Continua qui il post su nutrizione e diabete di tipo 2 o altri tipi (tipo 1, gestazionale ecc.)
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Aggiornamento 16/7/2023
I probiotici possono avere un buon effetto sulla glicemia in persone diabetiche secondo una metanalisi. L'effetto è maggiore in persone con BMI superiore a 30. I probiotici a base di bifidobatteri e i cibi probiotici appaiono più efficaci.
"I cambiamenti nella composizione microbica intestinale possono essere un meccanismo mediante il quale l'integrazione di probiotici migliora il controllo glicemico. L'integrazione di probiotici può modulare e aumentare l'abbondanza della flora intestinale che è benefica per il controllo glicemico. Inoltre, il microbiota intestinale può regolare il GLP1, che promuove la secrezione di insulina dalle cellule β pancreatiche e riduce la secrezione di glucagone dalle cellule α, con conseguente riduzione del tempo di svuotamento gastrico, della peristalsi gastrointestinale e della perdita di appetito [lo stesso effetto dei farmaci antiobesità]. Precedenti studi hanno scoperto che i probiotici possono stimolare la produzione di acidi grassi a catena corta, in particolare il butirrato, che aumentano la sensibilità all'insulina e quindi migliorano il controllo glicemico".
Il fatto che le persone con rapporto peso/altezza superiore abbiano maggiore giovamento fa pensare che abbiano un peggiore microbiota.
Aggiornamento 18/7/2023
A parità di calorie, una dieta con maggiore presenza di alimenti funzionali come cereali integrali, cipolle, carciofi, rucola, salmone, tè verde, mandorle e olio extravergine ha maggiore efficacia nel diabete di tipo 2 rispetto a una dieta classica con olio EVO. In particolare si riduce il grasso pancreatico, quello che altera la risposta metabolica, e migliora l'efficacia dell'insulina, l'ormone rilasciato dopo il pasto che ha il compito di abbassare la glicemia e che risulta inefficace nei diabetici.
Aggiornamento 29/7/2023
Avere una condizione di prediabete, che se non curata quasi sicuramente progredirà in diabete di tipo 2, è associato con aumentato rischio di demenza, ma intervenire impedendo lo sviluppo del diabete riduce questo rischio.
Il legame tra problemi neurocognitivi e diabete è spiegato dalla glicemia alta che mette sotto stress i vasi sanguigni e impedisce un corretto nutrimento del cervello.
In particolare "i meccanismi putativi includono iperglicemia acuta e cronica, tossicità del glucosio, insulino-resistenza e disfunzione microvascolare del sistema nervoso centrale. L'aumento dell'insulina periferica nelle persone con iperglicemia provoca la desensibilizzazione del recettore neuronale dell'insulina, che può portare a una diminuzione della clearance di β-amiloide e un aumento della prefosforilazione della proteina τ. La tossicità del glucosio e la disfunzione microvascolare sono associate ad un aumento dello stress infiammatorio e ossidativo, che porta ad un aumento della permeabilità emato-encefalica. La combinazione di questi meccanismi è stata proposta per spiegare il legame tra diabete e demenza vascolare e di Alzheimer".
Aggiornamento 8/8/2023
In persone con diabete di tipo 1 assumere un pasto con meno carboidrati e più proteine prima dell'attività fisica aiuta a ridurre le escursioni glicemiche. I ricercatori però raccomandano di trovare nuove strategie per la gestione dell'insulina.
Aggiornamento 17/8/2023
Il consumo di dolcificanti artificiali è associato ad aumentato rischio di diabete di tipo 2. Lo studio non può stabilire nesso causale ma è comunque da tenere in considerazione per rinnovare l'invito a evitare il consumo dei dolcificanti. Il rischio aumenta in media dal 9 al 70% a seconda del tipo di dolcificante e delle quantità.
L'uso della dieta chetogenica è normalmente controindicato in caso di diabete di tipo 1 (quello giovanile e autoimmune). Esiste infatti un rischio di chetoacidosi incontrollata che porta al coma.
Un piccolo studio ha messo in evidenza che, riducendo i carboidrati, si può avere un aumento del livello di corpi chetonici ma con bassissimo rischio di chetoacidosi. Alcuni diabetici sono stati divisi in 3 gruppi con crescenti quantità di carboidrati.
Nel gruppo con minore introito (<30g al giorno) "nonostante la grave restrizione di carboidrati, il grado di chetosi nutrizionale osservato è molto inferiore al previsto, con un range di 0,3-1,15 mmol/L". La soglia ritenuta indicativa di chetoacidosi è di 3mmol/L, quindi più alta. Lo studio è indicativo di sicurezza della dieta chetogenica nei diabetici di tipo 1, con interessanti prospettive di beneficio nella gestione della malattia, ma sono necessari studi più grandi per confermare i risultati.
