi anni ho visto di tutto, da chi ha aumentato il cibo ed è dimagrito a chi va avanti ad alcol ed è ingrassato.
A mio personale giudizio si può applicare la teoria del Triage di Bruce Ames: in caso di introduzione di nutrienti in quantità subottimali, il corpo mantiene le funzioni vitali e "spegne" quelle superflue per la sopravvivenza (in questo caso il consumo di energia, la sintesi proteica muscolare e l'attivazione del grasso bruno)Se per dimagrire bastasse chiudere la gente in una cantina a bere solo acqua, e magari qualche vitamina e minerale a calorie zero, il problema obesità sarebbe già risolto da decenni. E se fosse così semplice controllare la composizione corporea, soprattutto a lungo termine, basterebbe un solo nutrizionista al mondo che fa tagliare le calorie, senza i deleteri e notori effetti, e diete fatte in fotocopie prestampate.
Diffidate da chi vuole semplificare tutto, è solo uno che non ha voglia di imparare, anche dai propri errori.

Aggiornamento 15/11/2018

L'effetto yo-yo, non solo del peso ma anche della pressione, della glicemia e del colesterolo si associa ad aumentata mortalità
Aggiornamento 21/11/2018

Le proteine sintetizzate dagli adipociti dipendono dalla glicemia e dalla sensibilità insulinica. Poveretti quelli che dicono che la glicemia postprandiale non influenza la salute.
Aggiornamento 30/11/2018

Le donne con sovrappeso che intraprendono una gravidanza non dovrebbero usare questo periodo per dimagrire, ma prendere meno peso possibile. L'integrazione rimane quella classica, con acido folico e possibilmente vitamina D se carente.
Aggiornamento 30/11/2018
La convenienza ad usare una dieta con pochi grassi o con pochi carboidrati per dimagrire dipende dalla soggettiva sensibilità al glucosio e all'insulina


Aggiornamento 1/12/2018

Da un articolo del prof Ludwig.

Si sa dagli anni 50 del secolo scorso che chi si mette a dieta va a riprendere peso. E questo dipende soprattutto dal fatto che il metabolismo cambia. Non è solo una questione di volontà: nella battaglia tra volontà e metabolismo, il secondo vince.
La spiegazione può essere data dal modello carboidrati-insulina, al di là del dispendio calorico: lo studio effettuato in random ha dimostrato come le persone che hanno utilizzato una dieta low carb dimagrivano meglio e avevano maggiore dispendio energetico. E questo è durato 3 anni.
Infatti "Secondo l'ultimo studio del prof Ludwig, sostenitore del modello carboidrati-insulina, a parità di calorie le persone con dieta lowcarb hanno maggiore spesa energetica, specie se hanno insulina alta.
La grelina, ormone della fame e del risparmio energetico, e la leptina, ormone che aumenta nel sovrappeso e non funziona più correttamente nello stimolare la spesa energetica, si sono ridotti.
L'effetto di "vantaggio metabolico" si è mantenuto nel tempo, mettendo in evidenza che le calorie da carboidrati fanno ingrassare (o meglio sono più legate all'aumento di peso) più di quelle da grassi, nonostante il calo fisiologico della spesa energetica sia comunque presente."
Ludwig accusa inoltre il suo "rivale" KD Hall di aver falsificato i dati nella sua revisione del modello, perché si continui a sostenere che tutte le calorie sono uguali, e gli risponde alle criticità su questo lavoro.

Aggiornamento 3/12/2018

Quanto è importante l'indice glicemico? "I risultati di una metanalisi suggeriscono che le diete a basso indice glicemico possono avere un modesto impatto su peso, grasso corporeo, glicemia e lipidi.
Tuttavia, l'analisi dei sottogruppi lo dimostra chiaramente, non è il consiglio dietetico di per sé, ma l'attuazione di tale consiglio e la sua traduzione nella vita quotidiana ad essere importanti".
Quindi è necessario mantenere queste abitudini negli anni per mantenere il risultato.

Ridurre l'indice glicemico è efficace sia in persone senza problemi di controllo glicemico che in quelle con diabete
Aggiornamento 8/12/2018

Spesso si ritiene l'alcol un nutriente che non crea problemi. Ma l'alcol apporta calorie vuote, ed è un cancerogeno certo. Risulta sempre un qualcosa di troppo, e nessuno ha stabilito una soglia di alcol che non sia dannosa. Questo studio dimostra come eliminare gli alcolici possa essere una delle chiavi per il mantenimento della perdita di peso a lungo termine, soprattutto nei diabetici

Aggiornamento 9/12/2018

I segni che ti indicano che stai mangiando troppo poco

https://www.instagram.com/p/Bq5r1OVH4XR/?fbclid=IwAR3FMf4DMZ1U0Dvrwc-fvAYcoiovfym_VGMUuXRUsrfnCgxrGBcEi73d5xM

Aggiornamento 12/12/2018

Nel futuro della scienza della nutrizione, "basandoci sull'evidenza degli effetti  di diversi alimenti, metodi di lavorazione e schemi dietetici, stanno emergendo nuove priorità per la ricerca. Questi includono una composizione dietetica ottimale per ridurre l'aumento di peso e l'obesità; interazioni tra prebiotici e probiotici, alimenti fermentati e microbiota intestinale; effetti di specifici acidi grassi, flavonoidi e altri composti bioattivi; la nutrizione personalizzata, in particolare per lo stile di vita, i fattori socioculturali e microbiologici; e le potenti influenze del luogo e dello stato sociale sulle disparità nutrizionali e patologiche", le "evidenze crescenti suggeriscono che, nel  lungo periodo, la composizione qualitativa della dieta può essere un punto più importante delle calorie a causa delle diverse influenze di diversi alimenti nelle vie di controllo del peso come sazietà, ricompensa, risposte glicemiche, microbioma e funzionalità epatica".

Aggiornamento 13/12/2018

La grelina è un ormone che viene prodotto lontano dai pasti. Aumenta la motivazione per il cibo e rallenta il metabolismo. Nella nostra storia evolutiva è stato molto importante, perché in tempi di carenza di cibo spingeva i nostri antenati a rischiare la vita andando a caccia per procurarsi da mangiare e lottando con animali che non erano tanto d'accordo a sacrificarsi. Oggi, in tempi di abbondanza, il risultato è che saltando i pasti aumentiamo la grelina, e questa aumenta la sensibilità per gli odori e così la motivazione, attraverso la dopamina dei circuiti di ricompensa, per i cibi spazzatura
Aggiornamento 16/12/2018

I grassi forniti come acidi grassi liberi e non come trigliceridi forniscono molta più sazietà perché agiscono sul recettore CCK

Aggiornamento 20/12/2018
È stata scoperta una nuova sottopopolazione di adipociti beige, quelli che producono calore, che al posto che ossidare grassi utilizzano il glucosio come primaria fonte di energia. Non sono inoltre sotto il controllo dei recettori β-adrenergici. Questo potrebbe avere ripercussioni nella gestione del diabete.
"È probabile che esistano molteplici sottotipi di adipociti termogenici con origini cellulari distinte, e che ogni sottotipo abbia ruoli biologici unici, a seconda della natura degli stimoli esterni, come l'acclimatazione al freddo, la restrizione calorica o la manipolazione, esercizio fisico, cachessia, chirurgia bariatrica e lesioni".
Un commento del collega Maurizio Tommasini al lavoro di Ludwig

Aggiornamento 26/12/2018
Le persone con iperinsulinemia, anche apparentemente sane, tendono a mettere più grasso e hanno più disfunzioni metaboliche. 
In queste persone i livelli circolanti di substrati gluconeogenici - come lattato, alanina e glutammato (amminoacidi non essenziali) - sono tutti aumentati, insieme ai substrati lipidici, che forniscono l'energia per la gluconeogenesi, favorendo un ulteriore innalzamento della glicemia che fa rilasciare altra insulina, creando così un circolo vizioso.

Aggiornamento 30/12/2018

L'attività fisica riduce il grasso viscerale, quello più pericoloso per la salute, attraverso il rilascio di una proteina, chiamata interleuchina 6, che stimola la lipolisi. Utilizzando un farmaco che blocca IL6, usato normalmente nell'artrite reumatoide, si evita la perdita di grasso viscerale. Questo dimostra che l'effetto di questa molecola è dipendente dallo stato infiammatorio e di salute.

