Un gruppo di scienziati ha elencato 30 miti/incomprensioni/semplificazioni sull'obesità. Mi limito a illustrare con le loro parole una semplificazione a cui spesso fanno ricorso anche i professionisti: solo le calorie contano.
Infatti sebbene l'aumento (o la diminuzione) di peso sia sempre dovuto a uno squilibrio tra calorie introdotte e quelle consumate, questo equilibrio (o disequilibrio) energetico è influenzato da fattori che non sempre sono sotto il nostro controllo. Ecco perché è sbagliato generalizzare dando tutte le colpe alle persone.
Le leggi della termodinamica non vengono violate, ma l'efficienza (o l'inefficienza) del sistema biologico modula l'utilizzo delle calorie.
L'effetto termico del cibo (produzione di calore dopo il pasto) aumenta con alimenti non processati, con un'alta introduzione totale di calorie e con i grassi a catena media rispetto a quelli a catena lunga; invece può essere ridotto negli obesi e in caso di insulinoresistenza.
Dai nutrienti la cellula ottiene al 40% ATP (la "benzina" per le reazioni cellulari) e al 60% calore. Piccole variazioni di queste percentuali possono influenzare notevolmente il bilancio energetico sul lungo periodo.
L'effetto termico del cibo (produzione di calore dopo il pasto) aumenta con alimenti non processati, con un'alta introduzione totale di calorie e con i grassi a catena media rispetto a quelli a catena lunga; invece può essere ridotto negli obesi e in caso di insulinoresistenza.
Dai nutrienti la cellula ottiene al 40% ATP (la "benzina" per le reazioni cellulari) e al 60% calore. Piccole variazioni di queste percentuali possono influenzare notevolmente il bilancio energetico sul lungo periodo.
"La natura dell'assunzione di cibo e macronutrienti e i processi metabolici postprandiali influenzano tutti l'equilibrio calorico. Per quanto riguarda le "calorie in", i macronutrienti differiscono nella loro densità energetica. Il grado di assorbimento intestinale degli alimenti ingeriti dipende dalla proporzione di fibre digeribili e non digeribili. L'indice e il carico glicemico identificano il grado con cui il cibo aumenta i livelli di glucosio postprandiale nel sangue (glicemia).
Una dieta a basso indice/carico glicemico è focalizzata sulla riduzione della glicemia e dell'insulina postprandiali, mentre una dieta chetogenica è focalizzata sulla riduzione della quantità di carboidrati totali. Le diete chetogeniche sopprimono l'appetito e sono utilizzate come intervento dietetico per promuovere la riduzione del peso nei pazienti con obesità. Alcuni studi suggeriscono che l'associazione tra indice glicemico/carico di alimenti e risultati sulla salute e obesità è equivoca. Mentre l'iperinsulinemia con insulino-resistenza può aumentare l'attività del sistema nervoso simpatico (e potenzialmente aumentare la pressione sanguigna) e facilitare la lipolisi delle cellule adipose, gli effetti dell'insulino-resistenza sul tasso metabolico a riposo (oltre all'aumento associato della massa grassa) non sono evidenti. Tuttavia, altri studi supportano che un elevato indice/carico glicemico alimentare è effettivamente associato a un aumentato rischio di diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari, e che schemi dietetici a basso indice glicemico/carico sono associati a una ridotta incidenza di diabete mellito e malattie cardiovascolari. Inoltre, nel caso specifico, ma illustrativo del diabete mellito gestazionale, le diete a basso indice glicemico riducono il rischio di assunzione di insulina e riducono il rischio di macrosomia (eccessivo peso alla nascita).
Se una dieta a basso contenuto di carboidrati facilita la riduzione del peso, ciò è probabilmente dovuto alla diminuzione della fame, al ridotto apporto energetico e all'aumento spontaneo dell'attività fisica, con possibile attenuazione della diminuzione sia della massa muscolare che della spesa energetica a riposo, che spesso si riscontra con la riduzione del peso. Infine, gli alimenti ad alto indice glicemico possono essere associati all'obesità addominale negli individui e nelle popolazioni suscettibili".
Quali fattori influenzano le calorie in entrata?
Il tipo di alimento influenza l'appetito e la sazietà. "Il marketing alimentare e la stimolazione dei sensi come vista, suono, olfatto, gusto e tatto possono favorire le scelte alimentari. Altri fattori che influenzano il tipo e la quantità di assunzione di cibo includono i tempi e le emozioni durante i pasti, l'ambiente, la ricompensa, lo stress mentale, le malattie psichiatriche e i disturbi alimentari. La restrizione del sonno spesso aumenta la fame, l'appetito, l'assunzione di cibo e il grasso viscerale".
L'assunzione di farmaci può aumentare la fame e quindi l'assunzione calorica, mentre il microbiota può modulare l'estrazione di calorie dalla dieta.
Quali fattori influenzano le calorie in uscita?
