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martedì 24 gennaio 2023

Omega 3: proteggono dalle malattie cardiovascolari?


Esistono molti tipi di grassi, alcuni dei quali essenziali, nel senso che il nostro corpo non li può produrre ma dipende dall'introduzione alimentare: gli omega 3 e gli omega 6. In questo articolo ho spiegato le differenze.

http://www.luciomariapollini.com/Articoli/omega%203%206%209.htm


Il tipo di grassi in generale e anche il tipo di omega 3 influenzano la salute a causa di diverse proprietà fisico-chimiche e non solo.

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Gli omega 3 a lunga catena (EPA e DHA) possono avere un effetto nei confronti di dislipidemia e aterosclerosi. Infatti anche quando si raggiunge il corretto livello di LDL (il colesterolo "cattivo" ritenuto un fattore di rischio cardiovascolare) rimane un rischio residuo legato ai trigliceridi alti, che non vengono abbassati dalle statine. Nonostante gli omega 3 abbiano effetto sui livelli di trigliceridi, la diminuzione degli eventi cardiovascolari appare inconsistente e la loro efficacia nei confronti della riduzione della mortalità cardiovascolare è ancora dubbia secondo i risultati dei trial.

Alcune spiegazioni le dà un articolo appena pubblicato. La produzione di questi grassi è piuttosto limitata nell'uomo, a parte nelle donne in età fertile che hanno una discreta conversione di ALA (omega 3 a 18 atomi di carbonio) in DHA che è necessario per lo sviluppo del nascituro. Per questo devono essere necessariamente introdotti con l'alimentazione o l'integrazione. Le specie marine come lo sgombro o il salmone hanno fino a 4 g per porzione rispetto al pesce bianco meno ricco. Ad esempio, la tilapia ha livelli tissutali dieci volte inferiori di omega 3 mentre appare ricca di omega 6. Assumere pesce allevato che assume fonti di omega 6 e non alghe ricche in omega 3 (o pesci che seguono la corretta catena alimentare e quindi ne contengono) fa in modo che sia ricco dei primi e non dei secondi. Per questo esiste forte interesse per gli integratori: il pesce che assumiamo non sempre fornisce omega 3. È corretto usarli? Alcuni integratori di mediocre qualità contengono prodotti ossidati e grassi saturi che possono essere addirittura dannosi. Questi elementi non sono presenti nei prodotti di grado farmaceutico.

Il processo di estrazione che è necessario per gli integratori può degradare gli omega 3 che sono molto delicati, favorendo così un effetto proossidante che è contrario a quello previsto (addirittura incremento dei trigliceridi in un trial).

Una formulazione farmacologica (icosapent etile) di EPA, il grasso omega 3 a 20 atomi di carbonio, appare efficace per ridurre la mortalità in persone ad alto rischio e la progressione dell'aterosclerosi in persone con ipertrigliceridemia.

L'EPA appare più efficace del DHA (che possiede 22 atomi di carbonio e quindi struttura differente) grazie a diversi meccanismi: inibizione della trombosi e dell'attivazione piastrinica, protezione della struttura della membrana cellulare, miglioramento della funzione endoteliale, miglioramento nella distribuzione del colesterolo nella membrana cellulare e maggiore efflusso di colesterolo rispetto al DHA. Il DHA sembra avere maggiore effetto sulla salute cerebrale e sui nervi. I cristalli di colesterolo monoidrato si depositano nelle membrane e nelle placche aterosclerotiche, aumentando l'attivazione dei macrofagi e l'infiammazione. A livello delle placche favoriscono la rottura rendendo instabile la struttura. La rottura della placca è l'evento che precede la formazione del trombo e quindi l'infarto.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8670783/



Usare formule contenenti entrambi i grassi non è efficace come usare solo l'EPA nei confronti del pericolo cardiovascolare.
La riduzione della trigliceridemia avviene mediante alcuni meccanismi principali: aumento della betaossidazione dei grassi nei mitocondri e riduzione della lipogenesi e della produzione di VLDL ricche in trigliceridi. Gli omega 3 attivano il recettore GPR120 che stimola il grasso bruno.
L'attivazione di PPAR-α da parte degli omega 3 riduce i livelli di VLDL e trigliceridi mentre aumenta i livelli circolanti di lipoproteine ​​ad alta densità (HDL) in seguito all'induzione dell'espressione epatica  dell'apolipoproteina A-I e dell'apolipoproteina A-II.

