Cerca nel blog

mercoledì 26 dicembre 2012

Alcol in gravidanza? No grazie!


Ormai la maggior parte delle donne è informata, ma non fa mai male ricordare, soprattutto in questi giorni di festa, che in gravidanza è bene evitare completamente l'alcol.
Questo perché tale sostanza è responsabile di una ben nota sindrome, detta alcolica fetale (FAS). 
La FAS è associata ad un particolare fenotipo, (manifestazione esteriore), che comprende alterazioni delle caratteristiche facciali (naso, bocca, occhi) e delle capacità mnemoniche, di attenzione e di apprendimento, insieme a alterazione delle capacità sensoriali e comportamento autistico.
Tutto questo è dovuto probabilmente alla modificazione dello sviluppo (neuronale e non) tramite un'alterata induzione dell'apoptosi, cioè la morte cellulare programmata, normalmente prevista durante la crescita intrauterina. 


http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3337631/

La FAS è ritenuta oggi la prima causa di ritardo mentale nel mondo occidentale, a testimoniare come molte future mamme ancora sottovalutino il pericolo dell'alcol in gravidanza, e i casi stimati sono più numerosi di sindrome di Down, spina bifida e distrofia muscolare messe insieme.
Mandiamo quindi un "messaggio in bottiglia" alle future mamme: evitate gli alcolici per il bene del vostro bambino!



http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1180569/

Aggiornamento 13/3/2016

Ulteriori conferme sulla dannosità dell'alcol in gravidanza: non è possibile stabilire quantità sicure durante questo periodo. L'Università Harvard consiglia alle donne sessualmente attive che non usano precauzioni anticoncezionali di astenersi dal consumo di alcolici. Il primo periodo di gravidanza infatti è il più critico, e spesso la donna non è a conoscenza del suo stato interessante.

Aggiornamento 19/4/2016

Aggiustando per i fattori confondenti, non vi è nessuna evidenza che un moderato consumo di alcol allunghi la vita. Gli studi che trovano tale associazione sono mal designati

Aggiornamento 29/4/2016

Nel modello animale l'alcol in gravidanza influenza negativamente la prole per 3 generazioni.
L'alcol induce cambiamenti nei batteri intestinali che favoriscono le patologie correlate.

Aggiornamento 2/7/2016

L'alcol aumenta la produzione di estrogeni e quindi la deposizione di grasso.

Aggiornamento 27/10/2016

Mescolare alcol ed energy-drink ha nell'architettura cerebrale degli adolescenti un effetto simile alla cocaina

Aggiornamento 21/11/2016

Tratto da Nutri&previeni

Alcuni ricercatori dell’Università della California di San Diego, il cui studio è pubblicato sulla rivista Plos One, hanno sviluppato un test sul sangue che aiuterà a prevedere quanto l’alcol, assunto dalla madre in gravidanza, abbia danneggiato il bambino. In questo modo sarà più facile predisporre degli interventi mirati per migliorare la salute di neonati e bambini esposti all’alcol prima della nascita.

Aggiornamento 8/4/2017

L'utilizzo di alcolici in maniera compulsiva anche prima della gravidanza predispone la prole per il diabete


Aggiornamento 23/5/2017

Nelle donne una sola porzione di alcol (un bicchiere di vino) quotidianamente alza il rischio di tumore al seno. L'allarme arriva dall'American Institute for Cancer Research.

L'attività fisica si conferma ridurre il rischio.

Aggiornamento 6/6/2017

Come sempre arrivano conferme sul fatto che non esista una soglia di alcol sicura in gravidanza. Dosi minime sembrano influenzare lo sviluppo facciale del bambino.
Non necessariamente questo ha conseguenze negative, ma la raccomandazione di non assumere alcol in gravidanza rimane.

Aggiornamento 6/7/2017

Anche JAMA, giornale dei medici americani, ribadisce che non esistono quantità di alcol sicure in gravidanza.
Aggiornamento 10/7/2017
Anche moderate quantità di alcol (un drink al giorno) aumentano il rischio di declino cognitivo.
Aggiornamento 26/8/2017
La sindrome alcolica fetale è ancora troppo diffusa, almeno negli Stati Uniti e nei paesi poveri.La regione meno colpita appare essere l'Europa Orientale. Essendo i danni gravi e irreparabili, è il caso di prendere provvedimenti

Aggiornamento 9/11/2017
L'alcol è un pericoloso cancerogeno e distrugge le cellule cerebrali negli adulti
Aggiornamento 9/1/2018
Scoperti i meccanismi che rendono l'alcol cancerogeno: le aldeidi che si formano dal suo metabolismo danneggiano il DNA. Chi ha scarse capacità enzimatiche di degradare l'acetaldeide ha maggiore rischio
Aggiornamento 2/2/2018
L'alcol è indicato dallo IARC come cancerogeno certo. Fino a un quarto dei tumori sono attribuibili al consumo di alcol. Le cause sono probabilmente attribuibili al danno al DNA, alla riduzione nell'assorbimento di folati e all'aumento dell'assorbimento degli altri cancerogeni. L'AICR sconsiglia il consumo di alcol per prevenire i tumori, ma considera modeste quantità (un drink al giorno per le donne e 2 per gli uomini) protettive per il cuore. L'effetto cancerogeno dell'alcol è potenziato dal fumo.
Aggiornamento 9/4/2018

Mi giunge voce di ostetriche che ai corsi pre-parto sostengono che un consumo moderato di alcol non crei problemi. Mi auguro che sia una bufala, comunque la scienza sostiene che l'unica quantità di alcol sicura in gravidanza sia ZERO. Più se ne beve, più sale il rischio di malformazioni. Questo non lo dico io ma le linee guida del ministero. Il consumo di alcol in gravidanza è la prima causa prevenibile al mondo di ritardo mentale nella prole. Vedete voi se vale la pena rischiare, e se sentite queste baggianate ai corsi o in qualsiasi contesto abbiate il coraggio di smentire chi le dice.

Aggiornamento 11/4/2018

La candidosi orale va molto d'accordo con l'alcol per favorire i tumori del cavo orale

Aggiornamento 11/4/2018

La soglia di rischio dell'alcol solitamente indicata (100 g a settimana) è probabilmente troppo alta, dosi inferiori sono comunque pericolose.

