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martedì 27 dicembre 2022

Le diete alla moda

 

Nella nutrizione spesso si sente parlare di "dieta alla moda" (fad diet in inglese, FD). Di cosa si tratta? Il termine è usato per le diete che di solito hanno un nome accattivante ma per il quale non esiste una forte dimostrazione scientifica di efficacia, in particolare nel lungo termine. 


Solitamente sono raccomandate da qualche santone messo ai margini dalla comunità scientifica e hanno alcuni testimonial famosi che in poco tempo hanno perso peso e guarito tutti i propri mali.




Spesso infatti queste diete promettono risultati veloci con poco sforzo e in assenza di attività fisica. Escludono alcuni alimenti e possono essere nutrizionalmente inadeguate o carenti di alcuni nutrienti. 

Un gruppo di ricercatori ha revisionato i dati pubblicati su alcune note diete per verificare la loro utilità, il loro presupposto scientifico e la potenziale pericolosità. Di alcune di queste ho già scritto e troverete i link nel paragrafo.

La dieta Atkins, una dieta ad alto contenuto proteico e ipoglucidica, fu messa a punto dal cardiologo Atkins negli anni 70 del secolo scorso. In alcuni studi ha mostrato di migliorare i parametri cardiometabolici (glicemia, colesterolo ecc.). Il dimagrimento può essere maggiore rispetto ad altri regimi. Le conclusioni invitano a seguire la dieta solo sotto supervisione di esperti. 

La dieta chetogenica (KD) è abbastanza simile all'Atkins, con un contenuto di carboidrati ancora inferiore. Lo stato di chetosi può ridurre lo stimolo insulinico all'immagazzinamento dei nutrienti e favorire così il dimagrimento. Paragonato a una dieta classica, la KD può favorire un maggiore dimagrimento, che però non sempre è mantenuto e non in tutti gli studi risulta superiore nel lungo termine. In alcuni casi si è visto un peggioramento del quadro lipidico nel lungo termine. Gli effetti collaterali solitamente sono superabili e temporanei, solo raramente si sono avuti problemi ossei e al metabolismo del calcio. È ormai utilizzabile in sicurezza sotto supervisione di esperti, ma il risultato sul lungo termine può essere deludente se non si mantengono i comportamenti corretti.

La dieta paleo esclude gli alimenti che abbiamo introdotto con la rivoluzione agricola: cereali, legumi, latticini e qualsiasi alimento industriale. Questo dovrebbe corrispondere all'alimentazione dei vecchi cacciatori-raccoglitori. In realtà non era esattamente così e saltuariamente i nostri antenati consumavano anche alcuni di questi alimenti. Non si danno grosse indicazioni sulle porzioni ed esistono 3 livelli di aderenza. La dieta può dare benefici in alcuni sottogruppi di persone e in alcune patologie, per esempio intestinali, ma allo stesso tempo essere negativa per altri. I risultati sui parametri metabolici sono ugualmente misti. La dieta viene descritta come costosa e difficile da seguire per lungo tempo. La principale carenza che può essere rilevata con la paleo è quella di calcio. Appare una dieta efficace nel dimagrimento ma non vi sono studi che dimostrino il miglioramento del rischio cardiovascolare nel lungo periodo. 

La dieta mediterranea viene descritta come il regime ideale e senza conseguenze negative sul lungo periodo. "È altamente adatta al pubblico in generale per la prevenzione delle carenze di micronutrienti e in particolare per quei pazienti che sono più attenti alla salute che orientati solo alla perdita di peso". È il modello attualmente più usato e le linee guida per la popolazione generali si rifanno a questo modello dietetico.

Le diete vegetariane possono avere effetti favorevoli sulla salute ma devono essere correttamente bilanciate e integrate perché espongono alla carenza di alcuni nutrienti come vitamina B12, D, calcio, ferro, zinco e acidi grassi essenziali come gli omega 3. Possono essere nutrizionalmente adeguate e utili nella prevenzione e nel trattamento di alcune malattie croniche. "Benefici e rischi dipendono dalle scelte dietetiche, quindi il piano individualizzato che soddisfa i requisiti di micronutrienti deve essere attentamente sviluppato da un professionista".

Il digiuno intermittente (IF) può essere realizzato in diversi modi. Alcuni studi hanno mostrato la sua efficacia nel dimagrimento e nel migliorare il quadro metabolico, ma nel medio periodo non si osservano particolari benefici rispetto a una continua restrizione calorica classica. Il IF può favorire oscillazioni troppo ampie nella quantità di acidi grassi liberi nel sangue e questo è stato associato  a peggioramento del metabolismo glucidico. Anche in questo caso mancano studi a lungo termine sulla sostenibilità e sugli effetti sulla salute.

Le diete detox derivano dalle antiche culture greche, romane ecc. in cui si pensava di purificare il corpo dopo eccessi o presunte intossicazioni. Ne sono disponibili varie forme commerciali con digiuni, clisteri, succhi purificatori, lassativi, vitamine ecc. Le diete detox favoriscono il dimagrimento ma apparentemente solo grazie alla restrizione calorica. Sappiamo bene che questo meccanismo può favorire il recupero del peso riducendo la spesa energetica e aumentando l'appetito, in particolare per i cibi spazzatura, nel medio-lungo periodo. Il rischio di insufficiente introduzione di alcuni nutrienti è reale e attualmente la dieta non dovrebbe essere consigliata dai professionisti.

La review conclude così: "Le diete alla moda facilitano la perdita di peso facile e veloce, migliorano l'aspetto e non richiedono molto tempo per ottenere i risultati. Queste diete sono efficaci nel migliorare la salute in una certa misura. Tuttavia, l'aderenza è sempre una preoccupazione significativa a causa delle combinazioni irrealistiche e dell'inadeguatezza nutrizionale dovuta alla completa eliminazione di uno o più gruppi alimentari essenziali. Nonostante la rapida riduzione del peso, ci sono alcune preoccupazioni per le persone con comorbidità. Tutte queste diete non sono state ampiamente studiate mentre gli studi che sono stati citati in letteratura hanno alti tassi di abbandono e talvolta non sono conclusivi. È necessario eseguire più studi randomizzati controllati di durata prolungata per stabilire la sicurezza delle FD per il pubblico e per rendere le persone consapevoli delle possibili conseguenze dell'adesione a lungo termine a tali modelli dietetici".