Il fico, temutissimo per il suo incredibile contenuto di zuccheri 🤌🏼🤌🏼, in realtà contrasta il diabete grazie al suo effetto di modulazione del metabolismo glucidico. Infatti determina un rallentamento dell’assorbimento del glucosio e un miglioramento del suo ingresso nelle cellule muscolari (miglioramento della sensibilità insulinica), insieme alla modulazione del metabolismo glicemico nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo. Inoltre ha un effetto antiossidante che contrasta i radicali liberi.
Sono uscite le nuove linee guida per la prevenzione cardiovascolare nei diabetici. Si consiglia in generale una dieta mediterranea, meglio se supplementata con olio EVO o frutta oleosa. Queste diete agiscono meglio di una low fat. L'uso di omega 3 non è raccomandato. Dovrebbe essere evitato il consumo di zuccheri, bibite zuccherate e succhi di frutta. In caso di insufficienza cardiaca una dieta con maggiore quantitativo proteico ha un effetto migliore sui fattori di rischio.
La presenza di un team multidisciplinare è fondamentale.
Nelle persone normopeso con diabete l'esercizio coi pesi è più efficace di quello aerobico per migliorare il quadro glicemico. Il miglioramento dell'emoglobina glicata è proporzionale all'aumento della massa magra.
Le diete lowcarb non sono attualmente raccomandate per la gestione del diabete nei giovani. Uno dei motivi è che si può incorrere in ridotta crescita, carenze nutrizionali e problemi di salute, soprattutto se non effettuare correttamente.
Un parere ufficiale dei pediatri americani ha elencato i seguenti punti:
👨🏽i ragazzi con diabete di tipo 1 possono fare una dieta chetogenica o lowcarb solo sotto attenta supervisione medica.
🍩🚫 la riduzione dei carboidrati deve avvenire minimizzando l'introduzione del cibo industriale.
❌🧋 eliminare bibite e succhi zuccherati contribuisce alla riduzione del peso e al miglioramento del quadro glicemico
🥖 le restrizioni dietetiche devono essere gestite da esperti perché possono favorire l'insorgenza di disturbi del comportamento alimentare
🏃🏼♀ dieta e sport anche intenso devono essere prescritti da specialisti
💶 le persone economicamente svantaggiate sono a rischio maggiore di diabete di tipo 2 e devono quindi essere supportate in modo da fare scelte alimentari migliori
L'esposizione alla luce naturale migliora la glicemia nelle persone diabetiche.
Questo è stato dimostrato in un piccolo gruppo di diabetici che indossavano il dispositivo per il monitoraggio continuo della glicemia (CGM).
Quando esposti alla luce solare le persone avevano una glicemia normale per periodi più lunghi. Anche il quoziente respiratorio (QR) era inferiore e questo indicava una maggiore facilità nell'ossidazione dei grassi.
"Se lavori in un ufficio quasi senza esposizione alla luce naturale, ciò avrà un impatto sul tuo metabolismo e sul tuo rischio... o sul controllo del diabete di tipo 2, quindi cerca di ottenere quanta più luce solare possibile e, idealmente, di uscire all'aperto quando puoi”, ha detto il prof. Habets a PracticeUpdate di Elsevier. “Per ora, sembra che [l’esposizione alla luce naturale] non abbia un’influenza maggiore dei farmaci nell’abbassare i livelli di glucosio. Tuttavia, poiché si sono verificati miglioramenti nella [percentuale di] tempo nell’intervallo target di glucosio e nel QR, è utile valutare e modificare l’esposizione alla luce naturale o artificiale dei pazienti, poiché questa potrebbe essere una facile opportunità per ottenere miglioramenti. "
L'insicurezza alimentare raddoppia il rischio di ipoglicemia nei diabetici.
L’insicurezza alimentare (food insecurity, FI), definita come "la mancanza di accesso costante a cibo sufficiente per una vita attiva e sana",
è un potente fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione del diabete.
I motivi sono diversi. Le persone assumono alimenti economici ma che non possono fornire nutrienti a sufficienza. In questo modo aumentano le spese sanitarie e la predisposizione per malattie croniche, incluse ridotta salute mentale, soprattutto stress e depressione.
La FI agisce anche, indirettamente, inducendo infiammazione. L'alimentazione di scarsa qualità è proinfiammatoria e questo determina stress e resistenza insulinica.
I programmi alimentari di sostegno con alimenti salubri agiscono da vera e propria medicina nelle popolazioni colpite da FI.
I pasti medicali su misura (MTM) sono in grado di "migliorare la qualità della dieta, diminuire l’insicurezza alimentare e l’ipoglicemia, migliorare l’autogestione del diabete e sostenere migliori risultati psicosociali. La partecipazione ai programmi MTM è stata anche associata a un minore utilizzo dell’assistenza sanitaria e a costi inferiori". Sono quindi un investimento che fa risparmiare soldi alla sanità.
