Cerca nel blog

sabato 28 dicembre 2013

Anfetamine e dimagrimento


Per la mia esperienza, le persone più difficili da far dimagrire sono quelle che in passato hanno fatto dieta abbinando l'uso di anfetamine, prescritte da medici poco corretti e procurate spesso con la collaborazione dei farmacisti compiacenti.
Le anfetamine agiscono sia a livello centrale, sopprimendo l'appetito e non facendo sentire la stanchezza, sia periferico attivando la termogenesi mediante il sistema simpatico.


Clin Pharmacol Ther. 2010 June ; 87(6): 652–662
meccanismi dei farmaci dimagranti a livello centrale


meccanismi dei farmaci dimagranti a livello periferico



Il problema è l'adattamento dei recettori. Un effetto simile a quello che succede quando assaggiamo un alimento: all'inizio sentiamo il sapore, ma dopo 3 o 4 bocconi esso è molto attenuato. Allo stesso modo la stimolazione del sistema simpatico si riduce dopo alcune assunzioni del farmaco.

E quando non lo si prende più, magari perché il cuore sta cominciando a farsi sentire (tra gli effetti collaterali ipertensione, tachicardia, aritmie, insonnia, irrequietezza), non esistono più recettori sensibili alle normali concentrazioni di neurotrasmettitori endogeni (noradrenalina, NE nell'immagine). Insomma non rispondono più agli stimoli naturali.
Si blocca quindi il rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo (lipolisi), ovvero non dimagriamo più. Risultato: il metabolismo si pianta, si torna più grassi di prima, risulta quasi impossibile dimagrire con qualunque metodo.
La stessa cosa avviene con integratori con funzione simile, come ad esempio la sinefrina (estratto dell'arancio amaro), prodotto in libera vendita (lo si considera solo un complemento dietetico). Anch'essa agisce sugli stessi recettori "adrenergici" (sensibili alle catecolamine come adrenalina e noradrenalina).

http://sdpharmaceuticals.com/Synephrine30.html



Anche la sinefrina può dare problemi cardiaci.
Questi piccoli trucchi sono potenzialmente pericolosi per la salute, e sono una trappola in cui spesso cade una persona che non riesce a dedicarsi ad una dieta sana per dimagrire, vuoi perché non rinuncia al cibo spazzatura, vuoi per i ritmi frenetici spesso imposti dalla vita moderna che non consentono di organizzarsi e fare sport.
L'unico farmaco che serve davvero per dimagrire si chiama attività fisica!

tratto da la settimana enigmistica, n°4145
Aggiornamento 29/10/2017
Sono utili i farmaci contro l'obesità?

"l'applicazione farmacologica dei farmaci contro l'obesità continua ad essere un'arte, data la diversità nella risposta individuale a questi farmaci, nonostante una perdita media di peso statisticamente significativa maggiore del 5% (rispetto al solo trattamento di cambio di stile di vita) riportata negli studi clinici"
Aggiornamento 12/9/2017
Come negli anni '40 del secolo scorso si consigliava di dimagrire


I danni si sono visti più avanti

Aggiornamento 15/2/2020
La lorcaserina (Belviq), uno dei pochi farmaci approvati per l'obesità (ma non in Europa), viene ritirata dal mercato americano per il sospetto di effetti cancerogeni, che in realtà erano già stati ipotizzati nel 2012 al suo ingresso nel mercato.

Aggiornamento 1/3/2021

L'attuale situazione dei farmaci per il dimagrimento


https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2212877821000156


Aggiornamento 2/5/2021

La liraglutide, farmaco dimagrante, porta a perdita di peso e miglioramenti del quadro metabolico senza particolari modifiche dello stile di vita ed effetti collaterali. Può essere un'opzione per chi fatica a dimagrire

Aggiornamento 2/6/2021


I meccanismi d'azione dei farmaci per il dimagrimento

https://academic.oup.com/edrv/article/39/2/79/4922247


Aggiornamento 24/6/2021

L'obesità può essere anche dovuta ad alterazioni dei segnali nervosi che interagiscono con la composizione corporea. Infatti vari neurotrasmettitori sono implicati e vengono alterati dall'uso di farmaci. Questo spiega l'azione (limitata) e gli effetti collaterali di alcuni farmaci dimagranti, e l'azione ingrassante di altri. Gli antipsicotici atipici, come olanzapina e clozapina, interagiscono con la serotonina e la dopamina favorendo l'aumento di peso. Questo capita anche con antidepressivi che interagiscono con le monoamine e i triciclici. Gli antistaminici usati per le allergie favoriscono un aumento dell'introito calorico medio del 20%, bloccando i centri della sazietà. Invece la chirurgia bariatrica favorisce il dimagrimento anche interagendo con i neurotrasmettitori, e spesso migliora anche il quadro psicologico.

Aggiornamento 16/9/2021

È noto che il microbiota influenza l'efficacia dei farmaci, metabolizzandoli, e questo può far la differenza su chi funzionano e chi no.
Adesso però si scopre che alcuni batteri "sequestrano" alcuni farmaci, influenzando ulteriormente la loro efficacia.
L'effetto di aumento di peso della duloxetina (antidepressivo) dipende anche dal tipo di batteri nel nostro intestino. Anche l'effetto di farmaci per l'asma (montelukast), diabete (glitazoni) e BPCO varia in base al microbiota. Viceversa alcuni farmaci riducono la presenza di batteri, anche benefici, come B. infantis.

Aggiornamento 11/10/2021

Nei topi un farmaco con funzione simile al viagra, inibitori della fosfodiesterasi 9, aumenta la termogenesi, la lipolisi e il consumo di grassi mitocondriale. Questo avviene stimolando i PPARα, attivando la trascrizione genica dei geni correlati, stimolando il metabolismo ossidativo della cellula e portandola a consumare energia.
"Sulla base di questi risultati, i ricercatori sospettavano che l'inibizione della PDE9 potesse migliorare la sindrome cardiometabolica (CMS), un'insieme di condizioni comuni tra cui l'ipertensione; glicemia alta, colesterolo e trigliceridi; grasso corporeo in eccesso, in particolare intorno alla vita. La CMS è considerata una pandemia dagli esperti medici e un importante fattore di rischio per malattie cardiache, ictus, diabete di tipo 2, tumori e COVID-19".
Gli estrogeni mediano l'effetto termogenico, e infatti le topoline senza ovaie non rispondono al trattamento.
I primi studi sugli umani hanno mostrato efficacia, tollerabilità e sicurezza.
Se lo mettono sul mercato scommetto che nessuno dirà "è stato sperimentato poco"

Aggiornamento 8/3/2022

La variante genetica del recettore beta adrenergico, quello che stimola la termogenesi e la lipolisi, ha un impatto sulla composizione corporea. Alcuni hanno quindi un metabolismo più attivo perché i suoi recettori rispondono meglio alle catecolamine e tendono ad accumulare meno grasso. Inoltre possono avere effetto anabolico sui muscoli, tramite stimolazione di mTOR, aumento del segnale insulinico e blocco della miostatina, con una riduzione globale della proteolisi (catabolismo muscolare)


Aggiornamento 25/5/2022

Le persone che hanno tolto un farmaco dimagrante, il liraglutide, che si assume per iniezione settimanale, hanno recuperato 2/3 del peso perso in un anno. Anche i fattori di rischio cardiovascolare sono tornati gli stessi.
Il farmaco rappresenta un fattore che, se rimosso, riporta al peso precedente, esattamente come l'abbandono della dieta e dell'attività fisica.

