Continua qui il post sulle bufale da coronavirus (purtroppo sempre tante e molto pericolose) e su come approcciare la malattia.
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Come già detto, il microbiota ha una certa importanza sia sullo sviluppo della malattia, sia sugli esiti, sia sul rischio di LongCOVID. Può un probiotico ridurre il rischio di malattia?
In uno studio non ancora revisionato il probiotico LGG è associato con minore rischio di ammalarsi e riduzione dei sintomi di COVID19
Il rischio di conseguenze cardiache è molto alto in chi si ammala, anche se in forma moderata. Una review fa il punto della situazione sul LongCOVID in particolare a livello cardiovascolare. La vaccinazione riduce il rischio di LongCOVID.
C'è un epidemia di disfunzioni erettili in persone che si sono ammalate di COVID19
Il long COVID potrebbe essere dovuto all'effetto del virus sul nervo vago. I problemi neuropsichiatrici (come nebbia cerebrale, depressione e tendenza a uso di sostanze d'abuso) possono permanere anche a un anno, con un rischio dell'80% rispetto ai controlli non ammalatisi.
Frajese, dubbioso sui vaccini, fatto a pezzi.
Il problema dei medici cazzari esiste anche in USA
I ricercatori hanno riscontrato effetti peggiori sulla salute durante l'infezione attiva, ma alcuni sintomi sono durati fino a 6 mesi, suggerendo un legame diretto tra la reinfezione e il lungo COVID.
"La reinfezione aggiunge o contribuisce a ulteriori rischi per la salute. Non è del tutto benigna e le persone dovrebbero cercare di evitare di essere reinfettate", afferma l'autore principale dello studio Ziyad Al-Aly, MD.
Secondo i ricercatori "i pazienti che stanno recuperando da COVID-19 devono essere avvisati di prendere in considerazione misure per ridurre il rischio di diabete, compresa una dieta sana ed esercizio fisico".
I ricercatori concludono scrivendo: "Le strategie di prevenzione del COVID-19, inclusa la vaccinazione per tutte le persone idonee di età ≥6 mesi, sono fondamentali per prevenire l'infezione da SARS-CoV-2 e la successiva malattia e per ridurre l'impatto sulla salute pubblica dei sintomi e delle condizioni post-COVID".
Il rischio di miocardite in persone che si ammalano di COVID19 è 11 volte maggiore rispetto a quella di miocardite post vaccino. Avere almeno una dose dimezza il rischio di miocardite post infezione.
Se però stratifichiamo per età, la seconda dose di Moderna ha un'eventualità di 97 casi per milione rispetto ai 16 post infezione nei maschi sotto i 40 anni.
Gli esperti concordano sul fatto che la vaccinazione continui a essere meno rischiosa della malattia e che il rischio di miocardite sia comunque raro. Questo studio può aiutare ad avere vaccini più mirati a seconda delle condizioni, per esempio evitare Moderna nei giovani maschi.
Per il resto, qualsiasi studio clinico ha evidenziato l'inutilità degli antibiotici, secondo Cochrane, medici di famiglia americani, CDC, OMS, JAMA, ministero della salute, AIFA.
Da appassionato di microbiota dico invece di proteggere i batteri intestinali, visto che la disbiosi aumenta il rischio di malattia grave e che ci sono alcune prove che i probiotici e non gli antibiotici possono essere utili.
A proposito di farmaci farlocchi, anche l'ivermectina continua a essere bocciata
In ogni caso si osserva che il virus può danneggiare le beta cellule pancreatiche, che posseggono il recettore ACE che permette l'ingresso nella cellula. Esiste anche un fenomeno, chiamato transdifferenziazione, per cui le cellule producono glucagone anziché insulina.
Può indurre inoltre infiammazione e autoimmunità, con alterazione delle citochine e conseguente insulinoresistenza, principale caratteristica del diabete. La fase di stress e l'uso di farmaci (cortisonici) può contribuire all'iperglicemia.
Secondo uno studio "la composizione alterata del microbiota intestinale è fortemente associata a sintomi persistenti nei pazienti con COVID-19 fino a 6 mesi dopo l'eliminazione del virus SARS-CoV-2. Considerando i milioni di persone infettate durante la pandemia in corso, i nostri risultati sono un forte impulso alla considerazione della modulazione del microbiota per facilitare il recupero tempestivo e ridurre il carico della sindrome post-acuta COVID-19".
Avere un microbiota in ordine prima e dopo l'infezione può aiutare a ridurre il rischio di conseguenze. Prendi un appuntamento per rimettere a posto la tua disbiosi.
Chi aveva ricevuto almeno 2 dosi di vaccino aveva inferiore rischio di sintomi post infezione come affaticamento (-60%) mal di testa (-50%), debolezza degli arti (-60%), dolore muscolare persistente (-70%), perdita di concentrazione (-40%), perdita di capelli (-80%), insonnia (-50%), vertigini (-70%), tosse (-30%), respiro corto (-80%) rispetto ai non vaccinati.