Aggiornamento 31/12/2018

La riduzione del metabolismo legata all'invecchiamento è dovuta primariamente al cambio di composizione corporea (meno muscoli e più grasso) ma può anche essere spiegata da riduzione dell'attività metabolica nei tessuti e organi e di particolari attività di cellule specifiche

Aggiornamento 4/1/2019

La risposta della corteccia prefrontale alle variazioni di leptina e grelina (che aumentano la dipendenza da cibo) incidono sul successo delle diete

Aggiornamento 11/1/2019
Uno studio su 300 persone è riuscito a mettere in relazione il metabolismo glucidico con il successo nella perdita di peso.
Le persone con glicemia alta ma insulina bassa perdono più peso (13 kg  dopo 2 anni) con una dieta low carb ad libitum (senza contare le calorie) mentre chi ha insulina alta ha convenienza a usare una dieta ipocalorica con pochi grassi.

Aggiornamento 14/1/2019

Alcune persone (poche in verità) riescono a perdere peso stabilmente, mentre molte recuperano i kg persi spesso anche con gli interessi. Il successo nella dieta, secondo questo studio, può essere correlato alla quantità di carnitina legata agli acidi grassi circolante nel sangue. La carnitina è una sostanza che facilita l'ingresso dei grassi nei mitocondri dove verranno ossidati per produrre energia. In seguito a un deficit calorico, questo passaggio viene inibito, in modo da favorire il recupero del peso e i grassi vengono prevalentemente immagazzinati e non più ossidati efficientemente.

PS sconsiglio di andare a integrare la carnitina perché i trial non hanno mai dato esiti buoni.

Aggiornamento 17/1/2019

Nei lieviti, la "starvation" (deplezione di nutrienti, ossia taglio delle calorie) altera gli introni, cioè quelle zone di DNA che vengono trascritte ma non determinano la sintesi di proteine.
In questo modo vengono ridotte le produzioni di alcune proteine necessarie per la respirazione e probabilmente la sintesi di proteine "dell'abbondanza", essendo abbinate al mTOR, segnale di abbondanza. Si riduce quindi il consumo di nutrienti e si promuove la sopravvivenza della cellula in condizioni difficili.
Con tutta probabilità il meccanismo è presente anche negli esseri superiori, fino all'uomo, e questo dimostra come una persona che si metta a restrizione calorica non sia equiparabile a una normale.

Aggiornamento 21/1/2019

Le differenze per età, sesso e condizioni fisiopatologiche nel consumo di energia

Quali sono i fattori che aumentano le chance di successo nella perdita di peso?
Alti livelli di attività fisica, corretta alimentazione, pesarsi spesso, soddisfazione del risultato ottenuto, bassa novelty seeking (ricerca di stravaganze ed emozioni forti), aderenza allo stile di vita, farsi aiutare da gruppi e terapisti specializzati.
Quelli che invece favoriscono il recupero: mangiare spesso fuori casa, soprattutto agli all you can eat, utilizzare snack o pasti genericamente ricchi di grassi
Per quanto riguarda il microbiota, avere più Firmicutes genericamente si lega ad un peso più alto e l'aumento dell'Akkermansia al successo nella dieta.
Entrando specificamente nella dieta, non ci sono grandi differenza tra lowcarb e lowfat nel lungo periodo, mentre la presenza di cibi infiammatori come quelli industriali aumenta le probabilità di recupero del peso
In generale comunque non esiste una dieta che vada bene per tutti.
Aggiornamento 22/1/2019
Negli adulti solo l'8% circa degli adipociti si rinnova durante l'anno, con morte e sostituzione con nuovi adipociti. Il tessuto sottocutaneo addominale risponde prevalentemente con ipertrofia, mentre quello femorale con iperplasia.
Gli adipociti hanno un ruolo fondamentale nella tendenza al recupero del peso dopo dimagrimento. Infatti il dimagrimento determina uno "stress" in queste cellule, che provoca modificazioni nella loro funzione che servono a favorire il recupero del peso. Questi meccanismi sono dovuti al principio evoluzionistico di salvaguardia del grasso che ci permette di affrontare i periodi di carenza di cibo. Tra di essi, un aumento dell'infiammazione (e non una riduzione come a volte si pensa), alterazione delle citochine (messaggeri locali) secrete, rimodellamento della matrice extracellulare, ipossia, riduzione della funzione mitocondriale, della conversione di grasso bianco in bruno, della lipolisi (rilascio di grassi), rilascio di microRNA, molecole capaci di influenzare il metabolismo.
Per prevenire il recupero del peso, l'esercizio fisico e la dieta antinfiammatoria appaiono quindi importanti. Alcuni nutraceutici come resveratrolo, omega 3 e CLA possono avere un effetto, ma non sono testati su grandi numeri.

Aggiornamento 23/1/2019

È possibile spendere indefinitamente energia? No. L'organismo ha dei "sistemi di sicurezza" che lo impediscono, e servono per farci sopravvivere alle carestie, ma nel mondo moderno favoriscono l'insorgere di obesità. Uno appena scoperto è rappresentato da un ormone che i ricercatori cinesi hanno chiamato "Tsukushi" (TSK), e agisce bloccando il sistema nervoso simpatico, quello che attiva il grasso bruno, quando andiamo a spendere troppe calorie. Gli obesi hanno livelli di TSK più alti. I topi modificati per non avere il TSK, messi a dieta ipercalorica, prendono solo il 30% del peso in confronto ai topi normali che raddoppiano, e hanno più grasso bruno e più spesa energetica.
Questo ormone potrebbe rappresentare un target nella lotta all'obesità

Aggiornamento 28/1/2019

Una piccola rivincita di quelli che dicono "se sei magro è tutta genetica". Alcuni ricercatori hanno individuato numerosi geni correlati con la magrezza (oltre a qualcun altro correlato con l'obesità). Il professor Sadaf Farooqi ha detto in una dichiarazione: "È facile correre a giudicare e criticare le persone per il loro peso, ma la scienza dimostra che le cose sono molto più complesse. Abbiamo molto meno controllo sul nostro peso di quanto potremmo pensare. " "Sappiamo già che le persone possono essere magre per motivi diversi", afferma il professor Farooqi. "Alcune persone non sono interessate al cibo, mentre altre possono mangiare quello che vogliono, ma non ingrassare mai. Se riusciamo a trovare i geni che impediscono loro di ingrassare, potremmo essere in grado di influenzare quei geni per trovare nuovo strategie per la perdita di peso e aiutare le persone che non hanno questo vantaggio ". "Questa ricerca mostra per la prima volta che le persone sane e magre sono generalmente magre perché hanno un numero inferiore di geni che aumentano le probabilità di sovrappeso e non perché sono moralmente superiori, come alcuni suggeriscono". Fermo restando che lo stile di vita è efficace nel prevenire l'aumento di peso, per molte persone mantenere un peso sano è più difficile senza rinunce.

Aggiornamento 1/2/2019
Sono state scoperte le cellule responsabili del metabolismo lento 😆😆
Sono dei linfociti T che producono integrina β7 (IELs), e sono un punto di raccordo tra immunità e metabolismo energetico, agiscono bloccando l'ormone GLP-1. I topi che possiedono molte di queste cellule tendono ad accumulare più grasso e ad avere più problemi dismetabolici (iperglicemia, ipertensione ecc). Invece quelli con poche di queste cellule possono mangiare a volontà senza aumentare di peso.
Il ricercatore Swirski ha commentato "Ora abbiamo molte domande da indagare - come queste cellule limitano la disponibilità di GLP-1, se le persone con un metabolismo più elevato hanno meno IELs, come la funzione delle cellule può cambiare nel corso di un giorno o della vita e di conseguenza il metabolismo, e se il blocco di queste cellule può essere utile nel trattamento di obesità, diabete, ipertensione e aterosclerosi. "

Aggiornamento 7/2/2019
Le persone che hanno assunto amido resistente (da banane verdi) in uno studio della durata di 6 mesi hanno perso grasso, in particolare nell'addome, e aumentato il muscolo. I parametri metabolici riferiti al diabete sono migliorati. L'amido resistente agisce da prebiotico, modulando la flora e l'infiammazione, e migliora la sensibilità all'insulina, favorendo il cambiamento vantaggioso della composizione corporea
Aggiornamento 8/2/2019
Che succede se una ragazza che vuole dimagrire mangia di più ma meglio? Succede che perde mezzo kg di grasso e ne prende uno di muscolo, in barba agli esperti di dimagrimento che vi dicono che solo tagliando le calorie si dimagrisce. Il peso è solo un numero, le circonferenze e lo specchio spesso parlano molto di più. La ragazza ora pesa mezzo kg in più, ma è più "soda", per capirci.


