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giovedì 1 dicembre 2016

Moderno ma peggiore


Spesso associamo la parola moderno con migliore, e siamo convinti che quando la tecnologia aumenta ci sia sempre un progresso verso il meglio.

Questo probabilmente non vale per l'alimentazione, nel senso che ogni volta che l'uomo mette le mani su un cibo lo fa solo per aumentare la resa commerciale di un prodotto e la sua conservabilità, non certo il suo valore nutrizionale, spesso facendo danni, aumentando la densità calorica ma riducendo quella nutrizionale. Possiamo citare come esempi gli oli di semi, estratti con solventi (in cui spesso si perdono gli antiossidanti e le fibre presenti nel seme), le farine raffinate. Esempi più virtuosi possono essere considerati i formaggi e lo yogurt, in cui si abbattono alcune caratteristiche negative del latte e si arricchiscono di fermenti potenzialmente benefici. Questo non vuol dire che tutti debbano ingozzarsi di latticini.
La cottura è un altro processo che solitamente rende più disponibili alcuni nutrienti e ne inattiva altri che possono essere utili o dannosi. Ad esempio la cottura rende più disponibile i carotenoidi della carota, ma riduce altre sue vitamine.

Un discorso speciale merita il frumento o grano. I grani selezionati oggi hanno una resa molto più alta e danno farine molto più impastabili. Le ragioni di tale selezione sono quindi essenzialmente economiche. In particolare il grano creso, prodotto mediante irraggiamento negli anni 70 del secolo scorso, rimane molto più basso, resistente al vento e produttivo rispetto al classico grano che si utilizzava prevalentemente, il Senatore Cappelli. 
Questo cambiamento ha riguardato anche le proteine presenti nel grano, ad esempio il glutine, principale proteina del frumento.

Si pensa al glutine come una molecola unica e sempre uguale. In realtà i numerosi incroci a cui è stato sottoposto il grano moderno ha prodotto almeno un centinaio di molecole diverse, con potenziale immunogenico differente. Per questo la quantità di grano introdotta conta, e usare varietà di grano con meno glutine, limitarne la quantità totale o usare cibi alternativi può essere un valido approccio per ridurre il rischio di malattie correlate al glutine (celiachia e sensibilità), soprattutto in caso di predisposizione genetica.
Le popolazioni occidentali per ragioni genetiche sembrano più prone alla gluten sensitivity.

Il glutine appartiene a una famiglia di proteine tipiche dei cereali, le prolammine, caratterizzate da un'abbondante presenza di residui di prolina e glutamina.
I nostri enzimi digestivi non sono adatti a digerirlo: in pratica è una proteina difficile da digerire quasi per chiunque, solo chi ha una flora appropriata riesce a degradarlo.
Ecco perché le intolleranze emergono dopo stress, cure antibiotiche o semplicemente andando avanti con l'età: tutti fattori che tendono a peggiorare la qualità e la varietà della flora.

Esistono prove che queste mutazioni e incroci causino aumento di malattie?
Diciamo che sempre più ricerche vanno in tal senso. Stranamente Bressanini aveva detto il contrario: ogni volta che parla di accuse senza fondamento e prive di supporto scientifico, a breve arrivano le prove.

Ad esempio nella puntata di qualche giorno fa del programma spin-off di Report, Indovina chi viene a cena, il prof Fasano, ricercatore della Harvard Medical School, spiega bene come i prodotti moderni, in particolare il glutine e le farine lavorate, soprattutto se provenienti da grani non antichi, creino problemi intestinali che sfociano nelle malattie moderne, autoimmuni, diabete ecc.
Molti di questi problemi sono collegabili alla permeabilità intestinale.

Esistono diverse ipotesi per la causa (o le cause), tutte però ancora da confermare (e non reciprocamente escludenti tra loro): il glifosato, un probabile cancerogeno secondo l'OMS,  secondo una ricercatrice dell'MIT di Boston, la perdita dei micronutrienti presenti nel germe dovuta alla raffinazione, un glutine meno digeribile perché più resistente agli enzimi, agenti fermentativi diversi, nuovi e troppo veloci che non degradano in maniera sufficiente le proteine con potenziale tossico.
La fermentazione lattica (diversa da quella ottenuta mediante lievito di birra o altre mescole di agenti lievitanti chimici) è nota per avviare una parziale degradazione del glutine, dei fitati e delle lectine, pericolosi antinutrienti, ed è stata usata per millenni, fino a pochi decenni fa. Oggi pare relegata a prodotti di nicchia, purtroppo.
Del resto il grano lo mangiamo da circa 11 mila anni (qualcuno pensa che si iniziò circa 22 mila fa in Palestina), mentre gli alimenti cosiddetti paleo da circa 2 milioni di anni. Per altri 20 milioni di anni invece siamo stati praticamente frugivori e raccoglitori di radici. Possiamo tranquillamente pensare ad un non totale adattamento, soprattutto in persone con alterazioni immunitarie, in cui è ridotto il processo di "induzione della tolleranza".



https://www.facebook.com/somersault1824/photos/a.172490939524242.30064.170817006358302/987613518011976/?type=3&theater


Questo processo consente alle nostre cellule immunitarie, tramite quelle dendritiche, di imparare a conoscere e non reagire a molecole alimentari. Che spesso passano indigerite la barriere intestinale, nonostante qualcuno sia convinto che tutto venga digerito perfettamente, in pratica dicendo agli allergologi che sono inventori di malattie. In cellule di persone con sensibilità al glutine, i grani antichi suscitano meno infiammazione rispetto a quelli moderni.

I cereali alternativi (amaranto, teff, quinoa, orzo, farro, sorgo ecc.) possono essere un'alternativa più sana rispetto a quelli attuali e più rispettosa dell'ambiente rispetto a un approccio paleo. C'è da considerare anche che alcuni arrivano da lontano e hanno quindi un'impronta di CO2 elevata. Anche Harvard conferma: i grani antichi hanno qualità nutrizionali migliori rispetto a quelli più utilizzati.

Il grano Khorasan (venduto sotto il marchio Kamut) in alcuni studi randomizzati (quindi molto attendibili) ha mostrato di essere meno infiammatorio e di migliorare parametri metabolici e intestinali,  e potrebbe essere quindi una buona scelta nonostante i soliti noti lo dipingano come una pura operazione commerciale. A prescindere dal fatto che sia o meno antico, una revisione degli studi che lo riguardano ha messo in evidenza discrete proprietà.