Ribadiamo inoltre che i veloci dimagrimenti, tra l'altro con qualsiasi dieta e non solo con le FD, sono destinati a far prendere più kg di prima sul medio lungo periodo se i buoni comportamenti non sono mantenuti.



Il mio invito è sempre quello di attuare una dieta che possiate mantenere sul lungo periodo e non solo per poche settimane. In generale l'abbinamento dell'attività fisica è benefico e necessario. Alcune diete "alla moda" in alcuni casi hanno mostrato di essere utili e non solo essere fantasie di scienziati usciti di testa, ma studi più lunghi e con più persone devono dimostrare la loro applicabilità, sicurezza e soprattutto chi può trarne vantaggio.


Aggiornamento 16/1/2023

Alcuni ricercatori hanno revisionato i lavori scientifici su paleodieta (PD) e malattie tiroidee autoimmuni (AITD) come Hashimoto e Basedow. Nei diversi motori di ricerca sono stati trovati uno studio controllato randomizzato (RCT), uno studio pilota e sei casi singoli (case-study). Si tratta quindi di numeri ridotti. Tutti hanno comunque riportato miglioramenti significativi a livello clinico, in 2 casi la remissione della malattia.
"Dopo una valutazione strutturata degli interventi nutrizionali che utilizzano la PD sugli effetti dell'AITD, si è concluso che gli alimenti di natura ancestrale insieme all'aggiunta di integratori specifici, componenti alimentari, esercizio fisico e meditazione consapevole ed esclusione dei cibi moderni hanno un impatto considerevole sugli anticorpi tiroidei e gli ormoni. Gli studi pertinenti suggeriscono che questo protocollo dietetico può essere utile nella pratica clinica ma è necessario condurre studi su larga scala".
In sintesi: 1) Attualmente non ci sono interventi dietetici raccomandati per il trattamento delle malattie autoimmuni tiroidee. È stato documentato che la dieta Paleo migliora gli anticorpi nelle AITD e gli ormoni tiroidei sia nella tiroidite di Hashimoto che nella malattia di Basedow-Graves.
2) La dieta Paleo può fornire una fonte naturale di nutrienti simili ai supplementi che hanno mostrato risultati positivi sull'AITD.
3) La dieta paleo fornisce specifiche percentuali di macronutrienti che possono essere utili nel ridurre gli anticorpi nelle AITD, migliorando al contempo gli ormoni tiroidei.
4) Il supporto della metilazione mediante supplementi può essere utile nei casi di AITD.

Aggiornamento 11/2/2023

Gli studi comparativi hanno mostrato che non c'è grande differenza nel dimagrimento ottenuto con una classica restrizione calorica e il digiuno intermittente.
Alcuni ricercatori hanno mostrato che aumentando le proteine e distribuendole correttamente durante la giornata il digiuno intermittente è molto più efficace per quanto riguarda il miglioramento della composizione corporea (aumentando il muscolo e riducendo il grasso), la circonferenza addominale, il grasso viscerale, la gestione dell'appetito, la pressione sanguigna e i lipidi plasmatici, a parità di calorie con una classica dieta ipocalorica.
"I risultati dello studio dovrebbero favorire l'enfasi sulla qualità dei nutrienti assunti (riduzione di zucchero e sodio e aumento di proteine ​​e fibre) e la quantità di cibo consumato per promuovere la perdita di peso, il miglioramento della composizione corporea e dei comportamenti nell'assunzione di cibo. Questi effetti favorevoli appaiono indipendenti dalle alterazioni degli ormoni circolanti e dalle differenze nel bilancio energetico."
Le persone in digiuno intermittente hanno perso 3kg in più con un'introduzione calorica simile.

Aggiornamento 20/2/2023

L' Istituto Superiore di Sanità ha finalmente approvato le linee guida dietetiche delle principali società scientifiche italiane nei riguardi dell'obesità: sia l'approccio mediterraneo che la dieta chetogenica con prodotti sostitutivi sono opzioni praticabili.

Aggiornamento 27/4/2023

Un documento di consenso dei cardiologi americani ha passato in rassegna varie diete e classificato quelle simil-mediterranee (DASH, dieta mediterranea, pescovegetariana ecc.) come le più sane, mentre ha messo in fondo quelle a basso quantitativo di carboidrati come paleo e low carb.
Queste ultime vengono considerate meno sane perché escludono fonti di carboidrati salutari come legumi e cereali integrali. Tuttavia viene anche specificato che questi modelli, se ben strutturati, possono far evitare fonti insalubri di carboidrati come cereali raffinati e zuccheri aggiunti. Risultano inoltre più impattanti sull'ambiente.
Viene inoltre messa in evidenza la "crisi nazionale di scarsa qualità della dieta", ossia la generica scarsa qualità dell'alimentazione della popolazione statunitense.

Aggiornamento 24/9/2023

Le diete lowcarb non sono attualmente raccomandate per la gestione del diabete nei giovani. Uno dei motivi è che si può incorrere in ridotta crescita, carenze nutrizionali e problemi di salute, soprattutto se non effettuare correttamente.
Un parere ufficiale dei pediatri americani ha elencato i seguenti punti:

👨🏽i ragazzi con diabete di tipo 1 possono fare una dieta chetogenica o lowcarb solo sotto attenta supervisione medica.

🍩🚫 la riduzione dei carboidrati deve avvenire minimizzando l'introduzione del cibo industriale.