Aggiornamento 20/9/2022

Come le vie metaboliche influenzano l'obesità e i farmaci che le modulano favorendo il dimagrimento

Aggiornamento 29/11/2022

Un bell'articolo di Medscape sui farmaci dimagranti: non devono essere usati per moda, sono utili ed efficaci, se si smette di prenderli si recupera il peso, possono avere effetti collaterali.

Aggiornamento 29/3/2023

Si sta diffondendo l'uso di medicinali per dimagrire, le incretine, che appaiono sicuri ed efficaci, nonché costosi. Un raro effetto è la pancreatite acuta (incidenza 0.2% negli studi). Alcuni possono avere pesantezza e nausea. Si inizia a prenderli e si può avere un dimagrimento di oltre il 22%, superiore a quello di solito ottenuto con le modifiche dello stile di vita. Che succede se si interrompe il trattamento? "Questo è generalmente associato ad un aumento dell'appetito e a una minore sazietà, e vi è un successivo recupero di peso e una ricorrenza delle complicanze legate al peso in eccesso. […]
I farmaci anti-obesità sono prescritti a meno del 3% delle persone idonee negli Stati Uniti e la durata media della terapia è inferiore a 90 giorni. Questa durata del trattamento non è sufficiente per vedere tutti i benefici offerti dalla maggior parte dei farmaci e certamente non supporta il mantenimento del peso a lungo termine.
La terapia cronica è necessaria per il mantenimento del peso perché si verificano diversi cambiamenti neuroormonali a causa della perdita di peso. L'adattamento metabolico è la relativa riduzione del dispendio energetico, al di sotto di quanto ci si aspetterebbe, nelle persone dopo la perdita di peso. Quando questo è combinato con cambiamenti fisiologici che aumentano l'appetito e diminuiscono la sazietà, molte persone creano un bilancio energetico positivo che si traduce in un recupero di peso. Questo è stato osservato in reality show come The Biggest Loser: è questioni di biologia, non di forza di volontà.
Sfortunatamente, molte persone, inclusi gli operatori sanitari, non capiscono come questi cambiamenti promuovano il recupero del peso e troppo spesso i pazienti vengono incolpati quando il loro peso risale dopo l'interruzione dei farmaci. Questa colpa è fortemente disinformata dalle convinzioni distorte dal peso secondo cui le persone con obesità sono pigre e mancano di autocontrollo per la perdita o il mantenimento del peso. Nessuno sarebbe sorpreso se la pressione sanguigna di qualcuno aumentasse se i loro farmaci antipertensivi venissero interrotti. Perché pensiamo in modo così diverso quando trattiamo l'obesità?"
Molti sono quindi costretti a interrompere il trattamento per i costi, solo alcuni per gli effetti collaterali.
"Le persone hanno bisogno di un migliore accesso a trattamenti basati sull'evidenza per l'obesità, che includono interventi sullo stile di vita, farmaci anti-obesità e procedure bariatriche. Il successo del trattamento dell'obesità dovrebbe includere un approccio personalizzato e centrato sul paziente che potrebbe richiedere una combinazione di terapie, come farmaci e interventi chirurgici, per un controllo del peso duraturo".

Aggiornamento 18/7/2023

Il dimagrimento ottenuto coi farmaci può favorire la perdita di massa muscolare. Per questo va comunque abbinato a corretta alimentazione e attività fisica. I farmaci hanno un effetto anoressizzante, ossia tolgono l'appetito. Ma questo può portare a mangiare troppo poco e così a un'erosione della massa magra. L'obesità sarcopenica è un pericolo perché riduce la forza e aumenta il rischio cardiovascolare. È quindi auspicabile, insieme alle "scorciatoie" che si sono rivelate utili e sicure, mantenere uno stile di vita adeguato.

Aggiornamento 7/10/2023

I moderni farmaci dimagranti (i primi per ora a sembrare efficaci e sicuri) agiscono aumentando (indirettamente, attraverso lo stimolo del GLP1) la secrezione di insulina. Com'è possibile che aumentando l'insulina si dimagrisca? Questo ormone è ben noto per favorire l'accumulo del grasso e le diete spesso si dice che dovrebbero favorire una riduzione dell'insulina per funzionare. In realtà cambiano sì le quantità, ma soprattutto la sua azione biologica. Agisce sull'ipotalamo dando sazietà, che normalmente non c'è, aiutando a mangiare meno. Ed ecco che si dimagrisce senza (quasi) soffrire, soprattutto mantenendo l'effetto perché non c'è la riduzione del metabolismo e del consumo energetico comune nelle diete ipocaloriche (risposta adattativa), che predispone per il recupero del peso.

Aggiornamento 12/12/2023

Smettere di assumere il tirzepatide, farmaco antiobesità, porta al recupero del peso.

Aggiornamento 1/2/2024

I farmaci dimagranti agonisti del GLP1 sembrano avere un effetto antinfiammatorio, in particolare nei confronti del cervello. Possono quindi essere promettenti nei confronti di Parkinson e Alzheimer.

Aggiornamento 8/3/2024

Qual è il miglior approccio per l'obesità?
L'arrivo dei nuovi farmaci, efficaci e sicuri ma costosi, ha aperto nuovi orizzonti. Purtroppo se si smette di usarli il peso tende a riaumentare.
Il prof. Mozaffarian, uno dei maggiori epidemiologi nutrizionali al mondo, ci avvisa che non si può comunque prescindere da un uso del cibo come farmaco (FIM), con alimenti individualizzati e salubri e sovvenzionati dallo stato, e dalla considerazione di fattori come metodiche di cottura, esercizio fisico e sonno, "sfruttando la telemedicina, le app, l'intelligenza artificiale e l'approccio ludico".
Ognuno dovrebbe avere un percorso ideale e personalizzato: "Un programma combinato agonista GLP-1/FIM dovrebbe essere individualizzato. Per alcuni pazienti, la perdita di peso iniziale può essere sostenuta a lungo termine con la FIM e il supporto dello stile di vita associato. In altri, il programma potrebbe solo rallentare il recupero del peso, richiedendo un “periodo di richiamo” episodico dell’agonista GLP-1. Indubbiamente, la perdita di peso sostenuta rimarrà una sfida per gli altri, idealmente un sottoinsieme in diminuzione man mano che cresce l’esperienza nella combinazione di agonisti del GLP-1 e FIM".
L'effettiva convenienza economica di questi trattamenti deve essere verificata nel lungo termine.