Quelli più importanti sono il metabolismo basale, estremamente variabile, e l'attività fisica, sia volontaria che involontaria, anch'essa molto diversa tra gli individui. E come già accennato l'effetto termico del cibo: più mangio e più consumo, e le proteine hanno il maggior effetto.
La quantità e il tipo di grasso (grasso bianco inerte o grasso bruno termogenico) non sono marginali, mentre farmaci e condizioni fisiologiche come gravidanza e allattamento possono aumentare la spesa energetica.
Fare sempre lo stesso tipo di allenamento può portare a una riduzione della spesa energetica per adattamenti che si instaurano, così come stare sempre in restrizione calorica.
Per concludere e riassumere: "nel complesso, sia che si tratti di macronutrienti consumati o immagazzinati, la semplice affermazione di "calorie che entrano è uguale a calorie in uscita" [per avere un bilancio calorico in equilibrio] è clinicamente corretta solo se si comprende la complessità di "calorie in entrata" e "calorie in uscita", nonché le efficienze e le inefficienze metaboliche".
Aggiornamento 20/11/2022
Ritardare i pasti porta a una significativa riduzione dell'ossidazione dei grassi nei confronti dei carboidrati, come si evince da una aumento del quoziente respiratorio, che misura la "miscela" di carboidrati e grassi che viene consumata da noi costantemente. La spesa energetica totale non sembra essere influenzata in maniera significativa, ma in un contesto di eccesso calorico si favorirebbe maggiormente l'accumulo di adipe.
Aggiornamento 28/1/2023
Una revisione degli studi mostra che una significativa porzione delle persone normopeso che perdono peso di proposito, magari per pressioni sociali o distorsione dell'immagine, spesso riacquistano i kg persi con gli interessi. L'analisi suggerisce che indurre un bilancio energetico negativo genera dei comportamenti compensatori di adattamento che persistono oltre la fase in cui si mangia per recuperare il peso. In questo modo ci si può ritrovare con più kg totali, ma meno muscolo e più grasso. Per questo un taglio calorico può, in individui predisposti, favorire un passaggio al sovrappeso o all'obesità.
Aggiornamento 11/2/2023
Gli studi comparativi hanno mostrato che non c'è grande differenza nel dimagrimento ottenuto con una classica restrizione calorica e il digiuno intermittente.
Alcuni ricercatori hanno mostrato che aumentando le proteine e distribuendole correttamente durante la giornata il digiuno intermittente è molto più efficace per quanto riguarda il miglioramento della composizione corporea (aumentando il muscolo e riducendo il grasso), la circonferenza addominale, il grasso viscerale, la gestione dell'appetito, la pressione sanguigna e i lipidi plasmatici, a parità di calorie con una classica dieta ipocalorica.
"I risultati dello studio dovrebbero favorire l'enfasi sulla qualità dei nutrienti assunti (riduzione di zucchero e sodio e aumento di proteine e fibre) e la quantità di cibo consumato per promuovere la perdita di peso, il miglioramento della composizione corporea e dei comportamenti nell'assunzione di cibo. Questi effetti favorevoli appaiono indipendenti dalle alterazioni degli ormoni circolanti e dalle differenze nel bilancio energetico."
Le persone in digiuno intermittente hanno perso 3kg in più con un'introduzione calorica simile.
Alcuni ricercatori hanno mostrato che aumentando le proteine e distribuendole correttamente durante la giornata il digiuno intermittente è molto più efficace per quanto riguarda il miglioramento della composizione corporea (aumentando il muscolo e riducendo il grasso), la circonferenza addominale, il grasso viscerale, la gestione dell'appetito, la pressione sanguigna e i lipidi plasmatici, a parità di calorie con una classica dieta ipocalorica.
"I risultati dello studio dovrebbero favorire l'enfasi sulla qualità dei nutrienti assunti (riduzione di zucchero e sodio e aumento di proteine e fibre) e la quantità di cibo consumato per promuovere la perdita di peso, il miglioramento della composizione corporea e dei comportamenti nell'assunzione di cibo. Questi effetti favorevoli appaiono indipendenti dalle alterazioni degli ormoni circolanti e dalle differenze nel bilancio energetico."
Le persone in digiuno intermittente hanno perso 3kg in più con un'introduzione calorica simile.
Aggiornamento 6/3/2023
Il grasso bruno è presente nelle persone in diverse quantità. Si tratta di un particolare tipo di grasso che dissipa come calore l'energia consumata nei suoi mitocondri (termogenesi). Pur essendo piccola in valore assoluto, la quantità di calorie consumata è comunque importante, tant'è che le persone con più grasso bruno hanno meno tendenza all'obesità e alle malattie metaboliche. Negli studi sui topi emerge che un esposizione acuta a una dieta ad alto contenuto di zucchero aumenta la termogenesi, ma un uso cronico di zucchero la riduce, nonostante aumenti la massa del grasso bruno. Si riduce in generale la capacità di consumare energia ma aumenta quella di metterla da parte, insieme alla produzione di trigliceridi. Ebbene sì, quello che mangiamo può influenzare la spesa energetica.
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