La questione si complica perché non solo il glutine può dare problemi, ma anche i cosiddetti fodmap (zuccheri fermentabili) o altre sostanze (ATI). In questa confusione sguazzano i pompieri della gluten sensitivity, che si affrettano a dire che il problema non esiste. Tutt'altro, la questione è complessa ma che il glutine possa dare problemi anche ai non celiaci è fuor di dubbio.
Agli amici che consigliano la paleo sono costretto a rispondere che, nonostante la ritenga un buon approccio e la utilizzi frequentemente, non si può nutrire 7 miliardi di persone che popolano il mondo con manzo grass-fed.

Cosa si sta facendo per migliorare le condizioni di chi soffre di malattie correlate al glutine?

Una nuova tecnica di fermentazione lattica, messa a punto da ricercatori italiani, elimina totalmente il glutine dal pane. In generale i batteri lattici riducono il potenziale tossico del glutine. Sarà interessante vedere l'effetto, ma ricordiamo che non vi è solo il glutine potenzialmente a creare problemi.

Un altro problema sembra essere il grano che arriva da fuori, che dovrebbe essere uno scarto per gli standard canadesi ma accettato dall'UE.
Secondo alcuni un grano carico di micotossine è infatti arrivato dal Canada. Non avendo riscontri più affidabili, la notizia non la prendo per certa (ad esempio il Fatto Alimentare l'ha ridimensionata).

Qual è il consiglio allora?
In accordo col modello stocastico, è meglio non esagerare con l'assunzione di cibi che sono associati con malattia, anche se siamo perfettamente sani. Utilizzare, in accordo col modello mediterraneo, una varietà di cereali tra cui preferire quelli con meno glutine.
In caso di problemi, in particolare di equilibrio immunitario, farsi seguire da professionisti preparati, che utilizzino un approccio di nutrizione funzionale.

Aggiornamento 16/12/2016

In un modello in vitro i bifidobatteri riducono l'infiammazione dovuta alle gliadine.

Aggiornamento 20/12/2016

Non bastava l'economista Monti a fare danni, ci si mette pure il mugnaio Monti a perdere un'occasione per stare zitto. Il confronto fatto tra farine integrali e raffinate è impietoso, il signor Monti lasci le discussioni sulla salute a chi ha studiato e si rimetta a macinare grano. Grazie Renata Alleva per la tua testimonianza.


Aggiornamento 13/1/2017

Un interessante video di un docente, prof Farris, sulla fermentazione acida.

Aggiornamento 18/1/2017

Un interessante post di Renata Alleva sul glutine.

Aggiornamento 28/2/2017

Ottimo articolo sul lievito madre.

Quali sono i vantaggi del pane lievitato con pasta madre? Alta digeribilità (glutine predigerito), minore innalzamento della glicemia, migliore biodisponibilità dei nutrienti e minore contenuto di antinutrienti come i fitati

Debora Rasio sull'importanza della quinoa contro la gluten sensitivity.

Aggiornamento 12/3/2017

Attenzione alle interpretazioni.
Secondo un nuovo studio, tra l'altro osservazionale quindi che non può dimostrare granché, togliere il glutine può ridurre la qualità della dieta (ridotto apporto di micronutrienti e fibre) e aumentare il rischio di diabete.
Questo può succedere solo se si usano sostituti di scarsa qualità, ma in determinati casi la dieta gluten-free (o a ridotto contenuto di glutine) è una buona scelta anche se non si è celiaci


Aggiornamento 22/3/2017

legami tra infiammazione e aumento di peso (o a volte riduzione!)

I segreti del pane integrale e quanto fa male quello finto

Aggiornamento 27/2/2017

Un ottimo articolo di una collega sull'effetto potenzialmente negativo di gluteo e caseomorfine, dalle malattie autoimmuni alle intolleranze alimentari.

Aggiornamento 28/3/2017

In una situazione infiammatoria (diabete, resistenza insulinica, tumori, malattie autoimmuni ecc.), anche il metabolismo energetico è alterato. In particolare non arriva correttamente l'ossigeno ai tessuti, la produzione di ATP è alterata e vi è una competizione per i nutrienti con le cellule del sistema immunitario.
Il vostro nutrizionista vi dirà che mangiate di nascosto ovviamente

Aggiornamento 29/3/2017

Quali sono i fattori che slatentizzano la celiachia nelle persone predisposte geneticamente? Disbiosi intestinale, infezioni intestinali, e, contrariamente a quanto dicono alcuni, anche alte dosi di glutine sono probabilmente fondamentali. Aggiungerei anche la qualità del glutine (quello dei grani moderni è più infiammatorio)

Aggiornamento 18/4/2017
Il glutine nel modello animale aumenta la risposta Th17, particolarmente implicata nella sclerosi multipla e nella psoriasi guttata.
Aggiornamento 11/5/2017

Il pane fa bene, si sa, perché appartiene alla dieta mediterranea e lo dicono dei tizi con il sottopancia con scritto "dietologi". In realtà il pane industriale, grazie ai suoi additivi (emulsionanti ecc.) induce infiammazione e cambiamenti nella flora intestinale che fanno tutt'altro che bene. 

Aggiornamento 20/5/2017

La dieta occidentale (o anche falsa mediterranea), ricca di sale, proteine da animali allevati in maniera insana e cereali raffinati, è il miglior modo per ridurre la funzionalità renale, mentre frutta e verdura, nutrendo i bifidobatteri che detossificano l'organismo, la proteggono

Una guida ADI sui grani

Aggiornamento 22/5/2017

Il glutine si conferma elemento peggiorativo delle malattie infiammatorie intestinali: non sono solo i FODMAP come diceva qualcuno!

Aggiornamento 5/6/2017

"Vale la pena ricordare che i pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto con o senza celiachia possono beneficiare di una dieta a basso contenuto di glutine sia per la progressione che per le potenziali complicazioni della malattia "

Altri fattori importanti sono la vitamina D e il selenio, e l'eccesso di iodio, che ha ridotto l'incidenza di gozzo ma aumentato quella di autoimmunità

Aggiornamento 7/6/2017

Meglio il pane integrale o da farina raffinata? La risposta sembrerebbe scontata. E invece no. A seconda del nostro microbiota è possibile infatti che entrambi modifichino le risposte metaboliche, in particolare la glicemia, in maniera positiva o negativa.
Gli autori dello studio concludono che "più in generale, il nostro studio sottolinea l'importanza della personalizzazione nelle raccomandazioni alimentari, in quanto anche il confronto diretto dei pani comunemente considerati "sani" e "malsani" ha rivelato effetti personali sulla risposta postprandiale, suggerendo che le raccomandazioni alimentari universali possono avere un'efficacia limitata".