Il diabete di tipo 2
è un fattore stressante per il corpo. Più ci si ammala da giovani, più si riduce l'aspettativa di vita. Ogni decade con il diabete riduce l'aspettativa di vita di 3-4 anni.
Il diabete gestazionale
aumenta il rischio di sovrappeso nella prole.
I potenziali meccanismi includono alterazioni nel metabolismo lipidico che aumentano l’adiposità della prole, alterazioni nella secrezione di insulina fetale e nella resistenza all’insulina, cambiamenti epigenetici e cambiamenti nella composizione corporea che aumentano il rischio di obesità infantile.
La gestione del peso e una dieta corretta sono fondamentali per prevenire e correggere il diabete gravidico ed evitare la trasmissione ereditaria intergenerazionale del sovrappeso e del diabete.
Prendi un appuntamento per la tua alimentazione in gravidanza.
In uno studio su 75 persone con diabete di tipo 2 è stata verificata l'efficacia del TRE, time restricted feeding, un tipo di digiuno alternato in cui si mangia senza guardare le calorie ma si può assumere cibo solo in una finestra di 8 ore, digiunando nel resto del giorno. Il confronto con una classica dieta ipocalorica ha mostrato una maggiore perdita di peso nel gruppo TRE, ma calo dell'emoglobina glicata simile tra i 2 gruppi. Considerazioni personali: sbagliato l'orario di alimentazione (12-20, senza colazione) e la glicata non è calata correttamente perché è aumentato il cortisolo, ormone iperglicemizzante.
Alcuni recenti studi evidenziano che la dieta lowcarb può ridurre il rischio di diabete gestazionale e promuovere minor aumento di peso a lungo termine, ma solo se contemplano una maggioranza di alimenti salutari e di qualità. Questo va a smentire il tanto caro "tutte le calorie sono uguali" che ancora imperversa tra i professionisti. Le diete a basso contenuto di carboidrati efficaci erano caratterizzate da (pochi) cereali integrali e legumi, frutta e verdura, proteine di alta qualità e grassi salutari.
I meccanismi sembrano legati alla presenza dei micronutrienti e antiossidanti che contrastano la resistenza insulinica che è alla base della patologia diabetica, mentre le fibre aumentano la sazietà e il ridotto introito di grassi saturi riduce l'infiammazione. Inoltre i carboidrati da fonti raffinate possono modulare il destino dei nutrienti, aumentando la tendenza a depositare grasso.
Aggiornamento 6/1/2024
In uno studio che ha coinvolto circa 150 diabetici una dieta con pasti sostituitivi della durata di 13 settimane (e successiva reintroduzione) induce la remissione del diabete di tipo 2 nella metà dei soggetti.
Aggiornamento 2/2/2024
Raggiungere la remissione del diabete riduce effettivamente il rischio di malattia cardiovascolare e renale. È quindi corretto dedicarsi ai cambiamenti dello stile di vita che possono ridurre morbilità e mortalità.
Uno studio ha indagato il legame tra bevande e rischio cardiovascolare in persone con diabete di tipo 2 (T2D).
I risultati mostrano che "maggiori assunzioni di bibite zuccherate, bibite dolcificate artificialmente e succhi di frutta naturali erano ciascuno linearmente associati a un rischio più elevato di eventi cardiovascolari (CVD) in individui con T2D, indipendentemente dalla predisposizione genetica alla CVD, e che la sostituzione di bibite e succhi con caffè, tè o yogurt, ma non di bibite con dolcificanti artificiali erano associati a un minor rischio di eventi CVD nei soggetti con T2D".
La cannella può migliorare il metabolismo glucidico in persone con prediabete
La supplementazione con magnesio può essere efficace nel ridurre la glicemia in donne con diabete gestazionale
La carenza di vitamina D (VDD) incrementa nei diabetici il rischio di neuropatia periferica (DPN), aumentando le lesioni dei nervi.
"Il meccanismo con cui la VDD influisce sulla DPN non è ancora del tutto chiaro. La VDD può influenzare il metabolismo del glucosio compromettendo la funzione delle cellule β pancreatiche, diminuendo i fattori neurotrofici che portano alla disfunzione neurologica e attenuando gli effetti antinfiammatori che portano alla disfunzione endoteliale vascolare, promuovendo così l’insorgenza e la progressione della DPN. La vitamina D ha effetti fisiologici significativi, influenzando la sensibilità all’insulina nel sangue periferico e il metabolismo degli acidi grassi e inattivando le citochine associate alla resistenza all’insulina. Nello specifico, i recettori della vitamina D sono presenti sulle cellule β del pancreas, dove facilitano significativamente la secrezione di insulina migliorando l’afflusso transmembrana di Ca2+ nello spazio intracellulare. La VDD può bloccare il normale rilascio di insulina alterando il flusso di calcio sulle cellule β. Inoltre, la vitamina D, funzionando come neurosteroide, svolge un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento di vari disturbi neurologici. L’evidenza epidemiologica ha suggerito che la vitamina D svolge un ruolo cruciale nello sviluppo neuronale e gli studi hanno dimostrato che i recettori della vitamina D e l’enzima richiesto per la produzione della sua forma attiva (1a-OHasi) sono distribuiti nel cervello, nelle cellule neuronali e nelle cellule gliali.