Aggiornamento 12/2/2019
Spesso parliamo di indice glicemico, in riferimento a quanto un cibo stimoli un rialzo della glicemia. Ma le ricerche dimostrano che il picco glicemico postprandiale cambia a seconda di quello che mangiamo in relazione al tipo di microbi intestinali.
Così in futuro sarà possibile determinare la nutrizione personalizzata incrociando i dati dei nostri geni con quelli dei nostri microbi, e sapremo esattamente cosa mangiare per rimanere in salute.

Aggiornamento 18/2/2019
Il legame tra obesità e microbiota potrebbe anche essere una semplice casualità: a sostenere la causalità il microbiota dei magri, l'efficacia del trapianto fecale, il cambiamento della flora dopo chirurgia bariatrica.
Contro: la forte associazione con il tipo di nutrienti, quindi una propensione a cambiare a seconda della dieta, l'influenza dell'uso di antibiotici e della consistenza fecale nell'esame.

L'importanza dell'innervazione, soprattutto simpatica, nella regolazione del grasso corporeo, grazie all'integrazione dei segnali da parte dell'ipotalamo.
Aggiornamento 4/3/2019

Le cause dell'obesità sono più complesse di quanto si pensi, e dare la colpa al paziente è troppo facile e riduttivo.
"Incolpare il cibo di causare l'obesità è come incolpare l'assunzione di acqua per l'edema (ritenzione di liquidi). Così come esiste un sistema che bilancia i liquidi, ne esiste uno che bilancia i nutrienti (o calorie, in maniera semplificata). Un individuo con una compromissione del bilancio energetico troverà più facile aumentare di peso con un cibo denso di energia rispetto ad un altro individuo che mangia lo stesso cibo che non ha una compromissione del bilancio energetico.
I cibo in sé non causa l'obesità, ma il cibo consente all'obesità di manifestarsi, proprio come l'acqua consente al difetto nelle funzioni cardiache o renali di esprimere edema, o come un carico di glucosio consente l'individuazione di un difetto nel metabolismo glucidico nella diagnosi del diabete.

Sebbene l'obesità abbia molte cause, il suo attuale trattamento prevede la creazione di un deficit energetico riducendo l'assunzione di cibo. Il fatto che la riduzione dell'assunzione di cibo possa produrre perdita di peso è spesso considerata la prova che l'obesità è causata dal cibo. Tuttavia, ciò non dimostra il suo ruolo nel causare l'obesità. Spesso, causa e trattamento non sono due facce della stessa medaglia. Un'esposizione eccessiva alle radiazioni UV può contribuire al cancro della pelle, ma il suo trattamento non prevede il posizionamento di una persona in una stanza buia, al riparo dalla luce solare.

Il bilancio energetico, soprattutto a lungo termine, non dipende dalla volontà.  Un malinteso popolare è che l'aumento di peso può essere previsto utilizzando una semplice quantità di calorie: se guadagni mezzo kg, hai introdotto 3500 calorie in più del tuo fabbisogno.

Non proprio. Lo studio "Vermont prisoner" è stato uno dei primi studi che mostra quanto sia difficile rendere i partecipanti disposti ad aumentare di peso grazie alla sovralimentazione forzata. Sebbene convenzionalmente si calcoli che 3500 calorie in eccesso portano a mezzo kg di aumento di peso, questi partecipanti hanno richiesto un surplus di calorie molte volte maggiore per ottenere 2kg.

Bouchard e colleghi hanno riportato un altro esempio così convincente. Hanno arruolato due partecipanti gemelli che sono stati sottoposti a un overfeeding forzato di 84 giorni. Sotto costante monitoraggio e sorveglianza, i partecipanti hanno ricevuto un surplus di 1000 kcal al giorno.

L'aumento di peso calcolato atteso durante lo studio era di 12 kg. Invece l'effettivo aumento di peso  è stato tra i 5 e i 15 kg. Nonostante l'identica assunzione di cibo in eccesso, alcuni individui erano molto resistenti allo stoccaggio di energia in eccesso, mentre altri avevano una fisiologia molto favorevole per aumentare di peso. Il corpo ha dei meccanismi per resistere ai cambiamenti nei depositi di energia del corpo, che possono deviare dalle "aspettative matematiche" basate sui calcoli nell'assunzione di calorie. Leibel e colleghi  hanno dimostrato che i corpi sovralimentati hanno resistito all'aumento di peso rispondendo con un  aumento del tasso metabolico.

In alternativa, in caso di  dieta dimagrante, il tasso metabolico si è  ridotto e la perdita di peso è stata contrastata. Questi studi suggeriscono che meccanismi al di là del controllo volontario di una persona regolano le riserve di energia e possono rendere più facile o più difficile per i diversi individui aumentare di peso (o perderlo). Non è solo una questione di forza di volontà. Se ci venisse chiesto di ridurre la frequenza di respirazione a 10 volte al minuto invece dei soliti 16-18, saremo certamente in grado di rispettare. La domanda cruciale è, per quanto tempo?

Allo stesso modo, è un compito arduo aspettarsi che una persona mangi sostanzialmente meno di ciò che il cervello, l'intestino e la fisiologia della persona stanno chiedendo, per mesi e anni. Questo non è un problema di forza di volontà solo per pochi eletti; è irrealistico e insostenibile per la maggior parte degli individui.

Così come per ogni tipo di tumore esiste un trattamento diverso, esistono diversi tipi di obesità  ed eccesso di adipe, con diverse cause. " Le obesità" richiedono che le varie cause e  siano identificate per un trattamento efficace.
Gli attuali trattamenti per l'obesità comprendono la gestione della dieta e dello stile di vita, alcuni trattamenti farmacologici e la chirurgia bariatrica. Si tratta di approcci di trattamento generico indipendentemente dalla causa. Se le singole cause dell'obesità dovessero essere correttamente identificate, il trattamento potrebbe essere diretto alle cause specifiche, che potrebbero essere più efficaci degli approcci attuali.
Aggiornamento 7/3/2019

Il trattamento con melatonina migliora sonno, umore e ansia, parametri metabolici (insulina, sensibilità all'insulina, colesterolo, espressione genica di PPAR e recettore LDL) in donne con PCOS (ovaio policistico). Ma forse è solo l'effetto del sonno ritrovato!

Aggiornamento 10/3/2019

I polifenoli di frutta e verdura agiscono sulle cellule adipose, in particolare sui recettori adrenergici, aumentando il consumo calorico, favorendo la trasformazione in tessuto adiposo bruno che consuma energia sotto forma di calore (termogenesi), la nascita di nuovi mitocondri, la lipolisi. Tutto questo in collaborazione con l'irisina

Aggiornamento 20/3/2019
Perché non tutti, anche a parità di dieta (di tipo occidentale) diventano obesi? Gli effetti genetici e/o epigenetici e i fattori comportamentali sono importanti modulatori e moderatori del bilancio energetico.
"Ovviamente, negli esseri umani i moderatori potrebbero anche includere il comportamento appreso o adottato tra cui ritmi del pasto, spuntini, modelli alimentari (come ricompensa con dolci), predilezione per l'esercizio fisico o giochi sedentari (al computer) e altri fattori.
Oltre a tali differenze comportamentali, i fattori biologici (inclusa la mancanza o la bassa qualità del sonno, i fattori psicologici, lo stigma del peso e la discriminazione) possono avere un effetto importante sull'aumento di peso"

Tra i fattori che influenzano la spesa energetica, invecchiamento, fattori neuroendocrini, termoenesi, grasso bruno, ridotta muscolatura, microbiota, farmaci.

