Continua qui il post sulla relazione tra stato infiammatorio e nutrienti.
Aggiornamento 8/9/2022
Secondo una revisione degli studi la supplementazione con omega 3 può diminuire i livelli sierici di TNF-α, IL-6 e CRP, tre marcatori associati all'infiammazione. "I pazienti con malattie la cui patogenesi è correlata all'infiammazione cronica, come cancro, malattie renali, diabete mellito e malattie cardiache, possono beneficiare dell'integrazione di omega 3". Sia EPA che DHA, i 2 principali omega 3, hanno effetto da singoli, ma se usati contemporaneamente l'effetto è migliore e sinergico.
Aggiornamento 26/9/2022
"La sclerosi multipla (SM) è attualmente una malattia neurologica incurabile e non traumatica con gravi implicazioni emotive ed economiche. L'infiammazione è considerata un attore importante nella sua patogenesi poiché la mancata risoluzione dell'infiammazione è il fattore unificante delle condizioni patologiche in diverse malattie infiammatorie. Sebbene siano disponibili diversi regimi farmacologici e approcci riabilitativi per la gestione di questa malattia, al momento non sono disponibili strategie efficaci per modulare l'alterazione del sistema immunitario che attacca diversi componenti del sistema nervoso. I farmaci disponibili per il trattamento sono associati a sostanziali effetti avversi che complicano ulteriormente la gestione di questa malattia debilitante. Pertanto, le terapie esistenti possono solo ritardare in una certa misura la progressione della malattia, ma un approccio curativo o riparativo per invertire il danno causato alla mielina rimane elusivo".
Le proresolvine sono un trattamento potenziale e promettente per la SM da verificare negli studi clinici.
Aggiornamento 28/9/2022
Un po' di aggiornamenti su proresolvine, derivati degli omega 3 che favoriscono la risoluzione dell'infiammazione cronica, ed eccesso di peso. La condizione di sovrappeso spesso si lega a un infiammazione di basso grado che è alla base delle patologie collegate, diabete, malattie cardiovascolari e simili.
La mancanza di proresolvine è alla base di questa infiammazione cronica, che forniscono segnali fondamentali per bloccarla.
Insulinoresistenza, pressione alta, steatosi epatica, stress ossidativo, tutte caratteristiche della sindrome metabolica, possono migliorare con le proresolvine. Anche l'infiammazione e la permeabilità intestinale possono migliorare, insieme a un effetto di modulazione del microbiota.
Nei diabetici che si sottopongono a chirurgia bariatrica, la remissione del diabete non avviene in chi ha bassi livelli di proresolvina maresina 1.
Nonostante gli studi sull'uomo siano ancora pochi, il loro uso è promettente.
Tuttavia tra gli effetti collaterali a lungo termine possono esserci: alterazioni della composizione corporea, aumento della sensibilità al freddo, riduzione della forza muscolare, irregolarità mestruali, infertilità, perdita della libido, osteoporosi , guarigione lenta delle ferite, ossessione per il cibo, irritabilità e depressione. Inoltre la CR non assicura vantaggi se utilizzata in tarda età.
"[…] i dati (potrebbero suggerire) che è improbabile che raggiungere il target dell'LDL da solo riduca completamente il rischio aterosclerotico e che le vie infiammatorie devono ancora essere completamente "utilizzate" per ridurre i tassi di eventi cardiovascolari fatali e non fatali. Riteniamo che l'uso combinato di terapie ipolipemizzanti e antinfiammatorie aggressive potrebbe diventare in futuro uno standard di cura per la malattia aterosclerotica".
L'alimentazione è uno dei principali determinanti dell'infiammazione, quindi per ridurre il rischio cardiovascolare non basta spolverare le statine sopra i fritti.
La sarcopenia è un disturbo muscolare scheletrico progressivo e generalizzato che comporta la perdita accelerata di forza e massa muscolare. È tipica dell'anziano malnutrito e colpisce circa una persona su quattro con artrite reumatoide (RA).
Le citochine infiammatorie possono accelerare lo sviluppo della sarcopenia attraverso l'aumento della proteolisi muscolare, l'interruzione dell'auto-rinnovamento delle cellule staminali muscolari e la compromissione diretta della forza delle fibre muscolari.
L'esercizio fisico è attualmente l'intervento più efficace per migliorare la forza e la massa muscolare nelle persone con AR.
I principali fattori di rischio per la sarcopenia sono: Inattività fisica, Fumo, Carenza di vitamina D, Basso apporto dietetico di proteine. Nelle persone con AR si aggiungono, tra gli altri, uso di cortisonici, dolore alle articolazioni, stato infiammatorio.
