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venerdì 29 marzo 2013

La teoria lipostatica



Negli anni '50 del secolo scorso un genio, il dottor G.C. Kennedy, notava che in natura i ratti tendevano ad aggiustare la loro spesa energetica in base all'introduzione di calorie e alla temperatura. Ovvero il bilancio energetico è sempre in pareggio: l'appetito è proporzionale alla spesa energetica, e più introduci più spendi. Spesa energetica e appetito sono gestiti dall'ipotalamo, e finché questo sistema funziona correttamente i ratti (e noi) non ingrassano.
Inoltre notò come, provocando dei danni all'ipotalamo, i topi diventassero obesi, e formulava la teoria lipostatica: se un animale dimagrisce con un bilancio energetico negativo (introducendo meno calorie di quelle consumate) tenderà sempre a tornare al peso precedente. Questa intuizione fu poi giustificata dalla scoperta della leptina, nel 1994.
Oggi i danni ipotalamici sono inferti da un'alimentazione proinfiammatoria (ricca di grassi saturi, trans e carboidrati raffinati) e l'aumento di peso ne è la conseguenza.
Chi tenta ancora di curare l'eccesso di peso con un semplice taglio di calorie va a scontrarsi con la tendenza fisiologica al recupero del peso, conosciuta da 60 anni.



Il risultato è che molto raramente si ha un dimagrimento duraturo, e spesso più si sta a dieta più si ingrasserà. Questo capita se non c'è un miglioramento della qualità del cibo (e non una semplice riduzione delle calorie introdotte), e la ripetuta perdita di peso con riacquisto dei chili (weight cycling o effetto yo yo) spesso è anche più pericolosa del sovrappeso in sé.

http://fitnessresultscoach.com/diets/yoyo-diet-2/

Aggiornamento 12/9/2016

Un nuovo articolo interessante sulla teoria del set point da un ricercatore americano.


Aggiornamento 25/11/2016

Tendi a recuperare facilmente peso dopo una dieta? dipende (anche) dai tuoi microbi intestinali

Aggiornamento 21/12/2016


L'inflessibilità metabolica, la difficoltà nel passare dall'ossidazione dei carboidrati a quello dei grassi, tipico di chi abbia alterazioni metaboliche come iperinsulinemia, sedentarietà, pregresso dimagrimento, saltare la colazione, aumenta l'importanza dell'indice glicemico. In questi casi è più facile accumulare il grasso perché una scarsa massa magra non "tampona" le calorie di troppo, e il partizionamento dei nutrienti viene diretto verso l'immagazzinamento dei lipidi.

Aggiornamento 24/12/2016


taniciti, una particolare classe di cellule che circondano l'ipotalamo e parti del sistema nervoso, gestiscono l'accesso dei segnali alla barriera ematoencefalica, fanno parte del sistema di risposta al digiuno e hanno parte attiva nella regolazione della spesa energetica e della composizione corporea.


Aggiornamento 16/1/2017

L'importanza del reticolo endoplasmatico dell'ipotalamo nell'instaurazione e mantenimento dell'obesità

Aggiornamento 21/3/2017

Oltre alla leptina, anche l'uridina, rilasciata dal fegato dopo che mangiamo ma dal tessuto adiposo lontano dai pasti, contribuisce al mantenimento della composizione corporea, e la sua alterazione è osservabile nei diabetici e sovrappeso.

Aggiornamento 10/5/2017

Le fluttuazioni del peso corporeo aumentano il rischio cardiovascolare


Aggiornamento 24/5/2017

Uno studio non molto numeroso ma fatto bene ha mostrato che il digiuno alternato non fa perdere più peso della semplice restrizione calorica.

La cosa più interessante però è che viene sottolineato che non esiste una dieta adatta a tutti (nello studio in particolare qualcuno ha avuto vantaggi, qualcuno no, e la media dei risultati è nessuna differenza). E che il digiuno intermittente è da sconsigliare soprattutto negli "snackers", le persone che mangiano poco e spesso


Aggiornamento 29/5/2017

Lo stress e i danni dell'effetto yo-yo (weight cycling)

Aggiornamento 6/6/2017

Non è la velocità con cui si perde peso a stimolare il recupero dei kg, ma la perdita di massa magra. Se dovete perdere peso, usate quindi un metodo che salvaguardi il muscolo (dieta normocalorica o chetogenica)

Aggiornamento 10/7/2017

Una dieta ricca in cibo spazzatura (high fat diet) programma il metabolismo in modo da far ingrassare, riducendo la spesa energetica e aumentando l'appetito in un modello animale (scimmia), agendo sulle connessioni ipotalamiche.

Aggiornamento 24/7/2017

Il solito, grande articolo del Prof Rossi sull'ipotalamo, merita di essere riportato per intero.

COME RECUPERARE UN SANO PESO CORPOREO ? SET POINT - ENERGY GAP
IL PONDEROSTATO
Comincio con una riflessione: il nostro cervello gestisce il nostro peso, o meglio la nostra composizione corporea. Nel cervello esiste il ponderostato, che è il sistema di controllo sul nostro peso corporeo esercitato dall’ipotalamo: regista ormonale e metabolico dell’intero nostro organismo. 
L’ipotalamo è un complesso di 13 neuroni, pesa attorno a 4 grammi, è sempre “sveglio” e controlla le nostre funzioni vitali: battito cardiaco, ritmo respiratorio, pressione arteriosa, temperatura corporea, attività sessuale, fame, sazietà, sete, rabbia, gioia, piacere alimentare e sessuale….le nostre reazioni al variare delle emozioni di ogni giorno. 
Resetta tutte queste funzioni vitali sul nostro peso corporeo o meglio sulla composizione corporea. 
Quindi l’ipotalamo tende a “conservare “ in modo stabile il nostro peso a livello sul quale ha resettato le nostre funzioni vitali, che sono svincolate dalla nostra volontà.. 
Per questo motivo molte persone conservano il loro peso corporeo in modo stabile per tutta la vita, con variazione solo di alcuni kg. Io peso oggi 70 kg come quando avevo 20 anni. 
Il mio ipotalamo ha registrato le mie funzioni vitali su 70 kg.
Molte persone che stanno eseguendo il metodo alimentazione consapevole hanno avuto importanti variazioni del loro peso. 
Si sentono più vitali, con maggiore sensazione di energia vitale. 
Il loro ponderostato ha accettato il modello alimentazione basato sulla qualità molecolare dei singoli pasti, non sul calcolo giornaliero delle Calorie come invece succede nelle diete ipocaloriche.

dal PESO CORPOREO alla COMPOSIZIONE CORPOREA 
Ciascuno di noi ha il suo peso corporeo che è la somma di massa grassa, massa magra muscolare, ossa, acqua corporea. Il peso corporeo varia in rapporto al variare delle quattro parti del corpo umano. 
Con il passare degli anni si tende a perdere la massa magra, acqua ed ossa e si accumula grasso corporeo che si localizza nell’addome e nella parte superiore del corpo umano. 
Una efficace e valida diagnosi di composizione corporea con le sue varie parti anatomiche la si può avere eseguendo DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry) total body, eseguibile in ogni ospedale, centro diagnostico pubblico e privato. 
Con questa indagine si può conoscere con serietà scientifica la nostra effettiva età biologica. 
Certo l’indagine va saputa “leggere” clinicamente e non solo realizzare una lettura numerica della stessa. Si può eseguire una altra indagine, meno precisa della DEXA, si chiama: impedenziometria, che può fornire una accettabile diagnosi di composizione corporea.

SET POINT
Con la DEXA tital body si può conoscere il rapporto tra massa magra muscolare e massa grassa del nostro corpo, che viene definito SET POINT (punto di equilibrio). 
Avere un set point sbilanciato a favore della massa grassa accumulata impedisce la perdita di massa grassa oppure una sua lenta riduzione di massa grassa, perché la capacità di “bruciare “, di ossidare i grassi è nettamente ridotta. 
C’è un set point (rapporto alterato tra massa magra muscolare e massa grassa). Ecco il motivo per cui molte hanno risultati splendidi ed altre scarsi risultati. 
Occorre spostare la mostra conoscenza da “ENERGY GAP” (vecchia dietologia con diete ipocaloriche) al SET POINT (ponderostato). 
Con un set point negativo occorre realizzare un determinato recupero di massa magra muscolare con attività aerobica e ed esercizi di resistenza. Con il solo cibo si ha risultati scarsi o nulli.