Aggiornamento 2/4/2019

L'attività fisica appare più importante della dieta per mantenere il peso perso. "I risultati rivelano chi ha mantenuto la perdita di peso si basa più sull'attività fisica che sulla restrizione cronica alimentare per rimanere in equilibrio energetico ed evitare il recupero di peso".

Aggiornamento 6/4/2019

L'innervazione simpatica è essenziale per la trasformazione del grasso bianco in beige.
Aggiornamento 19/4/2019

Alcuni farmaci sono associati ad aumento di peso, ho fatto due tabelle riassuntive in base ai dati di questa revisione. Spesso si tratta di farmaci assunti per patologie prevenibili o gestibili col corretto stile di vita e alimentazione.




Aggiornamento 24/4/2019

Nonostante quello che vi dicono alcuni "esperti", cioè che per dimagrire basti mangiare poco e muoversi tanto, le nuove linee guida europee sul trattamento dell'obesità dicono qualcosa di ben diverso. Sottolineano più volte di non stigmatizzare le persone obese, perché si tratta di una condizione complessa che non può essere trattata con semplicità né in tempi brevi.
Viene finalmente utilizzato lo schema del piatto suddiviso, per dare un'idea chiara di come mangiare e porzionare i cibi.
I consigli nutrizionali vengono riassunti in una tabella, in cui si parla anche di qualità e non solo di quantità del cibo.



Aggiornamento 5/5/2019

Un articolo sul legame tra interferenti endocrini e obesità infantile

Aggiornamento 29/5/2019
I polifenoli come il resveratrolo agiscono da prebiotici sulla flora, ossia stimolano la crescita di batteri buoni come Akkermansia, un batterio che spesso non si ritrova nell'intestino degli obesi e dei diabetici.
"Gli studi con modelli animali hanno mostrato un ruolo causale per A. muciniphila nel proteggere la barriera intestinale, che è stato associato con l'aumento dello spessore del muco, l'omeostasi del glucosio migliorata e l'alleviamento dell'endotossemia metabolica.
Attraverso un effetto prebiotico, i polifenoli possono favorire la crescita di alcuni batteri, come l'Akkermansia muciniphila, migliorare la ricchezza e la diversità complessiva della comunità batterica e migliorare la difesa dagli agenti patogeni rinforzando l'omeostasi della barriera intestinale".
Il trapianto fecale da persone che consumano polifenoli aiuta a dimagrire e a migliorare il quadro metabolico.
Gli integratori probabilmente non funzionano allo stesso modo perché non contengono la complessità delle sostanze presenti in natura.
Aggiornamento 7/6/2019

La dopamina è il neurotrasmettitore coinvolto nella volontà e nella motivazione di compiere qualcosa.
Lo stato infiammatorio cronico che colpisce molte persone, ad esempio quelle con girovita aumentato, o stressate o semplicemente anziane, sopprime la produzione di dopamina, e le persone possono essere particolarmente demotivate e depresse, ed è associato contemporaneamente ad uno sbilanciamento del sistema immunitario. Si ipotizza quindi che "l'infiammazione cronica e di basso grado contribuisca a compromettere la motivazione in alcuni casi di depressione, schizofrenia e altri disturbi".
Anche dal punto di vista energetico però ci sono conseguenze importanti. "È importante sottolineare che lo spostamento del metabolismo dalla fosforilazione ossidativa alla glicolisi (più inefficiente dal punto di vista energetico, ossia produce meno ATP) durante l'attivazione immunitaria è un driver primario delle richieste di energia eccessiva che caratterizzano la risposta infiammatoria e conseguentemente l'infiammazione cronica di basso grado. In pratica si usano prevalentemente i carboidrati e meno i grassi, e l'energia prodotta sostiene l'infiammazione stessa e non l'organismo. Si riducono così le energie a disposizione, come se il sistema immunitario "tramasse" per risparmiare energie aspettando momenti migliori.

Aggiornamento 23/6/2019

L'ipoleptinemia (leptina bassa) che si ha in seguito a una dieta ipocalorica stimola l'asse corticotropo (cortisolo) per stimolare la fame.
Aggiornamento 5/7/2019
Alcuni medici pensano che la CFS non esista perché non riscontrano cambiamenti negli esami che conoscono. Ma la malattia è evidenziabile dalla neuroinfiammazione e dal cambiamento nel metabolismo energetico, che non riesce a trarre energia dai substrati come carboidrati, proteine e grassi.
In altre parole, l'organismo umano manca di "energia" perché le sue cellule hanno un problema a generare (e possibilmente usare) energia. Inoltre, molti studi hanno riportato marcatori sia dello stress ossidativo che dello stress nitrosativo (ad es. Livelli aumentati di un enzima che produce ossido nitrico).
La neuroinfiammazione potrebbe avere diversi "attivatori" in individui diversi. In alcuni casi, potrebbe essere indotto da infezioni cerebrali (come l'infezione da herpesvirus cronica), autoanticorpi, neurotossine o stress cronico. In altri casi, l'infiammazione al di fuori del cervello può attivare il sistema immunitario innato all'interno del cervello, sia attraverso i segnali umorali che infrangono la barriera ematoencefalica che diventa permeabile sia attraverso segnali retrogradi inviati sul nervo vago. Sono state portate recentemente diverse prove che l'infiammazione intestinale può essere un fattore scatenante periferico della neuroinfiammazione: il microbiota intestinale dei pazienti con CFS spesso include un numero elevato di specie proinfiammatorie e un basso numero di specie antiinfiammatorie.
Lo stato relativamente ipometabolico osservato nei pazienti con CFS potrebbe anche riflettere un'antica risposta biologica correlata a danni o lesioni.

Aggiornamento 12/8/2019

Alcuni batteri (Clostridia) riducono l'assorbimento dei grassi nei topi, bloccando la proteina (CD36) che a livello intestinale porta i grassi nelle cellule (e poi vanno nel sangue). I topi con molti Clostridi non ingrassano. Alcuni scienziati hanno notato come il sistema immunitario possa ridurre questi batteri e favorirne altri (Desulfovibrio), che invece favoriscono CD36, portando i topi all'obesità e alle malattie metaboliche. L'approccio probiotico potrebbe aiutare, ma non funzionerà con tutti, data la complessità della materia.
Aggiornamento 13/8/2019

GIP, il peptide gastrointestinale, è fondamentale per la resistenza leptinica. Se questo ormone è rilasciato in maniera elevata, l'iperalimentazione farà ingrassare più facilmente.

Aggiornamento 8/9/2019

Quali sono le caratteristiche delle persone magre "di costituzione", quelle che anche volendo hanno difficoltà a ingrassare?
I loro adipociti hanno più mitocondri e consumano più grassi, e hanno più "cicli futili" (costruzione e catabolismo di molecole, apparentemente senza senso ma in realtà consumano energia).
Aggiornamento 10/8/2019
Il recupero del peso e la tendenza a ingrassare sono aumentati da un bassi turnover dei grassi dagli adipociti, ossia dalla fuoriuscita e rientro degli acidi grassi, un processo costoso dal punto di vista energetico
Aggiornamento 3/10/2019
La desnutrina è una proteina che avvia la lipolisi. Durante il digiuno i glucocorticoidi (cortisolo) ne aumentano l'attività. La PGE2 derivata dall'acido arachidonico invece la blocca.

Aggiornamento 7/10/2019
Le equazioni predittive della spesa energetica sono altamente erronee negli obesi.

Continua il duello tra Ludwig e Hall sull'effettiva importanza dell'insulina e dei carboidrati nel guadagno e nella perdita di peso
Aggiornamento 24/10/2019

La Endocrine Society ha emesso nuove linee guida sulla gestione della glicemia in chi assume insulina. Controllare la glicemia un'ora e due ore dopo l'inizio del pasto, assumere il pasto glucidico per ultimo, iniziando dall'insalata e dalle proteine, utilizzare dei supplementi che possano ridurre la glicemia postprandiale (500mg di vitamina C 2 volte al giorno, fibre viscose, un cucchiaino di aceto, facendo attenzione allo smalto dei denti) prima del pasto, passeggiare 10 minuti dopo il pasto. Questo può aiutare a ridurre la necessità di insulina e facilitare il dimagrimento.