Aggiornamento 8/6/2017

Grazie ai lavori di Fasano e colleghi, la zonulina viene incontrovertibilmente collegata alla condizione di alterata permeabilità intestinale, perdita della tolleranza immunologica e alle malattie infiammatorie croniche

Aggiornamento 13/7/2017

Il solito ottimo esempio bressaniniano di cherry picking: per validare la sua teoria secondo cui i grani siano tutti uguali e il glutine moderno non crei più problemi di quello antico, ignora tutta la letteratura in tal senso, in particolare i trial clinici.
Tra l'altro prende anche un clamoroso abbaglio sulle quantità di glutine ingerito (da grani moderni, oltretutto), che sono in aumento dagli anni '60, proprio in concomitanza con l'esplosione della celiachia.
Il 40% delle persone è predisposto geneticamente per la celiachia, perché solo da alcuni anni esplodono? Mi pare chiaro un fattore (o più fattori) ambientale


Aggiornamento 13/7/2017

Dall'articolo di Bressanini nasce una rissa che fa notare quanto il chimico sappia solo buttarla in caciara, ignorare i commenti scomodi e interpretare a modo suo quelli fatti male, in modo da screditare gli altri, arrivando addirittura parlare di conflitto d'interesse (come se lui dai libri non guadagnasse ma desse i soldi in beneficenza), suscitando le risate generali. Comunque viene protetto dai soliti corazzieri d'ordinanza, più ignoranti delle capre.

Aggiornamento 14/7/2017

Segnalo la risposta di Enzo Spisni, bravo ricercatore.
ANCORA SU GRANI MODERNI E TRADIZIONALI
(poi smetto, promesso!!!)

Prima di rispondere nuovamente all'articolo ed ai commenti di Bressanini, devo fare una necessaria premessa. 
In Italia, le figure che hanno titolo per parlare di nutrizione sono solamente tre. Le elenco in ordine della lunghezza degli studi fatti per conseguire questi titoli:
1) Medico dietologo, specializzato in scienza dell'alimentazione oppure che ha conseguito specializzazioni che riguardano patologie in cui la nutrizione è centrale (diabete di tipo 2, obesità, sindrome metabolica, insufficienza renale, etc...);
2) Biologo nutrizionista;
3) Dietista.
Tutte le altre figure non hanno titolo per suggerire alle persone cosa mangiare o cosa non mangiare, e se suggeriscono piani nutrizionali o modificano l'alimentazione ad altre persone (sane o ammalate, clienti o pazienti che siano) commettono abuso di professione. 
Chiarito questo, ci sono molti scienziati che pur non appartenendo a queste tre categorie hanno comunque deciso di studiare la nutrizione o fenomeni ad essa correlati. Questi sono farmacisti, biotecnologi, biochimici, chimici, naturalisti e nel caso del grano ovviamente agronomi. In tutti questi casi però, i loro studi -se hanno un valore per la comunità scientifica- vengono pubblicati all'interno di una raccolta di pubblicazioni che si chiama PubMed.
Tutti gli altri (incluso Bressanini) non partecipano direttamente alla comunità scientifica che si occupa di nutrizione e di grano, ma fanno divulgazione scientifica, più o meno buona, scegliendo e commentando articoli scritti da altri autori.

L'articolo di Bressanini sui grani, prende in considerazione una ristrettissima selezione di articoli (digitando “grani antichi” si trovano oltre 200 articoli su PubMed) che trattano di glutine, celiachia e peptidi tossici derivati dal glutine e che concludono che sostanzialmente non trovano differenze tra i diversi grani. Per quanto riguarda i fenomeni infiammatori o di alterazione della funzionalità intestinale dovuti al grano la comunità scientifica, solo per fare un esempio chiarificatore, ha deciso di cambiare nome alla sensibilità al glutine non celiaca e di chiamarla sensibilità al grano non celiaca. Perché? Perché non siamo sicuri che questi fenomeni infiammatori siano dovuti al glutine o al solo glutine. Ci sono altre proteine del grano che per altri aspetti sono considerate infiammatorie o antidigestive (esempio gli inibitori dell'amilasi-tripsina) e che sono diversamente presenti nei grani tradizionali e moderni. Quindi il discorso non riguarda solo il glutine ed i suoi peptidi tossici per i celiaci, ma tutte le proteine del grano (e forse non si limita nemmeno alle sole proteine). Per questo l'articolo di Bressanini è certamente parziale.
Altro punto che l'articolo di Bressanini non tocca minimamente sono gli effetti sull'uomo che si evidenziano mangiando questi grani. La digestione è un processo complicatissimo, che non si riesce a riprodurre in vitro con la stessa complessità, e molti degli articoli citati da Bressanini si basano proprio sulla digestione in vitro. Quando guardiamo gli studi clinici sull'uomo, le differenze tra grani tradizionali e moderni appaiono in modo evidente. Ho già citato lo studio di Francesco Sofi (2014) pubblicato su di una prestigiosa rivista (Br J Nutr.) che vede i grani moderni causare peggioramenti su pazienti con colon irritabile, oppure quello di Anne Whittaker (2017) pubblicato su European Journal of Nutrition, che vede come mangiando un grano tradizionale si possono migliorare i parametri clinici del Diabete di tipo 2 e l'infiammazione ad esso correlata. Un altro articolo del 2015 (primo autore Valerii Maria Chiara) pubblicato su Food Chemistry vede le proteine di due grani moderni molto più infiammatorie rispetto a quelle dei grani tradizionali su cellule del sistema immunitario di pazienti adulti sensibili al grano. La stessa cosa si evidenzia anche su pazienti pediatrici sensibili al grano (Alvisi et al., 2017, Int J Food Sci Nutr.). Perché tutti questi articoli non vengono presi in considerazione nell'articolo di Bressanini? Perché non parlano di glutine e di celiachia? In tutti questi articoli gli autori concludono che dal punto di vista nutrizionale e/o infiammatorio, le differenze tra grani tradizionali e moderni si vede eccome. Quindi è evidente che gli articoli selezionati da Bressanini sono stati scelti proprio per le conclusioni cui arrivavano e non in modo casuale! Le conclusioni riportate anche se non sono di Bressanini, appartengono ad autori scelti da Bressanini secondo un criterio assai evidente.
Considerazione non meno importante, è che la nutrizione è un sistema di una complessità enorme. Bisogna tenere conto di tantissimi aspetti, e capisco che un chimico fatichi a vederli a 360°. I grani tradizionali si coltivano con pochi fertilizzanti e pochi pesticidi. Semplicemente perché non sono utili: fertilizzare troppo è controproducente e questi grani si difendono bene da soli dai parassiti. Quindi scegliere grani tradizionali vuole dire anche scegliere di mangiare meno pesticidi, meno glifosato (e qui mi fermo perché la Dott.ssa Renata Alleva ha molti più titoli di me per parlare di questo) e magari ridurre un po' tutti i nitriti e nitrati che ci sono nelle acque potabili e che ogni anno costringono le regioni italiane ad andare in deroga rispetto ai valori limiti consentiti e considerati sicuri per la nostra salute. Infine, la biodiversità: i grani tradizionali generano maggiore biodiversità laddove vengono coltivati, e la biodiversità è un patrimonio dell'umanità che stiamo rapidamente perdendo. Quindi per moltissime ragioni non è affatto vero che i grani son tutti uguali e che “Ci sono i grani. Punto”.