ENERGY GAP 
Pretendere di “dimagrire” solo riducendo il cibo è davvero uno scenario superato e chi ancora ragiona in questo modo non è entrato nel nostro modello di alimentazione consapevole e non avrà adeguato risultato. 
Non è che il metodo di alimentazione consapevole “non funziona” . E’ che la persona ha un set point negativo, deve modificare la sua composizione corporea.
E’ un lavoro metabolico gigantesco ridurre kg di grasso corporeo che va “visto” con estrema lucidità, uscendo dal gossip dietetico oggi dominante. So di essere un pò aggressivo scrivendo queste affermazioni. 
Dimagrire vuol perdere solo massa grassa e migliorare il proprio set point, per poi consolidare il risultato raggiunto mantenendo invariato il peso forma raggiunto, per consentire il resettamento delle funzioni vitali da parte dell'ipotalamo che adatta tutto al nuovo peso .
Occorre tenere “fermo” il nuovo peso corporeo per almeno sei mesi per “fissare” per sempre un nuovo set point vitale nell’ipotalamo. 
Variare in continuo il proprio peso corporeo stimola l’ipotalamo, il nostro ponderostato, a portare di nuovo il peso della persona al peso iniziale, al prima dell'inizio del metodo molecolare di alimentazione consapevole. 
Tre sono gli ormoni che agiscono sull'ipotalamo per gestire il nostro set point : leptina, grelina, insulina. La leptina e' prodotta dagli adipociti (grasso corporeo), la grelina dallo stomaco, l'insulina dal pancreas. Un sistema ormonale complesso che agisce sull'ipotalamo. Credere che il nostro peso corporeo sia solo una differenza tra entrata ed uscita nel nostro organismo di Calorie giornaliere, e' davvero troppo semplicistico.
Buona giornata in salute.

Aggiornamento 31/7/2017

Perdere peso fa bene, ma se si perdono soprattutto muscoli può fare molto male: aumenta infatti la mortalità. Il BMI non è un significativo indicatore di mortalità.

Aggiornamento 2/8/2017

Alcune cellule immunitarie sembrano mantenere la memoria del peso, favorendo, almeno nei topi, il recupero dopo il dimagrimento

Aggiornamento 24/9/2017

Ottimo articolo su leptina e gestione della composizione corporea, cibo, dipendenza e palatabilità: "al tuo cervello piace il cibo spazzatura, ma al tuo corpo no!"

Un post interessantissimo del dott Giordano

DIMAGRIMENTO ED ESERCIZIO FISICO E AMINOACIDI (Parte prima). Così come nell'ipotalamo vi è una area che regola il mantenimento della temperatura corporea ideale, così sempre nell''ipotalamo vi è un'area a quanto pare che regola l'appetito e il grasso corporeo: il lipostato. Quest'ultimo riceve le informazioni sullo stato delle riserve di grasso del corpo tramite alcuni segnali quali la leptina e attiva delle risposte fisiologiche e psico-comportamentali orientate al mantenimento dello stato adiposo. Come è stato osservato sin dai primi studi sul dimagrimento, se una persona perde peso, il lipostato mette in moto una serie di reazioni coordinate il cui scopo è quello di aumentare l'apporto energetico, ridurre il consumo di calorie e ristabilire così il grasso perso. Questo meccanismo esiste perchè il grasso in un periodo molto lontano da oggi, ci ha più volte salvato la vita, quando l'esistenza era vissuta in habitat dove la disponibilità di cibo per sopravvivere era scarsa.
Tuttavia c'è una differenza dal termostato della temperatura, perchè questo è in grado di regolare altrettanto bene sia l'abbassamento che l'innalzamento della temperatura.
Nel caso del lipostato le scoperte (Leibel e Hirsch) indicano che questo regoli l'adiposità a un livello più elevato di quello stabilito.
Quando il set point dell'adiposità è alto, il cervello vuole un maggior livello di leptina per bloccare la risposta all'inedia.
Alla fine l'unico modo di aumentare ancora la leptina consiste nell'avere una maggiore quantità di grasso. Detto altrimenti per il cervello di una persona obesa, l'obesità è un fatto normale e si parla di resistenza alla leptina per indicare che il cervello ha notevoli difficoltà a percepire livelli normali di quest'ormone.
Questo ha delle conseguenze che sono attivate dall'ipotalamo, per cui chi ha sviluppato l'obesità, sviluppa uno stato che si autosostiene, per cui questa persona deve nutrirsi con elevatissime quantità di cibo per avere la stessa soddisfazione che una persona magra ottiene con un pasto modesto.
L'altra conseguenza fondamentale è che il dimagrimento è estremamente difficile da combattere perchè richiede di lottare strenuamente con altri impulsi che vi si oppongono.
Tentavi di regimi dietetici a lungo termine indicano che l'ipotalamo sa come svolgere il suo lavoro nel rovinare l'impegno a dimagrire.
Come risolvere questa situazione una volta che abbiamo una persona obesa? Esaminerò adesso e per primo un certo tipo di meccanismo (il discorso in merito sarà completato nella seconda parte), cioè quello relativo al rapporto cibo ed esercizio fisico.
In altri miei prossimi interventi vedremo altre possibilità e se funzionano.
I ricercatori si sono accorti che le persone che praticano frequente attività fisica nel corso del tempo acquistano meno peso e ciò sembrerebbe di facile spiegazione: bruciano più calorie e quindi mantengono un certo equilibrio energetico. Questo è esatto ma solo in parte.
Gli studi sui topi fatti da Barry Levin spiegano come il movimento fisico riduca l'aumento di peso dei ratti quando alimentati con una dieta progettata per farli ingrassare. Ma, c'è una differenza in questo trattamento e il risultato tra ratti magri e in salute e ratti sedentari. I ratti magri riescono a difendere molto meglio il loro set point dell'adiposità tenendolo più basso rispetto ai ratti sedentari.
Nonostante queste osservazioni i ricercatori hanno notato che l'attività fisica potrebbe non essere molto efficace per la perdita di peso negli esseri umani e hanno portato una serie di prove.
Se uno manda a casa dei volontari raccomandando loro di fare esercizio fisico regolarmente, la maggior parte non riuscirà a perdere peso. Il risultato sembra molto differente dai risultati con i roditori.
Il problema di questi studi su esseri umani è che si limitano a consigliare di fare del movimento, senza però rendere efficiente e potente questo messaggio e molto spesso senza controllare quanta attività fisica è stata praticata.
Se prendiamo in considerazioni solo quegli studi dove i volontari vengono controllati e devono praticare un'attività fisica sotto supervisione, i risultati sono differenti.
In questi studi si osserva che la perdita di peso è spesso considerevole e aumenta con l'aumento dell'intensità e della durata del programma di esercizi fisici.
Però le ricerche di Blundel provano che non tutti perdono la stessa quantità di grasso a seguito dell'esercizio fisico.
Quando vennero messi insieme 35 persone sovrappeso e obese che avevano vita sedentaria e li istruirono a fare esercizio fisico per 5 volte a settimana per 12 settimane e considerando che ogni sessione di allenamento era progettata per bruciare 500 calorie e sotto la supervisione dei ricercatori, al termine delle 12 settimane la media dei partecipanti aveva perso quasi 4 chili di massa grassa.
Osservando poi singolarmente si trovarono variazioni dell'adiposità che andavano da una perdita di 10 chili a un accumulo di quasi 3 chili. A ingrassare fu in realtà solo una persona su 35 e non si capì all'inizio cosa stesse succedendo in lui. Sembra quindi che esista anche questa sfortunata possibilità nonostante un programma rigido.
Altre due persone persero meno di mezzo chilo.
Ma come può accadere che si brucino 2500 calorie la settimana e si ingrassi? L'unico modo di arrivare all'aumento dell'adiposità nonostante l'aumento del dispendio calorico, è quello di aumentare ulteriormente l'apporto calorico. Fu quanto verificò Blundel. Quando andò a misurare l'apporto calorico dei volontari, scoprirono che quelli che erano dimagriti meno del previsto stavano inavvertitamente aumentando il proprio apporto calorico in risposta all'attività fisica.
Parte seconda. DIMAGRIMENTO ED ESERCIZIO FISICO E AMINOACIDI.
Inoltre nel lavoro del team di Blundell che ho descritto nel mio post precedente, accadde che al contrario nei volontari che avevano perso il peso previsto o anche più, vi era stata una diminuzione dell'apporto calorico a seguito dell'attività fisica programmata. In pratica, metà dei partecipanti all'esperimento avevano risposto alla attività fisica mangiando di meno, e l'altra metà di più. Questo corrisponde a quello che pensavamo circa la reazione del lipostato all'attività fisica, come già era stato verficato da Levin con suoi lavori sui ratti.
In pratica se da un lato l'esercizio fisico consuma riserve di grasso e che il lipostato aumenti l'appetito, dall'altro lato l'attività fisica può abbassare il set point dell'adiposità tra quei soggetti che hanno un eccesso di grasso e riduce l'appetito contribuendo alla perdita di massa grassa.
Questo bilanciamento di queste forze opposte varia da persona a persona e provoca dei cambiamenti nell'appetito come risposta all'esercizio fisico.
L'altro aspetto che occorre esaminare è quella differenza che vi è tra perdita di peso e perdita di massa grassa. Lo scopo di un dimagrimento dovrebbe essere la perdita di massa grassa.
L'esercizio fisico permette e aiuta a mantenere la massa magra muscolare durante la perdita di peso.
I risultati dimostrano che praticando molta attività fisica si previene l'accumulo di grasso e si mantiene la massa magra muscolare.
Ciò accade solo se davvero faremo molta attività fisica, e la percentuale di massa grassa persa dipenderà da come il cervello compensa il dispendio calorico con l'innalzamento del nostro appetito.
Uno dei modi più praticati per la perdita di peso è oggi l'uso di una dieta povera di carboidrati, che nonostante molti studi dicano che non sia il sistema migliore per curare l'obesità, risulta al contrario realmente più efficace di una tradizionale dieta povera di grassi e basata sulla diminuzione delle porzioni nell'arco di un anno.
L'approccio della dieta povera con i carboidrati rappresenta un cambiamento teorico non da poco rispetto al modello per cui era il grasso che fa ingrassare e che comportava la riduzione dei grassi. Che tipo di grassi e quanti grassi si possano consumare impunemente non è solo un problema della loro più o meno influenza sul peso corporeo, ma implica anche di guardare agli effetti dei grassi e del tipo di grassi consumati su altre funzioni dell'organismo e ciò merita un approfondimento a parte che esula da questo mio intervento e non lo esaminerò adesso ma un'altra volta.
Effettivamente le diete con basso apporto di carboidrati consentono di tenere meglio il controllo della fame e ciò è stato confermato da diverse ricerche. Con un regime di questo tipo accade che vi è una spontanea diminuzione dell'apporto calorico, si riduce lo sforzo volontario di introdurre una quantità minore di calorie.
Come mai accade questo?
Accade quello che succede quando si abbassa il set point dell'adiposità.
Se si osserva più a fondo una dieta con bassi carboidrati, quello che si evince è che diminuendo i carboidrati si aumenta l'apporto proteico.
Esistono tutta una serie di prove indirette sull'uomo e studi sui roditori che indicano come gli aminoacidi siano capaci di agire direttamente sull'ipotalamo influenzando il lipostato.
L'effetto è dato sopratutto dagli aminoacidi essenziali, che abbassano il set point dell'adiposità.
Un lavoro del 2005 condotto alla Washington Scott Weigle mostra questo risultato. Si valutò l'apporto calorico abituale di un gruppo costituito da 19 volontari e dopo i ricercatori diedero sotto stretto controllo una dieta ad alto contenuto proteico (il 30 per cento della calorie) per 12 settimane. In questo modo l'apporto calorico diminuì spontaneamente di una media di circa 441 calorie al giorno e persero 5 chili nonostante non si trattasse di una ricerca mirata alla perdita di peso e non fosse stato chiesto di ridurre l'apporto calorico. 
Come era stato previsto la quantità di livello di leptina diminuì al diminuire del peso e la risposta di inedia non si manifestò mai.