Aggiornamento 3/11/2019
La restrizione calorica aumenta il rischio di osteoporosi in donne post menopausa.

Aggiornamento 4/11/2019

Il peso corporeo è regolato da un complesso sistema neuro-ormonale. "In sostanza, i segnali coinvolti nella regolazione omeostatica dell'assunzione di cibo, del bilancio energetico e del peso corporeo sono integrati centralmente nel nucleo arcuato dell'ipotalamo, nel tronco cerebrale caudale e in parti della corteccia e del sistema limbico". La spesa energetica viene adattata all'introduzione di cibo.
È stato suggerito che, piuttosto che qualcosa di "sbagliato" nel controllo omeostatico dell'assunzione di cibo, il sistema non è sufficientemente calibrato per far fronte a cambiamenti ambientali radicali e, quindi, "sopraffatto" in modo che il sistema edonistico diventa una forza trainante per spingere al consumo eccessivo.
I grassi saturi sono un esempio di nutriente che infiamma l'ipotalamo e ne altera la funzione.
In particolare il sistema si attiva per favorire il recupero del peso perso in seguito a restrizione calorica, aumentando l'appetito, riducendo la sazietà e il consumo energetico.
In questo modo solo una dieta "amica" dell'ipotalamo, che riduca l'infiammazione e favorisca la sazietà, senza stimolare le vie edonistiche, può avere successo nel lungo termine. Decidere di dimagrire sul lungo termine è come decidere per quanto trattenere il fiato o quando far battere il cuore
In tabella i fattori ambientali che favoriscono l'aumento di peso.


Le donne che tendono ad avere meno sazietà hanno più difficoltà a dimagrire e preferiscono il cibo spazzatura, ma mangiando preferibilmente alimenti a bassa densità calorica ma nutrienti (cibi non processati) possono comunque avere risultati
Aggiornamento 16/11/2019
Sempre più persone in America cercano di perdere peso, ma non ci riescono.
"C'è una conclusione ovvia che possiamo trarre: il modo in cui ci è stato detto che una popolazione perde peso non funziona", ha dichiarato Lee Kaplan, direttore dell'Istituto di obesità, metabolismo e nutrizione del Massachusetts General Hospital di Boston. "Mangiare di meno ed fare esercizio fisico non funzionerà a lungo termine perché il tuo corpo regola la quantità di grasso che trasporta e tale regolazione è al di fuori del controllo personale", ha detto Kaplan, aggiungendo "L'obesità è una malattia in cui il corpo pensa di aver bisogno di più grasso di quanto sia salutare".
Il dottor Mitchell Roslin, capo della chirurgia dell'obesità presso il Lenox Hill Hospital di New York City, è d'accordo. Ha osservato che "una ricerca dettagliata mostra chiaramente che mangiare di meno ed esercitarsi di più non è efficace per la perdita di peso a lungo termine". "Proliferano e aumentano la frustrazione e lo stress degli individui afflitti", riferisce Roslin. "Gli esseri umani possono mangiare di meno solo per brevi periodi. L'esercizio fisico è vitale per il benessere ma non per la perdita di peso." Secondo Kaplan "I corpi umani sono programmati per trasportare una certa quantità di grasso per mantenerci sani, più o meno allo stesso modo in cui il corpo regola automaticamente la quantità di acqua o sangue che contiene. Ecco perché quando perdiamo peso durante una malattia, riguadagniamo quei chili. La prima cosa che accadrà quando ti riprenderai dall'influenza è che ti riprenderai quei 10 chili". "La maggior parte delle persone si concentra sulla fisica del peso. Parlano sempre delle leggi della termodinamica e dell'energia in entrata e in uscita", ha detto. "Non si rendono conto che oltre alla fisica, al corpo importa quanto grasso possiede.
"Solo mangiare di meno non risolve nulla. Mangiare di meno significa semplicemente dire alla parte del cervello che regola l'appetito che si è malati", ha continuato Kaplan. "E cosa fa il cervello quando sei malato e dimagrisci? Lo rimette su per te." Mangiare bene è importante per altri motivi, incluso mantenere il cuore sano ed evitare il diabete. Ma una vera cura per l'obesità può richiedere farmaci o terapie che aiutano a riaggiustare l'autoregolazione del grasso corporeo.
"Una volta riconosciuto che è biologia, allora hai bisogno di una soluzione biologica e medica", ha detto Kaplan. "Stiamo lavorando per quello."
Considerazione personale: la riuscita di una dieta dipende dalle buone abitudini mantenute nel tempo e dai fattori genetici e ambientali (attività fisica, microbiota ecc). Alcuni possono riuscire a "sconfiggere" i sistemi biologici, ma probabilmente sono una parte minore.
Aggiornamento 23/11/2019
Secondo una ricerca l'effetto yo-yo non è negativo nei ratti: quelli che hanno perso e recuperato perso diverse volte hanno migliore salute metabolica e inferiore set-point del peso. Questo non significa molto nell'uomo, nel senso che alcune persone geneticamente predisposte prendono sempre più peso a ogni dieta.
Aggiornamento 9/12/2019
Il PTH (ormone paratiroideo) alto, che si può avere in caso di iperparatiroidismo o di vitamina D bassa, eccesso di sale e fosforo nella dieta, facilita l'ingresso di calcio negli adipociti e sfavorisce la lipolisi, e può rendere più difficile il dimagrimento
Aggiornamento 14/11/2019
La restrizione calorica intermittente può ridurre la tendenza a recuperare peso e al blocco del peso. Quella continua può far danni.
Aggiornamento 22/12/2019
Le proteine del complemento sono componenti del sistema immunitario, prodotte dal fegato, e che si attivano in caso di necessità, supportando la risposta anticorpale, e può essere attivata anche da lectine (presenti anche in alcuni alimenti) e membrane batteriche e fungine. Il tessuto adiposo, soprattutto se infiammato, può produrre proteine del complemento, contribuendo all'immunità. Inoltre queste proteine interagiscono col metabolismo, simulando l'effetto di insulina e altri ormoni lipogenici o lipolitici, e contribuendo all'espansione o riduzione del tessuto adiposo, e alla sua distribuzione nei diversi distretti (sottocutaneo, viscerale ecc). Nelle persone con eccesso di adipe si può formare un circolo vizioso per cui il grasso stimola l'aumento di grasso. Un altro esempio di come metabolismo energetico e sistema immunitario si sovrappongono.
"Dati promettenti supportano l'idea che complemento e le adipokine correlate, in particolare ASP, possono contribuire al partizionamento del grasso attraverso il loro effetti lipogenici/antilipolitici sotto l'influenza degli ormoni sessuali. Questo può spiegare le variazioni nell'adiposità regionale e relativo rischio metabolico negli uomini e nelle donne"

Aggiornamento 4/1/2020
Il solo modello del bilancio energetico, in cui se si assumono più calorie di quelle consumate si aumenta di peso, seppur corretto dal punto di vista termodinamico, non spiega correttamente e completamente quello che avviene nel mondo reale, e l'obesità rimane una condizione multifattoriale dovuta all'ambiente e favorita dalla predisposizione genetica.
Una delle cause sono gli obesogeni, sostanze solitamente artificiali, che favoriscono l'accumulo di calorie e quindi l'aumento di peso, in diversi modi, genericamente alterando la funzione ormonale (interferenza endocrina).
Si sa relativamente poco su quanto l'esposizione agli obesogeni nel tessuto adiposo disfunzionale possa facilitare l'immagazzinamento e impedire la mobilizzazione del grasso. Attualmente si conoscono circa 50 obesogeni. La maggior parte sono contenuti nelle plastiche (BPA, ritardanti di fiamma) o sono pesticidi, farmaci (cortisonici), metalli, glutammato, conservanti ed emulsionanti. Anche lo zucchero può essere considerato un obesogeno, pur non essendo considerato strettamente tra gli interferenti endocrini.
Si ritiene che uno dei meccanismi coinvolti riguardi la regolazione del setpoint, il nostro sistema di regolazione del peso (ponderostato) che dipende soprattutto dall'ipotalamo.
Alcuni sono derivati dello stagno che agiscono come acaricidi e fungicidi (TBT), e stimolano la proliferazione dei preadipociti. Inoltre gli adipociti maturi risultano disfunzionali e con meno mitocondri, e quelli bruni hanno inferiore termogenesi.
Inoltre gli effetti degli obesogeni sono ereditabili per le generazioni successive (effetto epigenetico).
Aggiornamento 16/1/2020
L'importanza di mTOR nel diabete, cancro, adipogenesi, malattie neurologiche, croniche ecc
Aggiornamento 21/1/2020
La variazione della composizione corporea durante la dieta predice il cambiamento di appetito. Se perdiamo grasso, avremo meno appetito, se perdiamo massa magra (muscolatura) è più probabile che l'appetito aumenti e quindi recuperare i kg persi. Da questo deriva l'importanza di abbinare sempre l'attività fisica e una dieta studiata bene che riduca la perdita di massa metabolicamente attiva.
Aggiornamento 24/1/2020
L'uso di una dieta VLCKD (chetogenica a basso contenuto calorico) può preservare più massa muscolare rispetto ad una dieta tradizionale, in seguito a dimagrimento. Questo avviene grazie allo stimolo adrenergico, al risparmio di proteolisi indotto dai corpi chetonici all'aumento dell'IGF-1. È bene comunque avere sempre un corretto introito di aminoacidi essenziali, con le proteine whey per esempio, e usare la vitamina D, meglio se nella forma attiva (calcifediolo)
Nei topi, inibire la miostatina blocca la perdita di muscolo, ma i cortisonici bloccano a loro volta questo effetto benefico.