Aggiornamento 2/5/2024

Alcune info sui nuovi farmaci dimagranti.
Hanno buona efficacia e scarsi effetti collaterali.
Nei trial circa il 14% delle persone che hanno assunto il farmaco non ha avuto calo ponderale significativo (almeno il 5%).
È necessario prenderle per sempre?
Alcune persone smettono di prenderle, anche semplicemente perché non se le possono più permettere. A volte per effetti collaterali fastidiosi come la nausea.
In questo caso solitamente si riprendo i kg persi e tornano anche le patologie correlate come iperglicemia e ipercolesterolemia.
Spiega la dott.ssa Sharma: "prendere un farmaco che alterare la tua biologia è come ridurre la tensione di un elastico, ma quando toglierò il farmaco, la tensione tornerà".
Alcune persone che hanno ridotto il loro peso con il farmaco possono mantenere il loro nuovo fisico solo attraverso la dieta e l'esercizio fisico, aggiunge. Tuttavia, questi individui sono ad alto rischio di aumento di peso se ritornano alle vecchie abitudini o si sottopongono a una situazione stressante, che li porta a mangiare di più.
Si ipotizza che ridurre gradualmente il farmaco possa attenuare il ritorno della fame.
Mantenere un corretto stile di vita, con dieta e attività fisica, appare comunque imprescindibile per avere un risultato sul lungo periodo.

Aggiornamento 26/7/2024

L'ultima review di JAMA sui farmaci dimagranti e il loro meccanismo d'azione.


Sono ritenuti efficaci, con pochi effetti collaterali, ma necessitano comunque di un miglioramento dello stile di vita.
I punti salienti:

1. Chi è idoneo al trattamento con un farmaco antiobesità (MAA)? Gli MAA sono approvati come terapia aggiuntiva al cambiamento dello stile di vita negli adulti con un indice di massa corporea iniziale (BMI, calcolato come peso in chilogrammi diviso per altezza in metri quadrati) pari o superiore a 30 (obesità) o pari o superiore a 27 (sovrappeso) in presenza di almeno 1 condizione di comorbidità correlata al peso. Gli adolescenti (di età pari o superiore a 12 anni) con BMI ≥ 95° percentile per età e sesso possono essere presi in considerazione per alcuni MAA (orlistat, fentermina-topiramato, liraglutide e semaglutide). 2. Per quanto tempo si può continuare a ricevere MAA? Gli MAA sono approvati per la gestione cronica del peso e sono spesso necessari per mantenere la riduzione del peso a lungo termine. I pazienti devono essere continuamente monitorati per quanto riguarda l’efficacia del farmaco, la tollerabilità, gli effetti avversi e la necessità di modificare la dose (aumento o riduzione della dose). I medici dovrebbero coinvolgere i pazienti in un processo decisionale condiviso per determinare la durata dell’uso di MAA. 3. Come possono essere ridotti gli effetti avversi gastrointestinali degli agonisti GLP-1? I medici possono prendere in considerazione un lento aumento della dose così come la consulenza sulle strategie di stile di vita (ad esempio, cambiamenti nella dieta) per mitigare gli effetti avversi degli agonisti del recettore GLP-1. La consulenza dietetica, che comprende la riduzione delle dimensioni delle porzioni, la riduzione dei grassi e l’aumento dell’assunzione di fibre alimentari, è particolarmente importante per aiutare a gestire gli effetti avversi gastrointestinali degli agonisti dei recettori GLP-1.

Aggiornamento 28/7/2024

È noto che gli antidepressivi possono favorire l'aumento di peso.
Esiste differenza tra i vari farmaci?
Secondo uno studio escitalopram, paroxetina e duloxetina sono associati a un rischio maggiore dal 10% al 15% di aumentare almeno il 5% del peso basale, mentre il bupropione è associato a un rischio ridotto del 15%.
In sei mesi le differenze medie osservate sono: escitalopram + 0.41 kg, paroxetina + 0.37 kg, duloxetina + 0.34 kg, venlafaxina + 0.17 kg, citalopram + 0.12 kg, fluoxetina, −0.07 kg, bupropione −0.22 kg.
I ricercatori concludono invitando i clinici a tenere conto di queste differenze.
La dieta può ovviamente fare la differenza e ridurre questa tendenza all'aumento di peso.

Aggiornamento 14/8/2024

Scoperta una proteina che, se bloccata, permette di trasformare il grassi bianco in grasso beige e quindi di consumare molte più calorie.
La proteina KLF15 blocca lo stimolo adrenergico di conversione del grasso bianco, riducendo così i consumi.
Con un approccio farmacologico si potrebbe trasformare tutti in una macchina bruciagrassi 😁


Aggiornamento 17/8/2024

Nelle persone con obesità che ricorrono ai farmaci dimagranti è necessario utilizzare alcune accortezze, dato che la riduzione dell'introito può aprire le porte alle carenze. Per questo viene sottolineata l'importanza di una consulenza nutrizionale che possa individuare l'alimentazione più adatta.
In generale è consigliabile una dieta simil-mediterranea, ricca di alimenti densi di nutrienti che possano coprire i fabbisogni, Particolare attenzione va data alle fibre, all'introito proteico e di liquidi. Il rischio di malnutrizione può essere legato anche all'induzione di inappetenza e scarso senso di sete dovuto ai farmaci.
Può essere necessaria l'integrazione con un multivitaminico, calcio e vitamina D, a causa delle possibili carenze di questi nutrienti. Inoltre carenze specifiche dovrebbero essere integrate a parte perché il multivitaminico non è sufficiente.