Questo effetto non può essere dato dal ridotto apporto di carboidrati, perché il team di Weigle aveva aumentato le proteine a spese dei grassi, non dei carboidrati.
D'altra parte abbiamo anche le ricerche dell'Università di Maastritch che provano che le diete ricche di proteine attenuano la risposta di inedia.
Inoltre la diminuzione dei carboidrati senza l'aumento delle proteine non è di per sé il fattore decisivo nell'efficacia a perdere peso.
L'effetto è dato dagli aminoacidi essenziali.
Diverso potrebbe essere il risultato delle diete chetogeniche che hanno tenori bassissimi di carboidrati che creano un particolare stato metabolico, esistono prove che la repressione dell'appetito non è dato dall'aumento della quota proteica ma attraverso altri meccanismi.
Sappiamo anche da diverse prove che un aumento delle proteine è in grado di controllare l'appetito e far perdere peso, ma sappiamo anche che l'aumento proteico comporta sì aumento di aminoacidi essenziali ma anche un sovraccarico dannoso per le cellule e i mitocondri di aminoacidi non essenziali che sono sempre abbondanti e che sono implicati nei processi di invecchiamento e malattie.
Una soluzione più intelligente e in linea con lo sviluppo di queste ricerche quindi può essere dato da un aumento supplementare di aminoacidi essenziali, piuttosto che forti aumenti nel consumo di proteine alimentari.
Al prossimo Convegno parlerò anche e più nello specifico del ruolo degli aminoacidi sulla sazietà.
p.s. in altri miei post parlerò di altre differenti sistemi possibili nel perdere peso e regolare il set point.

Aggiornamento 21/10/2017

Una particolare cellula immunitaria sopprime la produzione di noradrenalina attraverso una proteina (Slc6a2) e riduce la lipolisi. Inibire questa proteina potrebbe facilitare il dimagrimento, e soprattutto il mantenimento del peso perso.

Ottimo articolo sul perché il cervello ci vuole far tornare grassi dopo essere dimagriti: secondo uno studio pubblicato sul NEJM almeno per un anno le alterazioni ormonali permangono (meno leptina, più grelina ecc)

Aggiornamento 5/1/2018

Eccitante scoperta di un nuovo sistema di regolazione del peso, indipendente dalla leptina, regolato dalle cellule ossee.
Osservano i ricercatori: "riteniamo che stare molto tempo seduti si traduca in un minor carico di peso per gli osteociti nelle ossa lunghe e, perciò, la regolazione omeostatica del peso corporeo non attiva il suo segnale afferente al cervello (di consumo energetico), con conseguente tendenza all'aumento di peso"


Aggiornamento 20/1/2018

Anche piccole variazioni di peso possono essere messe in relazione con forti cambiamenti nel profilo microbico, proteico, molecolare, infiammatorio.

Tornando al peso precedente, spesso si sono recuperate le specie microbiche perse, nel breve periodo almeno.

Aggiornamento 20/5/2018

Copio e incollo un post di Project Diet (per una volta mi trovano d'accordo, non capita spesso)

Sia i nati sottopeso, sia i nati sovrappeso, sono possiamo dire, probabilmente “GENETICAMENTE PREDISPOSTI” ad essere sovrappeso/iperfagici da grandi.
La spiegazione più semplice e intuitiva del perché queste conseguenze in seguito alla manipolazione materna durante la gestazione e l’allattamento è che un bambino che nell’ambiente intrauterino ha sempre avuto poca disponibilità di nutrienti per la crescita si adatta ad accumularne il più possibile per cercare di sopravvivere – è quello che in parte succede anche nell’adulto che si mette a dieta per tanto tempo.
Un bambino nato sovrappeso è invece un bambino che ha avuto un rinforzo continuo di stimoli obesogeni e che hanno fatto sì che il SNC in via di sviluppo, estremamente plastico, si sia “abituato” a questo tipo di vita.

