Cerca nel blog

domenica 4 settembre 2022

Alimentazione e funzione cognitiva 2

 

Continua qui il post sui legami tra alimentazione e funzione cognitiva


https://quotesgram.com/img/alzheimers-funny-quotes/208721/


Aggiornamento 18/9/2022

La pelargonidina, un antiossidante presente nelle fragole, può ridurre la neuroinfiammazione e così ridurre il rischio di Alzheimer. Le persone con maggiore introito di fragole hanno meno proteina tau fosforilata, quella che si "aggroviglia" e induce i problemi neuronali.

La conferma dello studio COSMOS-Mind sull'efficacia dei multivitaminici nel prevenire il declino cognitivo

Aggiornamento 8/10/2022

Mangiare pesce azzurro e altre fonti di acidi grassi omega-3 può preservare la salute del cervello e migliorare la cognizione in persone di mezza età. Lo studio dimostra che gli omega 3 possono cambiare l'architettura neuronale e favorire un invecchiamento cerebrale migliore.
In particolare lo studio è stato fatto su circa 2000 persone sane con età media 46 anni.

Un indice omega-3 più alto era associato a volumi dell'ippocampo più grandi. L'ippocampo è la struttura del cervello che svolge un ruolo importante nell'apprendimento e nella memoria.
Il consumo maggiore di omega-3 era associato a un migliore ragionamento astratto o alla capacità di comprendere concetti complessi usando il pensiero logico.
I portatori di APOE4 con un indice omega-3 più alto avevano meno alterazioni dei piccoli vasi. Il gene APOE4 è associato a malattie cardiovascolari e demenza vascolare.

Aggiornamento 25/10/2022

L'effetto protettivo delle dieta sane nei confronti della demenza è dovuto almeno in parte al microbiota. Gli studi sono principalmente sul modello animale ma alcune evidenze sono presenti anche sull'uomo. La dieta mediterranea è associata con miglioramento delle performance cognitive nell'uomo grazie alla produzione di SCFA, riduzione della neuroinfiammazione, miglioramento del BDNF, favorendo così il miglioramento della memoria e riducendo la perdita di capacità cognitiva. Anche l'attività fisica è importante ma non si conosce l'effetto sinergico con la dieta

Aggiornamento 5/11/2022

Alcune sostanze naturali presenti in alimenti vegetali sostengono un invecchiamento sano favorendo il rinnovamento dei mitocondri, gli organelli che danno energia alla cellula.
"I composti bioattivi come curcumina, astaxantina, resveratrolo, idrossitirosolo, oleuropeina e spermidina, presenti sia nella dieta mediterranea che in quella di Okinawa, esercitano le loro funzioni protettive aumentando l'attività degli induttori della mitofagia, che rimuove i mitocondri danneggiati, e promuovendo la generazione di nuovi mitocondri. Dato il ruolo dello stress ossidativo nel guidare la disfunzione mitocondriale e la riduzione della mitofagia, le proprietà antiossidanti di questi composti proteggerebbero dall'invecchiamento cerebrale prematuro e dalle malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer (AD). Una mitofagia difettosa può innescare o peggiorare malattie neurodegenerative come l'AD, dove la disfunzione mitocondriale gioca un ruolo centrale nella patogenesi".

Aggiornamento 5/12/2022

Esistono diversi meccanismi che legano il microbiota e la malattia di Parkinson (PD) e sono stati individuati alcuni batteri e metaboliti che interagiscono con la malattia e la sua progressione.
"Gli investigatori hanno trovato una sovrabbondanza di agenti patogeni opportunistici e componenti immunogenici, che suggeriscono un ruolo per le infezioni e l'infiammazione, grazie a una sovrapproduzione di molecole tossiche e sovrabbondanza del metabolita batterico curli. Ciò induce la patologia PD e la disregolazione dei neurotrasmettitori, inclusa la L-dopa. Allo stesso tempo, è stata osservata una carenza di molecole neuroprotettive e componenti antinfiammatori, il che rende difficile il recupero".
Le indagini sulla manipolazione del microbiota chiariranno l'efficacia dell'intervento dietetico.