Aggiornamento 12/5/2018

L'alcol, si sa, è un ottimo disinfettante, purtroppo però nei forti bevitori fa fuori i batteri buoni e favorisce la crescita di quelli cattivi a livello orale. In questo modo può promuovere le malattie dei denti e altre condizioni patologiche, per esempio quelle autoimmuni. Questi i risultati di uno studio fatto su oltre 1000 americani. Anche i collutori a base alcolica sono probabilmente da evitare

Aggiornamento 20/5/2018
L'alcol riduce la sintesi proteica muscolare bloccando mTOR, sia in acuto che in cronico, e l'effetto dura molto tempo.
Aggiornamento 29/7/2018
Un post di Project Diet, che diversamente dal solito, mi trova d'accordo

Può un corso di laurea specialistico, in corsi come biochimica della nutrizione o chimica degli alimenti parlare dei benefici del vino e in particolare del vino rosso "in quantità moderate"?
Sì, può, siamo in Italia.
Per la cronaca, il vino (rosso o bianco che sia) non ha alcun beneficio tangibile e dimostrato, e la presenza di resveratrolo e polifenoli vari non giustifica né dimostra alcuna capacità di prevenzione, di qualsiasi patologia si stia parlando. L'associazione, peraltro con risultati contrastanti nei vari studi, per cui chi beve vino ha profili lipidici leggermente migliori, non è affidabile per una serie infinita di motivi.
In pratica, il vino NON previene gli eventi cardiovascolari, NON previene sindrome metabolica, diabete o obesità (semmai contribuisce ad aumentarne il rischio), NON rallenta l'invecchiamento.
Al contrario, l'alcol contenuto nel vino (e in qualsiasi bevanda giustamente alcolica) è invece il "nutriente" più cancerogeno conosciuto, il cui consumo (generalmente tendenzialmente > 2 bicchieri al giorno) è associato in maniera probabile o convincente (insomma, evidenze forti, come per il fumo di sigaretta, l'amianto, e via dicendo) per quasi 10 tipi di cancro differenti.
L'alcol è poi associato ad alterazioni dello sviluppo cerebrale (ci sono aree della corteccia, comportamentali, che si sviluppano fino a circa 25 anni e il loro picco è nell'adolescenza) per cui assolutamente da evitare o limitare al massimo nei ragazzi (che invece sono quelli che ne abusano maggiormente). Poi apporta calorie, che puntualmente non vengono considerate.
...ci sarebbe un libro da scriverci sopra...
Non dobbiamo fare l'errore di confondere e utilizzare come sinonimi bino (o altre bevande alcoliche) con alcol, ma non dobbiamo nemmeno pensare che l'alcol contenuto in qualsiasi bevanda o cibo faccia poi meno male o cambi le sue caratteristiche.
Ora, chiaramente consumare 1-2 bicchieri di vino, una lattina di birra, brindare ogni tanto nelle occasioni di festa va benissimo, ma perché questa mania di inserire il vino a momenti tra i superfoods?
...poi le proteine fanno male, le uova fanno alzare il colesterolo e i carboidrati fanno ingrassare, certo 

Aggiornamento 25/8/2018


Secondo una nuova revisione degli studi, l'alcol è responsabile di 3 milioni di morti all'anno, e del 12% di quelle tra i 15 e i 49 anni.
Non sono stati individuati livelli di alcolici che migliorano la salute, né vino, né birra, né altro, quindi il consiglio di bere uno o 2 bicchieri al giorno si declassa a semplice mito. L'unico livello di alcol che non fa male è zero.
Le politiche del futuro si dovranno incentrare sullo scoraggiamento dell'assunzione di alcolici

Aggiornamento 13/1/2019

Un consumo moderato di alcol, indicato come 2 porzioni al giorno, è sufficiente a indurre rimodellamenti cardiaci tali da alzare il rischio di fibrillazione atriale

Aggiornamento 10/4/2019
I circuiti nervosi della dipendenza da alcol e da cibo spazzatura sono gli stessi
Aggiornamento 11/4/2019
Una bottiglia di vino a settimana incrementa il rischio tumorale globale dell'1% circa (1,4% per le donne), corrispondente più o meno a quello di 10 sigarette a settimana.

Aggiornamento 25/8/2019

Bere in gravidanza caratterizza il DNA in modo da influenzare l'espressione genica, aumentando il cortisolo con conseguenze sull'immunità

Aggiornamento 7/10/2019

È ben noto che le donne in gravidanza non devono assumere alcol. Anche gli uomini però devono astenersi dal bere nei 6 mesi prima del concepimento perché l'alcol aumenta il rischio di difetti cardiaci congeniti
Aggiornamento 31/1/2020
L'unica quantità di alcol sicura in gravidanza è zero
Aggiornamento 22/2/2020
Le donne con depressione in gravidanza spesso mangiano male, compresi zuccheri raffinati, alcolici (che dovrebbero essere azzerati in gravidanza) e grassi di scarsa qualità, e introducono poca frutta, verdura e legumi. Sarebbe opportuno che un professionista corregga queste abitudini.
Aggiornamento 19/3/2020
Il veleno di scorpione potrebbe correggere alcuni difetti di apprendimento dovuti alla FAS
Aggiornamento 3/5/2020
L'alcol in gravidanza è dannoso perché, tra le altre cose (riduzione di BDNF e infiammazione), riduce la quantità di DHA (omega 3) che arriva al cervello, impedendogli di maturare correttamente. Fermo restando che in gravidanza (e possibilmente allattamento) non si deve assumere alcol, la somministrazione di DHA potrebbe ridurre i danni
Aggiornamento 20/8/2020

Stanno arrivando le nuove linee guida americane 2020 sull'alimentazione, e come spesso accade probabilmente verranno utilizzate come base per quelle europee. Tra le novità previste, si ridurranno le quantità di alcol e zuccheri previste (per gli uomini max un drink al giorno come le donne, gli zuccheri aggiunti passeranno dal 10 al 6% delle calorie totali). Si parla esplicitamente di calorie vuote legate al rischio di malattia (stranamente qualche chimico parlava di nessuna evidenza scientifica per questo termine: cambiare mestiere no?), sottolineando che si tratta di zuccheri con effetto diverso da quelli naturalmente presenti nei cibi (le calorie non sono tutte uguali). Si darà inoltre più importanza all'alimentazione in gravidanza, allattamento e crescita, includendo la colina tra i nutrienti essenziali per lo sviluppo cerebrale, la cui fonte principale è spesso l'uovo.
Aggiornamento 4/9/2020

Il trapianto di microbiota può aiutare a guarire la dipendenza da alcol. Scrivono gli autori: "questo lavoro conferma che la via per il cervello passa attraverso l'intestino"

Aggiornamento 13/4/2021

La dieta chetogenica potrebbe aiutare nella disintossicazione dall'alcol, e nei topi riduce l'induzione di dipendenza. Gli effetti sembrano dovuti alla riduzione della neuroinfiammazione e alla variazione nei substrati energetici (meno acetato e glucosio)

Aggiornamento 9/12/2021

La somministrazione di probiotici sembra ridurre nausea e vomito in gravidanza. Lo studio è piccolo quindi sono solo evidenze iniziali ma interessanti, l'azione potrebbe essere dovuta a una modulazione degli ormoni, dei sali biliari e del sistema nervoso enterico.
"Le ore in cui le partecipanti sentivano nausea sono state ridotte del 16%, e il numero di volte che hanno vomitato è stato ridotto del 33%. L'assunzione di probiotici ha anche migliorato significativamente i sintomi legati alla qualità della vita, come stanchezza, scarso appetito e difficoltà a mantenere le normali attività sociali, come indicato dai questionari".
Anche la stitichezza si è ridotta.