Aggiornamento 6/8/2017

Un lavoro pubblicato che se Bressanini lo leggesse potrebbe avere un'erezione. La sua conclusione è che "i grani moderni sono meno immunogeni di quelli antichi".
In realtà bisogna sempre leggere completamente i lavori per giudicarli bene.
Si va a giudicare l'immunogenicità delle proteine (soprattutto glutine ovviamente) che, come sempre detto, varia considerevolmente per ogni tipo di grano.
Le proteine sono sottoposte a digestione enzimatica in vitro, ossia in un vasetto di vetro per capirci. Il lavoro stesso specifica che "la digestione umana, dalla bocca all'intestino, non è certo pienamente imitabile" (quindi i frammenti potrebbero essere ben diversi), ed "in tutti i casi è stata osservata elevata variabilità intra-categoria, a causa del maggior numero di isoforme delle proteine ​​del glutine", quindi sia tra i granio antichi che quelli moderni ce ne sono più o meno "aggressivi".
Insomma un lavoro quasi inutile, che non va a mimare la situazione in vivo e dà una conclusione nel riassunto molto diversa nella realtà.

La storia del grano e della sua evoluzione raccontata da Science.

Aggiornamento 17/8/2017
Su glutine e digestione: "Non ci sono prove scientifiche che suggeriscano che una dieta senza glutine sia parte di uno stile di vita più sano o può essere utile per il trattamento di sovrappeso o obesità.
La digeribilità incompleta del glutine può spiegare perché alcune persone riportano un miglioramento non specifico nel benessere dopo aver iniziato la dieta senza glutine. Inoltre, cereali contenenti glutine, in particolare il grano, sono anche primari fonte di FODMAP (oligosaccaridi fermentabili, disaccaridi,  monosaccaridi e polioli), un gruppo di carboidrati altamente fermentabile e polioli a catena corta.
La riduzione dei FODMAP associata alla dieta senza glutine spiega, almeno in parte, perché in alcuni pazienti affetti da irritabilità intestinale i sintomi  possono ridursi dopo aver iniziato una dieta senza glutine".
Aggiornamento 3/9/2017

Un articolo di Authoritynutrition.com che fa a pezzi l'idea che il grano  moderno sia salutare o addirittura meglio di quelli antichi. Povero Bressanini.
Il grano moderno è meno nutriente, alterato geneticamente, immunoreattivo, infiammatorio rispetto alle varietà antiche.
Inoltre il nostro modo di prepararlo è cambiato (non viene più fermentato né germogliato) e anche questo ci espone ad antinutrienti e rende meno assorbibili i suoi nutrienti.

Il pane fatto con lievito madre si conferma più nutriente e digeribile

Aggiornamento 23/9/2017

Vi sono sufficienti prove scientifiche per affermare che esista la sensibilità al glutine non celiaca.

Un articolo del sempre ottimo prof Rossi
INTESTINO - FARINA MANITOBA e SEITAN
In ogni casa è presente la farina Manitoba e molte famiglie usano la farina Manitoba senza riflettere sugli effetti che la sua alta dose di glutine produce nell’intestino. 
La farina Manitoba è ovunque, ci segue ogni volta che mangiamo!
Uscire di casa al mattino e fare colazione al bar con una brioche o altra pasticceria composta con farina Manitoba non è una saggia scelta di salute. Oppure possiamo mangiarla con una pizza durante il giorno o con gli amici a cena. 
E non è una carezza al nostra intestino.

FARINA FORTE
La farina Manitoba non è adatta all'intestino
E' una farina di grano tenero (Triticum aestivum) del Nord America. Questo tipo di farina prende il nome dalla zona di produzione dove inizialmente cresceva un grano forte e resistente al freddo: Manitoba, vasta provincia del Canada, che, a sua volta, prende il nome dall'antica tribù Indiana che l'abitava. 
E’ una farina "forte" (in inglese "strength") per il elevato contenuto in proteine insolubili (glutenina e gliadina).
Per definire la “forza” di una farina si usa il coefficiente "W": più alto è il valore, più la farina è forte. Una farina debole ha un valore W inferiore a 170 mentre la Manitoba ha un valore W superiore a 350. Attualmente si definiscono come Manitoba tutte le farine con W superiore a 350, qualsiasi sia la zona di produzione e la varietà di grano con la quale viene ottenuta la farina.
La caratteristica principale di questa farina è di contenere una grossa quantità di proteine insolubili (glutenina e gliadina) che, a contatto con acqua o altro liquido nella fase d'impasto, produce glutine. 
Il glutine forma una tenace rete che, negli impasti lievitati trattiene i gas della lievitazione permettendo un notevole sviluppo del prodotto durante la cottura; nel caso delle paste alimentari trattiene invece gli amidi che renderebbero collosa la pasta e permette una cottura al dente.

DOVE SI TROVA
Si trova in confezioni industriali e anche in pacchi per uso domestico. Molte famiglie usano la farina Manitoba senza riflettere sugli effetti che l’alta dose di glutine produce nell’intestino. In Italia, dove per legge la pasta si può produrre esclusivamente con il grano duro, è adoperata nell'industria della pasta all'uovo. 
I mulini spesso la adoperano per "tagliare" altre farine, aumentando in questo modo il coefficiente W totale della farina. 
L'impasto fatto con la Manitoba risulterà più elastico e più forte, adatto per la lavorazione di pane particolare (baguette francese, panettone e pandoro), della pizza, delle ciaccie o torte al formaggio e di particolari paste alimentari, pani speciali.