È noto che l'assunzione di statine può aumentare il rischio di diabete di tipo 2 in alcune persone. Il legame
può essere dato da alcuni batteri intestinali e dal loro effetto sul metabolismo.
"Uno è l’effetto dei metaboliti microbici: aumento dell’imidazolo propionato, degli aminoacidi a catena ramificata (BCAA) e diminuzione degli acidi grassi a catena corta (SCFA) che possono influenzare la secrezione di insulina, la resistenza all’insulina e il bilancio energetico. Gli altri sono l’interruzione della funzione della barriera intestinale che causa l’entrata in circolo di LPS (lipopolisaccaride) e l’aumento indotto dai polisaccaridi batterici di TNF-α (fattore di necrosi tumorale alfa) e IL-6 (interleuchina-6) circolanti, che portano a infiammazione cronica e esacerbazione della resistenza all’insulina".
Non dormire a sufficienza aumenta il rischio di diabete (T2D) anche in chi segue un'alimentazione corretta.
"Come suggerito da studi di laboratorio, la mancanza di sonno può contribuire allo sviluppo del T2D attraverso vari meccanismi, come una ridotta sensibilità cellulare all’insulina, un metabolismo energetico del muscolo scheletrico spostato verso la non ossidazione del glucosio, una maggiore attività del sistema nervoso simpatico e una composizione alterata del microbiota intestinale".
Un altro legame è rappresentato dall'ostruzione delle vie aeree spesso presente, un altro fattore che determina insulinoresistenza.
Nelle persone con diabete di tipo 1 (quello giovanile) l'uso di vitamina D è associato con migliore controllo glicemico. L'associazione deve essere comunque confermata in studi di intervento.
Nel diabete e nella nefropatia diabetica la polarizzazione M2 dei macrofagi può favorire la riparazione dei tessuti danneggiati, mentre quella M1 esacerba l'infiammazione
Durante la gravidanza alcuni ormoni come progesterone, cortisolo, prolattina e ormone lattogeno placentare riducono la sensibilità insulinica per favorire l'accrescimento del feto.
Il controllo metabolico (glicemia e lipidi) è importante perché il nutrimento del nascituro dipende dai nutrienti che oltrepassano la placenta. Iperglicemia e iperlipidemia favoriscono un'eccessiva crescita intrauterina e così predispongono per malattie metaboliche future.
Una metanalisi dimostra l'efficacia degli omega 3 nel migliorare l'insulina e l'indice HOMA nelle donne con ridotta sensibilità insulinica, mentre nelle sane non ci sono variazioni significative.
Il legame tra infiammazione e grasso viscerale nelle persone con diabete di tipo 2 neodiagnosticato
è evidenziato dall'aumento di alcuni valori come TNFα, proteina C reattiva e interleuchina 6.
Lo studio suggerisce di tenere in considerazione la gestione dello stato infiammatorio di basso grado nei diabetici.
Alcuni ricercatori hanno revisionato l'effetto delle spezie sui parametri glicemici legati al diabete di tipo 2 (T2DM). I risultati mostrano che cannella, curcuma, zenzero, cumino nero e zafferano riducono significativamente la glicemia a digiuno nei soggetti con diabete. Il cumino nero ha favorito la maggiore diminuzione della glicemia a digiuno, seguito da cannella e zenzero. Tuttavia, solo lo zenzero e il cumino nero hanno riportato un miglioramento significativo dell’emoglobina glicata, mentre solo la cannella e lo zenzero hanno mostrato una diminuzione significativa della concentrazione di insulina. Lo zenzero sembra essere l’unico tra le erbe aromatiche analizzate a influenzare significativamente i 3 parametri considerati, glucosio a digiuno, emoglobina glicata e insulina. Si suggeriscono ulteriori studi per verificare l’effetto di chiodi di garofano, prezzemolo, timo, pepe nero, rosmarino, basilico e origano sul profilo glicemico nei soggetti con T2DM.
In diabetici di tipo 1, un lieve carico di carboidrati insieme alla caffeina prima dell'esercizio fisico riduce il rischio di ipoglicemia.