[SET POINT DEL GRASSO CORPOREO E "GENETICA"]
Negli ultimi tempi si parla spesso di “set point”. Con quest’espressione intendiamo descrivere un concetto particolarmente importante, che magari ai più, adesso, appare scontato, ma in passato è stata una vera e propria scoperta e oggetto di dibattito anche per una cinquantina d’anni: il nostro peso (grasso) corporeo è regolato.
In genere si dice che chi è stato obeso poi dimagrisce o mantiene il peso più difficilmente in futuro, soprattutto se ciò accade in età infantile/adolescenziale. A livello epidemiologico, addirittura, chi è obeso/obeso grave alla pubertà, è quasi sicuramente obeso da adulto (circa l’80-90% delle persone).
La spiegazione più veloce e semplicistica che si dà è che ciò è dovuto al fatto che in alcuni periodi della crescita è particolarmente iper-espressa la via che porta all’iperplasia adipocitaria (cioè l’aumento del numero di adipociti o cellule del grasso) e non solo l’ipertrofia (cioè l’espansione del volume dell’adipocita per aumento del contenuto di grassi in esso accumulato). L’iperplasia è poi stato dimostrato essere possibile anche in età adulta, soprattutto in condizioni di obesità grave.
Poiché per convenzione comune l'iperplasia è irreversibile, si dice che chi è ingrassato in quel periodo è destinato ad avere più adipociti di chi non è mai stato obesi e per questo destinato ad avere più difficoltà a perdere basse BF (o proprio l'impossibilità a raggiungerle). Forse però la situazione è ancora più grave, perché finora ci siamo sempre focalizzati sulle conseguenze di un'obesità in età infantile/adolescenziale, ma ci siamo mai chiesti quali sono le conseguenze di un'alimentazione sbagliata in periodi ancora più precoci? Cioè durante la gravidanza o l'allattamento?
Nell’immagine c’è uno schema abbastanza semplice, che origina da uno studio recentissimo, che esamina i meccanismi più a fondo, e cerca di chiarire un po’ le idee. Importante sottolineare che i dati provengono da studi sui topi (ma è ovvio sia così, stiamo studiando i meccanismi); il fatto che potrebbe essere diverso nell’uomo è vero (ma è dato per scontato).
In pratica, come ho più volte spiegato, non è detto (anzi, probabilmente non è così, o è solo uno dei fattori) che sia l’aumento degli adipociti a creare quelle condizioni di difficoltà di dimagrimento/raggiungimento di BF basse/bassissime, e quindi non dovremmo guardare al “set point” come a una condizione dovuta al grasso. Ricordiamo infatti che piuttosto è l’interazione tra tessuto adiposo (grasso) e ipotalamo che stiamo descrivendo (e studiando), ed è molto più probabile che a determinarne le sorti sia l’ipotalamo (“più nobile”) piuttosto che il tessuto adiposo.
In pratica cosa è stato visto?
Che la manipolazione della nutrizione materna ha importanti implicazioni a lungo-termine sullo sviluppo dei meccanismi di regolazione del peso corporeo nel nascituro e nell’adulto (set point).
Sviluppo nei neonati sottopeso (per restrizione energetico/proteica materna in gestazione/allattamento):
-Alterazioni strutturali, anche proprio anatomiche, del PVN e DMN (nucleo paraventricolare e dorsomediale ipotalamico), insomma i nuclei ipotalamici deputati alla regolazione della fame e sazietà
-Aumento del NPY (Neuropeptide Y), il principale peptide che segnala aumento della fame (agisce sul PVN e aumenta la fame)
-Aumento della resistenza alla leptina e all’insulina ipotalamica (quindi a livello centrale – ricordiamo che questi sono due “ormoni della sazietà”)
-Aumento della sensibilità all’insulina degli adipociti (da giovani), e ricordiamo che il principale effetto dell’insulina sugli adipociti è l’inibizione dell’HSL, quindi l’inibizione della lipolisi
-Aumentata attività dei PPAR gamma (aumento del numero di adipociti, quindi c’è l’iperplasia, ma è solo UNO dei fattori)
-Stimolazione cronica beta-adrenergica (nei primi giorni di vita) e down regolazione dell’effetto catecolaminico nei giorni successivi (è facile da spiegare:
-Aumentata attività dei PPAR gamma e resistenza adipocitaria alla leptina (maggior numero di adipociti e più ipertrofici)
Sviluppo nei neonati sovrappeso
-Aumento della proliferazione dei neuroni oressigeni (cioè che aumentano la fame – anche qui c’è un’alterazione strutturale e anatomica di alcuni nuclei ipotalamici, che è evidente negli ultimi giorni di gestazione (nei topi))
-Aumento del NPY (come nei sottopeso)
-Preferenza di gusto per gli alimenti ipercalorici, palatabili ecc. (questo probabilmente è dovuto ad alterazioni anche in altre aree cerebrali, che in realtà sono particolarmente plastiche anche nell’età infantile e adolescenziale, quelle relative al Nucleo Accumbens (NAC) e al Sistema di Ricompensa Cerebrale
-Resistenza centrale alla leptina (di nuovo, come nei sottopeso)
-Up-regulation dell’adipogenesi (accumulo di grasso e differenziazione nuovi adipociti – quindi iperplasia adipocitaria)
In pratica, sia i nati sottopeso, sia i nati sovrappeso, sono possiamo dire, probabilmente “GENETICAMENTE PREDISPOSTI” ad essere sovrappeso/iperfagici da grandi.
La spiegazione più semplice e intuitiva del perché queste conseguenze in seguito alla manipolazione materna durante la gestazione e l’allattamento è che un bambino che nell’ambiente intrauterino ha sempre avuto poca disponibilità di nutrienti per la crescita si adatta ad accumularne il più possibile per cercare di sopravvivere – è quello che in parte succede anche nell’adulto che si mette a dieta per tanto tempo.
Un bambino nato sovrappeso è invece un bambino che ha avuto un rinforzo continuo di stimoli obesogeni e che hanno fatto sì che il SNC in via di sviluppo, estremamente plastico, si sia “abituato” a questo tipo di vita.

Aggiornamento 15/7/2018

I legami tra il setpoint del peso e la tiroide: l'orologio biologico, l'assunzione di cibo (fisiologici), l'infiammazione acuta e cronica (fisiopatologici).

Aggiornamento 1/9/2018

La resistenza leptinica è data, tra le altre cose, dall'attivazione dell'enzima MMP2, in risposta all'aumentato grasso corporeo. Questo enzima "rompe" (cleavage) il recettore per la leptina ipotalamico, rendendolo meno attivo, e rompendo quel circolo virtuoso che porta la leptina ad attivare la spesa energetica e ridurre l'appetito. Ancora una volta più si ingrassa e più si ingrasserà.

Aggiornamento 15/11/2018

L'effetto yo-yo, non solo del peso ma anche della pressione, della glicemia e del colesterolo si associa ad aumentata mortalità

Aggiornamento 1/12/2018

Da un articolo del prof Ludwig.

Si sa dagli anni 50 del secolo scorso che chi si mette a dieta va a riprendere peso. E questo dipende soprattutto dal fatto che il metabolismo cambia. Non è solo una questione di volontà: nella battaglia tra volontà e metabolismo, il secondo vince.
La spiegazione può essere data dal modello carboidrati-insulina, al di là del dispendio calorico: lo studio effettuato in random ha dimostrato come le persone che hanno utilizzato una dieta low carb dimagrivano meglio e avevano maggiore dispendio energetico. E questo è durato 3 anni.
Infatti "Secondo l'ultimo studio del prof Ludwig, sostenitore del modello carboidrati-insulina, a parità di calorie le persone con dieta lowcarb hanno maggiore spesa energetica, specie se hanno insulina alta.
La grelina, ormone della fame e del risparmio energetico, e la leptina, ormone che aumenta nel sovrappeso e non funziona più correttamente nello stimolare la spesa energetica, si sono ridotti.
L'effetto di "vantaggio metabolico" si è mantenuto nel tempo, mettendo in evidenza che le calorie da carboidrati fanno ingrassare (o meglio sono più legate all'aumento di peso) più di quelle da grassi, nonostante il calo fisiologico della spesa energetica sia comunque presente."

Ludwig accusa inoltre il suo "rivale" KD Hall di aver falsificato i dati nella sua revisione del modello, perché si continui a sostenere che tutte le calorie sono uguali.