Alcuni degli effetti degli omega 3 sono correlati alla loro influenza sulle membrane cellulari, modulando l'effetto del colesterolo che ha il compito di regolare la fluidità delle membrane: il DHA promuove l'aggregazione del colesterolo stabilizzando le membrane (molto importante per i rapidi cambi conformazionali necessari per la visione) mentre anche in questo caso l'EPA favorisce una protezione dall'aterosclerosi, anche aumentando il trasporto inverso. Per questo il DHA si concentra nei neuroni mentre l'EPA è più importante nelle arterie. 


L'effetto antiossidante sulle membrane dell'EPA è maggiore rispetto agli altri grassi polinsaturi. I grassi con 2 doppi legami o meno non hanno una struttura di risonanza capace di proteggere dall'ossidazione. In questo modo l'EPA riduce le LDL ossidate, un fattore di rischio principale per l'aterosclerosi. L'effetto antiossidante è particolarmente evidente nel caso di diabete dove l'EPA blocca i danni indotti dal glucosio in eccesso. Le statine possono avere un effetto sinergico.
In sintesi i migliori effetti dell'EPA rispetto al DHA nel caso delle malattie cardiovascolari sono dovute soprattutto alle sue proprietà fisico-chimiche e antiossidanti sulle membrane, ma solo appropriate formulazioni sono veramente efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare.

Una recente metanalisi ha mostrato che in generale gli omega 3 sono efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare, nonostante 2 pubblicazioni mostrassero una potenziale efficacia negativa (ossia possibile aumento delle morti), ma le formulazioni con EPA sono più efficaci di quelle con EPA + DHA. Secondo qualcuno il DHA potrebbe addirittura negare i benefici dell'EPA. Un'altra metanalisi evidenzia che gli effetti di riduzione di morte cardiaca, infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica, angina instabile ed eventi vascolari maggiori si notano solo con almeno 1 grammo al giorno, con un maggior rischio di sanguinamento e fibrillazione.

Gli effetti antinfiammatori e restauratori dell'omeostasi degli omega 3 sono dovuti soprattutto ai loro derivati proresolvine (SPM), la cui carenza è legata a progressione dell'aterosclerosi, e agiscono tramite riduzione del traffico di granulociti, generazione di citochine, rimozione del danno cellulare da parte dei macrofagi, modulazione delle diverse cellule immunitarie in modo da risolvere l'infiammazione e riportare l'omeostasi (corretto equilibrio) nei tessuti.  

In una sinossi delle varie linee guida delle società scientifiche, gli autori del lavoro riassumono così: gli omega 3 possono essere utili nell'insufficienza cardiaca, non appaiono utili nelle aritmie (anzi possono aumentare il rischio di fibrillazione atriale), possono aiutare in diverse cardiomiopatie (Chagas, dilatativa, tachicardia atriale). Gli omega 3 possono aiutare ad abbassare la pressione alta e riducono il rischio di morte improvvisa tra il 40 e l'80%. 

Sebbene controversi nella pratica clinica, gli effetti protettivi sulla salute cardiaca sono dovuti sia al miglioramento del quadro lipidico, in particolare riduzione delle VLDL e dei trigliceridi, sia all'azione anti-aterosclerosi tramite regolazione della funzione endoteliale, della stabilità della membrana, dell'infiammazione, delle molecole di adesione, della perossidazione lipidica, mediante la riduzione della formazione della placca aterosclerotica e sua stabilizzazione, riducendo l'attivazione e l'aggregazione piastrinica e regolando la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca. 

Nel 2019 l'EMA ha ritirato l'indicazione all'uso di EPA + DHA per la prevenzione cardiovascolare e in generale le linee guida di varie nazioni li indicano solo per la gestione dell'ipertrigliceridemia. In pratica non c'è dimostrazione che il DHA riduca il rischio cardiovascolare; esiste invece per l'EPA purificato. Gli esperti cinesi inoltre raccomandano l'EPA più del mix per proteggere dalla rivascolarizzazione in chi abbia avuto eventi. Tra gli effetti collaterali si registrano lievi aumenti nel rischio di fibrillazione atriale e sanguinamento e qualche problema gastrointestinale.

In definitiva per avere una significativa riduzione del pericolo cardiovascolare è necessario probabilmente usare la formulazione farmacologica di omega 3 (icosapent-etile) mentre i comuni integratori sono d'aiuto solo se di buona qualità e senza risultati eccelsi. 

Aggiornamento 14/2/2023

L'uso di olio di pesce ricco in omega 3 in persone con artrite reumatoide aumenta i livelli di proresolvine, mediatori specifici per la risoluzione dell'infiammazione cronica.

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