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"L'Italia all'inizio aveva il maggior numero di casi confermati perché aveva la più alta densità di contatti. Tuttavia, grazie all'attuazione delle più rigorose politiche di distanziamento sociale, che sono state applicate in anticipo, la pandemia è entrata in un flusso costante dopo un breve periodo di rapido aumento. L'importanza di una tempestiva attuazione delle politiche di distanziamento sociale è più marcata per l'Italia a causa dell'alto livello di contatti medi giornalieri pre-pandemia e della bassa percentuale di contatti familiari, come suggerisce il nostro modello e come dimostrato in studi precedenti".
Una dieta mediterranea salutare riduce il rischio di malattia severa. Un sonno corretto e allineato ai ritmi circadiani migliora l'efficienza del sistema immunitario.
La curcumina, nonostante servano maggiori studi, è indicata come capace di ridurre il rischio di malattia severa e ridurre la durata dei sintomi nelle forme lievi e moderate. Anche la quercetina sembra efficace ma i trial sono ancora pochi, nonostante il suo alto profilo di sicurezza. Anche la salute intestinale, cercando di evitare la permeabilità intestinale e supportando la diversità microbica coi probiotici, è associato a malattia meno severa.
In generale secondo gli autori "sonno adeguato, esercizio fisico regolare, mantenimento di un peso sano, attenzione ai micronutrienti e ai fitochimici, alla salute dell'intestino e al tempo trascorso nella natura aiutano tutti a ridurre i rischi associati al COVID-19. […]
Nonostante le difficoltà nell'indurre le persone ad adottare abitudini più sane, si suggerisce che se ci fosse stato un vero sforzo per incoraggiare e incentivare diete e stili di vita più sani, non solo avremmo salvato molte più vite da COVID-19, ma avremmo anche ridotto la mortalità futura da tutte le principali cause di morte. Siamo ancora in grado di fare questa scelta".
"Il nostro studio sottolinea che l'interazione tra il microbiota orofaringeo e virus respiratori come SARS-CoV-2 potrebbe potenzialmente essere sfruttata per scopi diagnostici e terapeutici".
Il miglior modo per modulare la flora è sempre una buona dieta e l'eventuale uso di probiotici.
"La vaccinazione aggiornata, anche con il richiamo bivalente, rimane l'opzione migliore per prevenire infezioni e malattie gravi. Il rapporto ha sottolineato l'importanza di indossare una maschera FFP2, migliorare la ventilazione interna, avere un piano d'azione COVID-19 personale e altre strategie.
Le persone immunocompromesse dovrebbero discutere un piano di trattamento con il proprio medico e identificare quale trattamento COVID-19 sarebbe il migliore per loro. Alcune persone con COVID-19 che sono immunocompromesse o che ricevono un trattamento immunosoppressivo potrebbero trarre beneficio da un trattamento con plasma da convalescenti".
I non vaccinati muoiono ancora molto più dei vaccinati
"Alla maggior parte dei pazienti ricoverati negli ospedali con infezioni virali acute vengono somministrati antibiotici come precauzione contro la coinfezione batterica, ma questa pratica potrebbe non migliorare la sopravvivenza, suggerisce una nuova ricerca. Al culmine della pandemia, in alcuni paesi sono stati prescritti antibiotici a circa il 70% dei pazienti affetti da COVID-19, contribuendo potenzialmente alla piaga dei patogeni resistenti agli antibiotici noti come superbatteri.
Questi nuovi dati, che non sono stati pubblicati su una rivista medica, suggeriscono che c'è "un enorme uso eccessivo di antibiotici", ha detto l'autore principale Dr. Magrit Jarlsdatter Hovind dell'Akershus University Hospital e dell'Università di Oslo, Norvegia.
Quest'ultima ricerca, che sarà presentata al Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive del mese prossimo a Copenaghen, ha coinvolto pazienti risultati positivi tramite tampone nasale o faringeo per infezioni virali come influenza, RSV o COVID-19. Quelli con infezioni batteriche confermate sono stati esclusi dall'analisi.
In totale, il 63% dei 2.111 pazienti ha ricevuto antibiotici per infezioni respiratorie durante la degenza ospedaliera. Complessivamente, 168 pazienti sono morti entro 30 giorni, di cui solo a 22 non erano stati prescritti antibiotici.
Il team di ricerca ha notato che i pazienti più malati e quelli con più malattie sottostanti avevano entrambi maggiori probabilità di ricevere antibiotici e di morire. Anche altri fattori come il fumo potrebbero aver avuto un ruolo, hanno detto.
"I medici devono avere il coraggio di non somministrare antibiotici, invece di dubitare e somministrare antibiotici per ogni evenienza", ha detto Hovind.
Dati i limiti di uno studio retrospettivo come questo, è necessario uno studio clinico, che Hovind e colleghi hanno recentemente avviato, per determinare se i pazienti ricoverati in ospedale con infezioni respiratorie comuni debbano essere trattati con antibiotici, ha affermato il ricercatore".