Aggiornamento 13/12/2018

La grelina è un ormone che viene prodotto lontano dai pasti. Aumenta la motivazione per il cibo e rallenta il metabolismo. Nella nostra storia evolutiva è stata molto importante, perché in tempi di carenza di cibo spingeva i nostri antenati a rischiare la vita andando a caccia per procurarsi da mangiare e lottando con animali che non erano tanto d'accordo a sacrificarsi. Oggi, in tempi di abbondanza, il risultato è che saltando i pasti aumentiamo la grelina, e questa aumenta la sensibilità per gli odori e così la motivazione, attraverso la dopamina dei circuiti di ricompensa, per i cibi spazzatura


Aggiornamento 4/1/2018

La risposta della corteccia prefrontale alle variazioni di leptina e grelina (che aumentano la dipendenza da cibo) incidono sul successo delle diete

Aggiornamento 14/1/2019

Alcune persone (poche in verità) riescono a perdere peso stabilmente, mentre molte recuperano i kg persi spesso anche con gli interessi. Il successo nella dieta, secondo questo studio, può essere correlato alla quantità di carnitina legata agli acidi grassi circolante nel sangue. La carnitina è una sostanza che facilita l'ingresso dei grassi nei mitocondri dove verranno ossidati per produrre energia. In seguito a un deficit calorico, questo passaggio viene inibito, in modo da favorire il recupero del peso e i grassi vengono prevalentemente immagazzinati e non più ossidati efficientemente.
PS sconsiglio di andare a integrare la carnitina perché i trial non hanno mai dato esiti buoni.

Aggiornamento 22/1/2019

Negli adulti solo l'8% circa degli adipociti si rinnova durante l'anno, con morte e sostituzione con nuovi adipociti. Il tessuto sottocutaneo addominale risponde prevalentemente con ipertrofia, mentre quello femorale con iperplasia.
Gli adipociti hanno un ruolo fondamentale nella tendenza al recupero del peso dopo dimagrimento. Infatti il dimagrimento determina uno "stress" in queste cellule, che provoca modificazioni nella loro funzione che servono a favorire il recupero del peso. Questi meccanismi sono dovuti al principio evoluzionistico di salvaguardia del grasso che ci permette di affrontare i periodi di carenza di cibo. Tra di essi, un aumento dell'infiammazione (e non una riduzione come a volte si pensa), alterazione delle citochine (messaggeri locali) secrete, rimodellamento della matrice extracellulare, ipossia, riduzione della funzione mitocondriale, della conversione di grasso bianco in bruno, della lipolisi (rilascio di grassi), rilascio di microRNA, molecole capaci di influenzare il metabolismo.
Per prevenire il recupero del peso, l'esercizio fisico e la dieta antinfiammatoria appaiono quindi importanti. Alcuni nutraceutici come resveratrolo, omega 3 e CLA possono avere un effetto, ma non sono testati su grandi numeri.

Aggiornamento 23/1/2019

È possibile spendere indefinitamente energia? No. L'organismo ha dei "sistemi di sicurezza" che lo impediscono, e servono per farci sopravvivere alle carestie, ma nel mondo moderno favoriscono l'insorgere di obesità. Uno appena scoperto è rappresentato da un ormone che i ricercatori cinesi hanno chiamato "Tsukushi" (TSK), e agisce bloccando il sistema nervoso simpatico, quello che attiva il grasso bruno, quando andiamo a spendere troppe calorie. Gli obesi hanno livelli di TSK più alti. I topi modificati per non avere il TSK, messi a dieta ipercalorica, prendono solo il 30% del peso in confronto ai topi normali che raddoppiano, e hanno più grasso bruno e più spesa energetica. Questo ormone potrebbe rappresentare un target nella lotta all'obesità

Aggiornamento 23/6/2019
L'ipoleptinemia (leptina bassa) che si ha in seguito a una dieta ipocalorica stimola l'asse corticotropo (cortisolo) per stimolare la fame.

Aggiornamento 4/11/2019

Il peso corporeo è regolato da un complesso sistema neuro-ormonale. "In sostanza, i segnali coinvolti nella regolazione omeostatica dell'assunzione di cibo, del bilancio energetico e del peso corporeo sono integrati centralmente nel nucleo arcuato dell'ipotalamo, nel tronco cerebrale caudale e in parti della corteccia e del sistema limbico". La spesa energetica viene adattata all'introduzione di cibo.
È stato suggerito che, piuttosto che qualcosa di "sbagliato" nel controllo omeostatico dell'assunzione di cibo, il sistema non è sufficientemente calibrato per far fronte a cambiamenti ambientali radicali e, quindi, "sopraffatto" in modo che il sistema edonistico diventa una forza trainante per spingere al consumo eccessivo.
I grassi saturi sono un esempio di nutriente che infiamma l'ipotalamo e ne altera la funzione.
In particolare il sistema si attiva per favorire il recupero del peso perso in seguito a restrizione calorica, aumentando l'appetito, riducendo la sazietà e il consumo energetico.
In questo modo solo una dieta "amica" dell'ipotalamo, che riduca l'infiammazione e favorisca la sazietà, senza stimolare le vie edonistiche, può avere successo nel lungo termine. Decidere di dimagrire sul lungo termine è come decidere per quanto trattenere il fiato o quando far battere il cuore.
In tabella i fattori ambientali che favoriscono l'aumento di peso.

Aggiornamento 16/11/2019
Sempre più persone in America cercano di perdere peso, ma non ci riescono.
"C'è una conclusione ovvia che possiamo trarre: il modo in cui ci è stato detto che una popolazione perde peso non funziona", ha dichiarato Lee Kaplan, direttore dell'Istituto di obesità, metabolismo e nutrizione del Massachusetts General Hospital di Boston. "Mangiare di meno ed fare esercizio fisico non funzionerà a lungo termine perché il tuo corpo regola la quantità di grasso che trasporta e tale regolazione è al di fuori del controllo personale", ha detto Kaplan, aggiungendo "L'obesità è una malattia in cui il corpo pensa di aver bisogno di più grasso di quanto sia salutare".
Il dottor Mitchell Roslin, capo della chirurgia dell'obesità presso il Lenox Hill Hospital di New York City, è d'accordo. Ha osservato che "una ricerca dettagliata mostra chiaramente che mangiare di meno ed esercitarsi di più non è efficace per la perdita di peso a lungo termine". "Proliferano e aumentano la frustrazione e lo stress degli individui afflitti", riferisce Roslin. "Gli esseri umani possono mangiare di meno solo per brevi periodi. L'esercizio fisico è vitale per il benessere ma non per la perdita di peso." Secondo Kaplan "I corpi umani sono programmati per trasportare una certa quantità di grasso per mantenerci sani, più o meno allo stesso modo in cui il corpo regola automaticamente la quantità di acqua o sangue che contiene. Ecco perché quando perdiamo peso durante una malattia, riguadagniamo quei chili. La prima cosa che accadrà quando ti riprenderai dall'influenza è che ti riprenderai quei 10 chili". "La maggior parte delle persone si concentra sulla fisica del peso. Parlano sempre delle leggi della termodinamica e dell'energia in entrata e in uscita", ha detto. "Non si rendono conto che oltre alla fisica, al corpo importa quanto grasso possiede.
"Solo mangiare di meno non risolve nulla. Mangiare di meno significa semplicemente dire alla parte del cervello che regola l'appetito che si è malati", ha continuato Kaplan. "E cosa fa il cervello quando sei malato e dimagrisci? Lo rimette su per te." Mangiare bene è importante per altri motivi, incluso mantenere il cuore sano ed evitare il diabete. Ma una vera cura per l'obesità può richiedere farmaci o terapie che aiutano a riaggiustare l'autoregolazione del grasso corporeo.
"Una volta riconosciuto che è biologia, allora hai bisogno di una soluzione biologica e medica", ha detto Kaplan. "Stiamo lavorando per quello."
Considerazione personale: la riuscita di una dieta dipende dalle buone abitudini mantenute nel tempo e dai fattori genetici e ambientali (attività fisica, microbiota ecc). Alcuni possono riuscire a "sconfiggere" i sistemi biologici, ma probabilmente sono una parte minore.
Aggiornamento 23/11/2019
Secondo una ricerca l'effetto yo-yo non è negativo nei ratti: quelli che hanno perso e recuperato perso diverse volte hanno migliore salute metabolica e inferiore set-point del peso. Questo non significa molto nell'uomo, nel senso che alcune persone geneticamente predisposte prendono sempre più peso a ogni dieta.