Secondo gli aggiornamenti dello studio PURE, che osserva da anni l'effetto dell'ingestione delle varie forme di carboidrati, tenere bassi l'indice e il carico glicemico riduce il rischio di diabete di tipo 2. Questo è particolarmente evidente se si considera il BMI, il rapporto tra peso e altezza. "Il nostro studio suggerisce che aumentare l’assunzione di alimenti a basso indice glicemico, come legumi, frutta, succhi di frutta, verdure non amidacee e latticini, e ridurre l’assunzione di alimenti poveri di nutrienti con un alto indice glicemico e di alimenti ad alto carico glicemico, in particolare gli alimenti amidacei (a parte i legumi) potrebbe avere un effetto sostanziale sulla prevenzione dell’incidenza del diabete a livello globale, in particolare tra le persone con un indice di massa corporea più elevato e nei paesi in cui tradizionalmente vengono consumate diete ad alto contenuto di carboidrati".
"Diversi meccanismi potrebbero spiegare le associazioni positive tra l’indice glicemico, il carico glicemico e il rischio di diabete. In studi sperimentali, le diete con un indice glicemico più elevato sono state associate ad aumento degli acidi grassi liberi circolanti, minore sensibilità all’insulina, compromissione della funzione delle cellule β pancreatiche e delle cellule K intestinali, elevata adiposità viscerale e scarso controllo glicemico. Inoltre, è stato dimostrato che l’iperglicemia postprandiale aumenta lo stress ossidativo, la disfunzione endoteliale e il rilascio di fattori proinfiammatori".
Le persone con
diabete hanno maggiore rischio di vari tipi di
tumori.
Mantenere un buon controllo glicemico in persone con
diabete di tipo 2 è associato a una riduzione del rischio di tumore al colon del 28% e fino al 27% di adenoma.
Aggiornamento 7/5/2024
Come si dovrebbe gestire il paziente diabetico?
Una recente review pratica conclude "la gestione del peso nel diabete di tipo 2 dovrebbe essere intesa come un approccio olistico ai cambiamenti comportamentali nutrizionali e di stile di vita, alla psicologia e alla farmacologia, adattato alla singola persona".
Che significa olistico? Il termine può essere usato come supercazzola a sproposito, ma in generale significa considerare la persona da diversi punti di vista e tenere presente che si tratta di una malattia complessa e multifattoriale, in cui diverse figure specializzate si occupano delle diverse sfaccettature. Quando infatti una persona vuole fare troppe cose, finisce per non farne bene manco una. Così abbiamo il diabetologo che fa l'inquadramento clinico, lo psicologo che supporta la mente, il nutrizionista che elabora l'alimentazione più adatta, il chinesiologo che individua l'attività fisica. Si lavora in team, e chi vuol fare tutto da solo spesso non ha buoni risultati.
Un aumentato apporto di omega 3, in particolare DPA e ALA, che si trovano rispettivamente nel pesce e nell'olio di pesce e nelle noci, è associato con inferiore mortalità in caso di prediabete e diabete.
Il consumo di emulsionanti come additivi alimentari è associato a maggiore rischio di diabete di tipo 2. In particolare "sono state osservate associazioni positive per sette singoli emulsionanti, vale a dire, carragenine [E407], fosfato tripotassico [E340], esteri dell'acido acetil tartarico di monogliceridi e digliceridi degli acidi grassi [E472e], citrato di sodio [E331], gomma di guar [E412] , gomma arabica [E414], gomma xanthan [E415]) e un gruppo di emulsionanti (cioè carragenine totali; E407–407a)".
I meccanismi coinvolgono l'induzione della disbiosi da parte di questi additivi alimentari. In questo modo si stimola uno stato infiammatorio di basso grado che favorisce la desensibilizzazione dei recettori per l'insulina e quindi apre la strada al diabete. Curiosamente gli emulsionanti legati alle malattie cardiovascolari sono diversi.
I ricercatori concludono scrivendo: "Se confermati, questi risultati potrebbero indurre a una rivalutazione delle normative che regolano l’uso degli emulsionanti come additivi alimentari da parte dell’industria alimentare per una migliore protezione dei consumatori".
In uno studio che ha coinvolto 130 mila infermiere, la melatonina appare sicura in persone che fanno turni. Dai dati emerge una probabile protezione nei confronti di diabete e malattie cardiovascolari.
Le linee guida della Endocrine Society sulla vitamina D continuano a raccomandare l'utilizzo di microdosi quotidiane rispetto a boli non giornalieri.
La supplementazione cosiddetta "empirica" (cibi fortificati, supplementi, aggiungerei io esposizione al sole ragionata) viene raccomandata al di sotto dei 18 anni per prevenire rachitismo e proteggere dalle infezioni respiratorie, sopra i 75 per ridurre la mortalità, nelle donne in gravidanza per ridurre complicazioni e mortalità neonatale.