Aggiornamento 10/9/2024

L'uso di farmaci per la gestione dell'obesità finalmente sicuri ed efficaci come gli agonisti del GLP1 (GLP-1RA) potrebbe rivoluzionare il trattamento di questa condizione che ha un alto tasso di rischio di recupero del peso.
Tuttavia gli alti costi riducono la possibilità di accesso a molte persone.
Tra gli effetti collaterali, quelli gastrointestinali (nausea in particolare), perdita della massa muscolare (comune in tutti i dimagrimenti, soprattutto se non si fa sport), rischio di carenze nutrizionali, che bisogna tenere sotto controllo ed eventualmente integrare.
Per questo non si può comunque prescindere da una dieta di buona qualità impostata da una persona competente.
"La (giusta) quantità di apporto proteico può essere difficile da ottenere con una ridotta assunzione di cibo in seguito al trattamento con GLP-1RA, pertanto potrebbe essere necessaria un’integrazione. La tempistica e il tipo di integrazione proteica possono essere importanti, con maggiori benefici dopo l’allenamento di resistenza e con proteine ​​a base di latte/siero di latte rispetto alla soia. Un maggiore apporto proteico può anche aumentare la sazietà e ridurre l’assunzione di cibo, nonché mantenere il dispendio energetico attraverso effetti sulla massa magra, che può favorire il mantenimento della perdita di peso".

Aggiornamento 12/9/2024

Una rivoluzione nella fisiologia dell'assorbimento intestinale dei lipidi: non si tratta di un semplice processo passivo ma è regolato da un circuito intestino cervello legato al nervo vago (DMV), che regola la lunghezza dei microvilli e quindi la quantità di lipidi che vengono assorbiti. Bloccando o sopprimendo questo circuito è possibile ridurre l'assorbimento dei grassi e favorire il dimagrimento.
La puerarina è un composto naturale (isoflavone estratto dalla Radix puerariae) che agisce come modulatore allosterico dei recettori GABA-A e inibisce il circuito DMV riducendo l'assorbimento dei grassi, in maniera più sicura dell'orlistat, farmaco inibitore delle lipasi.

Aggiornamento 25/9/2024

Uno dei nuovi farmaci antiobesità, il tirzepatide, funziona molto bene, ma se abbandonato porta a recupero del peso perso.
Non credete a chi vi dice che si possono prendere solo per un periodo.
Così come la dieta e l'attività fisica, è necessario usare questi presidi senza interruzioni.

Aggiornamento 25/11/2024

I farmaci dimagranti/antiobesità (GLP1-RA), inizialmente designati come antidiabetici, stanno diventando molto diffusi, almeno tra chi ha i soldi per pagarseli.
Le ricerche e i dati post marketing su periodi più lunghi mostrano anche una riduzione degli eventi cardiovascolari e riduzione della mortalità.
Sta però preoccupando un effetto collaterale che può insorgere: la perdita di massa magra. Il fenomeno è legato alla riduzione nell'introduzione di calorie totali e proteine, una sorta di malnutrizione, che risulta un comune effetto delle normali diete ipocaloriche e probabilmente la prima causa di abbandono della dieta e recupero del peso.
In un esperimento sui topi con obesità (e non), il farmaco semaglutide ha indotto riduzione delle cellule cardiache (cardiomiociti) e quindi della massa cardiaca. Mentre può essere un effetto benefico in caso di ipertrofia cardiaca, può essere deleterio in caso di persona normopeso o con normali dimensioni cardiache, inducendo riduzione del muscolo cardiaco. Il farmaco è usato infatti "off label" per comodità anche da persone che hanno solo pochi kg da perdere.
"Questo potenziale di alterazione della struttura cardiaca in contesti che possono essere influenzati dalla ridotta massa cardiaca è importante dato il crescente utilizzo e l’approvazione delle linee guida dei GLP-1RA nei pazienti con e senza malattia cardiovascolare. Pertanto, per confermare ciò nei pazienti a cui sono stati somministrati GLP-1RA, suggeriamo che la struttura e la funzione cardiaca siano attentamente valutate negli studi clinici precedenti e in corso".
Possiamo dire che, nonostante l'uso dei farmaci, sarà sempre indispensabile nutrirsi correttamente e fare attività fisica, magari dimagrire sarà un po' più facile, ma l'impegno sarà comunque necessario.

""L'esercizio fisico è altrettanto importante, in particolare l'allenamento contro-resistenza come il sollevamento pesi o l'uso di fasce elastiche", ha affermato la prof. Carla Prado, che è stata recentemente nominata Canada Research Chair in Integrative Nutrition, Body Composition and Energy Metabolism. "Questo tipo di esercizio aiuta a evitare che i muscoli si perdano durante la perdita di peso e mantengono la forza."

Aggiunge che per chiunque usi farmaci dimagranti, è meglio seguire un programma equilibrato che includa sia abbastanza proteine ​​che allenamento contro-resistenza.

"Questo può aiutare le persone a perdere grasso riducendo al minimo la perdita muscolare, il che li aiuta a ottenere tutti i benefici per la salute del trattamento e a rimanere forti."

Aggiornamento 5/12/2024

I farmaci dimagranti agiscono in particolare stimolando i recettori per il GLP1, un ormone che viene rilasciato dopo che mangiamo, dando sazietà, anche a livello ipotalamico, il centro che controlla appetito e spesa energetica. È come se uno si saziasse senza mangiare, o mangiando molto meno. Chi li usa riferisce di avere anche meno ossessione del cibo.
I nuovi farmaci in arrivo hanno anche altri target, come il glucagone, il GIP ecc., tutti ormoni con effetto dimagrante, saziante, lipolitico, con un lieve incremento della spesa energetica
Tuttavia assumendo meno calorie si rischia di perdere anche muscolatura e tessuto osseo, importante per il controllo glicemico e l'ossidazione dei grassi la prima, per prevenire fratture il secondo.
Una valutazione della composizione corporea nel tempo, alimentazione appropriata e sport, meglio se coi pesi, sono dunque cardini essenziali anche in chi assume farmaci dimagranti.
In nutrizione si usa la regola empirica dell'1 a 4: ogni 4kg di massa grassa, se ne può perdere uno di massa magra. La regola non ha un'applicazione scientifica vera e propria, ma dev'essere usata "cum grano salis". La riduzione della massa muscolare è un problema comune a qualsiasi metodo dimagrante (dieta ipocalorica, chirurgia, farmaci), che dev'essere contrastato con corretta alimentazione e attività fisica.
La perdita di muscolo con i farmaci antiobesità può essere un problema serio, soprattutto in alcune persone. Secondo alcuni può risultare non dannosa se non compromette la qualità del muscolo, andando a perdere i lipidi muscolari (lipidi intramiocellulari) che disturbano il metabolismo muscolare. Il tirzepatide sembra salvaguardare maggiormente la massa magra.
In sintesi servono ancora studi per capire l'efficacia sulla composizione corporea a lungo termine.

mercoledì 18 dicembre 2013

Alimentazione e calcoli renali


Il post è stato modificato il 13/1/2014 per una mia imprecisione dovuta ad una interpretazione sbagliata. Mi scuso con i miei lettori.