Aggiornamento 26/12/2021

Anche quantità moderate di alcol consumate giornalmente appaiono dannose per la salute, secondo un articolo di Medscape.
Purtroppo la pandemia ha aumentato il consumo di alcolici e nel breve termine questo ha significato aumento di malattie epatiche, intestinali e della violenza domestica.
Spesso si rappresentano gli effetti dell'alcol con una curva a J, in cui i bevitori moderati (uno-due porzioni al giorno) hanno un rischio di malattia inferiore dei non bevitori.
"In realtà, questa associazione è più probabilmente "un artefatto statistico" in gran parte derivato da studi osservazionali di bassa qualità, secondo il dr. Christopher Labos, epidemiologo e cardiologo presso il Queen Elizabeth Health Complex di Montreal.
"Quando si guarda agli studi che tengono conto della causalità inversa, o il fatto che alcune persone astemie sono ex consumatori di alcol, allora ci si rende conto che il beneficio protettivo dell'alcol è minimo o inesistente e che l'alcol fa più male che bene alla nostra società".
Un recente studio ha mostrato come smettere di bere riduca la fibrillazione atriale, mentre un altro ha mostrato che il rischio si riduce con 56g a settimana, mettendo ancora in risalto l'"effetto a J".
L'alcol è un cancerogeno e si stima sia responsabile da solo del 4% dei tumori, in particolare nelle donne e anche nei bevitori moderati. L'ACR consiglia per questo "è meglio non assumere alcolici".
L'alcol è neurotossico e ha effetti sulla cognizione.
L'uso eccessivo di alcol è uno dei maggiori fattori causali per la demenza.
"Mewton e colleghi hanno recentemente pubblicato dati che suggeriscono che ci sono tre periodi in cui il cervello potrebbe essere particolarmente suscettibile agli effetti neurotossici dell'alcol: la gestazione (dal concepimento alla nascita), l'adolescenza (15-19 anni) e l'età adulta (oltre 65 anni). Fare particolarmente attenzione in queste fasi può quindi essere utile" suggerendo anche che la terapia cognitivo-comportamentale e motivazionale sono molto efficaci nel ridurre il consumo.
Il dr. Labos suggerisce di chiarire questi aspetti ai pazienti e usare gli alcolici come il cibo spazzatura: qualcosa da consumare occasionalmente

Aggiornamento 18/3/2023

Che effetto ha il consumo di alcol in donne che hanno avuto un tumore al seno? L'alcol è un noto cancerogeno, a qualsiasi quantità. I dati attuali sull'effetto sulla ricorrenza del tumore sono però conflittuali. Una revisione indica aumento del rischio, un'altra afferma che l'effetto di un consumo moderato è improbabile. Per un principio di precauzione forse meglio evitare un consumo abituale.

Aggiornamento 7/4/2023

Continuano a non esistere livelli sicuri di consumo di alcol. Lo conferma una metanalisi che ha escluso alcuni errori metodologici spesso presenti in altri lavori. Gli effetti sulla mortalità sono evidenti a partire dalle 3 unità settimanali.

Aggiornamento 1/5/2023

È ben noto l'effetto negativo sulla prole dell'alcol in gravidanza. Un nuovo studio mostra che anche il consumo paterno nel periodo prima del concepimento può indurre le modifiche tipiche della sindrome alcolica fetale. I ricercatori concludono invitando a educare entrambi i genitori ai rischi legati al consumo di alcol.

Aggiornamento 11/6/2023

Post di Sergio Saia

L’#IRLANDA ETICHETTA TUTTI GLI #ALCOLICI (non solo il vino) con l’indicazione «#nuoce #gravemente alla #salute».
1) #Complotto contro l’#Italia? No, se lo pensate siete ignoranti o in conflitto d’interesse. Etichettano anche i propri alcolici.
2) Hanno più problemi di noi con gli alcolici? No, ne hanno di meno.
In figura le morti attribuibili al consumo di alcool in alcuni grandi paesi europei. I dati sono del Global Burden of Diseases (o #GBD) che raccoglie tutte le evidenze (anche quelle a favore) nel settore circa la relazione tra fattori di rischio e esiti. Tra gli esiti, recensisce per morti totali o per 100000 abitanti, per anni di vita persi totali (YLL) o aggiustati per disabilità (DALY), etc.: https://vizhub.healthdata.org/gbd-compare/
3) Esiste un consumo sicuro di alcolici (vino incluso)? No, capisco piaccia illudersi, ma negarlo non fa venire meno il rischio. Se si vuol bere, meglio bere coscienti dei rischi, tanto se li negate i rischi comunque non scompaiono. E vostro nonno è stato solo fortunato. Purtroppo non esiste una quantità minima di alcool alla quale i rischi siano minori rispetto a quanto osservato nei non bevitori dopo aver stratificato per età, comorbidità, etc. I dati che relazionano rischio e quantità sono qui (anche quelli a favore): https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)00847-9
E sì, conosco il pippone degli effetti cardioprotettori: è una correlazione che scompare quando il dato è stratificato, la stessa società europea di cardiologia (#ESC) invita a non poca prudenza quando si sbandierano tali effetti: https://www.escardio.org/.../Alcohol-may-be-more-risky-to...
Si vuol bere? Comprensibile. Ma meglio bere coscienti dei rischi che negandoli o ignorandoli. Se qualcuno è cosciente, magari decide di bere meno o niente o ridurre altri fattori.

Aggiornamento 8/9/2023

Si ribadisce che non esistono quantità sicure di alcol in gravidanza. La FAS è la prima causa prevenibile di problemi intellettivi.
Il viso può essere lo specchio della malattia. Possono essere presenti "una varietà di anomalie craniofacciali oltre alle caratteristiche cardinali delle rime palpebrali corte, del filtro nasale liscio e del vermiglio sottile del labbro superiore. Alcune di queste malformazioni, come l'ipoplasia mascellare, la ptosi e la retrognazia, si verificano in una serie di disturbi dello sviluppo e sono facilmente riconosciute da genetisti, dismorfologi e pediatri dello sviluppo. Pertanto, una delle principali ricerche in questo campo è stata la scoperta di altri modelli di dismorfologia facciale o non facciale che potrebbero anche collegare il deterioramento neurocomportamentale all'esposizione all'alcol prenatale, anche in assenza di una storia di tale esposizione".