Aggiornamento 10/12/2019

Alcuni bambini di bassa statura e inappetenti hanno infezione di Candida albicans e/o Helicobacter pylori che determinano produzione di autoanticorpi verso gli ormoni che regolano l'appetito. Il processo si chiama mimetismo molecolare, e può essere alla base di alcune malattie autoimmuni.
Un recettore per gli oppiodi (tipo K) si attiva durante la restrizione calorica e riduce la spesa energetica fatta per dissipare calore. Questo fa risparmiare energia ma facilita il recupero del peso. Bloccarlo farmacologicamente potrebbe essere un modo per facilitare la perdita di peso.
Aggiornamento 4/1/2020
Il solo modello del bilancio energetico, in cui se si assumono più calorie di quelle consumate si aumenta di peso, seppur corretto dal punto di vista termodinamico, non spiega correttamente e completamente quello che avviene nel mondo reale, e l'obesità rimane una condizione multifattoriale dovuta all'ambiente e favorita dalla predisposizione genetica.
Una delle cause sono gli obesogeni, sostanze solitamente artificiali, che favoriscono l'accumulo di calorie e quindi l'aumento di peso, in diversi modi, genericamente alterando la funzione ormonale (interferenza endocrina).
Si sa relativamente poco su quanto l'esposizione agli obesogeni nel tessuto adiposo disfunzionale possa facilitare l'immagazzinamento e impedire la mobilizzazione del grasso. Attualmente si conoscono circa 50 obesogeni. La maggior parte sono contenuti nelle plastiche (BPA, ritardanti di fiamma) o sono pesticidi, farmaci (cortisonici), metalli, glutammato, conservanti ed emulsionanti. Anche lo zucchero può essere considerato un obesogeno, pur non essendo considerato strettamente tra gli interferenti endocrini.
Si ritiene che uno dei meccanismi coinvolti riguardi la regolazione del setpoint, il nostro sistema di regolazione del peso (ponderostato) che dipende soprattutto dall'ipotalamo.
Alcuni sono derivati dello stagno che agiscono come acaricidi e fungicidi (TBT), e stimolano la proliferazione dei preadipociti. Inoltre gli adipociti maturi risultano disfunzionali e con meno mitocondri, e quelli bruni hanno inferiore termogenesi.
Inoltre gli effetti degli obesogeni sono ereditabili per le generazioni successive (effetto epigenetico).
Aggiornamento 21/1/2020

La variazione della composizione corporea durante la dieta predice il cambiamento di appetito. Se perdiamo grasso, avremo meno appetito, se perdiamo massa magra (muscolatura) è più probabile che l'appetito aumenti e quindi recuperare i kg persi. Da questo deriva l'importanza di abbinare sempre l'attività fisica e una dieta studiata bene che riduca la perdita di massa metabolicamente attiva.
Aggiornamento 27/1/2020

I dettagli possono essere molto importanti per il mantenimento della perdita di peso. Le persone che ci riescono sono molto moderate nella loro alimentazione, che è di buona qualità, e non percepiscono questo come uno sforzo. Si automonitorano spesso, col diario alimentare. Fanno molta attività fisica, e sono più in grado di far fronte ai problemi (migliore resilienza), rimangono positive anche se vedono qualche insuccesso.

Aggiornamento 1/4/2020
Scoperti i neuroni che vengono attivati dalla leptina nell'ipotalamo e attivano il consumo calorico a livello del tessuto adiposo bruno per mezzo del sistema nervoso simpatico
Aggiornamento 3/4/2020
Alcune persone non mantengono la perdita di peso anche perché non posseggono i batteri adatti
Aggiornamento 18/4/2020
La composizione corporea è qualcosa di complesso, molto, e non dipende solo dalle calorie. Mentre qualcuno si sgola a dirvi che non dimagrite o mantenete il peso perso perché mangiate troppo, di nascosto ecc (non che a qualcuno non capiti eh), altri lavorano più seriamente e si chiedono perché questo succede. Dando un ruolo alla massa magra (FFM) che sì, si perde spesso in una dieta. "La perdita di FFM o il suo deficit dovuto a dieta, programmazione evolutiva o sedentarietà dovrebbero essere considerate non solo come un contributo all'aumentata adiposità a causa della riduzione del dispendio di energia basale dovuta a una FFM inferiore, ma anche al tentativo dell'organismo di ripristinare la FFM alimentandosi eccessivamente. Questo concetto di "ingrasso collaterale" (collateral fattening) si inserisce nell'autoregolazione della composizione corporea e si comporta fisiologicamente come un sistema che interpreta i segnali periferici ("proteinostato") che collegano la FFM e l'assunzione di cibo. Serve anche a sottolineare ulteriormente l'importanza di uno stile di vita sano incentrato su diete equilibrate e attività fisica nella protezione contro i deficit di massa magra che riguardano sia la prevenzione che il trattamento dell'obesità". In pratica il corpo è costretto a ridurre il consumo energetico e aumentare l'appetito nel tentativo di recuperare il muscolo perso.
Aggiornamento 20/4/2020

L'ipotalamo secerne 2 ormoni che rallentano il metabolismo: NPY e AgRP. Cosa regola il loro rilascio? Quando c'è un surplus energetico (ossia mangiamo abbastanza) i neuroni usano glucosio e rilasciano segnali per cui la loro produzione si riduce, e consumiamo di più e siamo più sazi. In caso di deficit energetico (mangiamo poco) i neuroni usano grassi e questo porta ad un aumento degli ormoni (con riduzione del consumo e aumento della fame). Il consumo così è sempre adattato alla disponibilità di energia, in barba a "se dimagrite consumate di meno perché siete più leggeri". La fisiologia è ben altra e molto più complessa.
Aggiornamento 21/4/2020
Usando una metodica di valutazione della temperatura corporea, alcuni ricercatori hanno valutato cosa succede al consumo calorico quando si tagliano le calorie. La temperatura è ridotta durante la fase di "recupero del grasso", e questo risparmio energetico è più efficiente in chi tende a recuperare facilmente il peso. "Il ridotto costo energetico dell'omeotermia (mantenimento della temperatura) in risposta alla restrizione calorica persiste durante il recupero del peso e costituisce un tratto metabolico "parsimonioso" che contribuisce all'elevata efficienza metabolica che sta alla base del rapido ripristino delle riserve di grasso corporeo durante il recupero del peso, con implicazioni per la ricaduta dell'obesità dopo il dimagrimento terapeutico e la fisiopatologia del recupero del peso".
Aggiornamento 23/5/2020
Scoperta la variante di un gene, chiamato Alk (anaplastic lymphoma kinase) che conferisce protezione dall'obesità, e lo fa stimolando il nucleo paraventricolare dell'ipotalamo, in modo da mantenere alto il dispendio energetico, la sensibilità leptinica, attivo il sistema nervoso simpatico, la lipolisi e la produzione di calore negli adipociti. "A differenza dei pazienti con anoressia nervosa, una malattia strettamente legata a fenotipi psichiatrici, individui magri ma metabolicamente sani spesso hanno il desiderio di  ingrassare, hanno un normale apporto di cibo e fanno molti spuntini, indicando che hanno un basso peso per ragioni metaboliche e non per mancanza di appetito "edonico". Queste persone hanno una regolazione ipotalamica per avere un peso inferiore, con adipociti piccoli, più mitocondri e maggiore ossidazione dei grassi. Allo stesso modo il gene Alk attiva l'ipotalamo, mantenendo attiva l'ossidazione dei grassi e rallentando l'accumulo di grasso. "In ultima analisi, questo porta a riduzione dell'efficienza alimentare e miglioramento della spesa energetica, indipendentemente dall'attività circadiana". Inibire farmacologicamente questo gene porterebbe a dimagrimento anche in persone con forte obesità e resistenza leptinica.
Aggiornamento 28/5/2020
Nelle persone che hanno perso peso, l'alimentazione iperglucidica aumenta il rapporto insulina/glucagone rispetto a una dieta lowcarb. Questo rende l'energia del cibo meno disponibile, bloccando l'ossidazione dei grassi soprattutto nel periodo postprandiale, "indirizzando" i grassi all'accumulo piuttosto che alla fornitura di energia, in accordo col modello carboidrati-insulina del prof Ludwig
Aggiornamento 27/6/2020

Caroline Apovian, medico, direttore dell'Unità di Nutrizione e Gestione del peso e docente di medicina presso la Boston University School of Medicine, riassume così un dibattito intercorso all' American Diabetes Association su cosa provochi obesità e malattie metaboliche (carboidrati, grassi o junk food). "Tutti e tre i relatori hanno presentato dati che, alla fine, hanno puntato un dito verso i carboidrati, con il primo oratore che ha suggerito che il consumo di carboidrati aumenta i lipidi [nel sangue] e il consumo di grassi saturi no. Il secondo oratore ha sfumato questo dicendo che potrebbe essere il tipo di carboidrati a creare il problema, e il terzo oratore [KD Hall] ]ha parlato del cibo processato come colpevole dell'aumento del grasso nonché delle malattie metaboliche. Bene, non possiamo certo definirlo un dibattito! La linea di fondo, secondo me, è che il cibo trasformato - con tutti gli zuccheri, il sale, il grasso e le sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino - potrebbe aver cambiato il set point del peso corporeo che tutti noi difendiamo e potrebbe essere la causa della maggiore prevalenza di diabete di tipo 2 e obesità. Ai pazienti si deve consigliare di mangiare "pulito", ovvero cibi sani, freschi e non trasformati, per avere una vita sana ed evitare disfunzioni metaboliche".