I dolorosissimi calcoli renali classicamente si associano all'eccessiva introduzione di calcio, quindi uso eccessivo dei latticini o acque "dure".
Sbagliato: uno studio del NEJM evidenzia come una dieta con un buon contenuto di calcio e ridotto di sodio, senza eccessi di proteine animali, sia molto più protettiva di una a basso contenuto di calcio. Risulta quindi più importante ridurre il sale da cucina.
I soliti geni della scienza credono che, essendo i calcoli formati da calcio, assumendolo se ne aumenti la formazione: in realtà la prevengono perché l'ossalato, l'altro elemento che compone la maggior parte dei calcoli, rimane nell'intestino, legato al calcio, e non viene assorbito solo se assumiamo abbastanza calcio.

Ricordiamoci inoltre che i latticini non sono l'unica buona fonte di questo minerale.

http://hezarkhani.blogfa.com/9103.aspx?p=2
Per prevenire la formazione dei calcoli, il più essenziale dei consigli è quello di idratarsi correttamente (almeno 2 litri di acqua al giorno). In generale è comunque necessario lavorare su 2 fronti: limitare l'assorbimento intestinale di ossalato e la perdita di calcio dalle ossa.
Alcuni particolari probiotici (Oxalobacter formigenes), non il comune yogurt, aiutano a degradare l'ossalato nell'intestino, impedendo che entri in circolo a vada a cristallizzarsi nei reni.
Tra gli alimenti ricchi di ossalato, troviamo la frutta secca, che comunque in modiche quantità è sempre consigliata, la frutta in generale, verdure (soprattutto gli spinaci e il rabarbaro), i cereali e le patate. Tuttavia non sembra che limitare l'intake di questi alimenti riduca la formazione di calcoli, ma bisognerebbe fare più attenzione all'ossalato prodotto dal nostro organismo, attraverso il metabolismo della glicina, dell'idossiprolina e del glicolato. Anche la vitamina C può essere convertita in ossalato, ma questo è favorito solo in caso di assunzioni superiori ai 500mg, difficilmente raggiungibili con la sola alimentazione. 

Per limitare la perdita di calcio dalle ossa, che poi va a formare i precipitati con l'ossalato, è importantissimo avere a disposizione corrette quantità di vitamina D, che si forma nel nostro corpo grazie all'azione dei raggi solari, oltreché essere introdotta con l'alimentazione (latticini, pesci grassi), e praticare una corretta attività fisica.
Come accennavo prima è importante non esagerare con le proteine, perché gli aminoacidi solforati aumentano il carico acido renale, importante regolatore del metabolismo del calcio. La questione è in realtà un po' controversa perché la metionina, come la lisina, può aumentare la biodisponibilità del calcio a livello intestinale. L'alimentazione deve dunque essere normoproteica, e non carente di proteine.

https://www.facebook.com/groups/2595581653989188/?multi_permalinks=3288255661388447&ref=share



L'utilizzo di fibre prebiotiche come inulina (carciofi, cicoria, radicchio, asparagi, cipolla, aglio) e oligofruttosio possono aumentare la disponibilità di alcuni minerali, come magnesio e lo stesso calcio, prevenendo la decalcificazione dell'osso.

Tuttavia la cosa migliore per evitare i calcoli è probabilmente abolire le bibite gassate zuccherate; questo perché lo zucchero in generale, e i suoi simili tipo l'HFCS, portano a aumento della perdita di calcio con le urine, favorendo la formazione dei calcoli. Non è chiaro se sia dovuto a demineralizzazione dell'osso o all'aumentato assorbimento di calcio intestinale. Invece tè, caffè, vino, birra e succo d'arancia sono associati ad un minor rischio.







Il mondo vegetale può aiutare chi soffre di litiasi renale. Si sta infatti ipotizzando che il Phyllanthus niruri aiuti a sciogliere i calcoli renali. In Italia un integratore di Phyllanthus è venduto col nome di Uriston, peccato per la presenza di edulcoranti che continuo a sconsigliare.

Aggiornamento 30/4/2016

La vitamina B6 può essere utile nel ridurre i livelli di ossalato.


Aggiornamento 30/6/2016

L'eccesso di zinco appare aumentare il rischio di calcoli renali.

Aggiornamento 8/8/2016

L'acido citrico (limone) e ancor di più l'acido idrossicitrico (Garcinia cambogiainibiscono la formazione dei calcoli di ossalato mediante un particolare meccanismo termodinamico.

Aggiornamento 22/8/2016

La dieta DASH, un approccio simil mediterraneo utilizzato nella cura dell'ipertensione, è efficace anche nel prevenire la ricorrenza dei calcoli renali.

Aggiornamento 30/8/2016

Una nuova review di Nature chiarisce i meccanismi di formazione dei calcoli renali, e raccomanda una alimentazione alcalina, soprattutto con sali di potassio (citrato ad esempio), e povera di sodio (sale da cucina).
Inoltre chiarisce che chi soffre di calcoli ha spesso alterazioni dell'assorbimento del calcio e della sua escrezione, e rischio di osteoporosi.

Per la prevenzione della ricorrenza dei calcoli renali la miglior dieta è iposodica e normocalcica, e senza eccessi proteici.

Aggiornamento 18/10/2016

Il batterio O. formigenes, già citato, rilascia dei metaboliti che favoriscono il trasporto di ossalato nell'intestino e riducono la probabilità di formazione di calcoli.

Aggiornamento 4/10/2016

Chi soffre di calcoli renali è più a rischio di nefropatia. Una ragione in più per assumere una dieta a basso PRAL.

Aggiornamento 28/12/2016

Avere tendenza a formare calcoli renali potrebbe essere un'indicazione che il calcio non si deposita nelle ossa ma nelle arterie, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari e osteoporosi. Come fare a prevenirli? Attività fisica e alimentazione a basso PRAL, ricca di vegetali.

Aggiornamento 8/2/2017

L'acido alfalipoico, almeno nel modello animale, previene la formazione di calcoli cistinici

Aggiornamento 20/2/2017

I cristalli che vanno a formare calcoli renali, al di là del dolore, provocano una risposta infiammatoria, e gli alcalinizzanti sono un ottimo modo per ridurre la formazione

Aggiornamento 22/2/2017
L'assunzione di fruttosio industriale come pericolo per il fegato.
Scrivono i ricercatori:
"Nell'intestino, l'assunzione di fruttosio altera il microbiota intestinale e aumenta la traslocazione di endotossina nella circolazione portale tramite l'aumento della permeabilità. Nel fegato, il fruttosio viene rapidamente metabolizzato, consumando adenosina trifosfato, che può risultare in un aumento di adenosina monofosfato e inosina monofosfato (IMP) e la conversione di IMP in acido urico".
Questo determina l'iperuricemia anche negli adolescenti, in particolare se assumono bibite gassate e dolci.