Viene raccomandata inoltre per ridurre il rischio di progressione del prediabete a diabete di tipo 2.
In uno studio su 103mila persone, fare colazione tardi aumenta del 59% il rischio di diabete di tipo 2
In un piccolo ma significativo studio, ridurre l'esposizione al bisfenolo A, un elemento delle plastiche, migliora la sensibilità insulinica in soli 4 giorni. Lo studio è stato fatto su persone normali e mostra come la riduzione di questo composto potrebbe significativamente ridurre la progressione a diabete di tipo 2.
Dosi ritenute sicure di BPA sono quindi in grado di impattare negativamente sulla salute.
Nelle donne con diabete di tipo 2 o con storia di diabete gestazionale, l'allattamento al seno dei figli è associato a minore rischio cardiovascolare, specie se lungo (18 mesi).
La paleodieta prevede l'utilizzo di alimenti che, si pensa, fossero utilizzati dai nostri antenati cacciatori-raccoglitori, escludendo quindi quelli provenienti da agricoltura come i cereali e i legumi e dall'industria, compresi i latticini.
Fondamentalmente la ricerca ci dice che risulta efficace nel dimagrimento e nel miglioramento dei parametri glicemici, lipidici e metabolici nel breve termine.
Quest miglioramenti sono comunque simili alle altre diete indicate per il diabete.
La dieta paleolitica risulta più ricca in fibre e in alcuni minerali, vitamine, antiossidanti e grassi buoni rispetto a una dieta classica.
"La sazietà derivante da cibi ricchi di fibre e ricchi di nutrienti può facilitare la restrizione calorica, la perdita di peso e i successivi miglioramenti metabolici, inclusi i miglioramenti nella sensibilità alla leptina e nello stato infiammatorio".
Alcune persone hanno anche abbandonato alcuni farmaci.
Tuttavia la restrizione di diverse categorie di cibi può favorire la carenza di alcuni nutrienti, come il calcio e alcune fibre (dei cereali).
Gli studi hanno tutti durata troppo breve e sono fatti su numeri ridotti di persone.
Per questo i ricercatori concludono che le prove a sostegno sul lungo termine sono troppo poche, anche per l'estrema difficoltà a protrarre diete così restrittive per lunghi periodi; questo capita anche nella vita reale al di fuori degli esperimenti.
Sappiamo bene che alcune persone riferiscono di trovarsi molto bene con questi regimi, ma si tratta di casi chiamati aneddotici, che non possono essere presi ad esempio ed essere generalizzati per tutti. Al momento una dieta meno restrittiva appare essere più facile da mantenere e permettere, in generale, di avere comunque buoni risultati.
Aumentano le prove sul rischio di slatentizzazione del diabete di tipo 1 da parte dell'infezione COVID
L'insulinoresistenza e l'infiammazione, le principali caratteristiche del diabete, fanno in modo che i neuroni non vengano ben nutriti perché il glucosio fatica ad entrare ed essere utilizzato dalle cellule.
In questo modo la neurotrasmissione non è efficace e serotonina, dopamina e noradrenalina non riescono a compiere il loro lavoro. Anche l'eccesso di leptina altera il meccanismo della serotonina.
Stress e depressione a loro volta attivano l'asse corticotropo, che induce infiammazione e disfunzione autonomica (alterazione delle funzioni vegetative).
L'aumentato rilascio di cortisolo favorisce l'accumulo di grasso viscerale che promuove il diabete.
Tra i meccanismi coinvolti, disfunzione mitocondriale e autofagica, stress ossidativo, insulinoresistenza cerebrale, attivazione delle vie proinfiammatorie, la carenza di BDNF.
Oltre alla terapia nutrizionale, anche limitare l'aumento del peso, una corretta attività fisica e la giusta dose di sonno possono aiutare la prevenzione e la gestione del diabete gestazionale. Tuttavia non sono ancora chiare le quantità ideali di aumento di peso, sport e sonno.
Lo studio ha coinvolto 1,8 milioni di donne seguite per 12 anni, ha necessità di ulteriori conferme per stabilire la causalità.
Secondo una revisione degli studi le diete lowcarb sono efficaci nel migliorare l'assetto lipidico, in particolare abbassare i trigliceridi e aumentare il colesterolo buono, mentre pur essendo utili nel migliorare il metabolismo glicemico non abbassano l'emoglobina glicata più di una dieta tradizionale.
Ritardare o non seguire una routine nei pasti porta a creare problemi al nucleo soprachiasmatico, il gestore dei ritmi circadiani.