Aggiornamento 7/12/2022

L'analisi dei tessuti cerebrali mostra che chi aveva livelli di vitamina D più alti aveva meno problemi di declino cognitivo. 

Aggiornamento 15/12/2022


I tocotrienoli (forme di vitamina E e antiossidanti) estratti dall'olio di palma migliorano la demenza vascolare nel modello animale, "riducendo la resistenza all'insulina, proteggendo la perdita di memoria, migliorando il funzionamento cerebrovascolare e l'attività colinergica, riducendo il danno neuronale ed esercitando attività antiossidante, proteggendo la struttura dell'ippocampo e migliorando notevolmente l'espressione del PDGF-C per la neovascolarizzazione nel cervello diabetico". Lo studio dimostra un potenziale protettivo e terapeutico dei tocotrienoli nei confronti del danno vascolare.
Purtroppo nell'olio di palma in commercio questa parte ricca di micronutrienti è completamente persa durante la raffinazione.

Aggiornamento 3/3/2023


La supplementazione con NAD può essere benefica nelle persone con Parkinson. In un piccolo studio migliora il quadro metabolico delle persone affette da questa patologia neurodegenerativa, migliora la funzione mitocondriale e l'infiammazione, riduce i segni di alterazione cerebrale. Un effetto positivo potrebbe essere presente pure in caso di Alzheimer.

Aggiornamento 10/3/2023


La supplementazione di vitamina D potrebbe ridurre il rischio di demenza senile del 40%

Aggiornamento 20/3/2023


La trielina (più correttamente tricloroetilene) è un solvente cancerogeno e tuttora usato sporadicamente come smacchiatore e per il lavaggio a secco. Usato in passato dall'industria alimentare per decaffeinare e estrarre gli oli (palma, cocco ecc.), è da un po' di tempo che si ipotizza che abbia un ruolo causale nell'aumento nell'incidenza di morbo di Parkinson, danneggiando la produzione di energia da parte dei mitocondri.

Aggiornamento 23/3/2022

Una maggiore quantità di magnesio appare proteggere il cervello dai 40 anni in poi. L'effetto sembra dovuto alla riduzione dell'infiammazione ed è particolarmente evidente nelle donne e in post menopausa. Un maggiore consumo si associa a maggiore volume cerebrale e meno lesioni nella materia bianca. Le migliori fonti sono vegetali a foglia, frutta secca, semi, cereali integrali e legumi.

Aggiornamento 25/4/2023

Un gruppo di adolescenti ha consumato 30g di noci al giorno per 6 mesi, con una moderata aderenza al protocollo (ossia non sempre l'hanno fatto).
Si sono riscontrati miglioramenti nell'intelligenza fluida, nell'attenzione e nei sintomi di ADHD.
Secondo i ricercatori i grassi presenti nelle noci (acido alfalinolenico, omega 3) è capace di favorire la crescita di sinapsi con un migliore funzionamento e quindi migliori connessioni tra neuroni. Per i risultati l'aderenza ha contato molto e i ricercatori hanno concluso raccomandando una porzione per almeno 3 volte a settimana.

Aggiornamento 20/5/2023

In caso di patologie neurodegenerative, secondo una revisione della letteratura, a poter beneficiare della dieta chetogenica sono le persone con Alzheimer che presentano la variante negativa dell'allele APOε4 e le persone con MCI (declino cognitivo moderato). Per il morbo di Parkinson ci sono ancora pochi dati. L'effetto può essere dovuto a miglioramenti nella produzione di energia mitocondriale grazie al "cambio di carburante", all'effetto epigenetico che consente l'espressione di proteine con effetto antiossidante e antineurodegenerativo, modulazione della neuroplasticità e della trasmissione sinaptica

Aggiornamento 23/5/2023

Le persone esposte alla trielina 40 anni fa (veterani americani) hanno un rischio superiore di Parkinson del 70%. Anche altri composti volatili sono probabilmente corresponsabili. Il meccanismo sembra legato all'alterazione della funzione mitocondriale, all'accumulo, malripiegamento e aggregazione dell'α-sinucleina e alla degenerazione dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra.
"Le mutazioni genetiche legate al morbo di Parkinson o i polimorfismi nei geni responsabili della metabolizzazione delle sostanze tossiche o deputati alla difesa contro queste sostanze, insieme ad altri fattori, tra cui i traumi cranici, l'età e il passare del tempo dall'esposizione, possono influenzare chi tra gli individui esposti sviluppa il morbo di Parkinson e chi no. […]
I risultati dello studio suggeriscono che l'esposizione al tricloroetilene nell'acqua può aumentare il rischio di malattia di Parkinson; milioni di persone in tutto il mondo sono state e continuano ad essere esposte a questo onnipresente contaminante ambientale".