Aggiornamento 26/2/2017

Anche i lattobacillli e i bifidobatteri degradano l'ossalato, ma meno dell'O. formigenes.

Aggiornamento 18/6/2017

Chi si alza più di una volta a notte per urinare ha probabilmente necessità di ridurre il sale

Aggiornamento 27/11/2017


I giorni di festa in cui si mangia in maniera smodata sono stressanti per i reni, ma anche fegato, pancreas, cuore ecc. In particolare aumenta il rischio di calcoli renali.

Aggiornamento 2/12/2017

La dieta mediterranea protegge dai calcoli renali.
"L'apparente effetto protettivo del  modello dietetico Mediterraneo può essere attribuito al sinergismo di diversi fattori. In primo luogo, un maggiore consumo di frutta e verdure possono portare a una maggiore assunzione di liquidi, con a successivo aumento della diluizione delle urine. Secondo, un'elevata assunzione di frutta e verdura può aumentare le assunzioni di fibre, fitati, citrati, antiossidanti e altri nutrienti che influenzano il rischio di calcoli. infine è possibile che il modello alimentare mediterraneo includa fattori sconosciuti che influenzano il rischio di calcoli".

Aggiornamento 11/12/2017

Un articolo parla di legame tra ossalato e autismo, ma non appare molto affidabile

Aggiornamento 11/5/2018

L'uso di antibiotici può aumentare il rischio di calcoli renali

Aggiornamento 29/7/2018

Il potassio citrato previene i calcoli in maniera efficiente in chi faccia la dieta chetogenica

Aggiornamento 20/10/2018
Nel modello animale i topi obesi tendono ad avere più ossalato nel sangue e nelle urine perché aumenta l'assorbimento intestinale. Questo è dovuto all'aumentata permeabilità intestinale risultato delle citochine proinfiammatorie. Tutto questo incrementa il rischio di calcoli renali.

Aggiornamento 18/11/2018

Secondo le indicazioni italiane per la prevenzione dei calcoli renali nell'anziano, "un contenuto inferiore di proteine ​​animali in associazione ad un più alto apporto di prodotti vegetali diminuisce il carico acido e l'escrezione di acido urico non ha particolari controindicazioni nei pazienti anziani, sebbene lo stato nutrizionale complessivo debba essere preservato". Potassio, magnesio e citrato sono protettivi, ma attenzione ai farmaci per la pressione che interagiscono col sistema renina-angiotensina-aldosterone.

Aggiornamento 2/1/2019

I calcoli renali alzano il rischio di tumore renale

Aggiornamento 19/2/2019

Gli inibitori di pompa sono associati a maggior rischio di danno renale, alterazione degli elettroliti e calcoli renali
Aggiornamento 22/2/2019

I tentativi di colonizzazione mediante Oxalobacter formigenes sono andati falliti, per cui è stato messo a punto un probiotico in cui i ceppi hanno funzione simile di degradazione degli ossalati

Aggiornamento 26/2/2019

Per ridurre i rischi di calcoli renali, ridurre i cibi ricchi in ossalato (bietole, carambola, spinaci, rabarbaro, e in minor misura cioccolato, patate, frutta secca) e avere un adeguato introito di calcio.

Aggiornamento 12/4/2019

Alcune varianti geniche aumentano il rischio di calcoli renali, e sono associate a trigliceridi, acido urico e BMI elevati. Altre a funzioni renali e di trasporto degli elettroliti.
Aggiornamento 20/4/2019

Gli ossalati come fattore di rischio per l'insufficienza renale
Aggiornamento 7/7/2019

Nei topi la curcumina riduce la formazione di calcoli renali

Aggiornamento 12/11/2019

Negli ultimi 15 anni l'incidenza della nefrolitiasi (calcoli renali) è quasi raddoppiata, almeno negli USA. Questo è legato ad aumento anche di ipertensione, insufficienza renale e fratture. Tra le altre cose, questo aumento può essere dovuto all'eccessivo uso di antibiotici, che alterano il microbiota e riducono le specie che degradano l'ossalato, principale responsabile dei calcoli

Aggiornamento 7/2/2020

Le persone con problemi di calcoli renali sembrano avere difetti nel mantenimento dell'equilibrio acido-base e l'assorbimento di sali minerali e ioni

Aggiornamento 8/2/2020
Nelle persone con insufficienza renale il potassio può essere ridotto, ma questo catione ha moltissime proprietà benefiche (ipotensivo, riduce il rischio di malattie cardiovascolari, di malattie renali, di calcoli, il carico acido della dieta, protegge le ossa). Gli autori dell'articolo concludono quindi che esiste poca evidenza per ridurre a tali livelli il potassio, anche considerando che esistono farmaci leganti che possono essere usati per controllare l'iperkaliemia. "L'attuale indicazione dietetica può contribuire allo sviluppo di malattie cardiovascolari nei pazienti con insufficienza renale cronica. Nei pazienti che risultano essere iperkaliemici, non si dovrebbe istituire riflessivamente una restrizione dietetica in frutta e verdura. Piuttosto, si dovrebbe prima considerare fattori non dietetici come l'acidosi metabolica, stati ipertonici come diabete mellito scarsamente controllato, aumento del catabolismo, distruzione dei tessuti, costipazione e farmaci. A dire il vero, la consulenza dietetica è ancora necessaria per le persone che assumono grandi quantità di tipi di alimenti arricchiti con additivi al potassio e/o quelli che forniscono elevate quantità di sodio".

Aggiornamento 22/3/2020

Il citrato di potassio è raccomandato nelle persone con rischio di ricorrenza di calcoli renali, inoltre si raccomanda una dieta normocalcica, normoproteica e iposodica

Aggiornamento 6/5/2020
Gli omega 3 e il GLA (olio di enotera) possono ridurre la tendenza ai calcoli renali. Questo accade inibendo la produzione di prostaglandina PGE2 (derivato degli omega 6 che aumenta il calcio urinario), sostituita da PGE1 e PGE3, che hanno effetti opposti. Si riducono inoltre gli ossalati e aumentano i citrati urinari, tutti effetti che riducono la nefrolitiasi
Aggiornamento 16/6/2020