🧋 eliminare bibite e succhi zuccherati contribuisce alla riduzione del peso e al miglioramento del quadro glicemico

🥖 le restrizioni dietetiche devono essere gestite da esperti perché possono favorire l'insorgenza di disturbi del comportamento alimentare

🏃🏼‍♀ dieta e sport anche intenso devono essere prescritti da specialisti

💶 le persone economicamente svantaggiate sono a rischio maggiore di diabete di tipo 2 e devono quindi essere supportate in modo da fare scelte alimentari migliori

mercoledì 7 dicembre 2022

L'alimentazione può influenzare il cortisolo


Continuano qui gli aggiornamenti dell'articolo sullo stress


Il cortisolo è l'ormone che viene prodotto in risposta allo stress, favorendo una serie di modificazioni metaboliche che permette di superare il momento di difficoltà. Purtroppo queste modifiche non sono favorevoli per la composizione corporea, perché si favorisce la trasformazione dei muscoli in zucchero per avere pronta energia, si perde calcio dalle ossa e si favorisce l'accumulo di grasso viscerale.
Il cortisolo può "sabotare" la dieta e chi ha valori più alti ha più alto rischio di recupero del peso, anche inducendo desiderio di cibo.


https://twitter.com/iheartguts/status/1351283251332194306



Alcune componenti della dieta possono influenzare i livelli di cortisolo e la sua azione. Andare in ipoglicemia è un fattore di stimolo per il cortisolo, per cui lunghi digiuni e allenamenti eccessivi senza ricariche hanno effetto negativo sulla muscolatura.
Tra gli aminoacidi, il triptofano può ridurre il cortisolo mentre glutammina e arginina non sono efficaci.
Tra i supplementi, la fosfatidilserina si è dimostrata efficace nel ridurre il cortisolo.
Il GABA è un neurotrasmettitore che riduce la secrezione di CRH, l'ormone che stimola l'ipofisi che a sua volta porta al rilascio del cortisolo.





Alimenti a base di latte fermentato, germogli di riso integrale, orzo e fagioli contengono GABA, così come alcuni integratori, ma questi ultimi sono stati osservati avere potenziali effetti avversi.
Litio, vitamina B6, vitamina B12 e folati migliorano l'attività GABAergica, la taurina migliora quella del recettore. Anche praticare yoga aumenta il GABA.
Vitamina C, D e alcune del gruppo B sono associate in alcuni studi a miglioramento del metabolismo del cortisolo. Anche gli omega 3 e la vitamina E potrebbero ridurlo, ma per tutti questi elementi non ci sono prove definitive. L'EGCG del tè verde è invece efficace nel bloccare la conversione di cortisone in cortisolo. Il caffè invece stimola la produzione di cortisolo, agendo sulle ghiandole surrenali. La betaina e l'ornitina riducono il cortisolo negli sportivi; la prima supporta la crescita muscolare, la seconda migliora il sonno.

Il cortisolo ha comunque anche funzioni utili nei confronti dell'infiammazione, ma purtroppo "è stato dimostrato che le malattie infiammatorie e immunitarie croniche portano alla resistenza all'azione antinfiammatoria dei glucocorticosteroidi, compreso il cortisolo. Ruijters et al. hanno dimostrato che componenti bioattivi di origine alimentare, grazie alla loro attività antiossidante, possono proteggere le funzioni positive del cortisolo sul processo infiammatorio. Tra i componenti con maggiore attività protettiva vi erano la curcumina, il resveratrolo, la crisina, la genisteina, il 7-mono-O-(β-idrossietil)-rutoside e la teofillina".
Alcuni estratti vegetali come Tongkat Ali (ginseng malese) e Rhodiola rosea hanno mostrato interessanti proprietà nella modulazione dell'azione del cortisolo.

Gli autori dell'articolo concludono indicando che la modulazione del cortisolo mediante nutrienti e integratori può essere utile negli sportivi e nelle persone stressate per migliorare la performance e la qualità della vita.

Altre considerazioni:

Le diete ipocaloriche (in generale) e quelle low carb aumentano il cortisolo, perché la restrizione calorica viene vista dal corpo come fonte di stress

Il sito Healthline indica come alimenti per ridurre il cortisolo, compresi in una dieta nutrizionalmente densa, il cacao amaro, cereali integrali e legumi, frutta e verdura, grassi sani, tè verde, probiotici e prebiotici, acqua a sufficienza per evitare la disidratazione. Inoltre come supplementi gli omega 3 e l'ashwagandha.

Il sito MNT raccomanda anche aglio e banane, con la raccomandazione di evitare la caffeina.

Entrambi i siti insistono sulla vita senza stress, socialità, sonno, risate, divertimento ecc.

Aggiornamento 18/1/2023

È stato confrontato l'effetto sullo stress di 3 tecniche di respirazione. "Sospiro ciclico", in cui si dedica più tempo e pensiero all'espirazione che all'inalazione o al blocco del respiro; "respirazione a scatola", in cui la respirazione e il blocco vengono eseguiti per la stessa quantità di tempo; iperventilazione ciclica, in cui le inalazioni durano più a lungo delle esalazioni.
Il 90% dei volontari ha riportato un miglioramento dello stress. La tecnica maggiormente efficace è stata quella del sospiro ciclico. Queste tecniche si sono rivelate più efficaci della meditazione.

Aggiornamento 11/2/2023

Le persone con artrite reumatoide, una malattia autoimmune che colpisce le articolazioni, hanno problemi a dormire a causa dei dolori e questo può formare un circolo vizioso perché si alterano gli ormoni glucocorticoidi (cortisolo) che dovrebbero ridurre dolore e infiammazione. Inoltre i messaggeri infiammatori riducono ulteriormente l'effetto antinfiammatorio del cortisolo e i recettori diventano resistenti alla sua azione. Anche la produzione di melatonina viene ridotta, aumentando i problemi di infiammazione e di insonnia. Il sonno alterato di per sé aumenta inoltre la sensibilità al dolore. Sapevi che le malattie autoimmuni migliorano adottando una corretta alimentazione?

Aggiornamento 20/2/2023

La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è spesso accompagnata da problematiche psicologiche come ansia e depressione legate allo stress. Un probiotico misto con 2 bifidobatteri può contrastare lo stress in persone con sindrome dell'intestino irritabile. Un ceppo (B. infantis 35624) contrasta i dolori addominali mentre l'altro (1714) migliora la risposta allo stress. Le persone infatti possono avere un'alterazione dell'asse surrenalico legata alle citochine infiammatorie indotte dall'intestino irritabile e i 2 ceppi lavorano così in modo sinergico, migliorando ansia, depressione e sonno.

Aggiornamento 3/4/2023

In uno studio che ha investigato il legame tra durata del sonno e composizione corporea in statunitensi di età compresa tra 18 e 59 anni, dormire poco è associato a maggiore tessuto adiposo viscerale (quello più pericoloso per la salute).
"Non sono state trovate associazioni tra la durata del sonno e la massa grassa di braccia, gambe, tronco (androide e ginoide) e addominale (sottocutanea). Gli effetti della durata del sonno sull'accumulo di massa grassa viscerale possono essere spiegati dall'attività cerebrale alterata da uno squilibrio neuroormonale". 