Aggiornamento 19/1/2024

L’OMS ha redatto un documento in cui dichiara che tassare alcolici e bibite zuccherate può aiutare le persone ad avere stili di vita più sani e meno patologie, riducendo così i costi collettivi della sanità pubblica.

Aggiornamento 17/4/2023

L'abuso di alcol in Italia sta aumentando. Si stimano 8 milioni di consumatori a rischio (oltre un italiano su 7). Quasi 4 milioni i binge drinker

Aggiornamento 27/4/2023

È ben noto l'effetto negativo dell'alcol in gravidanza, per cui ci si dovrebbe astenere completamente. Uno studio ha inoltre mostrato che anche l'esposizione nei mesi precedenti può essere dannosa, riducendo la crescita e la durata della gravidanza, quindi favorendo il parto pretermine che è uno dei principale fattori di rischio per il neonato. L'effetto è dose-dipendente, quindi più se ne assume più è evidente.

Aggiornamento 31/7/2024

Secondo una ricerca l'obesità in gravidanza può essere aggiunta alle cause di morte improvvisa infantile, la cosiddetta morte in culla (SIDS).
Il 5,4% di queste morti è direttamente riconducibile all'obesità materna.
Il rischio aumenta in modo lineare al crescere del BMI.
Il rischio aumenta del 10, 20 e 39% rispettivamente nelle classi I, II e III di obesità.
Tra i possibili meccanismi, l'ostruzione delle vie aeree dovuta al seno più grande o alla condivisione del letto, le apnee in gravidanza (che aumentano il rischio di eventi avversi e può causare stress ossidativo che altera la crescita del nascituro).

Un altro forte fattore è il fumo in gravidanza, che aumenta di 5 volte il rischio.

venerdì 21 dicembre 2012

E la rinite non c'è più

Oggi parlo di una mia esperienza personale.

Una cosa fatta più per curiosità, che incontrava il mio scetticismo. 
Leggendo il libro Oltre (l'alimentazione dello sportivo), scritto da Luca Speciani e Lyda Bottino, nella parte sulle intolleranze alimentari curata da Attilio Speciani, scopro che è possibile scordarsi della rinite con l'aiuto della dieta.
Premetto di essere un super-allergico sin da bambino, sia verso i pollini che gli acari, per cui non ho praticamente periodi di pace, e ovviamente tendo a peggiorare in primavera.
Nel libro spiega come, senza grosse rinunce, semplicemente impostando una dieta di rotazione (e mai di eliminazione!) sugli alimenti che provocano un innalzamento del tono infiammatorio, si possano ridurre i sintomi dell'allergia.
Probabilmente la maggior parte dei miei colleghi mi criticherà per la mia posizione, ma in realtà il mondo scientifico ha da tempo riconosciuto l'esistenza delle reazioni avverse agli alimenti (qualcuno le chiama allergie di tipo ritardato o allergie non allergiche). Questo forse perché si usa attribuire alle intolleranze alimentari tantissimi effetti, dal mal di testa all'aumento di peso, dalle malattie autoimmuni ai dolori articolari.
Alcuni sostengono che dietro queste affermazioni ci siano solo interessi economici per effettuare test costosi ed inutili.



Questo è il referto. Il test ha sfruttato la metodica ELISA su siero; non pubblico il nome del laboratorio, se siete interessati contattatemi con messaggio privato, comunque ne esistono tantissimi e uno dei dubbi è proprio se tutti siano affidabili. Risulto intollerante alla ricotta e al latte, e semplicemente escludendo i latticini per 4 giorni a settimana il mio naso è rinato! E senza uso di farmaci pieni di effetti collaterali come i cortisonici.
In realtà il collegamento tra latte e produzione di muco è conosciuto nel mondo scientifico, e riguarda alcuni sottogruppi di persone. Ma forse per qualcuno è più comodo vendere farmaci piuttosto che impostare una dieta e risolvere così il problema.

Aggiornamento settembre 2014 


Nuove opinioni sulle intolleranze (o meglio infiammazione da cibo). I test, compresi quelli Igg4, non sono comunque validati e il loro uso viene sconsigliato dalla comunità degli allergologi.

Aggiornamento settembre 2016 

Conferme sui legami tra reazioni agli alimenti e rinite o asma.

Aggiornamento gennaio 2017 

Secondo un vecchio studio della Mayo Clinic vi è un legame tra candida e rinosinusite.

Aggiornamento 11/4/2017

I cortisonici usati per inalazione (asma ecc) sembrano aumentare il rischio di sindrome metabolica in maniera più alta di quanto immaginato. Non si tratta di una prova causa-effetto ma i presupposti ci sono tutti

Aggiornamento 5/9/2018
Un nuovo studio mette in mostra che i test IgG hanno migliorato la condizione di persone con colite ulcerosa, mettendo in dubbio la loro inutilità, almeno in questa condizione

Aggiornamento 27/9/2018
La sovracrescita intestinale di candida può aumentare la risposta asmatica. Anche un altro fungo (W. mellicola) pare avere lo stesso effetto

Aggiornamento 8/12/2018

In caso di allergia, immediata (Ig-E) o ritardata  (non Ig-E) alle proteine del latte nel bambino, anche la mamma che allatta deve escludere il latte, perché alcune proteine non digerite passano direttamente al latte materno. Si raccomanda integrazione con vitamina D e calcio, possibilmente seguiti da una persona esperta.
I sintomi/segni possono essere cutanei (eczema, prurito, eritema), respiratori (rinite) o gastrointestinali (reflusso, diarrea, rifiuto del cibo, disconfort intestinale, rossore perianale).
In caso di non presenza di allergie la varietà della dieta della mamma è importante per prevenirle.

Aggiornamento 21/3/2019

L'uso cronico dei cortisonici ha un costo nascosto, quello per gli effetti collaterali. Il cortisone, come il suo similare cortisolo, ormone dello stress, distrugge molte strutture corporee, dai muscoli alle ossa e rovina la salute. 