SEITAN e sai…cosa mangi?
La Farina Manitoba viene utilizzata anche come base per la preparazione del SEITAN, alimento che viene anche definito come "Carne Vegan". 
Consiglio ai vegetariani e alle persone che consumano seitan di riflettere su questa loro scelta alimentare. Il seitan è un concentrato di glutine. 
Un eccesso di glutine, ripetuto nel tempo, provoca una aggressione ai villi intestinali, che sono le porte attraverso le quali le molecole nutrienti introdotte con la alimentazione entrano o non entrano nel nostro sangue. 
Il glutine altera in profondità i villi e i microvilli, gli enterociti della mucosa dell’intestino tenue. Con il tempo e con dosi elevate giornaliere di glutine una persona può sviluppare la celiachia con anticorpi positivi al morbo celiavo (anti gliadina, anti endomisio, anti-transglutaminasi) oppure può andare incontro alla sindrome GLUTEN SENSITIVITY (anticorpi negativi ma sintomi della celiachia).
Consiglio di chiedere al proprio fornaio, pasticciere, pizzaiolo …se usa o non usa farina Manitoba. Se la usa consigliate di smettere l’uso per garantire la salute pubblica. 
La salute nasce da un intestino sano.
Buona giornata in salute.

Aggiornamento 13/10/2017

In un modello animale, topi grassi nutriti con gliadina (una proteina formante il glutine) hanno peggiore quadro metabolico, immunitario e intestinale.
Aggiornamento 27/10/2017

La brava collega Anna Villarini ci chiarisce la questione glutine, grano antico, celiachia, gluten sensitivity ecc.

Aggiornamento 10/11/2017

Un nuovo studio conferma che più che alla gluten sensitivity (autodiagnosticata), spesso l'irritazione intestinale è dovuta ai fruttani, zuccheri che tendono a fermentare e sono presenti nel grano. La sensibilità al glutine è comunque un problema esistente
Aggiornamento 13/11/2017

La dieta priva di latticini ha migliorato in un trial l'acne inversa (idrosadenite suppurativa) nell'83% delle persone, senza alcun effetto collaterale o peggioramento di alcuno
In un altro trial più piccolo (12 persone con IgG positive ai lieviti), escludere frumento e lievito ha portato a enorme miglioramento, e la malattia ritornava in caso di reintroduzione dei cibi anche involontaria.

Aggiornamento 14/11/2017
Secondo una recente revisione, la gluten sensitivity sembra più correlata ad alterazione del microbiota (pochi bifidi) e all'inibitore dell'alfa-amilasi, un antinutriente presente nel grano, che al glutine in sé.

Aggiornamento 25/1/2018

Una revisione degli studi esamina il legame tra autoimmunità e glutine. Fermo restando che non è la causa di tutti i mali e alcune persone non hanno problemi a ingerirlo e digerirlo, queste le conclusioni riassunte:
"Molteplici aspetti dannosi del glutine influiscono sulla salute umana, comprese le manifestazioni digestive ed extradigestive glutine-dipendenti mediate da reazioni potenzialmente immunologiche o tossiche che inducono problemi gastrointestinali. Il glutine colpisce il microbioma e aumenta la permeabilità intestinale. Aumenta lo stress ossidativo e influenza il comportamento epigenetico (l'espressione dei geni, NdT). È anche immunogenico, citotossico e proinfiammatorio. L'assunzione di glutine aumenta l'apoptosi (morte cellulare programmata, NdT) e diminuisce la vitalità cellulare e la differenziazione. In alcune malattie autoimmuni non celiache, le diete prive di glutine possono aiutare a ridurre gli effetti avversi del glutine. Sono necessari ulteriori studi in vivo per svelare il puzzle degli effetti del glutine negli esseri umani e per esplorare i potenziali effetti benefici delle diete prive di glutine nelle malattie autoimmuni".

Aggiornamento 19/3/2018

Studio di quasi un anno fa che era sfuggito. I cereali con glutine contengono inibitori degli enzimi digestivi (amilasi-tripsina) che resistono alla cottura e sono particolarmente presenti nelle varietà moderne di grano.

In questo modo si stimola una risposta immunitaria attraverso i TLR4, che porta ad un infiammazione sistemica di basso grado tipica delle malattie moderne

Aggiornamento 5/4/2018

È in corso una battaglia sulla sicurezza del glifosato: alcuni ricercatori hanno pubblicato che i livelli urinari sono sopra i limiti di sicurezza, e gli viene risposto che i livelli urinari non hanno a che vedere con la pericolosità (si tratta di quello che espelliamo, non che tratteniamo) e che non c'è prova della tossicità del glifosato, in particolare epatica, ai livelli di esposizione correnti.

La controrisposta è che uno studio recente ha mostrato epatotossicità a livelli bassissimi di assunzione con alterazione degli enzimi di ossidazione dei grassi.

Aggiornamento 6/5/2018

Articolo molto interessante sulle proprietà dei grani antichi.

Le linee guida europee sullo svezzamento consigliano di introdurre il glutine dopo il 4° mese, ma non in grandi quantità inizialmente.

Aggiornamento 28/6/2018

L'aumento di anidride carbonica si riflette con una riduzione dei nutrienti nei vegetali
Un altro duro colpo per i "non è vero che il cibo non è nutriente come una volta"
Aggiornamento 4/7/2018
Uno svezzamento fatto con pochi cibi industriali riduce il rischio di celiachia nei bambini, probabilmente interagendo col microbiota intestinale

Aggiornamento 21/7/2018
La fermentazione con lievito madre permette di ridurre il contenuto di FODMAP, gli zuccheri presenti nel grano responsabili di gonfiore e altri sintomi in persone con intestino irritabile, e preserva i bifidobatteri se la farina è ad alto contenuto di fibra. Anche il contenuto di inibitori della tripsina (altre componenti problematiche) può ridursi e il glutine diventa più digeribile. Questo può spiegare anche l'incremento di problematiche intestinali da quando si usano lieviti alternativi e tempistiche molto più brevi

Aggiornamento 30/8/2018

Un articolo ci spiega lo sviluppo dei grani antichi in Italia e il quasi azzeramento di quello arrivato dal Canada che tra l'altro è trattato in maniera proibita da noi.