Aggiornamento 24/4/2023

Qual è la connessione neuroimmune nei disordini digestivi? 
I disordini gastrointestinali funzionali come la dispepsia funzionale (FD, generici sintomi del tratto superiore) o la sindrome dell'intestino irritabile (IBS, dolori addominali generalmente presenti con alterazione dell'alvo) sono molto diffusi. Possono essere considerati anche come disturbi dell'interazione intestino-cervello e quindi condizioni altamente prevalenti con opzioni di trattamento efficaci limitate.
I neuroni sensoriali della mucosa nei pazienti con sindrome dell'intestino irritabile sono sensibilizzati attraverso un aumento del rilascio di mediatori del dolore (nocicettivi) dalle cellule immunitarie e dall'epitelio.
Una sottile infiltrazione e attivazione di mastociti ed eosinofili, entrambi fonte di mediatori nocicettivi, sono state dimostrate nella sindrome dell'intestino irritabile e nella dispepsia funzionale.
Lo stress psicologico, i componenti alimentari, il microbiota e una funzione di barriera compromessa possono tutti contribuire all'attivazione immunitaria nei disturbi gastrointestinali funzionali.
Per varie ragioni, tra cui alterazioni nei recettori TRPV1 e del sistema nervoso enterico, le persone con queste condizioni hanno aumentata risposta viscerale (iperalgesia) e sono quindi più sensibili agli stimoli e sentono più dolore.
Diventa sempre più evidente che le condizioni siano caratterizzate da un'attivazione dell'immunità a livello della mucosa e conseguente infiammazione.
Si riscontra infatti infiltrazione di diversi tipi di globuli bianchi (monociti, linfociti T e mastociti). Questi ultimi sono particolarmente importanti perché rilasciano istamina, il mediatore dell'allergia.
L'infiltrazione può iniziare anche dopo semplici gastroenteriti virali.

Cosa provoca l'attivazione del sistema immunitario intestinale?

1) la permeabilità intestinale. "La barriera ha la duplice funzione di proteggere l'organismo dalla penetrazione indesiderata di sostanze luminali potenzialmente nocive, inclusi agenti patogeni e loro prodotti secreti, consentendo allo stesso tempo l'assorbimento di fluidi e (micro)nutrienti. La barriera svolge anche un ruolo fondamentale nella soppressione dell'attivazione immunitaria nei confronti di antigeni innocui ingeriti per via orale, principalmente alimentari, in un processo definito come tolleranza orale. Per ottenere la tolleranza orale, gli antigeni luminali vengono campionati da cellule microfold (M) in placche di Peyer, macrofagi della mucosa o cellule caliciformi, successivamente acquisiti da cellule dendritiche tollerogeniche che poi migrano verso i linfonodi mesenterici con induzione di cellule T regolatrici immunosoppressive.
Si ipotizza spesso che l'alterata funzione di barriera consenta la penetrazione incontrollata degli antigeni nella lamina propria, stimolando una risposta immunitaria. Tuttavia, se l'aumento della permeabilità svolga un ruolo causale in queste condizioni o sia piuttosto una conseguenza dell'attivazione immunitaria rimane un argomento controverso".

2) il cibo. È ben noto che alcuni cibi, quelli ricchi in zuccheri fermentabili FODMAP per esempio, stimolano i sintomi, creando gas e distensione addominale. In realtà esistono anche reazioni di tipo immunitario in cui gli antigeni stimolano la reazione dei mastociti e degli eosinofili, mediatori dell'allergia. Nelle allergie classiche si notano gli anticorpi Ig-E contro il cibo. Tuttavia nelle persone con IBS e FD gli anticorpi Ig-E possono non essere presenti nel sangue. "Questi risultati suggeriscono che sia coinvolta l'attivazione di eosinofili/mastociti non IgE-mediata o una reazione IgE-mediata confinata alla mucosa gastrointestinale". In particolare gli autori della review sono sostenitori di quest'ultima ipotesi, in cui i mastociti medino queste allergie, trovandosi vicino alle terminazioni nervose e inducendo dolore.

3) il microbiota. Le prove dell'interazione tra batteri intestinali e IBS aumentano ma il quadro non è ancora completo. Sicuramente la produzione di metaboliti amminoacidici quali istamina, serotonina e triptamina contribuisce all'infiammazione e al dolore.
L'istamina è particolarmente importante nell'induzione del dolore. Un ceppo particolare di Klebsiella aerogenes produce 100 volte più istamina dei comuni ceppi batterici. La dieta FODMAP può ridurre l'istamina.

4) condizioni psicologiche. Stress, ansia e depressione sono noti per peggiorare i sintomi di IBS. Questo succede aumentando l'istamina e il CRH, ormone dello stress rilasciato anche dagli eosinofili e che attiva i mastociti, determinando tra le altre cose incremento della permeabilità intestinale.

Le opzioni farmacologiche sono scarse. Per esempio in caso di esofagite eosinofila gli antiacidi hanno un effetto antinfiammatorio ma nel lungo periodo i vantaggi sono superati dagli svantaggi (peggioramento della disbiosi). Cortisonici e mesalazina non hanno dato buoni risultati. Antistaminici e antiserotoninergici hanno mostrato efficacia ma con alcuni effetti collaterali.

La collaborazione tra i diversi professionisti sarà fondamentale per trovare cure adeguate.

Aggiornamento 28/5/2023

La dieta chetogenica dimagrante (VLCKD) rappresenta una preziosa strategia nutrizionale per affrontare l'obesità, inducendo una rapida ed efficace perdita di tessuto adiposo. Qual è il suo effetto sugli ormoni dello stress come il cortisolo, che hanno una certa influenza sia sui depositi di tessuto adiposo, in particolare viscerale, sia sul recupero del peso, promuovendo la riduzione del muscolo?
"La VLCKD potrebbe mostrare effetti favorevoli contro l'ipercortisolismo indotto dallo stress e ha dimostrato di aumentare direttamente la produzione di aldosterone da parte delle ghiandole surrenali, senza alcun effetto dannoso sul rischio cardiovascolare. È importante sottolineare che, a causa di una significativa perdita di grasso viscerale e sottocutaneo, la VLCKD può influenzare fortemente il metabolismo periferico degli ormoni steroidei da parte del tessuto adiposo, con conseguente importante impatto sugli effetti del cortisolo sui tessuti centrali e periferici. Ulteriori studi sono ritenuti necessari al riguardo, al fine di definire meglio strategie nutrizionali di precisione, adattandosi in modo ottimale ai cambiamenti ormonali legati alla perdita di peso, per mantenere il nuovo stato metabolico ed evitare il recupero del peso".