Aggiornamento 29/3/2019

Lactobacillus paracasei LP-33 migliora i sintomi nasali e/o oculari della rinite in persone con allergia ai pollini. I risultati sono confermati anche da una metanalisi.
Aggiornamento 26/5/2019

Per migliorare i sintomi delle allergie stagionali, come la rinocongiuntivite, ci si può aiutare con l'estratto di ortica,  il guduchi (Tinospora cordifolia) e i probiotici come L. gasseri KS-13, B. bifidum G9-1, and B. longum MM-2
Aggiornamento 13/8/2019
Il microbiota modula la reazione allergica e i probiotici possono aiutare.
Aggiornamento 24/8/2019
La rivista Nutrients pubblica le relazioni tra IgG e cibo sostenute dal dott. Speciani e colleghi

Aggiornamento 21/9/2019
In un gruppo di bambini cinesi quelli con asma e rinite avevano meno bifidobatteri ma uguali lattobacilli, suggerendo che la carenza dei primi può portare allo sbilanciamento immunitario responsabile delle allergie.
Aggiornamento 10/5/2020
In uno studio pilota, alcune diete di esclusione si sono rivelate utili nel migliorare la rinosinusite cronica, probabilmente legata a sensibilità alimentari
Aggiornamento 27/6/2020
Somministrare Lactobacillus reuteri al bambino in allattamento riduce il rischio di rinite e rinocongiuntivite allergiche negli anni successivi. Per gli adulti si è rivelato efficace un mix di Bifidobacterium longum IM55 e Lactobacillus plantarum IM76 per le persone con allergia agli acari
Aggiornamento 5/7/2020
Come l'intestino, anche il naso ha la sua flora, e se alterata può favorire la malattia. Lactobacillus casei AMBR2 appare sicuro e potrebbe migliorare la rinosinusite nelle persone che ne soffrono
Aggiornamento 10/7/2020

I cortisonici, anche nel breve termine, aumentano rischio di effetti avversi, come sanguinamento gastrico, insufficienza cardiaca e sepsi.
Aggiornamento 11/8/2020


Il rapido aumento dei disturbi del sistema immunitario, come nel caso delle malattie allergiche, è fortemente associato a una ridotta esposizione ai microrganismi nel primo periodo di vita. Il microbiota intestinale stimola parzialmente il sistema immunitario e la particolare composizione del microbiota intestinale può influire sul rischio di malattie allergiche. Pertanto, questi risultati suggeriscono un approccio terapeutico per probiotici e prebiotici utilizzati nelle malattie allergiche.
"In generale, i probiotici utilizzano i principali meccanismi per migliorare i sintomi clinici nei pazienti con malattie allergiche e prevenirli, tra cui: (1) la soppressione delle risposte Th2 in favore di quella Th1; (2) produzione di butirrato e maggiore induzione della tolleranza; (3) aumento di IL-10 e diminuzione dell'infiammazione; (4) diminuzione del livello di eosinofili e di IgE sieriche specifiche; (5) aumentare il rapporto IFN-gamma/IL-4; (6) aumentare le cellule Treg e indurre le loro risposte; (7) aumentare le risposte TGF-beta e inibire le risposte allergiche; e (8) ridurre l'espressione della metalloproteinasi 9 e l'infiltrazione cellulare". I meccanismi d'azione sono divisi in 2 gruppi:
1. i meccanismi fisiologici includono: a) I probiotici creano condizioni competitive e inibiscono l'aderenza batterica allo strato mucoso, b) Migliora l'integrità della barriera epiteliale e migliora la funzione di barriera, c) La produzione di muco può anche essere aumentata dai probiotici che stimolano le cellule caliciformi portando all'aumento della mucina e quindi alterazione della colonizzazione e della condizione di persistenza.
2. Meccanismi immunologici: a) I probiotici, direttamente e indirettamente, influenzano le cellule epiteliali e modulano le vie di segnalazione che portano a una ridotta espressione di citochine infiammatorie sopprimendo la segnalazione di NF-kB, b) La modalità d'azione primaria dei probiotici include il ripristino dell'equilibrio tra le citochine Th1 e Th2 e il potenziamento delle citochine Th2 (IL-4, IL-5, IL-13), c) I probiotici con i loro prodotti stimolano le cellule dendritiche e potrebbero portare all'induzione della differenziazione Treg delle cellule CD4 + Foxp3 + Treg e alla produzione di TGF-beta e IL-10, d) I probiotici modificano i profili delle citochine attraverso gli effetti sulle cellule dendritiche e quindi aumentano la produzione di IgA e IgG4 secretorie da parte delle cellule B e la riduzione delle IgE allergene-specifiche da parte delle cellule B.
Tra gli studi condotti sull'uomo [recensiti qui] ... i ceppi che possono influenzare l'AD (dermatite atopica) potrebbero essere L. acidophilus, Lacticaseibacillus rhamnosus (LGG), B. animalis, L. paracasei, L. fermentum e L. plantarum ... ”
"... La combinazione era generalmente accompagnata dalla soppressione delle risposte Th2 e dal miglioramento dei sintomi clinici della dermatite atopica .."
"... Negli studi sull'allergia alle proteine del latte bovino (CMA), l'uso di LGG, che ha favorito la produzione di butirrato, ha aumentato l'induzione della tolleranza nei bambini, ma non è stato osservato alcun effetto significativo in presenza di B. lactis Bb-12 e L. casei sull'allergia al latte vaccino ... "
"... Il miglioramento dei sintomi della rinite allergica (AR) è stato segnalato per diversi ceppi come LGG, L. reuteri, L. casei, L. salivarius, B. Longum, B. infantis, B. breve, B. gasseri, B. bifidum G9-1 e Lactococcus lactis, tutti efficaci nel ridurre i sintomi clinici ... "
"... Nei pazienti con asma, l'effetto di L. acidophilus, L. reuteri e Clostridium butyrate ... [ha portato i ricercatori a dimostrare l'efficacia di] L. reuteri che aumenta l'IL-10 e diminuisce l'infiammazione, portando a un miglioramento dei sintomi in questi pazienti ...”
Potenziali rischi sono legati alle persone immunodepresse e immunocompromesse e al potenziale, in alcuni casi, aumento di aderenza di alcuni patogeni alla membrana intestinale.

Aggiornamento 3/9/2020

Individuati anticorpi che potrebbero aiutare a diagnosticare la sensibilità al glutine. Fanno parte della classe delle IgG. "Abbiamo scoperto che le cellule B dei pazienti affetti da celiachia hanno prodotto un profilo di sottoclasse di anticorpi IgG con un forte potenziale infiammatorio che è legato all'attività autoimmune e al danno delle cellule intestinali", afferma Alaedini. "Al contrario, i pazienti con sensibilità al glutine non celiaca hanno prodotto anticorpi IgG associati a una risposta infiammatoria più contenuta". "Se riusciamo a guidare specifiche cellule immunitarie dei pazienti celiaci verso una minore infiammazione, potremmo essere in grado di prevenire o ridurre la gravità della reazione immunologica al glutine".