Aggiornamento 27/1/2020
I dettagli possono essere molto importanti per il mantenimento della perdita di peso. Le persone che ci riescono sono molto moderate nella loro alimentazione, che è di buona qualità, e non percepiscono questo come uno sforzo. Si automonitorano spesso, col diario alimentare. Fanno molta attività fisica, e sono più in grado di far fronte ai problemi (migliore resilienza), rimangono positive anche se vedono qualche insuccesso.
Aggiornamento 10/2/2020

In uno studio sui topi il modello insulina-carboidrati di Ludwig viene supportato solo parzialmente. L'insulina alta ostacola l'ossidazione dei grassi, ma non si intravedono differenze a livello del consumo calorico totale

Aggiornamento 14/2/2020
Da un post del dott. Giuseppe Cardillo
SINTOMI BIZZARRI DELLA FATICA SURRENALE
Questo elenco non è destinato all'autodiagnosi della sindrome da affaticamento surrenale. Se pensi di avere alcuni di questi sintomi della sindrome da stanchezza surrenalica, il primo compito è quello di consultare sempre un operatore sanitario qualificato prima di intraprendere qualsiasi piano di recupero. La maggior parte dei programmi di recupero fallisce e la condizione potrebbe peggiorare se non si ha una chiara comprensione dei sintomi della fatica surrenalica e di ciò che ci aspetta.
1. Incapacità di addormentarsi anche se si è stanchi
2. Svegliarsi nel mezzo della notte senza alcun motivo
3. Svegliarsi già stanchi al mattino anche dopo un’intera nottata di sonno
4. Sentirsi stanchi tra le 21 e le 22 ma trovare impossibile andare a letto
5. Sentirsi stanchi di pomeriggio, tra le 15 e le 17
6. Necessità di assumere caffè al mattino e lungo tutto l’arco della giornata
7. Sensazione di “tensione” e incapacità di rilassarsi
8. Palpitazioni cardiache di notte o quando si è stressati
9. Pressione arteriosa significativamente bassa
10. Tachicardia Posturale Ortostatica
11. Sentire scariche di adrenalina
12. Caffé, te o bevande energetiche provocano una scarica di adrenalina
13. L’esercizio fisico inizialmente migliora ma poi peggiora la stanchezza
14. Candidosi sistemica che peggiora sotto stress
15. Sbilanciamento elettrolitico anche se gli esami di laboratorio sono normali
16. Incapacità di gestire lo stress
17. Bassa libido e mancanza di desiderio sessuale
18. Intolleranza alle temperature, specialmente al caldo e alla luce diretta del sole
19. Mani e piedi freddi
20. Pensiero annebbiato
21. Incapacità di concentrarsi o rimanere concentrati
22. Bassa funzionalità tiroidea anche se in cura con ormoni tiroidei
23. Morbo di Grave-Basedow
24. Tiroidite di Hashimoto
25. Pelle estremamente secca
26. Psoriasi di origine sconosciuta
27. Invecchiamento precoce della pelle
28. Cerchi scuri sotto gli occhi che non scompaiono col riposo
29. Perdita della normale tonalità della pelle del viso (pelle grigiastra o verdognola)
30. Fiato corto senza alcuna compromissione respiratoria
31. Vertigini senza ragione apparente
32. Tinnito cronico (suono nelle orecchie)
33. Lesioni aftosiche ricorrenti alla bocca
34. Sensazione di ipoglicemia anche se i valori di laboratorio sono normali
35. Incapacità di gestire carboidrati semplici
36. Desiderio smodato di cibi grassi o ad alto contenuto proteico
37. Desiderio smodato di cibi salati e patatine fritte
38. Gastrite nonostante una gastroscopia normale
39. Infezione da Helicobacter pylori nel passato che è stata dichiarata risolta ma non ci si sente più come prima.
40. Costipazione senza ragione apparente
41. Reazioni ritardate ai cibi, specialmente i prodotti lattiero-caseari e al glutine
42. Accumulo di grasso addominale senza ragione apparente
43. Malassorbimento del fruttosio
44. Sindrome dell’intestino irritabile con prevalenza di costipazione più che di diarrea
45. Dolori articolari di origine sconosciuta
46. Lombalgia senza alcuna traumatologia e visita nella norma
47. Intorpidimento e formicolio alle estremità bilateralmente
48. Dolore muscolare senza ragione apparente
49. Perdita di massa muscolare
50. Sindrome di Fatica Cronica che non migliora con i farmaci
51. Fibromialgia che non si risolve con le cure usuali
52. Sensazione di gambe pesanti
53. Depressione, spesso non risolta dagli anti-depressivi
54. Irritabile sotto stress
55. Ansia
56. Attacchi di panico
57. Sensibilità chimica alla pittura, smalto per unghie o plastica
58. Sensibilità ai campi elettromagnetici, inclusi telefoni cellulari e monitor dei computer
59. Malattia di Lyme e incapacità di guarire completamente nonostante le cure o intolleranza ai farmaci
Sintomi limitati alle donne
1. Endometriosi
2. Sindrome dell’ovaio policistico
3. Fibromi uterini
4. Seno fibrocistico
5. Perdita immotivata di capelli (Telogen effluvium)
6. Ciclo mestruale irregolare che “si ferma e riparte”
7. Incapacità di rimanere incinte e ricorso a tecniche IVF
8. Aborti ricorrenti nel primo trimestre
9. Depressione post partum
10. Dismenorrea che avanza verso la amenorrea
11. Menopausa precoce
12. Carcinoma del seno associato con dominanza estrogenica
Aggiornamento 3/3/2020

A volte le persone si fissano sul mangiare poco, mandando ancora più in basso il metabolismo. Pensando di dimagrire di più, fanno un danno e sabotano la loro dieta, perché la fame conseguente li spingerà a mangiare più di prima. Può quindi essere conveniente mangiare di più, e contemporaneamente fare più sport, rispetto a una dieta restrittiva con poca attività fisica. Lo ha messo in evidenza una tesi di dottorato in cui un più alto "flusso energetico" ha permesso di avere meno fame e aumentare il RMR, il consumo energetico a riposo, garantendo un dimagrimento simile ma con meno sforzo, e facilitando il mantenimento del peso perso.
Aggiornamento 7/3/2020
L'Ashwagandha è un noto adattogeno che può aiutare in caso di stress. Secondo uno studio fatto su persone cronicamente stressate l'estratto della radice "riduce i marcatori psicologici e fisiologici di stress, migliora il benessere mentale e riduce il livello sierico di cortisolo e il desiderio di cibo e migliora i comportamenti alimentari", aiutando a ridurre il peso in maniera significativa rispetto al placebo.
Aggiornamento 31/3/2020