La vitamina D è fondamentale per la salute dei muscoli e la sua carenza può alterare la funzione mitocondriale e indurre l'atrofia del muscolo scheletrico. I livelli sono proporzionali al rischio di sarcopenia e alla forza e chi non la assume ha rischio maggiore.
Gli studi sottolineano l'importanza di un corretto apporto proteico e di un'eventuale supplementazione per la protezione della massa magra.
L'articolo si conclude invitando i reumatologi a un approccio olistico che punti a considerare anche gli aspetti legati allo stile di vita.
"Le interazioni tra l'intestino e il sistema immunitario svolgono un ruolo significativo nella salute dei testicoli. Questa scoperta evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per esplorare il miglioramento dell'integrità della barriera intestinale come potenziale trattamento per la malattia andrologica".
Secondo la pubblicazione:
∎ La nutrizione, attraverso le sue proprietà pro e antinfiammatorie, svolge un ruolo importante nella prevenzione e nella gestione dell'artrite reumatoide (AR).
∎ Il consumo di una dieta mediterranea antinfiammatoria integrata con acidi grassi omega-3 è raccomandato in aggiunta al trattamento medico.
∎ Sono necessarie prove di qualità superiore per trarre conclusioni più solide su specifici interventi dietetici per migliorare i risultati dell'AR.
∎ I reumatologi dovrebbero lavorare a stretto contatto con i professionisti della nutrizione per fornire un intervento dietetico più personalizzato ai pazienti con AR.
Altre diete come la glutenfree e la dieta vegetale possono essere d'aiuto in particolari persone. Gli omega 3 hanno un ruolo importante nel ridurre l'infiammazione. Antiossidanti, spezie ed erbe (per esempio aglio, zafferano, zenzero, cannella ecc.) riducono l'infiammazione tramite diversi meccanismi e funzionano bene in sinergia tra loro. Vitamina D, probiotici e vitamina K sono altri supplementi utili.
"In sintesi, le prove esistenti suggeriscono che la nutrizione svolge un ruolo sia nell'insorgenza della malattia RA sia nella gestione della malattia attraverso alimenti (anti)-infiammatori/gruppi di alimenti, sostanze nutritive o anche in alcuni casi restrizioni di alimenti. In effetti, la maggior parte degli studi clinici è limitata in termini di dimensioni del campione, durata e capacità di condurre gli studi "in cieco", quindi è evidente la necessità di studi di migliore qualità. Tuttavia, le prove che collegano la nutrizione e il rischio e la gestione dell'AR si stanno accumulando e non dovrebbero essere ignorate".
Mentre i primi pani favoriscono una flora non infiammatoria e più diversificata, grazie soprattutto alle fibre che nutrono i batteri buoni e sostengono un microbiota saccarolitico (che lascia meno scarti infiammatori), le metodiche moderne sostengono una flora proinfiammatoria e i patogeni opportunisti, hanno poche fibre, favoriscono la fermentazione proteolitica, determinano permeabilità intestinale che è alla base di molte patologie moderne. In sintesi meglio privilegiare pane fatto come una volta.
"La compromissione della risoluzione infiammatoria come conseguenza dei disturbi del sonno può spiegare il rallentamento del recupero infiammatorio dai disturbi del sonno. Il presente lavoro suggerisce che i disturbi del sonno contribuiscono allo sviluppo e alla progressione di molte malattie comuni caratterizzate da immunopatologia interferendo con i processi che risolvono attivamente l'infiammazione. Mirare farmacologicamente a questi percorsi in futuro, ad esempio attraverso l'integrazione del precursore delle proresolvine o con proresolvine specifiche può aiutare a limitare le numerose conseguenze negative sulla salute dei disturbi del sonno".
Tuttavia i ricercatori scrivono che "il disegno di questo studio non può stabilire una relazione causale e suggeriamo che siano necessarie ulteriori ricerche per stabilire se un volume ipotalamico maggiore sia una causa o un effetto di un peso superiore al normale (non si capisce se sia un'effetto del mangiare di più o chi ha un ipotalamo più grande mangia di più per questo). La cascata infiammatoria di aumentata espressione di citochine infiammatorie, la gliosi indotta dalla dieta, l'alterazione della barriera ematoencefalica (BBB, che "filtra" le informazioni che arrivano all'ipotalamo) e alterazioni vascolari possono esacerbare un'ulteriore disregolazione dei meccanismi omeostatici energetici governati dall'ipotalamo, alterando l'efficacia delle strategie per la perdita di peso. Riteniamo che la ricerca futura dovrebbe tentare di chiarire e identificare le cause del maggiore volume ipotalamico nell'obesità, allo scopo di affrontare le opportunità terapeutiche per un'esigenza di salute pubblica mondiale".
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