Aggiornamento 12/10/2020

La Candida albicans (come altre sue parenti) è un patogeno opportunista dell'intestino, che può passare da essere commensale innocuo a una forma dannosa. La dieta occidentale, ricca di zuccheri e oli raffinati, e l'uso di antibiotici creano, anche attraverso gli acidi biliari, le condizioni per favorire la proliferazione della candida e il suo passaggio alla forma di ifa invasiva. La candida prolifera con il glucosio ma può adattarsi ad altre fonti energetiche come il lattato. È in grado di produrre la PGE2, una prostaglandina che "adatta" l'intestino alle sue esigenze, ma induce nausea, diarrea e vomito, riduce le difese immunitarie. La crescita della Candida porta a una risposta dei linfociti Th17, che può aggravare le malattie respiratorie come l'asma.

Nei modelli animali la candidalisina, la tossina rilasciata dalla candida, promuove la steatosi epatica legata all'alcol, e nell'uomo si associa a malattia più grave e maggiore mortalità

Aggiornamento 26/10/2020

L'uso di cortisonici, sia orale che per inalazione, aumenta il rischio di osteoporosi in maniera dose-dipendente. Il loro uso dovrebbe essere tenuto al minimo possibile per il controllo dei sintomi ed eliminato se i sintomi sono gestiti bene. L'asma si può gestire anche con la nutrizione funzionale

Aggiornamento 4/4/2021

Il prurito da allergia (dermatite atopica) è dovuto a leucotrieni, derivati dell'acido arachidonico (omega 6), ma diversi da quelli che mediano l'asma, e questo spiega perché alcuni farmaci antileucotrieni (montelukast) non funzionano per il prurito. L'uso di omega 3, resolvine e DGLA può aiutare.

Aggiornamento 13/4/2021

Una dieta personalizzata sui test IGG, a parità di calorie, ha avuto esiti migliori rispetto a dieta tradizionale su perdita di peso (21kg Vs 17), grasso corporeo (-9.72% Vs 7.19%), parametri tiroidei (TSH, T3 e T4) e di autoimmunità (riduzione degli anticorpi antiTPO) in donne sovrappeso con Hashimoto

Aggiornamento 18/5/2021

Le ultime linee guida (UK) sul trattamento dell'IBS (sindrome dell'intestino irritabile)
I pazienti dovrebbero tutti fare attività fisica ed essere seguiti dal punto di vista nutrizionale.
Lo psillio è solitamente efficace nel ridurre i dolori e i sintomi, invece le fibre insolubili come la crusca di grano possono aggravare i sintomi.
La dieta FODMAP può funzionare ma deve essere fatta seguita da esperti e si deve puntare alla reintroduzione dei cibi.
I probiotici possono essere consigliati per almeno 3 mesi, e se non funzionano cambiare ceppo, visto che non è possibile individuarne uno buono per tutti.
L'olio di menta piperita può essere un trattamento efficace per i sintomi e il dolore addominale nell'IBS. Il reflusso gastroesofageo è un effetto indesiderato comune.
"Esistono molteplici meccanismi attraverso i quali il cibo può innescare sintomi nell'IBS, inclusi effetti primari (p. Es., Osmotico, chimico, immunologico, meccanico o neuroendocrino) ed effetti secondari (p. Es., Sottoprodotti della fermentazione, alterazioni del pH intraluminale o effetti sul microbiota intestinale). Non sono raccomandate diete di eliminazione basate su anticorpi IgG. Sebbene alcuni studi abbiano identificato potenziali intolleranze alimentari tramite il test dell'antigene leucocitario su campioni di sangue periferico o l'endomicroscopia laser confocale in tempo reale, ciò richiede un'ulteriore conferma.
L'infiammazione della mucosa può derivare da una barriera epiteliale compromessa, disbiosi o livelli di stress alterati e funzione della barriera epiteliale compromessa da uno stress aberrante e una risposta immunitaria e/o disbiosi. L'inizio della condizione può essere collegato a un precedente episodio di gastroenterite infettiva indotta da batteri, parassiti o virus, denominata IBS postinfettiva".

Aggiornamento 1/3/2022


I probiotici colonizzano e l'intestino, migliorano l'integrità epiteliale, si attaccano all'epitelio intestinale, aumentano l'adesione alla mucosa intestinale, competono per escludere i microrganismi patogeni, resistono alla produzione di sostanze battericide e mantengono l'equilibrio ecologico del microbioma intestinale
Stimolano correttamente il sistema immunitario e proteggono dalla permeabilità intestinale. Le persone con allergie hanno alterazioni del microbiota, per esempio la Candida può essere aumentata nella rinite allergica, e i probiotici la contrastano.
La ricerca ha dimostrato che alcuni ceppi probiotici hanno funzioni immunomodulatorie e alleviano i sintomi dell'infiammazione allergica delle vie aeree. Prove cliniche e di laboratorio mostrano che esiste un effetto terapeutico dei probiotici sulle malattie allergiche attraverso la regolazione del microbiota intestinale e la modulazione dell'immunità, favorendo il mantenimento della normale tolleranza immunitaria (bilancio corretto tra TH1 e TH2 e aumento di Tregs).

Negli studi i probiotici hanno ridotto l'iperreattività e l'infiammazione indotte dagli allergeni, nonché il rilascio di citochine (messaggeri dell'infiammazione). In diversi studi non sono state riscontrate differenze significative tra il trattamento con probiotico e quello con placebo. Sebbene i probiotici non abbiano eliminato le allergie, la loro somministrazione può ridurre l'incidenza e la durata dei sintomi allergici. Tuttavia, gli effetti dei probiotici dipendono dalla loro specie o ceppo, dai loro metaboliti ​​e dal microbiota intestinale del paziente. Questi fattori possono spiegare l'effetto soggettivo

Aggiornamento 6/4/2022

La rinite gustatoria può essere causata da alimenti speziati

Aggiornamento 28/4/2022

I bambini con allergie hanno un microbiota particolare con una aumento di una specie, Ruminococcus gnavus, che ha proprietà infiammatorie e modula negativamente il sistema immunitario riducendo la tolleranza. Inoltre sono ridotte specie come B. longum e in generale le specie che degradano la fibra e producono metaboliti benefici che incrementano la tolleranza.
I batteri infiammatori invece producono LPS che inducono rinosinusite.
"La vita rurale, il parto vaginale, il possesso di animali domestici, il consumo di un'ampia varietà di alimenti, il basso uso di antibiotici e il microbiota del latte materno possono ridurre il rischio nei bambini di sviluppare un'allergia respiratoria o alimentare.
Si suggerisce che la produzione di molecole pro-infiammatorie e la ridotta capacità di catabolizzare i polisaccaridi complessi possano essere associate all'aumentata infiammazione tipica delle condizioni allergiche. Questi risultati supportano l'importanza del microbiota intestinale nell'insorgenza di malattie allergiche e possono aprire nuovi spunti nello sviluppo di strategie preventive e terapeutiche innovative basate sulla manipolazione del microbioma".