L'esposizione agli ftalati in gravidanza è neurotossica per il cervello in formazione del nascituro, aumentando il rischio di ADHD e altri problemi comportamentali e di apprendimento. La flora intestinale può fare la differenza nella sua detossificazione ma nel mentre è molto più semplice ridurre l'esposizione per esempio evitando smalti e alimenti a contatto con la plastica.

L'alimentazione, attraverso il suo effetto sul microbiota, è un fattore protettivo o favorente nei confronti dell'Alzheimer (AD). Molti alimenti vegetali, grazie al loro effetto antiossidante e prebiotico, hanno un effetto benefico nei confronti delle specie di batteri che producono metaboliti benefici. Viceversa gli alimenti infiammatori determinano un'alterazione della barriera ematoencefalica che protegge il cervello. L'ingresso di sostanze infiammatorie quindi aumenta la deposizione di placca betaamiloide che altera la funzione cognitiva.
La dieta può funzionare come prevenzione ma potenzialmente anche come cura in quanto in alcuni modelli si riesce a ridurre la placca.
"Le 4 classi di modelli dietetici con la maggior evidenza di regolazione dell'AD sono la dieta mediterranea, gli approcci dietetici per fermare l'ipertensione (DASH), l'intervento mediterraneo-DASH per il ritardo neurodegenerativo (MIND) e la dieta chetogenica". Questi approcci, se fatti correttamente, sono tutti caratterizzati dall'abbondanza di alimenti vegetali non alterati e freschi e di conseguenza ricchi in polifenoli e antiossidanti.
Anche l'utilizzo di probiotici, prebiotici e simbiotici ha ovviamente un effetto modulatore sulla flora. Altri nutrienti interessanti si trovano nei funghi medicinali e nel pesce grasso (omega 3).

Aggiornamento 1/6/2023

La carenza di flavanoli, antiossidanti presenti nel cacao e nei frutti rossi, è associata a perdita di memoria perché hanno un effetto trofico sull'ippocampo, la parte del cervello dedicata ai ricordi. Introdurli negli anziani che non ne consumano ha aiutato la loro funzione cognitiva.

Aggiornamento 4/6/2023

Da una revisione degli studi su nutrizione e Alzheimer (AD).

La scarsa qualità della dieta è un fattore di rischio per lo sviluppo dell'AD, peggiorando così le prestazioni cognitive e la fluidità verbale. Inoltre, la malnutrizione e la perdita di peso involontaria sono associate a un aumentato rischio di mortalità nei pazienti con AD. Il consumo di fonti di carboidrati raffinati o una dieta con un alto indice glicemico sono associati ad un aumento dell'accumulo di β-amiloide nel cervello. Questo effetto è incrementato nei portatori della variante genetica APOE-ε4, un fattore di rischio genetico associato all'AD e alla demenza, così come all'insulino-resistenza.
Un modello di dieta occidentale aumenta il rischio di AD, poiché questa dieta aumenta i livelli di infiammazione. Al contrario, l'adesione alla dieta mediterranea è associata a un rischio di demenza inferiore del 20%. La dieta mediterranea ha dimostrato di migliorare i risultati cognitivi, aumentare il volume della materia grigia, migliorare la memoria e diminuire il declino della memoria. Anche una dieta chetogenica può essere utile nel trattamento dell'AD, poiché è stato dimostrato che riduce lo stress ossidativo e l'infiammazione e riduce gli effetti negativi dell'alterato metabolismo del glucosio nel cervello. Inoltre, secondo altri studi clinici, questa dieta può migliorare la memoria verbale, l'attenzione e la funzione cognitiva complessiva. Tuttavia, l'uso a lungo termine di questa dieta può presentare dei rischi; pertanto, dovrebbe essere monitorato da un nutrizionista esperto".
Lo stress ossidativo caratterizza la malattia e bisogna quindi contrastarlo con antiossidanti. L'introito vitaminico è stato legato a minor declino cognitivo, sull'efficacia della supplementazione di vitamina D non ci sono però ancora prove consistenti. Le carenze di B12, colina e vitamina E aumentano il rischio di demenza. Anche i grassi buoni come gli omega 3 e quelli presenti nella frutta oleosa e il miglioramento dell'asse intestino-cervello hanno dimostrato di rallentare il declino e poter essere utilizzati nella gestione della malattia.
In sintesi "gli interventi nutrizionali sono buoni strumenti non farmacologici per il trattamento dell'AD. I risultati hanno mostrato che gli interventi nutrizionali sono in grado di rallentare il tasso di progressione della malattia di Alzheimer, migliorare la funzione cognitiva e migliorare la qualità della vita di questi pazienti. Tuttavia, molte lacune conoscitive restano da indagare; pertanto, si raccomanda uno studio più approfondito sull'associazione tra nutrizione e AD".