Aggiornamento 24/9/2018

Il mio nuovo articolo su intolleranza, o meglio sensibilità alimentare, e microbiota

Aggiornamento 7/10/2018

In uno studio una quindicina di donne con Hashimoto hanno tratto benefici da una dieta senza glutine fatta per 6 mesi. Si tratta ovviamente di numeri piccoli ma che confermano un legame tra dieta e tiroide

Aggiornamento 21/10/2018

Si tratta solo di uno studio su animali, ma conferma quanto possa fare male l'uomo ad alterare i cibi e che la natura non è facile da imitare.
In topi con alterata flora intestinale, aggiungere inulina al cibo industriale aumenta il rischio di tumore epatico, a causa della produzione di certi metaboliti.
"Questi risultati indicano che l'arricchimento di cibi con fibre purificate non può mimare i benefici del consumo di frutta e verdura naturalmente ricche di fibre solubili", ha detto il dott. Andrew Gewirtz, professore all'Istituto di Scienze Biomediche della Georgia State e uno degli autori dello studio.
Aggiornamento 22/11/2018

Nelle persone predisposte, il glutine e il cibo industriale accentuano i problemi dell'umore. Evitarli supporta la guarigione. Per intraprendere una dieta senza glutine viene comunque consigliato di recarsi da un esperto per non andare incontro a carenze
Aggiornamento 12/1/2018
Sempre a proposito di impoverimento dei cibi, un articolo di Styven Tamburo
E' VERO CHE AI NOSTRI GIORNI FRUTTA E VERDURA E' MENO NUTRIENTE ? 
Uno studio approfondito su questo tema e' stato condotto da Donald Davis e del suo team di ricercatori dell'Università del Texas (UT) del Dipartimento di Chimica e Biochimica di Austin pubblicato nel dicembre 2004 nel Journal of the American College of Nutrition. I ricercatori hanno studiato i dati nutrizionali del Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti del 1950 e del 1999 per 43 diversi tipi di ortaggi e frutti, trovando un "declino significativo" nella quantità di proteine, calcio, fosforo, ferro, riboflavina (vitamina B2) e vitamina C nel corso dell'ultimo secolo . Questo è dovuto dalle pratiche agricole destinate a migliorare l'aspetto degli alimenti (dimensione, tasso di crescita, resistenza ai parassiti)
"Gli sforzi per allevare nuove varietà di colture che offrono una maggiore resa, la resistenza ai parassiti e l'adattabilità al clima hanno permesso che i raccolti crescano più velocemente", ha riferito Davis, "ma la loro capacità di produrre o di assorbire sostanze nutritive non ha mantenuto il passo della loro rapida crescita. "Ci sono stati cali anche in altre sostanze nutritive, come magnesio, zinco e vitamine B-6 e E.
Un'analisi del Kushi Institute dei dati nutrizionali dal 1975 al 1997 ha scoperto che i livelli medi di calcio in 12 ortaggi freschi sono scesi del 27 %; i Livelli di ferro 37 %; La vitamina A raggiunge il 21% e il livello di vitamina C al 30%. Uno studio analogo dei dati nutrizionali britannici dal 1930 al 1980, pubblicato nel British Food Journal, ha rilevato che in 20 verdure il contenuto di calcio medio era diminuito del 19%; Ferro 22%; E il potassio 14 %. Ancora un altro studio ha concluso che oggigiorno si dovrebbero mangiare otto arance per ottenere la stessa quantità di vitamina A che avrebbero ottenuto i nostri nonni mangiandone solo una.
Cosa si può fare? La chiave per ottenere prodotti più sani è un suolo più sano. Alternare i campi tra le stagioni di crescita per dare tempo alla terra per ripristinare i minerali sarebbe un passo importante. Inoltre, l'eliminazione di pesticidi e fertilizzanti a favore dei metodi di coltivazione biologica apporta benefici al suolo, e anche migliori prodotti per i consumatori. Coloro che vogliono ottenere frutta e verdura più nutriente dovrebbero acquistare regolarmente dagli agricoltori biologici locali.
Anche se meno nutriente rispetto al passato frutta e verdura deve rimanere alla base di una dieta "sana" in quanto apportano anche altre sostanze preziose per la salute come i fitocomposti e alte quantità di fibre inoltre e' buona regola assumere vitamine minerali e antiossidanti in genere a basso dosaggio in maniera ciclica ponendo attenzione allo stile di vita es. riposo/allenamento ed esigenze individuali ,ad esempio, come accennato i giorni precedenti alti dosaggi sopratutto in prossimità di sforzi intensi potrebbe disturbare l'omeostasi cellulare.
Aggiornamento 19/3/2019

Lo speciale del TG1 sui veleni nel piatto, tra cibo industriale, grani antichi, olio di palma e di oliva

Aggiornamento 16/5/2019

Le persone con  problemi epatici hanno più metaboliti del glifosato nelle urine. 
Non è chiaro se si tratti di un legame causa-effetto, che comunque correlerebbe con gli studi su animali che confermano l'epatotossicità.
"I livelli crescenti [del glifosato] nelle urine delle persone sono  correlati al consumo di colture trattate con Roundup nella nostra dieta", ha detto Mills, autore principale dello studio. Ma mentre alcuni ricercatori dicono che questo studio mostra un legame tra esposizione agli erbicidi e malattie del fegato in soggetti umani, Mills ha detto che resta ancora molto lavoro da fare.
Mills ha in programma di mettere un gruppo di pazienti a dieta con solo alimenti biologici e seguirli nel corso dei prossimi mesi, esaminando come una dieta priva di residui di erbicidi possa influenzare i biomarcatori della malattia epatica.