Le diete a prevalenza vegetale (plant-based) sono l'ideale nel caso di ridotta funzione renale.
"I vegetali sono l'unica fonte dietetica di fibra, che sposta il profilo del microbiota intestinale verso una maggiore produzione di composti antinfiammatori e una ridotta produzione di tossine uremiche. I grassi vegetali sono antiaterogeni e antinfiammatori, in particolare l'olio d'oliva. Le diete a base vegetale hanno ridotto carico netto acido endogeno (PRAL), che potrebbe mitigare l'acidosi metabolica nei pazienti con insufficienza renale cronica e potenzialmente rallentare la progressione della malattia renale. Il fosforo vegetale è legato a fitati ed è meno biodisponibile del fosforo animale; di conseguenza, molti alimenti a base vegetale presentano un rapporto favorevole tra proteine ​​e fosforo (che il rene sofferente fatica a smaltire). La restrizione dei vegetali con alte quantità di potassio va effettuata solo in caso di iperkaliemia". Negli studi animali il carico acido aumenta endotelina, angiotensina II e aldosterone, che accelerano il declino renale, mentre gli alcalinizzanti la rallentano. "Gli effetti di un maggiore apporto di fibre sul microbiota intestinale (ovvero aumento della generazione di acidi grassi a catena corta (SCFA, alcalinizzanti) e riduzione della generazione di tossine uremiche) contribuiscono a un ambiente alcalino". Anche nella popolazione generale un alto PRAL si associa a rischio di problemi renali e albuminuria. Quando si riduce la funzione renale "la capacità del rene di espellere e neutralizzare l'acido è significativamente e progressivamente ridotta; pertanto, l'acidosi metabolica è un segno distintivo dei pazienti con insufficienza renale cronica avanzata e in dialisi", che può portare a resistenza insulinica e sarcopenia. Gli alimenti vegetali invece contribuiscono a contrastarla perché "i principali anioni nelle diete a base vegetale sono citrato e malato, che vengono metabolizzati in bicarbonato e contribuiscono all'alcalinizzazione". Gli alimenti ricchi in ossalato invece sono acidificanti e da evitare anche per il rischio di calcoli. I vegetali contribuiscono anche alla proliferazione della flora saccarolitica, mentre le proteine animali portano alla produzione delle tossine uremiche come indossile solfato, acido 3 indolacetico, p-cresil solfato e trimetilammina N-ossido (TMAO), normalmente smaltite dal rene, che possono portare a affaticamento, anoressia, nausea, prurito, miopatia, neuropatia, sierosi ed encefalopatia.
Aggiornamento 23/6/2020

I fitati (acido fitico), contenuti in alcuni vegetali e in particolare nei cereali, vengono descritti da alcuni come antinutrienti, ossia sostanze capaci di ridurre la disponibilità dei nutrienti. Infatti riescono a legare alcuni metalli (ferro, calcio, zinco, magnesio) molto importanti, riducendo l'assorbimento. Ma in realtà sono maggiori i vantaggi nell'assumere acido fitico rispetto a non assumerlo. Le sue proprietà antitumorali, antiossidanti, antinfiammatorie, ipolipidemizzanti, preventive delle malattie legata all'invecchiamento (Alzheimer, Parkinson, diabete) e dei calcoli renali, sono riconosciute. Ha anche un effetto antimicrobico contro batteri patogeni. Sarebbe meglio non assumerlo durante lo svezzamento. E alcuni che stanno bene in paleodieta probabilmente hanno vantaggio ad escluderlo.
Aggiornamento 9/7/2020
Il potassio citrato è un ottimo rimedio per i calcoli renali, come se fosse un farmaco
Aggiornamento 5/10/2020

L'insufficienza renale (CKD) può essere caratterizzata dalla produzione di tossine uremiche, prodotte nell'intestino e entrate nella circolazione sanguigna, che il corpo (i reni in particolare) non riesce a smaltire. Migliorare le cattive abitudini alimentari potrebbe potenzialmente avere effetti positivi sulla CKD e sulle sue complicanze, nonché su malattie non trasmissibili come l'ipertensione e il diabete che contribuiscono a queste complicazioni. I fattori sottostanti interconnessi che accompagnano la CKD, come infiammazione, stress ossidativo, disfunzione mitocondriale e disbiosi intestinale, possono essere infatti tutti potenzialmente influenzati dall'assunzione di cibo. Un approccio "cibo come medicina" potrebbe essere utilizzato come nuova strategia che utilizzi nutrienti bioattivi per gestire il carico uremico nella malattia renale cronica. La disbiosi intestinale è associata a infiammazione e aumento del rischio cardiovascolare; prebiotici, probiotici, simbiotici e componenti alimentari, inclusi polifenoli, zuccheri e proteine, possono influenzare la diversità del microbiota intestinale e la produzione di tossine uremiche. I composti bioattivi naturali, compresi quelli presenti nella curcuma, nei broccoli, nei frutti di bosco, nella propoli e in altri alimenti, sono potenziali agenti terapeutici nutrizionali che potrebbero modulare l'espressione dei fattori di trascrizione pro-infiammatori e l'inflammasoma.
Invece nutrienti come gli zuccheri semplici raffinati e i grassi in eccesso influenzano negativamente il microbiota e favoriscono la disbiosi, la permeabilità intestinale e l'endotossemia. Alcuni composti sulfurei come la metionina favoriscono la disbiosi putrefattiva. Gli omega 3 aiutano a ripristinare la barriera, mentre l'olio di oliva extravergine promuove la salute microbica, al contrario dell'olio raffinato (privato dei polifenoli). Il consumo di alimenti ricchi di polifenoli (es. Uva, vino rosso, melagrana, aglio, caffè, tè verde, cioccolato, curcuma, frutti di bosco), e in particolare di composti polifenolici di origine vegetale, è associato a una minore mortalità nella popolazione generale. Poiché la loro biodisponibilità è bassa, la maggior parte dei polifenoli alimentari arriva al colon e di conseguenza può modulare la composizione e la funzione microbica intestinale. Tutti questo può modulare anche la funzione mitocondriale, che risulta alterata e meno efficiente nell'invecchiamento. Catechine, curcumina, fisetina, cinnamaldeide, allicina, proantocianidine, sulforafano, resveratrolo ecc sono tutti composti bioattivi con attività antiossidante e modulatrice del microbiota e dello stato redox.
Altri composti molto importanti sono i nitrati (barbabietola), che favoriscono la produzione di ossido nitrico, potente antinfiammatorio e vasodilatatore.
In conclusione, nonostante manchi la prova certa dell'evidenza sui trial, l'ipotesi di usare il cibo come medicina, in modo che "macronutrienti, micronutrienti e nutrienti bioattivi specifici che influenzano le vie biochimiche, sia separatamente che quando agiscono insieme come parte del cibo, abbiano il potenziale di influenzare la maggior parte delle malattie, in particolare quelle legate a disturbi metabolici come CKD, obesità e diabete, sembra ovvia e probabilmente evidente".