Aggiornamento 5/8/2020
Continuo a insistere sul fatto che cercare di dimagrire senza avere cambiamenti a lungo termine del proprio stile di vita è solo una perdita di tempo

Aggiornamento 1/9/2020

La dieta ipocalorica può portare a perdita di specie importanti per il microbiota e così facilitare il recupero del peso. Immagazzinare il microbiota e poi riimmetterlo dopo la dieta (trapianto fecale autologo) può ridurre il rischio di effetto yo-yo, in particolare se abbinato a una dieta "amica" del microbiota, ricca di fibre e antiossidanti

Aggiornamento 23/10/2020

Il Santo Graal della nutrizione sportiva (e non solo) sarebbe l'uso illimitato del grasso di deposito come fonte energetica. Ne parla Louise Bourke, nota nutrizionista sportiva. La disponibilità e la capacità di utilizzare tutti i combustibili muscolari per supportare le esigenze specifiche dell'esercizio ("flessibilità metabolica") porterebbe l'atleta ad avere energie quasi illimitate. Purtroppo nella realtà questo non succede, ma ci sono indicazioni per cui con una dieta chetogenica si massimizzi l'uso dei grassi come fonte energetica, con adattamenti specifici del metabolismo per cui si ossidano fino a 2g di grasso al minuto. Per i cambiamenti sono necessari 5-10 giorni con un adattamento massimo dopo 3/4 settimane. L'impatto sulla performance deve ancora essere determinato

Aggiornamento 13/11/2020

Un post che spiega le motivazioni termodinamiche, ormonali e psicologiche che rendono difficile la perdita di peso

Aggiornamento 5/3/2021

In un lavoro sui topi si è potuto analizzare le proteine che vengono sintetizzate durante il digiuno a giorni alterni. Si è scoperto che aumentano le proteine che predispongono per la lipogenesi (sintesi endogena dei grassi) e si riducono le UCP (proteine che "sprecano" i grassi liberando calore). Un ottimo modo per rallentare il metabolismo e predisporre il corpo a riprendersi i kg persi.
"Durante il digiuno, il tessuto adiposo fornisce energia al resto del corpo rilasciando molecole di acidi grassi (lipolisi).
Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che il grasso viscerale è diventato resistente a questo rilascio di acidi grassi durante il digiuno.
C'erano anche segni secondo cui il grasso viscerale e sottocutaneo aumentavano la loro capacità di immagazzinare energia sotto forma di grasso, probabilmente per ricostruire rapidamente il deposito di grasso prima del successivo periodo di digiuno.
Questo tipo di adattamento può essere il motivo per cui il grasso viscerale può essere resistente alla perdita di peso dopo lunghi periodi di dieta.
Il dottor Larance ha affermato che è possibile che una storia di periodi di digiuno ripetuti abbia innescato un percorso di segnalazione di conservazione nel grasso viscerale.
Questo suggerisce che il grasso viscerale può adattarsi a ripetuti periodi di digiuno e proteggere la sua riserva di energia", ha detto.

Aggiornamento 6/6/2021

In un'indagine retrospettiva su quasi 1300 persone con prediabete, l'indice glicemico e il carico glicemico erano associati col recupero del peso dopo la dieta. Ogni 10 punti di indice glicemico vi era un aumento di mezzo kg di peso circa, e un aumento dell'emoglobina glicata. La fibra era associata con ridotta circonferenza addominale. La qualità della dieta non è un optional per evitare il recupero del peso

Aggiornamento 11/6/2021

Ha senso fare tagli calorici in persone normopeso?
Secondo uno studio su 19 donne "la restrizione calorica a breve termine si traduce in un aumento dell'appetito che è mediato dalla perdita di peso sia indipendentemente che attraverso la diminuzione della leptina". Inoltre, "l'effetto della [restrizione energetica] a breve termine su specifiche voglie alimentari è sopraffatto dall'aumento generale dell'appetito", che supporta "l'enfasi sul controllo dell'appetito nelle prime fasi dei programmi di perdita di peso".

Aggiornamento 13/10/2021

Le variazioni del peso influenzano la spesa calorica. Non dovrebbe essere una sorpresa, ma molti nutrizionisti usano le equazioni predittive come se fossero una legge; alcuni ricercatori hanno verificato la loro attendibilità, evidenziando che non sono per niente affidabili in chi ha perso peso.
Le equazioni sono infatti basate su studi in popolazioni con peso stabile, e non su chi ne ha perso.
Anche modeste variazioni nel peso impattano significativamente sulle equazioni, e l'errore è influenzato sia dal tempo che dalla quantità del dimagrimento.
La termogenesi adattativa, la riduzione della spesa energetica maggiore di quanto teoricamente previsto, oscilla tra le 50 e le 500 kcal al giorno.
"I nostri risultati suggeriscono che la termogenesi adattiva può essere provocata da perdite di peso inferiori rispetto a quanto generalmente ipotizzato, fornendo supporto a un modello di perdita di peso legato alla termogenesi adattiva soprattutto in fase iniziale.
I nostri risultati evidenziano la temporalità del peso come un fattore importante da considerare quando si utilizzano le equazioni di previsione della REE per prescrivere obiettivi calorici in ambito clinico".

Aggiornamento 26/10/2021

Un pugile professionista è stato seguito per 5 anni. In questo tempo ha affrontato 11 incontri, e per ognuno ha fatto un "taglio" del peso per rientrare nella categoria. Dieta con poche fibre, riduzione calorica, taglio dei carboidrati per ridurre il glicogeno che trattiene l'acqua. Questo gli ha consentito di rientrare nella categoria di peso pochi giorni prima del match.

Tra il primo e l'ultimo incontro la composizione corporea è peggiorata (massa grassa da 12,5 a 16,1 kg e massa magra da 69,8 a 67,5 kg), mettendo in evidenza una tendenza all'accumulo di grasso a alla perdita di muscolo.
La tendenza a un peggioramento della composizione corporea è dovuta all'iperfagia (si mangia di più per maggiore fame) dovuta al fatto che il corpo vuole mangiare di più per recuperare la massa magra persa, solo che questo porta ad accumulare più grasso di quello presente in precedenza (collateral fattening).
Questo effetto yoyo (weight-cycling) può predisporre per obesità e malattie metaboliche.
Aggiornamento 23/6/2022

Meglio una restrizione calorica continua o intervallata?
La restrizione calorica induce la termogenesi adattativa, una riduzione della spesa energetica in risposta alla dieta, portando a un appiattimento del dimagrimento
In uno studio interrompere la restrizione calorica per 2 settimane ogni mese ha aumentato la perdita di grasso (4 kg in più) rispetto a una restrizione continua. La perdita di muscolo è stata limitata in entrambi i gruppi.
"Entrambi i gruppi hanno mostrato una riduzione del dispendio energetico a riposo, ma la riduzione è stata minore nel gruppo con intervalli. Ciò suggerisce che le interruzioni della dieta possono ridurre la termogenesi adattativa.
In conclusione, l'interruzione della restrizione calorica può migliorare la perdita di grasso (possibilmente riducendo la termogenesi adattativa) rispetto a una dieta continua che crea lo stesso deficit calorico totale".