La flessibilità metabolica (MF) è la capacità di un soggetto di "cambiare carburante", ossia passare facilmente dal consumo di carboidrati a quello di grassi (o viceversa). Le persone con scarsa MF tendono più ad accumulare grasso, e tendono a recuperare più peso in seguito alle diete. La MF sembra essere ridotta dai grassi liberi nel sangue (NEFA).
"In soggetti sani con normale regolazione del glucosioabbiamo identificato un nuovo fenotipo metabolico in cui la ridotta capacità di cambiare carburante in risposta a un sovraccarico di grassi (pasto ad alto contenuto di grassi) è un fattore determinante per un maggiore aumento di peso. In particolare, le persone che sono più metabolicamente non flessibili ai lipidi possono aumentare di peso nel tempo rispetto agli individui in grado di regolare prontamente l'ossidazione dei macronutrienti per favorire l'ossidazione dei lipidi in un contesto di eccedenza di grasso. I nostri dati indicano che i futuri interventi mirati alla selezione del carburante possono rendere le persone più "metabolicamente flessibili" ai grassi alimentari, aiutando a prevenire o curare l'obesità

Aggiornamento 1/4/2020

Scoperti i neuroni che vengono attivati dalla leptina nell'ipotalamo e attivano il consumo calorico a livello del tessuto adiposo bruno per mezzo del sistema nervoso simpatico

Aggiornamento 3/4/2020
Alcune persone non mantengono la perdita di peso anche perché non posseggono i batteri adatti

Aggiornamento 6/4/2020
La restrizione calorica abbassa la risposta dell'asse GH-IGF1 e blocca la risposta anabolica dopo l'allenamento, anche con l'uso di proteine whey. Questo può favorire perdita di massa muscolare e ossea. Non stupiamoci quindi se alcune persone rispondono perdendo principalmente massa magra, anche se "il grasso lo si conserva per i momenti di carestia". In realtà la massa muscolare è "costosa" da mantenere e nei momenti di difficoltà il corpo se ne libera.

Aggiornamento 18/4/2020
La composizione corporea è qualcosa di complesso, molto, e non dipende solo dalle calorie. Mentre qualcuno si sgola a dirvi che non dimagrite o mantenete il peso perso perché mangiate troppo, di nascosto ecc (non che a qualcuno non capiti eh), altri lavorano più seriamente e si chiedono perché questo succede. Dando un ruolo alla massa magra (FFM) che sì, si perde spesso in una dieta. "La perdita di FFM o il suo deficit dovuto a dieta, programmazione evolutiva o sedentarietà dovrebbero essere considerate non solo come un contributo all'aumentata adiposità a causa della riduzione del dispendio di energia basale dovuta a una FFM inferiore, ma anche al tentativo dell'organismo di ripristinare la FFM alimentandosi eccessivamente. Questo concetto di "ingrasso collaterale" (collateral fattening) si inserisce nell'autoregolazione della composizione corporea e si comporta fisiologicamente come un sistema che interpreta i segnali periferici ("proteinostato") che collegano la FFM e l'assunzione di cibo. Serve anche a sottolineare ulteriormente l'importanza di uno stile di vita sano incentrato su diete equilibrate e attività fisica nella protezione contro i deficit di massa magra che riguardano sia la prevenzione che il trattamento dell'obesità". In pratica il corpo è costretto a ridurre il consumo energetico e aumentare l'appetito nel tentativo di recuperare il muscolo perso.

Aggiornamento 20/4/2020

L'ipotalamo secerne 2 ormoni che rallentano il metabolismo: NPY e AgRP. Cosa regola il loro rilascio? Quando c'è un surplus energetico (ossia mangiamo abbastanza) i neuroni usano glucosio e rilasciano segnali per cui la loro produzione si riduce, e consumiamo di più e siamo più sazi. In caso di deficit energetico (mangiamo poco) i neuroni usano grassi e questo porta ad un aumento degli ormoni (con riduzione del consumo e aumento della fame). Il consumo così è sempre adattato alla disponibilità di energia, in barba a "se dimagrite consumate di meno perché siete più leggeri". La fisiologia è ben altra e molto più complessa.
Aggiornamento 21/4/2020
Usando una metodica di valutazione della temperatura corporea, alcuni ricercatori hanno valutato cosa succede al consumo calorico quando si tagliano le calorie. La temperatura è ridotta durante la fase di "recupero del grasso", e questo risparmio energetico è più efficiente in chi tende a recuperare facilmente il peso.
"Il ridotto costo energetico dell'omeotermia (mantenimento della temperatura) in risposta alla restrizione calorica persiste durante il recupero del peso e costituisce un tratto metabolico "parsimonioso" che contribuisce all'elevata efficienza metabolica che sta alla base del rapido ripristino delle riserve di grasso corporeo durante il recupero del peso, con implicazioni per la ricaduta dell'obesità dopo il dimagrimento terapeutico e la fisiopatologia del recupero del peso".
Aggiornamento 8/5/2020

Una delle cose che fa la differenza tra chi mantiene il peso perso e chi no è la "coscienziosità", che comprende scrupolosità, perseveranza, affidabilità ed autodisciplina. Inoltre ha maggiore controllo sul cibo, sulla sua quantità e sulle tentazioni, dorme e mangia a orari precisi, si allena con costanza.
Aggiornamento 28/5/2020

Nelle persone che hanno perso peso, l'alimentazione iperglucidica aumenta il rapporto insulina/glucagone rispetto a una dieta lowcarb. Questo rende l'energia del cibo meno disponibile, bloccando l'ossidazione dei grassi soprattutto nel periodo postprandiale, "indirizzando" i grassi all'accumulo piuttosto che alla fornitura di energia, in accordo col modello carboidrati-insulina del prof Ludwig
Aggiornamento 18/6/2020

È possibile personalizzare la dieta in base alla risposta ormonale e glicemica? Forse si sta avvicinando questo approccio nella pratica. Le linee guida sono tipicamente basate sulla popolazione ad esempio, ma è chiaro che "una sola taglia non viene vestita da tutti allo stesso modo". È chiaro che prendendo tante persone, tutte diverse tra loro, a livello di gruppo le diete funzioneranno in media alla stessa maniera, e arriverà il furbacchione di turno a dire che contano solo le calorie. in realtà "l'iperglicemia postprandiale aumenta il rischio di malattie cardiovascolari (CVD), malattie coronariche (CHD) e mortalità cardiovascolare, anche in soggetti con normale glicemia", così come i trigliceridi postprandiali. Forse le diete uguali per tutti diventeranno solo un ricordo, studiando come ciascuno risponde all'introduzione di diversi pasti (metabolismo postprandiale), ad esempio che abbiano più grassi o più carboidrati. La costruzione di un algoritmo corretto permetterà "almeno dal punto di vista della salute cardiometabolica, la prescrizione di un'alimentazione personalizzata a livello di popolazione, con un potenziale come strategia per la prevenzione delle malattie". L'algoritmo può prendere in considerazione glicemia, insulina, microbiota e genetica, insieme ad attività fisica, sonno e orario dei pasti.

Aggiornamento 19/6/2020

La ciclizzazione delle calorie, insieme a un buon apporto proteico e all'allenamento coi pesi, può ridurre la tendenza al plateau, l'appiattimento della perdita di peso solitamente dovuta alla concomitante perdita di muscolo
Aggiornamento 21/6/2020
Il meccanismo che lega insulina e vie anaboliche nel tessuto adiposo, tra cui immagazzinamento dei grassi sotto forma di trigliceridi

Aggiornamento 24/6/2020

Mangiare tardi la sera (late dinner, LD) aumenta il cortisolo. Questo porta a un'alterazione generale dei ritmi circadiani degli ormoni e resistenza insulinica. Di conseguenza si riducono l'ossidazione dei grassi e la lipolisi (fondamentale per "svuotare" gli adipociti e permettere il dimagrimento), perché l'insulina è più alta del normale (eh mi dispiace per quelli che non conoscono la fisiologia, ma l'insulina conta). L'effetto è particolarmente marcato in chi è abituato a coricarsi presto, ma "indipendentemente da ciò, abbiamo scoperto che LD ha causato uno stato anabolico durante il sonno, favorendo la conservazione dei lipidi rispetto alla mobilizzazione e all'ossidazione", e ripetuto nel tempo può favorire obesità e sindrome metabolica.