"Il disallineamento circadiano interrompe la regolazione metabolica o l’omeostasi, con conseguente compromissione del controllo del glucosio, aumento dei livelli di insulina, resistenza all’insulina e una risposta al glucosio che imita uno stato prediabetico. In particolare, è stato dimostrato che il consumo tardivo riduce la tolleranza al glucosio e compromette la funzione delle cellule beta pancreatiche nei soggetti portatori della variante a rischio di diabete di tipo 2 MTNR1B. I tempi del consumo di cibo influenzano anche i livelli di pressione sanguigna (BP) e i modelli circadiani. È stato dimostrato che il disallineamento circadiano a breve termine aumenta la pressione arteriosa modulando il sistema nervoso autonomo, riducendo l’attività simpatica e aumentando l’attività parasimpatica. Il disallineamento circadiano diminuisce anche la secrezione di melatonina, che è nota per abbassare la pressione arteriosa. Inoltre, modelli di alimentazione ritardati e irregolari sono associati a livelli più alti di proteina C-reattiva (CRP), un marcatore di infiammazione sistemica legata a pressione alta e altre complicanze cardiovascolari".
Invertire di 12 ore i normali ritmi alimentari porta a sopprimere la leptina e aumentare la grelina, aumentando l'appetito.
In generale "gli studi osservazionali e di intervento suggeriscono che modelli di timing alimentare più precoci (quando si mangia presto) e più regolari possono promuovere la salute cardiometabolica, ma rimangono molte lacune di conoscenza da colmare prima che questi aspetti della crononutrizione possano essere formalmente integrati nelle linee guida e negli approcci di sanità pubblica per la prevenzione delle malattie croniche", ma l'integrazione della crononutrizione nelle linee guida per la popolazione potrebbe portare a vantaggi salutistici non indifferenti.
Aggiornamento 31/8/2024
I geni non sono il nostro destino se ci impegniamo con una vita sana. Le persone con alta predisposizione genetica al diabete di tipo 2 possono prevenire o ritardare la malattia con attività fisica e dieta salutare.
Il diabete di tipo 2 ha un chiaro legame col microbiota, ma la situazione è talmente complessa che non è facile trarre conclusioni valide per tutti. Il legame è dato soprattutto dai metaboliti rilasciati, che possono avere un effetto pro o antinfiammatorio e promuovere o ridurre la permeabilità intestinale. Il tratto comune è probabilmente la minor varietà (diversità) di microbi intestinali presente nei diabetici, dovuta essenzialmente allo stile di vita occidentale, con poca fibra e molti prodotti raffinati che non permettono la proliferazione dei microbi. Stratificare i pazienti a seconda delle loro caratteristiche metaboliche potrebbe aiutare nel trattamento.
Ad esempio, "i pazienti privi di batteri produttori di butirrato potrebbero beneficiare di probiotici specifici, mentre quelli con alti livelli di metaboliti dannosi come imidazolo propionato potrebbero richiedere inibitori enzimatici per ridurre questi metaboliti".
Un esame del microbiota e dei metaboliti prima e dopo un intervento sarà quindi fondamentale per scoprire i legami causali più precisamente e prescrivere terapie personalizzate. L'uso di probiotici e prebiotici è potenzialmente utile ma servono ulteriori studi.
Il cronotipo tardivo (alzarsi e mangiare tardi rispetto agli orari normali) e l'uso di cortisonici sistemici sono fattori di rischio per il diabete di tipo 2.
Nel primo caso il rischio di diabete aumenta del 46% (con maggiore peso, circonferenza addominale e grasso nel fegato), nel secondo del 260%.
In uno studio su bambini e adolescenti con diabete di tipo 1, la dieta lowcarb ha favorito la perdita di peso, il controllo glicemico e minori episodi di ipoglicemie, senza particolari problemi. I ricercatori però sottolineano la mancanza di studi sulla sicurezza a lungo termine.
L'alterazione della matrice extracellulare nell'ipotalamo può concorrere alle alterazioni metaboliche perché impedisce all'insulina di effettuare il suo lavoro(resistenza insulinica ipotalamica)
Avere un carattere diligente e aderire ad uno stile di vita corretto è associato nei diabetici a minor rischio cardiovascolare. In pratica, chi "se ne frega" dei consigli è più a rischio di infarto, ictus, fibrillazione e insufficienza cardiaca.
I ricercatori concludono suggerendo di tenere conto del carattere nei pazienti.
Lo stress ossidativo gioca un ruolo cardine nell'insulinoresistenza, la causa del diabete.
Il glutatione è un antiossidante cellulare che è ridotto in caso di insulinoresistenza.
Stimolare la sua produzione con appositi precursori (N-acetilcisteina)
può essere un modo sicuro per ridurre il quadro patologico. Gli studi animali hanno dato buoni risultati, quelli sull'uomo sono ancora pochi e troppo brevi ma promettenti.
