Continua qui il post su nutrizione e diabete di tipo 2 o altri tipi (tipo 1, gestazionale ecc.)
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Aggiornamento 16/7/2023
I probiotici possono avere un buon effetto sulla glicemia in persone diabetiche secondo una metanalisi. L'effetto è maggiore in persone con BMI superiore a 30. I probiotici a base di bifidobatteri e i cibi probiotici appaiono più efficaci.
"I cambiamenti nella composizione microbica intestinale possono essere un meccanismo mediante il quale l'integrazione di probiotici migliora il controllo glicemico. L'integrazione di probiotici può modulare e aumentare l'abbondanza della flora intestinale che è benefica per il controllo glicemico. Inoltre, il microbiota intestinale può regolare il GLP1, che promuove la secrezione di insulina dalle cellule β pancreatiche e riduce la secrezione di glucagone dalle cellule α, con conseguente riduzione del tempo di svuotamento gastrico, della peristalsi gastrointestinale e della perdita di appetito [lo stesso effetto dei farmaci antiobesità]. Precedenti studi hanno scoperto che i probiotici possono stimolare la produzione di acidi grassi a catena corta, in particolare il butirrato, che aumentano la sensibilità all'insulina e quindi migliorano il controllo glicemico".
Il fatto che le persone con rapporto peso/altezza superiore abbiano maggiore giovamento fa pensare che abbiano un peggiore microbiota.
Aggiornamento 18/7/2023
A parità di calorie, una dieta con maggiore presenza di alimenti funzionali come cereali integrali, cipolle, carciofi, rucola, salmone, tè verde, mandorle e olio extravergine ha maggiore efficacia nel diabete di tipo 2 rispetto a una dieta classica con olio EVO. In particolare si riduce il grasso pancreatico, quello che altera la risposta metabolica, e migliora l'efficacia dell'insulina, l'ormone rilasciato dopo il pasto che ha il compito di abbassare la glicemia e che risulta inefficace nei diabetici.
Aggiornamento 29/7/2023
Avere una condizione di prediabete, che se non curata quasi sicuramente progredirà in diabete di tipo 2, è associato con aumentato rischio di demenza, ma intervenire impedendo lo sviluppo del diabete riduce questo rischio.
Il legame tra problemi neurocognitivi e diabete è spiegato dalla glicemia alta che mette sotto stress i vasi sanguigni e impedisce un corretto nutrimento del cervello.
In particolare "i meccanismi putativi includono iperglicemia acuta e cronica, tossicità del glucosio, insulino-resistenza e disfunzione microvascolare del sistema nervoso centrale. L'aumento dell'insulina periferica nelle persone con iperglicemia provoca la desensibilizzazione del recettore neuronale dell'insulina, che può portare a una diminuzione della clearance di β-amiloide e un aumento della prefosforilazione della proteina τ. La tossicità del glucosio e la disfunzione microvascolare sono associate ad un aumento dello stress infiammatorio e ossidativo, che porta ad un aumento della permeabilità emato-encefalica. La combinazione di questi meccanismi è stata proposta per spiegare il legame tra diabete e demenza vascolare e di Alzheimer".
Aggiornamento 8/8/2023
In persone con diabete di tipo 1 assumere un pasto con meno carboidrati e più proteine prima dell'attività fisica aiuta a ridurre le escursioni glicemiche. I ricercatori però raccomandano di trovare nuove strategie per la gestione dell'insulina.
Aggiornamento 17/8/2023
Il consumo di dolcificanti artificiali è associato ad aumentato rischio di diabete di tipo 2. Lo studio non può stabilire nesso causale ma è comunque da tenere in considerazione per rinnovare l'invito a evitare il consumo dei dolcificanti. Il rischio aumenta in media dal 9 al 70% a seconda del tipo di dolcificante e delle quantità.
Un piccolo studio ha messo in evidenza che, riducendo i carboidrati, si può avere un aumento del livello di corpi chetonici ma con bassissimo rischio di chetoacidosi. Alcuni diabetici sono stati divisi in 3 gruppi con crescenti quantità di carboidrati.
Nel gruppo con minore introito (<30g al giorno) "nonostante la grave restrizione di carboidrati, il grado di chetosi nutrizionale osservato è molto inferiore al previsto, con un range di 0,3-1,15 mmol/L". La soglia ritenuta indicativa di chetoacidosi è di 3mmol/L, quindi più alta. Lo studio è indicativo di sicurezza della dieta chetogenica nei diabetici di tipo 1, con interessanti prospettive di beneficio nella gestione della malattia, ma sono necessari studi più grandi per confermare i risultati.
Un parere ufficiale dei pediatri americani ha elencato i seguenti punti:
👨🏽i ragazzi con diabete di tipo 1 possono fare una dieta chetogenica o lowcarb solo sotto attenta supervisione medica.
🍩🚫 la riduzione dei carboidrati deve avvenire minimizzando l'introduzione del cibo industriale.