Aggiornamento 6/6/2023

Ci sono persone che possono avere maggior effetto dall'uso degli omega 3 nella depressione?

"Da un terzo a metà delle persone depresse ha livelli di infiammazione elevati. La relazione è bidirezionale, promuovendo un circolo vizioso di cattiva salute mentale e fisica. Questo fenomeno aiuta a spiegare perché la depressione coesiste comunemente con le malattie infiammatorie e perché da un terzo alla metà dei casi di depressione sono resistenti ai tradizionali trattamenti antidepressivi, che non mirano specificamente all'infiammazione (ad es. inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). L'attuale studio ha testato un integratore alimentare antinfiammatorio sicuro e a basso costo - acidi grassi omega-3 - che può aiutare a prevenire l'insorgenza di casi di depressione associati all'infiammazione e difficili da trattare. Questo lavoro suggerisce che nella popolazione generale con frequente stress sociale, l'integrazione di acidi grassi omega-3 può aiutare a scongiurare l'aumento dei sintomi della depressione, forse riducendo le risposte infiammatorie allo stress. Questo metodo può essere vantaggioso perché lo stress è inevitabile e l'integrazione di omega-3 mira semplicemente alla risposta cellulare allo stress. Secondo la teoria della trasduzione del segnale sociale, può anche essere fruttuoso mirare alla frequenza di esposizione allo stress. In particolare, tra coloro che sperimentano stress sociale frequente, come un matrimonio ostile, affrontare lo stress direttamente (ad esempio, attraverso capacità di comunicazione o risoluzione dei conflitti, terapia matrimoniale o separazione/divorzio) può essere un passo necessario nel trattamento o nella prevenzione della depressione. In effetti, da un punto di vista clinico, è inutile, minaccioso e persino negligente raccomandare un integratore alimentare antinfiammatorio come strategia di prevenzione della depressione per qualcuno in una relazione violenta, ad esempio. Tuttavia, questi risultati mostrano come un integratore alimentare antinfiammatorio può aiutare a tamponare l'impatto sulla salute mentale del comune stress sociale, che a volte può essere inevitabile."
In conclusione, l'effetto antidepressivo degli omega-3 può essere più evidente tra coloro che soffrono di frequente stress sociale, forse perché questi grassi buoni riducono la reattività infiammatoria ai fattori di stress sociale.

Aggiornamento 8/6/2023

Forse si è scoperto perché lo stress peggiora i sintomi intestinali. Teoricamente lo stress dovrebbe portare al rilascio di glucocorticoidi (cortisone), sostanze che vengono usate come farmaco per ridurre l'infiammazione anche nei problemi intestinali. Ma l'effetto dei glucocorticoidi può essere paradosso. In particolare se somministrati continuamente contribuiscono ad alterazioni nella glia (tessuto nervoso) dell'intestino e nel suo sistema immunitario.
Allo stesso modo lo stress porta a continuo rilascio di cortisolo che altera le funzioni intestinali, in particolare aumenta i monociti, l'infiammazione, la motilità intestinale. La gestione dello stress diventa quindi una chiave per ridurre il disconfort intestinale.

Aggiornamento 14/6/2023

Secondo una ricerca lo stress combinato con cibo spazzatura crea cambiamenti nel cervello che spingono a mangiare di più, aumentano il desiderio per dolci e altri alimenti altamente appetibili e favorendo l'aumento di peso.
Durante le fasi di stress nel cervello si bloccano alcune aree che regolano la ricompensa (reward), ossia il piacere che si trae da qualcosa (in questo caso dal cibo). In pratica dopo aver mangiato la fame non si placa e si ha necessità di più cibo per soddisfare le aree della ricompensa.
"Lo stress prevale sulla risposta naturale del cervello alla sazietà, portando a segnali di ricompensa continui che promuovono il consumo di cibi più appetibili. Ciò si è verificato in una parte del cervello chiamata habenula laterale, che quando attivata di solito smorza questi segnali di ricompensa.
Abbiamo dimostrato che lo stress cronico, combinato con una dieta ipercalorica , può guidare un'assunzione di cibo sempre maggiore, nonché una preferenza per cibi dolci e altamente appetibili, favorendo così l' aumento di peso e l'obesità. Questa ricerca evidenzia quanto sia cruciale una dieta sana durante i periodi di stress”.
Uno dei mediatori è l'ormone NPY, implicato sia nello stress che nella regolazione della spesa energetica e della fame. Tuttavia nei topi stressati che seguivano una dieta priva di confort-food non vi era preferenza per i cibi dolci, mostrando che una dieta sana può proteggere da questi meccanismi.

Aggiornamento 27/8/2023


Le persone che hanno affrontato covid severo hanno maggiore risposta allo stress a livello del sistema simpatico e questo potrebbe aumentare il loro rischio cardiovascolare.

Aggiornamento 8/9/2023

Che effetto ha lo stress, tramite l'ormone cortisolo, sul tessuto adiposo bruno e quindi sulla spesa energetica? Il cortisolo legato allo stress sopprime le UCP1, le proteine che attivano l'ossidazione dei grassi producendo calore, ma uno stress moderato legato al freddo attiva la termogenesi nel grasso bruno.
Anche nel caso del microbiota il meccanismo è regolato dalla temperatura, per cui l'esposizione a quelle fredde favorisce la proliferazione di batteri che stimolano la termogenesi, mentre le temperature normali la inibiscono.

giovedì 17 novembre 2022

Pressione: come farla scendere

 


L'ipertensione arteriosa, o pressione sanguigna elevata, è una condizione che stressa il sistema cardiovascolare ed è probabilmente la prima causa di malattie cardiovascolari ed eventi acuti come infarti e ictus.


http://joyreactor.com/post/442523


Quello farmacologico dovrebbe essere il primo approccio per l'ipertensione? No, le linee guida prevedono innanzitutto le modifiche dello stile di vita. Qualche medico vi ha prescritto dieta e attività fisica?