Aggiornamento 9/6/2023

Un multivitaminico dato quotidianamente può migliorare la memoria negli anziani (età media del campione 71 anni). Questo mi fa pensare 2 cose: gli anziani mangiano male o non assimilano per cui sono denutriti oppure hanno fabbisogni superiori (soprattutto se assumono farmaci). In ogni caso gli integratori, che sarebbe meglio chiamare supplementi, possono aiutare in determinati casi e quando qualcuno vi dice che sono soldi buttati non sempre ha ragione, soprattutto se parla di argomenti che non conosce.
Un semplice multivitaminico potrebbe ridurre il declino cognitivo in modo economico ed efficace.

Aggiornamento 9/6/2023

I livelli di ALA, un grasso che si trova in particolare nelle noci e nei semi di lino e chia, sono associati a minor progressione della SLA (sclerosi laterale amiotrofica), la terribile malattia neurodegenerativa. Anche acido linoleico (un omega 6) e EPA (un omega 3) sono associati a inferiore mortalità.

Aggiornamento 19/7/2023

La vitamina K1 e la K2 possono supportare la salute dei nervi ed essere quindi d'aiuto nelle malattie neurodegenerative.
La vitamina K2 favorisce la produzione di sfingomielina, componente essenziale per la mielinizzazione delle membrane neuronali e degli assoni. Nel caso dell'Alzheimer, riduce lo stress ossidativo e la neuroinfiammazione. Inoltre nei modelli animali riduce l'accumulo di placca betaamiloide e migliora la funzione mitocondriale, caratteristiche della demenza. L'alterazione dei mitocondri è presente anche nel Parkinson.
Nella sclerosi multipla si sono osservati bassi livelli di questa vitamina e si è visto che la K2 è in grado di ridurre i processi infiammatori modulando alcune vie metaboliche (lipossigenasi e acido arachidonico) e ancora una volta favorendo la sintesi della mielina.

Aggiornamento 27/7/2023

Una scarsa introduzione di fibre in gravidanza si associa a ritardo di neurosviluppo nel bambino. L'effetto è dovuto probabilmente alla modulazione del microbiota, che produce grassi a catena corta fermentando le fibre. Queste sostanze (SCFA) hanno un effetto neurogenico.

Aggiornamento 29/7/2023

Avere una condizione di prediabete, che se non curata quasi sicuramente progredirà in diabete di tipo 2, è associato con aumentato rischio di demenza, ma intervenire impedendo lo sviluppo del diabete riduce questo rischio.
Il legame tra problemi neurocognitivi e diabete è spiegato dalla glicemia alta che mette sotto stress i vasi sanguigni e impedisce un corretto nutrimento del cervello.
In particolare "i meccanismi putativi includono iperglicemia acuta e cronica, tossicità del glucosio, insulino-resistenza e disfunzione microvascolare del sistema nervoso centrale. L'aumento dell'insulina periferica nelle persone con iperglicemia provoca la desensibilizzazione del recettore neuronale dell'insulina, che può portare a una diminuzione della clearance di β-amiloide e un aumento della prefosforilazione della proteina τ. La tossicità del glucosio e la disfunzione microvascolare sono associate ad un aumento dello stress infiammatorio e ossidativo, che porta ad un aumento della permeabilità emato-encefalica. La combinazione di questi meccanismi è stata proposta per spiegare il legame tra diabete e demenza vascolare e di Alzheimer".