Aggiornamento 10/12/2020
Rispettare i ritmi circadiani può ridurre il rischio di calcoli renali di ossalato di calcio

Aggiornamento 24/2/2021

La dieta infiammatoria, misurata col DII (dietary inflammation index), è associata sia a aumentato rischio di calcoli renali che di ricorrenza

Aggiornamento 24/10/2021

Buone notizie per gli amanti del caffè: la caffeina riduce il rischio di calcoli renali.
Aumentare il consumo da un caffè a un caffè e mezzo al giorno riduce il rischio del 40%.
Chi consuma almeno un caffè al giorno ha il 26% di rischio in meno di chi ne consuma uno a settimana.
L'effetto può essere dovuto all'effetto diuretico della caffeina, alla riduzione dell'adesione dell'ossalato di calcio nei tubuli renali, alla presenza di citrato e trigonellina.

Aggiornamento 4/8/2022

La calcolosi renale è sempre più considerata una malattia sistemica i cui processi fisiopatologici non coinvolgono solo le vie urinarie ma dipendono da condizioni intestinali, endocrinologiche e metaboliche, interagendo fortemente con il background genetico e l'ambiente. Ancora una volta si mette in mostra che la ricorrenza di calcoli renali è legata a una bassa introduzione di calcio e potassio. Bere tanto è importante, ma e acque a basso residuo non servono a nulla.
Ridurre il sale riduce l'escrezione di calcio urinaria ma non è utile in tutti.
Anche gli ossalati contano. "Le diete con un buon equilibrio tra contenuto di calcio e ossalato sono generalmente associate a un ridotto assorbimento di ossalato, mentre le diete povere di calcio favoriscono l'assorbimento di ossalato a causa della ridotta formazione di complessi di ossalato di calcio non assorbibili nel lume intestinale". Si verifica quindi un effetto paradosso per cui gli elementi devono essere presenti insieme per prevenire i calcoli.
"Una minore assunzione di calcio nella dieta si traduce in una diminuzione del calcio intestinale libero ed è associata a un maggiore assorbimento di un carico di ossalato nella dieta e quindi a una maggiore escrezione urinaria di ossalato. Inoltre, una dieta più ricca di calcio è associata a un pH urinario più elevato e alla quantità di citrato, che conferisce un carico alcalino come fattore protettivo contro la formazione di calcoli di ossalato di calcio".
Il ruolo del microbiota è attualmente sotto indagine.
Anche i fitati (cereali integrali) sono protettivi.

Aggiornamento 27/12/2022

Da tempo è conosciuta l'importanza del microbiota nel metabolismo dell'ossalato, il composto organico che unendosi al calcio forma i calcoli più diffusi.
Il batterio con la maggior capacità di degradare l'ossalato si chiama Oxalobacter formigenes. Sfortunatamente la sua inclusione nei supplementi non dà garanzia di efficacia perché difficilmente colonizza l'intestino, viene disturbato dal pH dello stomaco ed è molto sensibile agli antibiotici.
Altri batteri più classicamente usati come probiotici, i bifidobatteri e i lattobacilli, hanno capacità inferiore di degradare l'ossalato, ma tendono a colonizzare meglio l'intestino, avendo così potenzialmente efficacia nel prevenire i calcoli. Alcune formulazioni che li contengono sembrano ridurre l'escrezione urinaria di ossalati.

Aggiornamento 23/5/2023

Il microbiota intestinale e urinario è importante nella formazione dei calcoli. Persone con microbiota alterato dagli antibiotici o dalla dieta hanno maggiore rischio di calcoli renali. Il butirrato prodotto dai batteri protegge la barriera intestinale e riduce il rischio di nefrolitiasi. Sono quindi coinvolti anche meccanismi immunitari, ossidativi e metabolici nella riduzione dell'assorbimento dell'ossalato, principale responsabile dei calcoli. Lo stress ossidativo può infatti aumentare la tendenza all'aggregazione dei cristalli.

Aggiornamento 27/5/2023

L'importanza di alcune vitamine per i calcoli renali (nefrolitiasi).
Alcune vitamine, anche con l'interazione del microbiota, influenzano la tendenza alla litiasi renale.
"La vitamina A sembra migliorare i parametri urinari che mitigano la formazione di calcoli e riducono la permeabilità intestinale, riducendo l'assorbimento di ossalato. Esistono alcune prove secondo cui la vitamina B6 può alterare il metabolismo per ridurre la produzione di ossalato, ma sono dibattute a causa di risultati contrastanti, poiché è stato dimostrato che la vitamina B6 è in grado di ridurre la formazione di calcoli o di non avere alcun effetto sulla formazione di calcoli.
La vitamina C potrebbe essere convertita in ossalato in modo più efficiente negli uomini che nelle donne, indicando che potrebbe esistere un effetto specifico del sesso sulla produzione di ossalato dalla vitamina C [per questo si pensa che possa aumentare il rischio di calcoli]. In realtà la vitamina C ha ruoli antiossidanti sia negli uomini che nelle donne, che potrebbero proteggere dai calcoli; tuttavia, risultati contrastanti nei modelli preclinici suggeriscono che la vitamina C potrebbe essere inefficace nel prevenire la formazione di calcoli.
La vitamina D è stata storicamente riconosciuta per la capacità di aumentare i livelli di calcio nel sangue, sebbene questo fenomeno non contribuisca direttamente alla formazione di calcoli; tuttavia, è necessario ulteriore lavoro per studiare il ruolo di questa vitamina nella formazione dei calcoli oltre l'omeostasi del calcio, poiché la vitamina D ha ruoli in più vie metaboliche in tutto il corpo, tra cui l'immunità, la segnalazione cellulare, la riparazione del DNA e il metabolismo.
La vitamina E agisce come un antiossidante non selettivo che può disintossicare dai radicali liberi, riducendo così l'aderenza dei cristalli all'epitelio renale e mantenendo l'integrità degli inibitori delle proteine ​​renali endogene.
La vitamina K2 è in grado di attivare la MGP decarbossilata, in modo da sequestrare il calcio libero e riducendo sistemicamente la calcificazione dei tessuti".
Un'alimentazione corretta e nutriente può così essere capace di ridurre il rischio di calcoli.

Aggiornamento 10/8/2023

L'alto consumo di zucchero è associato con aumentato rischio di calcoli renali

Aggiornamento 15/3/2024

Il microbiota è importante per prevenire i calcoli renali, in particolare la presenza di O. formigenes. In chi ha calcoli risulta essere alterato a livello intestinale e urinario. Mangiare correttamente ed evitare cicli di antibiotici se non necessari è essenziale per prevenire la ricorrenza.