Secondo il giornale dei medici americani, JAMA, "la terapia di prima linea per l'ipertensione è la modifica dello stile di vita, consistente in perdita di peso, riduzione di sodio (il sale da cucina notoriamente implicato nella pressione) nella dieta e supplementazione di potassio, dieta sana, attività fisica e consumo limitato di alcol. Quando è necessaria la terapia farmacologica, le terapie di prima scelta sono i diuretici tiazidici, gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina o i bloccanti del recettore dell'angiotensina e i calcio-antagonisti".


Precisa l'articolo: "Gli interventi non farmacologici consolidati per la prevenzione e il trattamento dell'ipertensione sono la perdita di peso, la riduzione del sodio nella dieta, l'aumento dell'assunzione di potassio, il consumo di una dieta sana per il cuore, l'impegno nell'attività fisica e la riduzione del consumo di alcol. Anche se non facile da raggiungere e sostenere, il cambiamento del comportamento è fattibile, specialmente nei pazienti motivati ​​sostenuti da professionisti qualificati con il rinforzo del medico. Ciascuno di questi interventi può ridurre la pressione massima (sistolica) media di circa 5 mmHg negli adulti con ipertensione e di circa 2-3 mmHg negli adulti non ipertesi. Sono possibili maggiori riduzioni della PA in individui con valori iniziali più alti quando gli interventi sullo stile di vita sono combinati. Gli interventi non farmacologici aumentano anche l'abbassamento della pressione arteriosa da parte di agenti farmacologici, anche nei pazienti con ipertensione resistente ai farmaci. Un approccio ragionevole consiste nell'implementare gli interventi che hanno maggiori probabilità di successo, sulla base dei fattori dello stile di vita che sono più subottimali e della disponibilità del paziente ad adottare gli interventi". In pratica si agisce su ciò che non è già stato messo a posto e su quello che il paziente è disposto a variare.

Perdita di peso

"La perdita di peso si ottiene al meglio combinando la riduzione delle calorie e l'attività fisica. L'approccio ideale è graduale e si traduce in una perdita di peso duratura, con un obiettivo di riduzione settimanale di 1-2 kg. Ci si aspetta una riduzione della PAS di circa 1 mm Hg per ogni chilogrammo di peso perso. Tra gli individui con obesità e ipertensione che soddisfano i criteri appropriati (indice di massa corporea >35 e ipertensione scarsamente controllata), la chirurgia bariatrica può indurre una sostanziale perdita di peso e migliorare significativamente la pressione arteriosa".

Assunzione dietetica di sodio e potassio

"Qualsiasi diminuzione dell'assunzione di sodio è utile perché l'associazione tra sodio e riduzione della pressione arteriosa è approssimativamente lineare, con una riduzione di 1000 mg di sodio che risulta in una riduzione della PAS di circa 3 mmHg. Come obiettivo ottimale, i medici possono raccomandare un apporto di sodio inferiore a 1500 mg al giorno. I modelli alimentari associati alla riduzione dell'apporto dietetico di sodio includono il consumo di cibi freschi al posto di quelli sottoposti a processi industriali, la riduzione delle dimensioni delle porzioni, l'evitamento di cibi particolarmente ricchi di sodio, la lettura delle etichette degli alimenti confezionati e preparati, la scelta di condimenti a basso contenuto di sodio e la sostituzione del sodio con l'utilizzo di erbe, spezie o sostituti del sale arricchiti di potassio.

Studi clinici randomizzati hanno dimostrato che l'integrazione di potassio abbassa significativamente la pressione arteriosa".

I modelli dietetici

"Le diete salutari per il cuore, come la dieta mediterranea e la dieta DASH, consistono in cereali integrali, verdure, legumi, pesce, olio d'oliva, frutta, noci, semi, erbe aromatiche e un consumo moderato di alcol (definito come ≤ 1 drink standard al giorno per le donne e ≤2 per gli uomini)". 

Attività fisica

"La maggior parte degli studi clinici che dimostrano un effetto di riduzione della pressione arteriosa dell'attività fisica hanno utilizzato esercizi aerobici come camminata veloce, nuoto, danza o esercizi in palestra. Tuttavia, anche l'esercizio di resistenza dinamica come l'hand grip o lo yoga sono utili. L'esercizio di intensità medio-alta, come la corsa, e l'esercizio aerobico a bassa intensità, come la camminata, possono abbassare la pressione arteriosa. Secondo le prove cliniche, una durata dell'esercizio da 40 a 60 minuti almeno 3 volte a settimana può essere ottimale per l'abbassamento della pressione arteriosa".

Consumo di alcool

"Studi epidemiologici hanno ripetutamente documentato una relazione dose-risposta progressiva, diretta e quantitativa tra il consumo di alcol e il livello di PA, nonché l'incidenza di ipertensione. È ragionevole continuare a consumare piccole quantità di alcol (≤2 drink al giorno per uomini e ≤1 per le donne), ma il consumo di alcol non dovrebbe essere incoraggiato a causa del rischio di incidenti, lesioni e malattie del fegato e della potenziale dipendenza da alcol".

In conclusione vediamo come anche in caso di trattamento farmacologico non si possa prescindere dai buoni comportamenti che lo supportino.

Da non dimenticare che anche la carenza di magnesio gioca un ruolo e aumentare il suo apporto può essere d'aiuto.