Aggiornamento 1/7/2019
Che legame esiste tra microbi intestinali e tiroide?
È probabile un contributo del microbiota nell'autoimmunità tiroidea.
A causa del mimetismo molecolare, specie normalmente ritenute benefiche come Lactobacilli e Bifidobatteri possono indurre anticorpi che determinano una reazione incrociata con la tireoperossidasi e la tireoglobulina (le proteine coinvolte nella tiroidite di Hashimoto, HT).
I pazienti con Basedow o HT producono anticorpi anti-gliadina, anti-transglutaminasi e anti-lievito (Saccharomyces cerevisiae). Gli studi sull'uomo hanno riportato una maggiore abbondanza di Prevotellaceae e Pasteurellaceae nei malati, mentre Enterobacteriaceae, Veillonellaceae e Rikenellaceae erano significativamente più bassi rispetto ai controlli sani. Rispetto ai controlli sani, negli ipertiroidei sono stati riportati una diminuzione di Bifidobacteria e Lactobacillaceae e un aumento di Enterococchi.
La supplementazione con Lactobacillus reuteri ha migliorato la funzionalità tiroidea nei topi aumentando la tiroxina libera (T4), la massa tiroidea e i parametri fisiologici come il peso e la struttura della pelle.
Il microbiota inoltre influenza il metabolismo dei farmaci per la tiroide. L'efficacia della supplementazione orale di L-tiroxina attraverso il suo assorbimento nello stomaco, nel duodeno e nel digiuno da parte di diversi trasportatori può dipendere dalla misura in cui il microbiota degrada gli ormoni tiroidei tramite ossidazione. In caso di proliferazione batterica (SIBO) potrebbe essere necessario dare dosi più elevate di L-tiroxina. Nell'ipotiroidismo, dove il pH dello stomaco aumenta spesso e la motilità gastrica diminuisce, può verificarsi una riduzione della proteolisi nello stomaco e una crescita batterica eccessiva. Anche l'infezione da H. pylori può alterare il metabolismo della L-tiroxina.
Il microbiota influenza anche l'assorbimento dello iodio necessario per sintetizzare gli ormoni tiroidei.
I sali biliari influenzano il metabolismo tiroideo e il TSH, e vengono metabolizzati da diverse specie, soprattutto Clostridi.
Il selenio, un minerale importante per la tiroide, aumenta la quantità di Bacteroidetes e Bifidi.
L'uso di probiotici può facilitare l'assestamento della terapia per ipotiroidismo, ma per ora non sono indicati come terapia, il loro uso rimane solo potenziale.
Aggiornamento 14/8/2019
Nei bambini con predisposizione genetica alla celiachia (i noti HLA-DQ2/-DQ7) la quantità di glutine introdotta nei primi anni di vita è correlata col rischio di celiachia.
1g di glutine (circa 20g di pane) in più al giorno aumenta il rischio del 6-7% a 5 anni
Aggiornamento 27/8/2019
La fermentazione con lievito madre riduce l'indice glicemico, il contenuto di glutine, migliora la disponibilità di minerali e la digeribilità per persone con IBS (colon irritabile)
Aggiornamento 18/11/2019

Copio e incollo un post del dott. Prinzi
CELIACHIA E GLUTEN SENSITIVITY.
DA QUANDO CI AMMALIAMO DI PIU'?
DAL 1974...
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Negli ultimi 30 anni, un grande dibattito ha animato medici e scienziati riguardo al PERCHÈ C'È STATA UN'ESPLOSIONE DI CELIACHIA... E perché c'è in atto una epidemia di SENSIBILITÀ NON CELIACA AL GLUTINE (#NCGS).
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COS'È LA NCGS?
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È quando stai male con l'assunzione di glutine e prodotti del grano pur non avendo celiachia.
Situazione riconosciuta da autorità mondiali di gastroenterologia e disbiosi intestinale, mica "bau bau micio micio". ..
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Ma cos'è successo nel '74?

Da quell'anno, il grano subisce tre attacchi importanti le cui ripercussioni sulla salute mondiale (dove si consumano prodotti derivati dal grano) sono sotto gli occhi di tutti.
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PRIMO ATTACCO
Condotto in Italia, nel 1974.
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Siamo alla Casaccia, presso il lago di Bracciano (Roma). La sede accoglie il CNEN (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare), oggi ridenominato in ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l' Energia e l' Ambiente).
Si sperimenta l'energia atomica a fini pacifici.
Viene portata a termine una sperimentazione sul grano per mezzo dell'irradiazione con raggi X.
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Nasce un nuovo grano: il CRESO.
Cosa ha di diverso?
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La più importante novità ruota attorno all'altezza della pianta che raggiunge i 70 cm contro i 150 e oltre delle varietà nazionali non irradiate. L'importanza di avere un grano "nano" deriva dall'essere più resistente all'allettamento e, di conseguenza, all'ammuffimento pre-raccolta.
Tutti i produttori lo vogliono e, in breve tempo, questo grano soddisfa il 50% della produzione italiana.
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Qual'è l'aspetto negativo?
Per vedere la luce solare, il grano nano Creso deve entrare in competizione con l'erba, alta quanto lui.
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Al contrario, il grano alto oltre 140-160 cm soffoca l'erba e procede tranquillo il suo lungo percorso fino alla maturazione e alla raccolta.
A questo punto per il grano Creso urge un rimedio contro l'erba infestante.
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Eccoti quindi il...
... SECONDO ATTACCO.
Nello stesso anno 1974 la Monsanto brevetta il diserbante Glifosato.
Dove passa lui non cresce più l'erba.
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Dal 1975, ANNO EMBLEMATICO, iniziano i problemi alla salute, all'inizio sugli addetti al trattamento nei campi in fase di pre-semina.
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I problemi erano legati alla tossicità acuta del diserbante e altrettanto gravi gli effetti genotossici del glifosato, con comparsa di tumori e malattie da mutazioni e delezioni nel DNA degli stessi operatori e dei loro familiari.
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Alcune anomalie si cominciano a notare, a distanza di migliaia di km dai campi, anche sui consumatori del grano modificato e contenente ancora basse quantità di diserbante.
La più eclatante è l'impennata della curva epidemiologica della malattia legata al glutine più conosciuta al mondo: la Celiachia.
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Da allora, e con l'avvento della "globalizzazione", il grano (e dunque il glutine) è entrato in una miriade di prodotti alimentari prima sconosciuti (o non consumati con assiduità): merendine, brioscine, fette biscottate, grissini confezionati, biscotti, pan di Spagna industriale, torte industriali, prodotti da forno per la prima colazione da bar e resi disponibili principalmente ai bambini.
... Ma anche ai loro genitori e parenti ....
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Per soddisfare la nuova esigenza dettata dai Mercati la produzione del grano deve essere triplicata e altre varietà di grano modificato vengono testati. Ma il problema è sempre l'erba infestante. Urge una soluzione.
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Ed ecco....
... Il TERZO ATTACCO.
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Nasce allora un nuovo prodotto: il DISECCANTE. È sempre il glifosato ma brevettato con uno scopo diverso dal diserbante.
Stavolta il suo compito è di far "anticipare" la maturazione del grano nei climi freddo-umidi del Canada.
E siccome il trattamento con questo veleno viene effettuato nella fase di pre-raccolta, noi ingeriamo il glifosato ogni qualvolta buttiamo giù un prodotto preparato con farina di quel grano.
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Si accorcia il periodo temporale di vita in stato di buona salute dai 50 ai 30 anni poi ai 20... e siamo già ai tempi d'oggi!
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Oggi il glifosato si usa anche per il riso, il mais, l'avena, per eliminare l'erba che cresce ai margini dei marciapiedi.
Gli animali degli allevamenti intensivi lo assumono attraverso il mangime.
Lo si riscontra nelle urine delle donne gravide e nel loro latte dopo il parto.
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MODIFICATO E CONDIVISO DALLA PAGINA DEL DOTT. GIUSEPPE TROVATO - MEDICO NUTRIZIONISTA
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Perché la tua salute vale