Aggiornamento 28/1/2023

Una revisione degli studi mostra che una significativa porzione delle persone normopeso che perdono peso di proposito, magari per pressioni sociali o distorsione dell'immagine, spesso riacquistano i kg persi con gli interessi. L'analisi suggerisce che indurre un bilancio energetico negativo genera dei comportamenti compensatori di adattamento che persistono oltre la fase in cui si mangia per recuperare il peso. In questo modo ci si può ritrovare con più kg totali, ma meno muscolo e più grasso. Per questo un taglio calorico può, in individui predisposti, favorire un passaggio al sovrappeso o all'obesità.

Aggiornamento 26/3/2023

L'appetito è gestito in larga parte da neuroni presenti nell'ipotalamo. Sono presenti tipi di neuroni "antagonisti", che si bloccano tra loro. Quando sono attivi quelli "oressizzanti" (che stimolano la fame, AgRP) vengono bloccati quelli "anoressizzanti" (che bloccano la fame).
In particolare in caso di deficit calorico (in pratica un a dieta a ridotto introito calorico) si stimolano i neuroni TRH del nucleo paraventricolare, che vanno a influenzare la funzione tiroidea, e mandano segnali al nucleo arcuato, un'altra parte dell'ipotalamo che esprime AgRP. Questi neuroni si "sintonizzano" sulla nuova situazione e amplificano il segnale di fame, finché non mangiamo lo stesso quantitativo precedente, rendendo così vano il tentativo di dimagrire. Molte diete falliscono proprio per questo: il deficit calorico induce fame perché il corpo vuole recuperare i kg persi.
"Abbiamo scoperto che la connessione fisica del neurotrasmettitore tra questi due neuroni, in un processo chiamato plasticità sinaptica, aumenta notevolmente con la dieta e la perdita di peso, e questo porta a una fame eccessiva di lunga durata", ha commentato il coautore Bradford Lowell della Harvard Medical School.

Aggiornamento 29/3/2023

Si sta diffondendo l'uso di medicinali per dimagrire, le incretine, che appaiono sicuri ed efficaci, nonché costosi. Un raro effetto è la pancreatite acuta (incidenza 0.2% negli studi). Alcuni possono avere pesantezza e nausea. Si inizia a prenderli e si può avere un dimagrimento di oltre il 22%, superiore a quello di solito ottenuto con le modifiche dello stile di vita. Che succede se si interrompe il trattamento? "Questo è generalmente associato ad un aumento dell'appetito e a una minore sazietà, e vi è un successivo recupero di peso e una ricorrenza delle complicanze legate al peso in eccesso. […]
I farmaci anti-obesità sono prescritti a meno del 3% delle persone idonee negli Stati Uniti e la durata media della terapia è inferiore a 90 giorni. Questa durata del trattamento non è sufficiente per vedere tutti i benefici offerti dalla maggior parte dei farmaci e certamente non supporta il mantenimento del peso a lungo termine.
La terapia cronica è necessaria per il mantenimento del peso perché si verificano diversi cambiamenti neuroormonali a causa della perdita di peso. L'adattamento metabolico è la relativa riduzione del dispendio energetico, al di sotto di quanto ci si aspetterebbe, nelle persone dopo la perdita di peso. Quando questo è combinato con cambiamenti fisiologici che aumentano l'appetito e diminuiscono la sazietà, molte persone creano un bilancio energetico positivo che si traduce in un recupero di peso. Questo è stato osservato in reality show come The Biggest Loser: è questioni di biologia, non di forza di volontà.
Sfortunatamente, molte persone, inclusi gli operatori sanitari, non capiscono come questi cambiamenti promuovano il recupero del peso e troppo spesso i pazienti vengono incolpati quando il loro peso risale dopo l'interruzione dei farmaci. Questa colpa è fortemente disinformata dalle convinzioni distorte dal peso secondo cui le persone con obesità sono pigre e mancano di autocontrollo per la perdita o il mantenimento del peso. Nessuno sarebbe sorpreso se la pressione sanguigna di qualcuno aumentasse se i loro farmaci antipertensivi venissero interrotti. Perché pensiamo in modo così diverso quando trattiamo l'obesità?"
Molti sono quindi costretti a interrompere il trattamento per i costi, solo alcuni per gli effetti collaterali.
"Le persone hanno bisogno di un migliore accesso a trattamenti basati sull'evidenza per l'obesità, che includono interventi sullo stile di vita, farmaci anti-obesità e procedure bariatriche. Il successo del trattamento dell'obesità dovrebbe includere un approccio personalizzato e centrato sul paziente che potrebbe richiedere una combinazione di terapie, come farmaci e interventi chirurgici, per un controllo del peso duraturo".

Aggiornamento 9/8/2023

Sembra che il primo a osservare che l'ipotalamo danneggiato non controlla più l'introduzione di cibo fu Brobeck e non Kennedy.

Aggiornamento 20/8/2023

Si è scoperto che la quantità di vitamina A viene regolata nel sangue dall'ipotalamo, lo stesso organello che regola bilancio energetico, fame, sete, pressione, sessualità ecc. Questo potrebbe aiutare a prevenire le carenze e pone l'evidenza per l'esistenza del "vitaminostato", un meccanismo che regoli le concentrazioni plasmatiche di vitamine.

Aggiornamento 7/10/2023

I moderni farmaci dimagranti (i primi per ora a sembrare efficaci e sicuri) agiscono aumentando (indirettamente, attraverso lo stimolo del GLP1) la secrezione di insulina. Com'è possibile che aumentando l'insulina si dimagrisca? Questo ormone è ben noto per favorire l'accumulo del grasso e le diete spesso si dice che dovrebbero favorire una riduzione dell'insulina per funzionare. In realtà cambiano sì le quantità, ma soprattutto la sua azione biologica. Agisce sull'ipotalamo dando sazietà, che normalmente non c'è, aiutando a mangiare meno. Ed ecco che si dimagrisce senza (quasi) soffrire, soprattutto mantenendo l'effetto perché non c'è la riduzione del metabolismo e del consumo energetico comune nelle diete ipocaloriche (risposta adattativa), che predispone per il recupero del peso.

Aggiornamento 4/2/2024

Un modello complesso ma interessante sull'obesità riunifica i principali (carboidrati-insulina e bilancio energetico) integrando anche quello redox e quello degli obesogeni. Il risultato è uno sguardo da molti punti di vista che può spiegare meglio l'epidemia di obesità non solo come un eccessivo introito di calorie ma anche come un forzato deposito di nutrienti influenzato da fattori che causano scarsa propensione ad ossidare, in particolare legato (anche) alla presenza nel cibo o comunque all'esposizione a sostanze che modulano il bilancio energetico influenzando il metabolismo del tessuto adiposo (funzione, localizzazione, numero e grandezza degli adipociti). L'eccesso di radicali liberi (ROS) invece ostacola il lavoro dell'ipotalamo, che gestisce fame, sazietà e consumi.
"Forniamo un modello integrato in grado di spiegare la programmazione e gli effetti dello sviluppo nel corso della vita e delle generazioni, un set point metabolico alterato, alterazioni nell'efficienza mitocondriale e segnali attraverso i tessuti metabolici che trasmettono uno stato nutrizionale modificato. La nostra proposta non prevede che l'esposizione agli obesogeni di per sé sia l’unica causa della pandemia di obesità ma che, attraverso gli effetti sull’espressione genetica e sui ROS, gli obesogeni alterano la funzione dei tessuti metabolici in modo tale che le persone siano più sensibili all’aumento di peso indotto dalla dieta e meno sensibile alla perdita di peso.
L’accettazione di questo modello integrato si concentrerà sulla prevenzione dell’obesità riducendo l’esposizione agli obesogeni in utero, nei primi anni di vita e per tutto l’arco della vita. Questi includono mangiare cibi biologici freschi, evitare il cibo ultraprocessato, evitare la plastica per conservare o riscaldare gli alimenti, utilizzare prodotti senza profumo, evitare pentole antiaderenti e utilizzare acqua potabile purificata (per i dettagli, vedere www.ewg.org). In definitiva, saranno necessarie azioni normative e politiche per ridurre la produzione di sostanze chimiche obesogene".

Aggiornamento 2/3/2024

Le ultime novità sulla leptina e il controllo del peso corporeo