Aggiornamento 23/12/2022

Bere 2 o più tazze di caffè al giorno è associato con aumentata mortalità cardiovascolare in persone con ipertensione severa in uno studio giapponese. Questo si rileva in persone con pressione maggiore di 160/100 mmHg, ma non in persone ipertese con valori inferiori. Il tè verde invece non aumenta il rischio anche con pressione elevata.
"È stato dimostrato che il caffè con caffeina, che contiene ingredienti come acido clorogenico e altri composti fenolici, magnesio e trigonellina, abbassa i livelli sierici di colesterolo, migliora la funzione endoteliale e riduce l'infiammazione nelle donne con diabete. Anche i bevitori abituali di caffè possono sviluppare tolleranza alla caffeina, che può ridurre gli effetti avversi della caffeina sugli esiti cardiovascolari. Gli effetti cardiovascolari dannosi della caffeina (ad es. aumento transitorio della pressione arteriosa) sarebbero compensati dagli effetti benefici di questi altri componenti e dalla tolleranza alla caffeina nella popolazione generale. Tuttavia, poiché le persone con ipertensione sono più suscettibili agli effetti della caffeina, gli effetti dannosi della caffeina possono superare i suoi effetti protettivi e aumentare il rischio di mortalità nelle persone con ipertensione grave.
Al contrario, il meccanismo alla base degli effetti benefici del tè verde può essere spiegato dall'effetto dell'epigallocatechina3-gallato, il polifenolo più abbondante nel tè verde. Precedenti studi sugli animali hanno suggerito che l'EGCG può ridurre significativamente i livelli di pressione arteriosa e migliorare la funzione endoteliale nei ratti ipertesi. L'EGCG può anche ridurre lo stress ossidativo, attenuare l'infiammazione e migliorare il profilo lipidico plasmatico. Questi effetti benefici delle catechine del tè verde possono in parte spiegare perché solo il consumo di caffè è stato associato a un aumento del rischio di mortalità nelle persone con ipertensione grave nonostante sia il tè verde che il caffè contengano caffeina".

Aggiornamento 17/2/2023

L'omocisteina alta nel sangue può indurre ipertensione resistente ai farmaci, forse perché danneggia la muscolatura dei vasi e l'endotelio e perché lo stress ossidativo che provoca non permette la produzione di ossido nitrico, determinando vasocostrizione, anche a livello dei vasi cerebrali.
Il prodotto ideale da usare in questi casi dovrebbe contenere metilfolato, N-acetilcisteina e vitamina B6, ma anche metilB12 e vitamina B2 appaiono importanti. Ridurre la pressione significherebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari come infarto e ictus.

Aggiornamento 14/3/2023

Il microbiota intestinale influenza la pressione sanguigna sia grazie ai suoi metaboliti (SCFA prodotti dalla fermentazione delle fibre) sia metabolizzando i farmaci antipertensivi. Ecco perché alcuni farmaci non funzionano in tutti. Il sodio e i precursori della TMAO (colina, betaina ecc.) stimolano un aumento della pressione. I lattobacilli mitigano lo stimolo del sodio. La presenza di permeabilità intestinale contribuisce all'ipertensione e il sale è un fattore che la peggiora, insieme alla riduzione dello strato di muco legato a una dieta con poche fibre.

Aggiornamento 16/3/2023

La barbabietola è un ortaggio capace di abbassare la pressione grazie alla sua azione sul microbiota e alla produzione di ossido nitrico derivato dai suoi nitrati naturali, che permette il rilassamento dei vasi sanguigni. Anche altri flavonoidi e polifenoli presenti supportano la riduzione della pressione

Aggiornamento 9/4/2023

Il sale in eccesso è noto per il suo effetto sulla pressione sanguigna, favorendo l'ipertensione.
In uno studio svedese è stato evidenziato che, oltre all'effetto sulla pressione, il sale favorisce anche l'aterosclerosi, la formazione della placca ateromatosa che, rompendosi, determina occlusione del vaso e quindi infarti e ictus. L'effetto potrebbe essere dovuto sia all'eventuale pericolosità di livelli di pressione ritenuti normali ma in realtà dannosi, sia a altri effetti come danneggiamento dell'endotelio, indurimento dei vasi, induzione di danno vascolare dovuto allo stress ossidativo. Esiste inoltre un effetto sul sistema immunitario e sull'infiammazione, con coinvolgimento del TGFbeta che riduce il rilassamento dei vasi e modifica le cellule in modo da irrigidirle.
"Ogni aumento di 1000 mg dell'escrezione di sodio è stato associato a un aumento del 9% del riscontro con gli ultrasuoni di placca carotidea, un più alto punteggio di calcificazione dell'arteria coronarica (+16%) e un aumento del 17% dell'incidenza di stenosi coronarica".

Aggiornamento 15/4/2023

Con quali meccanismi il sale da cucina (cloruro di sodio) aumenta la pressione sanguigna?
In realtà ci sono solo ipotesi. Le principali indicano induzione di disfunzione vascolare primaria, di disfunzione primaria del sistema nervoso simpatico e di attivazione immunitaria, forse correlata all'ipertono cutaneo. La ritenzione di sodio è una delle spiegazioni per l'ipertensione responsiva al sale, ma non è valida per tutti. È probabile una componente renale che spiega la ritenzione e l'aumento dei liquidi; in queste persone si è solitamente responsivi ai farmaci diuretici. Vi sono crescenti prove che l'ipertensione sia dovuta anche alla stimolazione del sistema immunitario da parte del sodio.
Il tono vascolare e i liquidi extracellulari sono collegati, ma il meccanismo rimane ancora dubbio.
Quale dieta per ridurre la pressione?
La dieta DASH, simile alla mediterranea, è solitamente l'approccio consigliato. Aumentare il potassio, che si trova in frutta e verdura, riduce sia la pressione che la sensibilità al sale.
"Questa riduzione è probabilmente dovuta in parte agli effetti diretti del potassio sull'endotelio vascolare, possibilmente mediati dall'attivazione di Na+/K+ ATPasi ​​o dai cambiamenti nella deformabilità delle cellule endoteliali e dal rilascio di ossido nitrico".
Una scarsa introduzione di potassio porta all'attivazione di canali che determinano la sensibilità al sale e il riassorbimento del sodio nei reni, che così non viene escreto con le urine e rimane nel corpo, trattenendo liquidi. Invece grazie a una sorta di "interruttore" (switch) sensibile al potassio l'escrezione del sodio con le urine viene attivata.
"Lo switch sembra essere idealmente adattato per i tempi antichi in cui l'introduzione di sodio e potassio era diversa e altalenante: il consumo di sale nella dieta era spesso basso ma i carichi di potassio si verificavano in modo intermittente. Lo switch dà la priorità alla ritenzione di potassio rispetto all'escrezione di sodio, tuttavia non è adatto per una dieta occidentalizzata, caratterizzata da un'assunzione giornaliera ricca di sodio e bassa di potassio. Dal momento che un basso consumo di potassio stimola una condizione che lo faccia risparmiare a scapito dell'aumento del sodio, può stimolare la sensibilità al sale, fornendo una spiegazione del modo in cui il potassio nella dieta mitiga la sensibilità al sale".
Un altro fattore che riduce la pressione è la fibra alimentare, agendo sul microbiota e promuovendo la produzione di SCFA, grassi a catena corta che attivano recettori capaci di modulare il sistema immunitario e ridurre l'infiammazione che può stimolare l'ipertensione. Il sale agisce negativamente sui lattobacilli.