Aggiornamento 11/8/2023

In uno studio su quasi 6mila persone, assumere antiacidi per un periodo di oltre 4 anni è associato a un rischio di demenza superiore del 33%.
I meccanismi potrebbero essere legati all'inibizione dell'assorbimento della vitamina B12 (essenziale per i neuroni) e all'inibizione della rimozione di un precursore della betaamiloide, la sostanza che si accumula nel cervello delle persone con Alzheimer. Altre vie possono essere l'alterazione del microbiota dovuta all'ipocloridria (assenza di acidità gastrica) che induce neuroinfiammazione, stress ossidativo e attivazione dell'aggregazione dell'betaamiloide e l'aumentato rischio di ictus.

Aggiornamento 27/8/2023

Le persone con Alzheimer hanno nel loro cervello livelli bassi di alcuni antiossidanti come licopene (pomodoro), retinolo (vitamina A), zeaxantina (mais e peperoni), α-tocoferolo (vitamina E), anidroluteina e luteina (broccoli e spinaci).
Probabilmente una dieta ricca di questi caroteni e vitamine può ridurre il rischio di demenza senile.

Aggiornamento 21/11/2023

La ricerca nel modello animale dimostra un possibile ruolo della Candida nelle patologie neurodegenerative come Parkinson e demenza.
L'infezione da Candida può infatti arrivare al cervello e indurre una patologia simile all'Alzheimer. Una proteina, aspartico proteinasi (Saps), le permette di superare la barriera ematoencefalica. Un'altra, candidalisina, attiva la risposta immunitaria e permette al cervello di difendersi e rimuovere la candida. In caso di ridotta risposta immunitaria l'infezione può essere persistente o recidivante e alterare la funzionalità neurologica.

Aggiornamento 24/11/2023


Gli AGEs si formano con la cottura ad alte temperature, in particolare quando proteine e carboidrati sono presenti contemporaneamente (reazione di Maillard).
I ricercatori hanno dimostrato nel modello animale che la presenza di AGEs aumenta l'appetito per i cibi che li contengono, quindi soprattutto prodotti da forno, dolci e simili.
Questo succede perché alcuni geni favoriscono la dipendenza in modo da farci accumulare grasso da utilizzare nei periodi di carestia. In particolare la mutazione di un gene chiamato glod-4, implicato nella detossificazione, aumenta la dipendenza da AGEs.
Gli AGEs causano infiammazione e stress ossidativo che inducono danno alle arterie, ipertensione, malattie renali, cancro e problemi neurologici. La capacità di detossificare queste sostanze si riduce con l'età e favoriscono l'invecchiamento.
"Ci sono cose semplici che chiunque può fare per ridurre il carico di AGEs nel proprio corpo, ha affermato Kapahi, tra cui mangiare cereali integrali (la fibra aiuta a mantenere stabili i livelli di glucosio), cucinare con calore umido anziché secco (ad esempio, cuocere al vapore anziché friggere o grigliare) e l'aggiunta di acido durante la cottura dei cibi che rallenta la reazione che porta alla formazione di AGEs, per esempio il succo di limone".

Aggiornamento 28/11/2023

Trasferire il microbiota da una persona con Alzheimer nei topi porta gli animali ad avere segni di demenza, sia nei comportamenti che a livello neuronale, dimostrando il legame tra intestino e malattie neurodegenerative.
Abbiate cura dei vostri microbi intestinali per un invecchiamento in salute.

Aggiornamento 16/1/2024

La demenza è caratterizzata da problemi microvascolari e scarsa clearance (rimozione) di sostanze che interferiscono con l’attività neuronale. Gli omega 3 possono migliorare la microcircolazione e il sistema glinfatico (quello responsabile dell’asportazione della betaamiloide e quindi della “pulizia” del cervello). È noto loro effetto antinfiammatorio e neuroprotettivo che può migliorare la funzione cerebrale.
Nonostante non ci siano ancora dati incontrovertibili, la generale sicurezza fa degli omega 3 un potenziale trattamento complementare nelle malattie neurodegenerative.