❌🧋 eliminare bibite e succhi zuccherati contribuisce alla riduzione del peso e al miglioramento del quadro glicemico
🥖 le restrizioni dietetiche devono essere gestite da esperti perché possono favorire l'insorgenza di disturbi del comportamento alimentare
🏃🏼♀ dieta e sport anche intenso devono essere prescritti da specialisti
💶 le persone economicamente svantaggiate sono a rischio maggiore di diabete di tipo 2 e devono quindi essere supportate in modo da fare scelte alimentari migliori
Questo è stato dimostrato in un piccolo gruppo di diabetici che indossavano il dispositivo per il monitoraggio continuo della glicemia (CGM).
Quando esposti alla luce solare le persone avevano una glicemia normale per periodi più lunghi. Anche il quoziente respiratorio (QR) era inferiore e questo indicava una maggiore facilità nell'ossidazione dei grassi.
I motivi sono diversi. Le persone assumono alimenti economici ma che non possono fornire nutrienti a sufficienza. In questo modo aumentano le spese sanitarie e la predisposizione per malattie croniche, incluse ridotta salute mentale, soprattutto stress e depressione.
La FI agisce anche, indirettamente, inducendo infiammazione. L'alimentazione di scarsa qualità è proinfiammatoria e questo determina stress e resistenza insulinica.
I programmi alimentari di sostegno con alimenti salubri agiscono da vera e propria medicina nelle popolazioni colpite da FI.
I pasti medicali su misura (MTM) sono in grado di "migliorare la qualità della dieta, diminuire l’insicurezza alimentare e l’ipoglicemia, migliorare l’autogestione del diabete e sostenere migliori risultati psicosociali. La partecipazione ai programmi MTM è stata anche associata a un minore utilizzo dell’assistenza sanitaria e a costi inferiori". Sono quindi un investimento che fa risparmiare soldi alla sanità.
I potenziali meccanismi includono alterazioni nel metabolismo lipidico che aumentano l’adiposità della prole, alterazioni nella secrezione di insulina fetale e nella resistenza all’insulina, cambiamenti epigenetici e cambiamenti nella composizione corporea che aumentano il rischio di obesità infantile.
La gestione del peso e una dieta corretta sono fondamentali per prevenire e correggere il diabete gravidico ed evitare la trasmissione ereditaria intergenerazionale del sovrappeso e del diabete.
Prendi un appuntamento per la tua alimentazione in gravidanza.
"Il meccanismo con cui la VDD influisce sulla DPN non è ancora del tutto chiaro. La VDD può influenzare il metabolismo del glucosio compromettendo la funzione delle cellule β pancreatiche, diminuendo i fattori neurotrofici che portano alla disfunzione neurologica e attenuando gli effetti antinfiammatori che portano alla disfunzione endoteliale vascolare, promuovendo così l’insorgenza e la progressione della DPN. La vitamina D ha effetti fisiologici significativi, influenzando la sensibilità all’insulina nel sangue periferico e il metabolismo degli acidi grassi e inattivando le citochine associate alla resistenza all’insulina. Nello specifico, i recettori della vitamina D sono presenti sulle cellule β del pancreas, dove facilitano significativamente la secrezione di insulina migliorando l’afflusso transmembrana di Ca2+ nello spazio intracellulare. La VDD può bloccare il normale rilascio di insulina alterando il flusso di calcio sulle cellule β. Inoltre, la vitamina D, funzionando come neurosteroide, svolge un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento di vari disturbi neurologici. L’evidenza epidemiologica ha suggerito che la vitamina D svolge un ruolo cruciale nello sviluppo neuronale e gli studi hanno dimostrato che i recettori della vitamina D e l’enzima richiesto per la produzione della sua forma attiva (1a-OHasi) sono distribuiti nel cervello, nelle cellule neuronali e nelle cellule gliali.
"Uno è l’effetto dei metaboliti microbici: aumento dell’imidazolo propionato, degli aminoacidi a catena ramificata (BCAA) e diminuzione degli acidi grassi a catena corta (SCFA) che possono influenzare la secrezione di insulina, la resistenza all’insulina e il bilancio energetico. Gli altri sono l’interruzione della funzione della barriera intestinale che causa l’entrata in circolo di LPS (lipopolisaccaride) e l’aumento indotto dai polisaccaridi batterici di TNF-α (fattore di necrosi tumorale alfa) e IL-6 (interleuchina-6) circolanti, che portano a infiammazione cronica e esacerbazione della resistenza all’insulina".
"Come suggerito da studi di laboratorio, la mancanza di sonno può contribuire allo sviluppo del T2D attraverso vari meccanismi, come una ridotta sensibilità cellulare all’insulina, un metabolismo energetico del muscolo scheletrico spostato verso la non ossidazione del glucosio, una maggiore attività del sistema nervoso simpatico e una composizione alterata del microbiota intestinale".
Un altro legame è rappresentato dall'ostruzione delle vie aeree spesso presente, un altro fattore che determina insulinoresistenza.
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