Aggiornamento 1/5/2023

Gli alimenti industriali aumentano il rischio cardiovascolare. Quali sono i meccanismi?

"La lavorazione può alterare le caratteristiche nutrizionali (contenuto di macro e micronutrienti), fisiche (struttura degli alimenti) e chimiche (presenza di dolcificanti artificiali, additivi e contaminanti neoformati, indice e carico glicemico) degli alimenti in modi che venga alterata la salubrità. I processi industriali possono anche influenzare i comportamenti alimentari a lungo termine, i segnali di sazietà e i sistemi di ricompensa alimentare".

I meccanismi sono molteplici e hanno un effetto sinergico tra loro: "Le interrelazioni fisiopatologiche alla base dell'aterogenesi e nella progressione delle malattie cardiovascolari sono complesse e coinvolgono molteplici vie. Una costellazione di fattori come la disfunzione metabolica, proinfiammatoria, protrombotica, pro-ossidativa ed endoteliale coesistono e si potenziano a vicenda. Esistono una miriade di sfumature. Ad esempio, vari livelli di alterazioni del metabolismo del glucosio attivano specifici pattern infiammatori, mentre i fattori immunitari interagiscono bidirezionalmente con il microbiota intestinale. Inoltre, la maggior parte dei fattori di rischio cardiovascolare gioca un ruolo nell'innescare la disfunzione e le lesioni endoteliali, oltre a mantenere un ambiente molecolare protrombotico e proinfiammatorio. Attraverso questi fattori e attraverso una complessa rete di meccanismi di feedback molecolari, l'aterogenesi si intensifica e si perpetua, culminando con vari eventi cardiovascolari (CVD)".
Il cibo-spazzatura favorisce in diversi modi l'aumento di peso, per esempio saziando e nutrendo meno e innescando fame e dipendenza di alimenti sempre disponibili. Il tessuto adiposo in eccesso, in particolare viscerale, è un fattore di rischio cardiovascolare.
Essendo ricchi in zuccheri e poveri in fibre, inducono iperglicemia e iperinsulinemia, che "aumentano il rischio di CVD promuovendo l'aumento di peso, l'infiammazione, lo stress ossidativo e la disfunzione endoteliale".
Possono inoltre essere ricchi in sale e poveri in potassio, un mix che induce ipertensione, uno dei principali fattori di rischio.
La povertà di fibre seleziona i batteri infiammatori e favorisce la sintesi di TMAO, metabolita infiammatorio, inducendo permeabilità intestinale. Gli emulsionanti aumentano il potenziale infiammatorio.
Gli alimenti ultraprocessati sono una delle principali fonti di AGEs, sostanze che si formano ad alte temperature e aumentano stress ossidativo e infiammazione.
La presenza di grassi trans e grassi saturi privati della matrice è un fattore che favorisce l'aumento dei lipidi plasmatici.
Questi alimenti sono inoltre fonti di interferenti endocrini come BPA, sostanze che alterano la funzioni ormonali e si trovano nel packaging.
L'articolo si conclude invitando le persone alla consulenza nutrizionale: "La consulenza nutrizionale è la pietra angolare della cardiologia preventiva e dovrebbe tenere conto degli alimenti ultra-elaborati, evidenziando i loro effetti metabolici pervasivi, la disponibilità ubiquitaria e le fonti "nascoste" in una varietà di formulazioni alimentari".

Aggiornamento 15/5/2023

La vitamina C può migliorare l'effetto di rilassamento dei vasi dei nitrati, contrastando la disfunzione endoteliale.

Aggiornamento 10/7/2023

A volte si può soffrire del problema opposto: pressione bassa. Queste le cause secondo il dott. Terranova: farmaci, insufficienza renale o cardiaca ecc.

Aggiornamento 11/7/2023

Alcuni funghi medicinali hanno proprietà positive nei confronti della funzione cardiaca e in particolare nell'ipertensione, ma la loro azione sembra essere utile solo nelle prime fasi della condizione.
Tra i composti attivi troviamo ergosterolo, lovastatina, cordicepina, tocoferoli, chitosano, ergotioneina, acido γ-aminobutirrico, quercetina ed eritadenina.
La presenza di composti potenzialmente tossici ne limita l'impiego.

Aggiornamento 16/7/2023

Quali consigli aiutano ad abbassare la pressione in caso di ipertensione?
1) Consumare 5 porzioni tra frutta e verdura e 2 porzioni di frutta oleosa
2) Fare attività fisica
3) Perdere peso se lo si ha in eccesso
4) Praticare la meditazione e ridurre lo stress
5) Utilizzare alcuni probiotici specifici
6) Limitare il sale ma fare attenzione anche allo zucchero

Aggiornamento 3/8/2023

Quale attività fisica è la migliore per abbassare la pressione alta? Ne parla una ricerca del British Journal of Sports Medicine.
"Le linee guida esistenti, che si basano su ricerche precedenti e non includono dati da nuove forme di esercizio come l'HIIT, tendono a enfatizzare l'allenamento aerobico come la corsa per controllare la pressione sanguigna. Oltre ad aiutare i medici a ottimizzare le raccomandazioni di esercizio individualizzate, le nuove scoperte suggeriscono che potrebbe essere il momento di aggiornare le linee guida sugli esercizi per prevenire e curare l'ipertensione".
"Gli esercizi isometrici, che comportano la contrazione dei muscoli per mantenere il corpo in posizione senza muoversi (per capirci, il famoso plank per esempio) sono i migliori per abbassare la pressione sanguigna a riposo, secondo i risultati di 270 studi clinici randomizzati che hanno coinvolto 15.827 partecipanti. Dopo gli esercizi isometrici, che includono attività come il wall squat, l'allenamento combinato tendeva a ridurre maggiormente la pressione sanguigna, seguito dall'allenamento dinamico di resistenza, dall'esercizio aerobico e dall'allenamento ad intervalli ad alta intensità (HIIT)".

Aggiornamento 17/9/2023

La curcumina può essere efficace per abbassare la pressione, in particolare nelle donne e se usata per almeno 3 mesi.