Aggiornamento 29/4/2022

Nelle linee guida dei gastroenterologi americani sulla sindrome dell'intestino irritabile (IBS) si consiglia fortemente la fibra solubile (psillio, fibra di mais, metilcellulosa, crusca d'avena e polpa di frutta e verdura), in particolare in caso di stitichezza, mentre quella insolubile (crusca, cereali integrali, buccia di frutta, semi e verdura) può dare problemi.
Le diete Fodmap e "healthy eating" (uso di cibo salutare) solitamente sono quelle che funzionano meglio.
"I pazienti con IBS utilizzano un'ampia gamma di diete per eliminare gli alimenti trigger, tra cui una dieta priva di glutine (GFD) e diete di eliminazione basate sul test degli anticorpi IgG, test di attivazione dei leucociti ed endomicroscopia laser confocale (CLE) dopo prove di introduzione di alimenti, sebbene ci siano pochi dati a supporto di questi interventi. […]
Sono necessari ulteriori sforzi per identificare e convalidare i biomarcatori che predicono la risposta agli interventi dietetici per fornire una "nutrizione personalizzata"".
In ogni caso si consiglia di fare ricorso a un esperto in nutrizione per migliorare la condizione.

Aggiornamento 30/4/2023

Da diverso tempo penso che l'EAACI, la società europea di allergologia, sia una delle società scientifiche più avanti di tutte.
In una recente posizione hanno illustrato come le fibre alimentari possano modulare il sistema immunitario e prevenire, alleviare e in qualche caso guarire malattie legate alle sue alterazioni come allergie, asma e malattia infettive, compreso COVID19.
Le fibre sono componenti essenziali dell'alimentazione e le allergie sono cresciute contemporaneamente al declino del loro consumo. Le fibre contribuiscono a mantenere la tolleranza immunologica attraverso la fermentazione microbica e la produzione di metaboliti batterici. Per questo la fibra può non essere sufficiente ma può essere necessario integrare le specie batteriche mancanti coi probiotici. È probabile che un tipo di fibra da solo sia inefficace, quindi il vantaggio si avrebbe dal corretto mix delle diverse fibre presenti in vari alimenti vegetali.
Potrebbe essere importante classificare le fibre in base al loro effetto immunitario. Per esempio promozione dell'integrità della barriera epiteliale, induzione delle cellule T regolatorie, prevenzione della polarizzazione TH2 e inibizione della degranulazione dei mastociti (rilascio di istamina).
Anche il timing di esposizione è importante, per cui sin da piccoli ci si deve abituare a mangiare fibre per modulare l'immunità. Alcune linee guida stabiliscono l'utilità della supplementazione con fibre in bambini a rischio malattie allergiche. Diversi studi mostrano l'utilità delle fibre nella gestione di allergie, dermatite atopica e asma, mostrando quindi un potenziale uso farmacologico dell'alimentazione. Ulteriori studi sono necessari per chiarire le varie interazioni tra microbiota, fibre e sistema immunitario.

Aggiornamento 22/11/2023

Nuove classificazioni nelle allergie, secondo l'EAACI.

Nel nuovo position paper dell' EAACI (Società Europea di Allergologia) si individuano e classificano 7 tipi di sensibilità allergica, 3 in più rispetto alle 4 già conosciute.
Si tratta di un passo avanti in quanto le sensibilità di tipo V e VI sono ritenute fortemente legate alla disbiosi e alla permeabilità degli epiteli (non solo intestinale ma anche di pelle e altre mucose). Viene chiaramente sottolineato che queste condizioni sono legate ad allergia, asma, malattie autoimmuni, dermatite atopica, rinosinusite, esofagite eosinofila, obesità e metabolismo alterato. L'alterata permeabilità è anche strettamente legata alla dieta (povertà di fibre e riduzione del muco protettivo), ma anche a fattori ambientali come inquinamento e prodotti di uso comune, inclusi dentifrici, shampoo, detersivi e alimenti trasformati.