Aggiornamento 28/6/2020

Con l'avanzare dell'età, nei nostri organi avvengono molti cambiamenti che influiscono sulla funzione fisiologica. Una lipolisi (fuoriuscita degli acidi grassi dagli adipociti) basale scarsa può "prevedere" chi negli anni accumula peso e chi no. Nel topo questo succede se i macrofagi infiltrano il tessuto adiposo e degradano la noradrenalina (segnale lipolitico). Invece nell'uomo sembrano essere gli adipociti stessi a degradare la noradrenalina, proveniente dal sistema nervoso simpatico; aumenta anche il suo trasporto all'interno della cellula (trasportatore OCT3), dove viene catabolizzata, e queste vie aumentano andando avanti con gli anni. In pratica più grasso si ha più si tende ad averne e più diventa difficile perderlo. Il ricercatore Ryden ha detto "Quello che abbiamo trovato è che la lipolisi nel tessuto adiposo diminuisce nel tempo. Questi cambiamenti sembrano anche essere indipendenti dalla menopausa o dalla gravidanza. Sono semplicemente il risultato dell'invecchiamento." L'accumulo del grasso è il risultato del bilancio tra quello che entra negli adipociti e quello che esce, e "Un tasso inferiore di lipolisi può contribuire all'aumento di peso e all'accumulo di grasso in altri tessuti".
Aggiornamento 7/8/2020

Contrariamente a quanto avviene nei topi, in cui la termogenesi è stimolata dai recettori β3-AR, nell'uomo questa è dovuta all'attivazione dei β2-AR. Questo può portare allo sviluppo di farmaci specifici

Aggiornamento 25/8/2020

Nelle persone obese lo stomaco si adatta alle situazioni, e in caso di buffet con grande disponibilità di cibo diventa più capiente e accoglie maggiori quantità di cibo, e la sazietà arriva più tardi. Questa discrasia tra cibo introdotto e sazietà ovviamente tende a rendere più difficile dimagrire

Aggiornamento 26/8/2020

I carboidrati sono nemici del giro vita? Almeno dopo una certa età parrebbe di sì. La dieta chetogenica lowcarb (LCD), senza tener conto delle calorie, ha determinato in un gruppo di persone (età 60-75 anni) un dimagrimento con salvaguardia della massa magra, rispetto a una dieta classica (LFD), con particolare perdita del grasso viscerale (-22,8% vs -1%) e quindi probabile miglioramento dello stato metabolico, come evidenziato dall'aumento di HDL e diminuzione di HOMA-IR, insulina a digiuno e trigliceridi (TG) rispetto alla LFD. Le persone hanno volontariamente ridotto le calorie, senza che fossero date indicazioni, ma il gruppo LCD ha perso molto più peso, mangiando anche 3 uova al giorno, "tuttavia, è anche possibile che una ridotta assunzione di carboidrati abbia influenzato la secrezione e la clearance dell'insulina, consentendo in definitiva una maggiore deplezione dei depositi di tessuto adiposo viscerale, meno insulino-sensibili, che richiedono maggiore insulina per il mantenimento". Inoltre si è avuto un miglioramento del profilo lipidico perché "Anche durante l'alimentazione isocalorica, le diete ricche di carboidrati stimolano la lipogenesi de novo (DNL) con aumenti proporzionali dei TG plasmatici. Il processo di DNL epatica genera acidi grassi da altri substrati per la sintesi/secrezione di lipoproteine e contribuisce indirettamente alla produzione di TG. Il malonil-CoA è un substrato generato durante il DNL che inibisce la carnitina palmitoil transferasi, l'enzima limitante la velocità nel trasporto degli acidi grassi a catena lunga nei mitocondri per l'ossidazione". Con la riduzione dei carboidrati i lipidi entrano più facilmente nel mitocondrio per essere ossidati.

Aggiornamento 2/9/2020

L'iperinsulinemia può essere sia una causa che una conseguenza dell'obesità e della resistenza all'insulina. L'iperinsulinemia può derivare da una maggiore secrezione di insulina e/o da una ridotta clearance (rimozione da parte del fegato) dell'insulina. Il microbiota intestinale è un fattore autonomo che altera la clearance dell'insulina, e un gruppo di batteri predice il 90% dell'alterata clearance. "Membri selezionati del microbiota intestinale o dei loro componenti e metaboliti possono essere un obiettivo per mitigare i difetti nella clearance dell'insulina, che possono essere rilevanti per il carico cumulativo di insulina e la progressione dell'obesità e del diabete di tipo 2".
Aggiornamento 21/9/2020

La dieta ipocalorica porta a perdita di forza, insieme a perdita di muscolo. Questo è particolarmente rilevante se non si abbina sport, soprattutto di potenza. Purtroppo abbiamo ancora persone convinte che la composizione corporea non conti ma si basa esclusivamente sul peso

Aggiornamento 25/9/2020

L'ipotiroidismo è un disturbo endocrino comune che colpisce circa il 5% della popolazione. Solitamente l'ormone tiroideo sintetico è utilizzato nel trattamento dell'ipotiroidismo. La levotiroxina sintetica (T4) è considerata il trattamento di scelta grazie alla sua capacità di fornire livelli ematici stabili e fluttuazioni minime di T4. Nonostante questo, ci sono pazienti e professionisti che preferiscono la tiroide essiccata, una forma di ormone estratta naturalmente. In uno studio fatto su 870 pazienti, anche la tiroide secca assicura livelli stabili di TSH, che vengono solitamente monitorati per verificare l'andamento della cura. "Sono necessari ulteriori studi prospettici per confermare questi risultati e per esplorare le differenze in popolazioni di pazienti diverse, come la tiroidite di Hashimoto, nonché sulla qualità della vita e altri importanti risultati riportati dai pazienti come l'affaticamento e l'aumento di peso", aggiungono gli editorialisti."Questo studio, tuttavia, fornisce informazioni utili sul fatto che la tiroide essiccata può essere una scelta ragionevole per il trattamento di alcuni pazienti ipotiroidei".Bisognerebbe tenere conto anche dei sintomi soggettivi del paziente, e non tenere solo conto dei valori di laboratorio. "L'evidenza emergente mostra che per molti pazienti i sintomi persistono nonostante i normali valori di TSH", scrivono Schneiderhan e Zick. Citano come esempio un ampio studio che ha riscontrato una significativa compromissione del benessere psicologico tra i pazienti trattati con terapia sostitutiva della tiroxina, nonostante abbiano raggiunto livelli normali di TSH. Inoltre, la levotiroxina sintetica è associata ad altre incertezze, come difficoltà nella conversione di T4 in triiodotironina (T3) che possono disturbare il metabolismo tiroideo in alcuni pazienti. In conclusione, "l'approccio unico per il trattamento dell'ipotiroidismo non funziona ... per tutti i pazienti", concludono gli autori.

Aggiornamento 23/10/2020

Il Santo Graal della nutrizione sportiva (e non solo) sarebbe l'uso illimitato del grasso di deposito come fonte energetica. Ne parla Louise Bourke, nota nutrizionista sportiva. La disponibilità e la capacità di utilizzare tutti i combustibili muscolari per supportare le esigenze specifiche dell'esercizio ("flessibilità metabolica") porterebbe l'atleta ad avere energie quasi illimitate. Purtroppo nella realtà questo non succede, ma ci sono indicazioni per cui con una dieta chetogenica si massimizzi l'uso dei grassi come fonte energetica, con adattamenti specifici del metabolismo per cui si ossidano fino a 2g di grasso al minuto. Per i cambiamenti sono necessari 5-10 giorni con un adattamento massimo dopo 3/4 settimane. L'impatto sulla performance deve ancora essere determinato

Aggiornamento 29/10/2020

Chi ha più alto rischio di abbandonare una dieta? Chi ha un BMI più basso (quindi meno chili da perdere) e una tendenza alla depressione, minore benessere mentale e vita da single. Gli individui con queste caratteristiche potrebbero aver bisogno di essere approcci personalizzati per migliorare l'esito.

Aggiornamento 13/11/2020

Il post continua qui, in un articolo che spiega le motivazioni termodinamiche, ormonali e psicologiche che rendono difficile la perdita di peso