Aggiornamento 27/8/2020

Qualcuno vorrebbe selezionare un grano che abbia un amido più lento da digerire e maggiori proprietà prebiotiche, in modo da ridurre il rischio di obesità e diabete

Aggiornamento 22/10/2020

L'uso del grano antico "verna" riduce il colesterolo LDL, indipendentemente dalla fermentazione con lievito madre o lievito di birra. Invece quello fermentato con lievito di birra si associa a glicemia a digiuno più alta. L'uso del lievito madre riduce anche VEGF

Aggiornamento 8/4/2021

Il lievito madre naturale è stato il principale agente lievitante per la produzione del pane fino alla fine del XIX secolo. L'introduzione del lievito di birra nel 1871 ha portato a una graduale sostituzione della fermentazione del lievito naturale, perché permette un processo di impasto più semplice e di breve durata. L'impiego del lievito naturale nella produzione del pane è nuovamente aumentato nell'ultimo decennio, grazie alle superiori proprietà organolettiche del pane a lievitazione naturale; è noto che il pane con lievito madre ha un contenuto inferiore di FODMAP, che vengono degradati durante la fermentazione del lievito naturale, e questo permette di avere una migliore digeribilità. In questo studio si è inoltre dimostrata una riduzione dell'ATI, inibitori dell'alfa-amilasi tripsina, un composto infiammatorio presente nel grano, risultando quindi più digeribile per persone che hanno sensibilità al grano di tipo non celiaco e intestino irritabile.

Aggiornamento 15/4/2021

Il tipo di farina e di lievitazione influenzano la quantità di vitamine del gruppo B nel pane.
In generale quello da farina integrale ne ha quantità maggiori. Alcuni cultivar di farina sono più ricchi di vitamine. Per la lievitazione, alcuni tipi di lievito madre aumentano la quantità, ma dipende dai ceppi presenti. Con il lievito di birra, è necessario un tempo più lungo (6 ore al posto di 3) per aumentare la ritenzione di vitamine.

Aggiornamento 17/6/2021

Quali fattori ambientali aumentano il rischio di celiachia?
Solo una piccola parte di persone con predisposizione genetica (i noti HLA-DQ2 e HLA-DQ8) sviluppa la malattia.
Il glutine non può essere digerito pienamente dai nostri enzimi per cui si generano peptidi immunoreattivi.
Tra i fattori prenatali, fumo e alto consumo di glutine in gravidanza sembrano aumentare il rischio, mentre il consumo di fibre lo riduce. La modalità di parto non sembra influire.
Sul timing di introduzione del glutine c'è ancora incertezza, mentre un alto consumo nei primi 5 anni è associato ad aumentato rischio.
L'uso di antibiotici e antiacidi è associato ad aumentato rischio ma non in tutti gli studi.
Alcune infezioni intestinali come rotavirus e enterovirus possono attivare la malattia.
Le varietà moderne di grano, più ricche in inibitori dell'amilasi-tripsina, possono avere un ruolo nell'innesco della malattia con buona pace dei noti debunker.
Sul microbiota ancora non si è presa una posizione definitiva, ma si sa che alcuni batteri aumentano l'immunogenicità del glutine mentre altri (lattobacilli) la riducono. Pseudomonas ha una crossreazione con la gliadina. In generale non è stato stabilito un chiaro pattern predisponente o protettivo e stabilire una causalità è difficile con gli attuali studi.
Altra info: l'avena non ha glutine ma può creare problemi in alcuni.

Aggiornamento 13/6/2023

In questi anni la tecnologia di produzione del pane è molto cambiata. Si è passati da pani fatti da farine non raffinate, di vari grani e a lievitazione naturale e lenta, all'utilizzo di farine sempre più raffinate e formate solo da grano, addizionate da vari additivi miglioratori del processo (soprattutto per quanto riguarda i tempi) e quindi lievitate in poco tempo. Questo ha ripercussioni sulla salute.
Mentre i primi pani favoriscono una flora non infiammatoria e più diversificata, grazie soprattutto alle fibre che nutrono i batteri buoni e sostengono un microbiota saccarolitico (che lascia meno scarti infiammatori), le metodiche moderne sostengono una flora proinfiammatoria e i patogeni opportunisti, hanno poche fibre, favoriscono la fermentazione proteolitica, determinano permeabilità intestinale che è alla base di molte patologie moderne. In sintesi meglio privilegiare pane fatto come una volta.

Aggiornamento 2/7/2023

In un piccolo studio (16 persone con sclerosi multipla) ridurre il grano, fonte di glutine e ATI (inibitori della tripsina), ha indotto modifiche di alcune cellule immunitarie e ha migliorato i dolori e la qualità della vita.
È stato evidenziato che queste sostanze possono interagire col sistema immunitario che è alterato in persone con malattie autoimmuni.
"Per concludere, questo studio pilota suggerisce che la riduzione del frumento/ATI nella dieta può essere utile per alcuni pazienti con SMRR come trattamento complementare. Insieme a una buona tollerabilità, seguire una dieta a ridotto contenuto di grano/ATI ha migliorato la qualità della vita correlata al dolore ed ha esercitato un effetto potenzialmente immunomodulante, che era più pronunciato nel compartimento delle cellule mieloidi".

Aggiornamento 8/8/2023

L'alimentazione occidentale (WD) è una delle cause dell'aumento dei casi di celiachia (CD). Infatti "una dieta ricca di grassi e zuccheri e una dieta ricca di glutine, in particolare gliadina, può essere associata a una maggiore prevalenza di CD. L'effetto predisponente di una WD sullo sviluppo della CD può essere correlato a cambiamenti nel microbiota intestinale, nella permeabilità intestinale o nell'infiammazione della mucosa".
L'uso di antibiotici, avendo effetto negativo sul microbiota, ha probabilmente un ruolo così come taglio cesareo e mancato allattamento, tuttavia i dati sono contrastanti. In particolare si osserva una quantità ridotta di bifidobatteri nelle persone predisposte.
Anche l'esposizione a inquinanti, per esempio anche quelli a contatto col cibo spazzatura, sembra associato col rischio di CD.
Tra gli altri fattori: la quantità di glutine introdotto durante lo svezzamento aumenta il rischio, mentre il timing di introduzione non sembra particolarmente importante. Le infezioni virali, più di quelle batteriche, sembrano implicate nella malattia.

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