  1. Le reazioni di tipo I, IgE-dipendenti, si verificano in pazienti con rinite allergica (AR), rinocongiuntivite allergica (ARC), asma, dermatite atopica, orticaria acuta/angioedema, allergie alimentari, al veleno e ai farmaci. Sono immediate.
  2. Le reazioni di tipo II sono tipicamente reazioni indotte da farmaci che sono considerate causa di citopenia allergica. Tuttavia, le reazioni di tipo II rappresentano un evento patogenetico essenziale in diverse malattie autoimmuni, come la trombocitopenia immune, l'anemia emolitica autoimmune (AIHA), la neutropenia autoimmune, la malattia di Biermer, la sindrome di Goodpasture, la malattia emolitica del feto e del neonato (eritroblastosi fetale), la miastenia gravis, pemfigo e reazioni trasfusionali che coinvolgono gruppi sanguigni non corrispondenti.
  3. Le reazioni allergiche di tipo III comprendono la fase acuta della polmonite da ipersensibilità (detta anche alveolite allergica estrinseca), la vasculite indotta da farmaci, la malattia da siero e la reazione di Arthus. Le reazioni di tipo III sono associate a diverse malattie autoimmuni, tra cui il lupus eritematoso sistemico (LES), l'artrite reumatoide (RA) e la glomerulonefrite post-streptococcica.
  4. Risposta immunitaria di tipo IVa – T1 Le manifestazioni cliniche tipiche della reazione di tipo IVa sono la dermatite allergica da contatto, la fase cronica della polmonite da ipersensibilità (detta anche alveolite allergica estrinseca) e la malattia celiaca. Le reazioni di tipo IVa possono essere essenziali anche per gli endotipi di asma non T2, AR, CRS o AD. Questi meccanismi spiegano anche le reazioni allergiche non immediate ai farmaci, che si verificano dopo l'aptenizzazione del farmaco con una proteina trasportatrice.
  5. L'espressione più caratteristica di una reazione di ipersensibilità di tipo IVb può essere osservata nella classica reazione allergica con infiammazione cronica delle vie aeree nell'AR, nella rinosinusite cronica (CRS), nell'asma e nell'AD (endotipo T2), nell'allergia alimentare, nell'esofagite eosinofila (EoE) o nella dermatite da contatto con proteine. Le cellule Th2, ILC2, le cellule NK-T, gli eosinofili e un sottoinsieme di Mφ sono i principali attori della risposta immunitaria di tipo IVb – T2. Le reazioni di tipo IVb sono mediate dalle cellule Th2, che acquisiscono il loro fenotipo in seguito all'esposizione a IL-4, basofili o cellule NK-T.8
  6. Nelle risposte di tipo IVc, le cellule Th17, che appartengono alla linea delle cellule T helper, producono citochine della famiglia IL-17 che regolano gli effettori innati e orchestrano l'infiammazione locale inducendo il rilascio di citochine e chemochine proinfiammatorie in grado di reclutare NEU e migliorare la produzione di citochine Th2 . Le cellule Th17 della memoria acquisiscono il loro fenotipo in seguito all'esposizione a IL-6, IL-21, IL-23 e TGF-β forniti dalle APC. Le principali citochine effettrici prodotte dalle cellule Th17 sono IL-17A, IL-17F, IL-21, IL-22 e il fattore stimolante le colonie di granulociti-Mφ
  7. Tipo V: difetto della barriera epiteliale. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nella comprensione dei diversi fenotipi ed endotipi delle malattie infiammatorie della mucosa/cutanea come AR/ARC cronica, CRS, AD, asma o sindrome da enterocolite indotta da proteine ​​alimentari, EoE e malattia celiaca. Ciò ha rivelato che queste condizioni non sono malattie omogenee ma sono invece definite da una costellazione di sintomi che possono derivare da diversi meccanismi patologici. In alcuni casi, il processo infiammatorio sembra riflettere un'alterata funzione di barriera della pelle o della mucosa, piuttosto che da un disregolazione immunitaria primaria. La compromissione della funzione della barriera epiteliale facilita l'attivazione del sistema immunitario sottostante e successivamente porta all'infiammazione cronica. La perdita della barriera può derivare da difetti in diversi componenti essenziali, tra cui elementi strutturali dello strato corneo nella pelle, proteine ​​di giunzione stretta nella pelle e nelle mucose, antiproteasi protettive, espressione di prodotti antimicrobici, trasporto di ioni, protoni, acqua o materiali antimicrobici e altri meccanismi. L’attivazione dei nervi sensoriali, che contribuisce allo sviluppo dei sintomi allergici, è anche associata alla perdita della barriera. La disfunzione della barriera intestinale può verificarsi anche attraverso l’erosione del muco attraverso un’alimentazione/dieta a basso contenuto di fibre. Ciò spiega per la logica dell'introduzione dell'ipersensibilità di tipo V per evidenziare le peculiarità dei processi patologici e per la loro importanza nell'ottica di approcci personalizzati e di precisione alla caratterizzazione di endotipi e biomarcatori e al trattamento biologico in rapido sviluppo, in particolare con anti-allarmine. I fenomeni di alterazione delle barriere inducono anche infiammazione attraverso l'attivazione del sistema immunitario tramite reazione di tipo IVb. Essendo un fattore importante nell'ipersensibilità di tipo V, il coinvolgimento diretto di fattori ambientali che interrompono direttamente le barriere epiteliali è stato recentemente dimostrato in diversi modelli e tessuti umani. L'esposizione diretta a inquinanti atmosferici, sostanze chimiche e altri fattori ambientali nell'esposoma può distruggere le barriere epiteliali e influenzare il microbioma e il sistema immunitario. È noto che molti degli agenti chimici presenti nei comuni prodotti di consumo (compresi dentifricio, shampoo, detersivi e alimenti trasformati) danneggiano queste barriere critiche, aumentando la permeabilità a batteri, tossine, sostanze inquinanti e allergeni. Quando le barriere epiteliali vengono danneggiate (diventando 'leaky', permeabili), sostanze e microbi possono passare nei tessuti più profondi, dove normalmente non appartengono e innescare una risposta immunitaria/infiammatoria che può avviare o aggravare molte malattie infiammatorie croniche attraverso le vie dell'inflammasoma I difetti della barriera epiteliale sono stati dimostrati non solo in T2 ma anche nelle risposte non-T2 nella rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP) e nell'asma non-T2. Recenti studi sull'esposizione in modelli murini di infiammazione polmonare eosinofila nell'asma e nello sviluppo di esofagite eosinofila in risposta al sodio lauril solfato e ai detergenti dimostrano che l'asma e l'infiammazione simile a (EoE) iniziano solo con l'attivazione delle cellule epiteliali e la perdita della barriera indotta da sostanze tossiche. Come esempio diretto di citotossicità chimica, gli individui con barriere epiteliali permeabili mostrano un'infiammazione locale nelle loro cellule epiteliali, denominata "epitelite". L’epitelite è l’evento iniziale che attira le cellule proinfiammatorie nell’area della barriera epiteliale danneggiata. Si inizia con gli insulti ambientali (esposizione a sostanze inquinanti e tossiche), infezioni virali ed enzimi negli allergeni. Principalmente le allarmine, IL-25, IL-33 e TSLP e numerose chemochine proinfiammatorie vengono rilasciate dalle cellule epiteliali che invitano il sistema immunitario, nell'area, in particolare il Tipo IVb e i soggetti della risposta T2. La disbiosi microbica si verifica in aree della barriera epiteliale infiammatoria che risulta permeabile. Un microbiota sano sulla superficie della barriera mucosa regola numerosi aspetti dell’omeostasi della barriera. Tuttavia, la ridotta biodiversità e le alterazioni nella composizione e nel metabolismo del microbiota intestinale e cutaneo sono associati a varie condizioni infiammatorie, tra cui asma, malattie allergiche, malattie infiammatorie intestinali, diabete di tipo 1 e obesità. La disbiosi si riferisce a uno squilibrio nei microrganismi che risiedono nei tessuti, con disbiosi microbica e traslocazione batterica legate allo sviluppo e all’esacerbazione di malattie allergiche e autoimmuni.
  8. Tipo VI – disregolazione immunitaria indotta dal metabolismo. Particolarmente presente negli obesi asmatici che diventano resistenti al cortisone, anche questa coinvolge il microbiota e la permeabilità intestinale, con mancata degradazione dell'istamina. Le sostanze che entrano dall'intestino vanno, attraverso la circolazione sanguigna, a infiammare i tessuti distanti aumentando il rischio di malattie croniche incluso, malattie autoimmuni, asma e allergie. "Recentemente sono stati identificati numerosi nuovi metaboliti immunomodulanti (ad esempio metaboliti del triptofano, acidi grassi a catena corta) e la secrezione disregolata di questi immunomodulatori può contribuire allo sviluppo di allergie".
  9. Tipo VII: risposta cellulare e infiammatoria diretta alle sostanze chimiche. Le reazioni di tipo VII si verificano in pazienti con AR, ARC, asma, AD, orticaria acuta/angioedema e allergia ai farmaci. Può essere dovuta all'uso di FANS (aspirina) che alterano il  metabolismo dell'acido arachidonico.