Aggiornamento 19/1/2024

Una revisione sul Parkinson pubblicata su Lancet sottolinea l’importanza di una figura professionale per l’alimentazione in questi pazienti. Il problema principale è la stitichezza, che può essere contrastata con idratazione, probiotici e fibre. Inoltre si deve fare attenzione alle interazioni farmaco-cibo, in quanto l’azione della levodopa può essere disturbata dalle proteine. Una corretta gestione comprende anche riduzione dello stress e attività fisica idonea.
Il microbiota alterato e la disfunzione mitocondriale sono noti per avere un ruolo nella patogenesi della malattia. “Sono stati descritti cambiamenti nel microbioma intestinale con uno spostamento verso una sovrarappresentazione di specie proinfiammatorie nella malattia di Parkinson, che producono maggiori quantità di endotossine e meno acidi grassi a catena corta antinfiammatori. L’infiammazione intestinale potrebbe essere collegata alla patologia cerebrale attraverso molteplici vie: aumento della permeabilità intestinale e perdita di mediatori dell’infiammazione nel flusso sanguigno e attraverso la barriera emato-encefalica, promozione dell’aggregazione dell’α-sinucleina nei neuroni enterici con diffusione della patologia attraverso il nervo vago o avvio di una risposta delle cellule T specifica per l'α-sinucleina nell'intestino che arriva sino al cervello, o una combinazione di questi”.
Per quanto riguarda i mitocondri, determinano stress ossidativo e scarsa produzione di energia, hanno scarsa qualità e non si rinnovano, impedendo un corretto funzionamento dei neuroni.

Aggiornamento 1/2/2024

I farmaci dimagranti agonisti del GLP1 sembrano avere un effetto antinfiammatorio, in particolare nei confronti del cervello. Possono quindi essere promettenti nei confronti di Parkinson e Alzheimer.

Aggiornamento 18/2/2024

Si conferma l'utilità dei multivitaminici nel prevenire modestamente il declino cognitivo negli anziani. In particolare migliora la memoria episodica.

Aggiornamento 26/3/2024

Il morbo di Alzheimer (AD) è una malattia particolarmente legata allo stress ossidativo (OS) e a difetti nel ripiegamento delle proteine, col risultato di alterare la funzione cerebrale e manifestare demenza.
È improbabile che un componente da solo possa far la differenza, per questo molti studi si concentrano su cocktail di sostanze.
Alcuni che hanno mostrato efficacia sono aceticarnitina, curcumina, resveratrolo ed EGCG. Molti studi sono in corso o non hanno i dati pubblicati.
In generale comunque è lo stile di vita nel suo insieme, e non un singolo nutriente, a fare la differenza, sia in prevenzione che in gestione.
"Il ruolo della dieta nel controllo del rischio di AD è di fondamentale importanza. I nutrienti tra cui grassi, zuccheri, minerali e vitamine sono stati definitivamente associati al rischio di AD e alla progressione della malattia attraverso una serie di meccanismi. Dati recenti hanno suggerito un ruolo diretto della dieta nella modulazione dell’OS, dell’infiammazione, della plasticità sinaptica, dell’amiloidogenesi e della neurogenesi. Modelli dietetici specifici sono stati definitivamente collegati al rischio di AD e potrebbe esistere una complessa associazione reciproca tra dieta e AD".
Le diete di tipo mediterraneo hanno mostrato discreti risultati e miglioramento della memoria episodica, mentre approcci di restrizione calorica o digiuno possono indurre malnutrizione negli anziani. L'attività fisica appare ugualmente importante.
Lo studio riassume scrivendo "Approcci multi-target e uno “stile di vita sano”, inclusa la somministrazione combinata di composti antiossidanti, modelli dietetici ricchi di antiossidanti, stimolazione intellettuale (formazione di nuove sinapsi) ed esercizio fisico, sono fortemente consigliati e attualmente oggetto di indagine in studi sull’uomo".

Nessun commento:

Posta un commento