Ogni 10% di cibo ultraprocessato in più
è associato con un aumento del rischio di diabete di tipo 2 del 17%, mentre ogni 10% di cibo non processato in più si riduce del 6%
L'articolo si conclude invitando a focalizzarsi sulla riduzione del cibo spazzatura.
Secondo un recente consenso di diverse società scientifiche, è possibile utilizzare la dieta chetogenica dimagrante in alcuni casi selezionati di insufficienza renale. Il dimagrimento così indotto è certamente più salutare per i reni del danno legato al sovrappeso e al diabete.
L'uso di inibitori SGLT2 rimane una controindicazione.
Si ribadisce che non si tratta di una dieta ad alto contenuto proteico e che la sua efficacia è legata anche all'effetto antinfiammatorio e di riduzione dello stress ossidativo, con miglioramento dei parametri metabolici.
Ovviamente anche la classica dieta mediterranea è un'opzione valida.
La scelta sul regime dietetico da applicare dovrebbe venire da un accordo tra nutrizionista, endocrinologo e nefrologo, ovviamente assieme a un confronto col paziente
Il suo effetto antinfiammatorio e antiossidante riduce le molecole infiammatorie e lo stress ossidativo, aumentando le difese antiossidanti (glutatione e superossidodismutasi).
Questo porta a un aumento dei livelli di serotonina che possono favorire un miglioramento dell'umore.
Sempre più studi mostrano che le persone con diabete di tipo 1, quello giovanile, hanno beneficio da una dieta ad alto contenuto di fibre e moderato in carboidrati.
Monitorando con uno strumento apposito, le persone che hanno assunto più fibre e meno carboidrati hanno avuto un migliore equilibrio glicemico, con meno picchi durante la giornata. La riduzione dei carboidrati ha dato un maggior numero di ipoglicemie, ma in generale il miglior controllo e molto più tempo con le glicemie nel range corretto.
Probabilmente sarebbe ora di aggiornare le linee guida.
Ogni porzione giornaliera appare aumentare il rischio del 2%.
Gli alimenti più legati sono: bibite zuccherate o dolcificate, carne processata (wurstel, pancetta ecc.) e snack dolci.
Il principale meccanismo è probabilmente legato alla carenza di fibre e di nutrienti in questo tipo di cibo.
Inoltre "Alcuni altri potenziali percorsi che possono contribuire alle associazioni osservate includono gli additivi alimentari (ad esempio conservanti, dolcificanti artificiali, coloranti) utilizzati per migliorare il sapore e/o prolungare la durata di conservazione e l'introduzione involontaria di composti chimici durante i processi di lavorazione e confezionamento degli alimenti (ad es. composti neoformati come gli AGEs). Il propionato, che viene utilizzato nei cereali per la colazione e negli involucri delle salsicce come conservante, può contribuire alla resistenza all’insulina stimolando la glicogenolisi e aumentando i livelli plasmatici di glucagone e di proteina legante gli acidi grassi 4 (FABP4). I dolcificanti artificiali come l'aspartame e il sucralosio, comuni negli alimenti e nelle bevande ultra-processati come sostituti dello zucchero, sono stati collegati a un rischio più elevato di diabete di tipo 2 in studi sperimentali ed epidemiologici. Acrilammidi, ammine eterocicliche e 5-idrossimetilfurfurale, formati durante la lavorazione, insieme a contaminanti dell'imballaggio come ftalati, bisfenolo A e sostanze perfluoroalchiliche, sono collegati a disturbi endocrini, infiammazioni, resistenza all'insulina e aumento del rischio di diabete".
La vitamina D si conferma utile in caso di diabete di tipo 2. In particolare migliora la glicemia e l'insulinemia a digiuno, la resistenza insulinica e l'emoglobina glicata. Nelle persone sovrappeso, una dose oltre le 2000 unità è necessaria per avere effetto, questo perché è una vitamina liposolubile che viene "sequestrata" dal tessuto adiposo.
"La vitamina D regola la sintesi e la secrezione di insulina attraverso una varietà di meccanismi. Da un lato, la forma attiva della vitamina D, 1,25(OH)2D, si lega al recettore della vitamina D (VDR) per indurre il trasporto del glucosio e stimolare la secrezione di insulina attraverso le cellule β pancreatiche. D’altra parte, la vitamina D può migliorare il metabolismo del glucosio influenzando le concentrazioni di calcio intracellulare. In questo studio, abbiamo scoperto che l’integrazione di vitamina D aumenta significativamente i livelli sierici di vitamina D, che potrebbero attivare il VDR per aumentare l’espressione dei recettori dell’insulina e successivamente aumentare la sensibilità all’insulina. Inoltre, gli effetti antinfiammatori e immunomodulatori della vitamina D possono inibire l’attivazione del fattore nucleare kappa B (mediatore dell'infiammazione), alleviando così la disfunzione delle isole e migliorando il metabolismo del glucosio".
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