Aggiornamento 12/5/2023
Aggiornamento 12/5/2023
Aggiornamento 27/5/2023
Aggiornamento 2/6/2023
Aggiornamento 2/6/2023
Aggiornamento 6/6/2023
Aggiornamento 21/6/2023
Aggiornamento 28/6/2023
Aggiornamento 6/7/2023
Aggiornamento 23/7/2023
Aggiornamento 29/7/2023
Aggiornamento 12/8/2023
"Le donne in gravidanza sono opportunamente incluse tra i gruppi a rischio destinati a una dose di richiamo bivalente di vaccini a mRNA da parte dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e dell'American College of Obstetrics and Gynecology (ACOG). Mentre un correlato assoluto della protezione contro l'infezione da SARS-CoV-2 è ancora sconosciuto, l'aumento delle risposte anticorpali negli adulti non gravidi è associato alla protezione da COVID-19 grave sintomatico. Le risposte anticorpali più leganti e neutralizzanti al vaccino e ai ceppi emergenti di SARS-CoV-2 hanno il potenziale per fornire protezione sia alle madri che ai bambini durante un periodo di rischio e alta vulnerabilità. Il nostro studio sostiene che la vaccinazione COVID-19, e in particolare le dosi di richiamo, dovrebbero essere fortemente raccomandate durante la gravidanza per la protezione materna e neonatale".
Aggiornamento 19/8/2023
Aggiornamento 20/8/2023
Aggiornamento 27/8/2023
Aggiornamento 28/8/2023
Aggiornamento 3/9/2023
Aggiornamento 6/9/2023
Aggiornamento 6/9/2023
"In circa la metà degli individui, l'arresto cardiaco improvviso potrebbe essere la prima manifestazione di malattia cardiovascolare, manifestandosi inaspettatamente e senza preavviso. L'epidemiologia della morte cardiaca improvvisa è strettamente legata a quella della malattia coronarica, che è responsabile di quasi il 70% delle morti improvvise. Nonostante un sostanziale calo della mortalità dovuta alla malattia coronarica nella seconda metà del 20° secolo, la prevalenza è aumentata, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito".
La definizione più frequentemente utilizzata di morte cardiaca improvvisa (MCI) è "una morte naturale improvvisa, extraospedaliera, di presunta causa cardiaca (cioè senza evidente causa extracardiaca), che si verifica con un collasso rapido e testimoniato entro 1 ora dall'esordio dei sintomi o entro 24 ore dall'ultima volta che è stato visto nel consueto stato di salute se senza testimoni".
La maggior parte delle morti è legato a un'aritmia ventricolare, ma circa un terzo ha cause extraaritmiche. Le MCI nella popolazione generale è attribuibile generalmente alla malattia coronarica. Le cardiopatie non ischemiche comprendono le cardiomiopatie genetiche, ma anche le cardiopatie congenite e altre cardiopatie strutturali acquisite, come la miocardite e la cardiopatia valvolare. Nel paziente giovane sotto i 50 anni le cause più comuni sono le canalopatie e le malattie strutturali congenite del cuore. In alcune condizioni, come nel caso della miocardite, il rischio di MCI è temporaneamente aumentato, ma si riduce con il tempo.
La riduzione degli effetti della malattia coinvolgono 2 fasi: prevenzione e rianimazione. La prima riguarda le prevenzione degli infarti e l'individuazione delle aritmie in persone con difetti di conduzione o strutturali del cuore. La seconda riguarda la diffusione e l'insegnamento delle tecniche BLSD e CPR e la disponibilità dei defibrillatori.
Si stimano tra le 4 e le 5 milioni di vittime all'anno.
"La MCI è responsabile di oltre la metà di tutte le morti cardiache e potrebbe rappresentare fino al 20% della mortalità complessiva. La MCI provoca un numero maggiore di morti premature rispetto a qualsiasi tumore individuale negli uomini e nelle donne di tutti gli strati di età, con la mortalità complessiva per MCI che è seconda a tutti i tumori insieme".
Nel Framingham Heart Study, la MCI si è verificata in 358 (6,9%) su 5209 individui di età compresa tra 28 e 62 anni in 50 anni di follow-up. Nel Paris Prospective Study, che comprendeva poliziotti di mezza età, 118 (5,7% ) su 2.083 decessi sono stati il risultato di MCI in un periodo di 23 anni. I tassi di incidenza della MCI variano da 50 a 100 per 100 000 nella popolazione generale europea, australiana e nordamericana, lievemente inferiori in Asia, mentre non ci sono dati precisi per Africa e Sudamerica.
L’incidenza della MCI aumenta con l’età. Con una bassa incidenza durante l'infanzia e l'adolescenza (1 per 100 000 persone-anno), l'incidenza raggiunge circa 50 per 100 000 persone-anno negli individui di età compresa tra 50 e 60 anni e 200 per 100 000 persone-anno nell'ottava decade di vita. L'età media dei pazienti adulti affetti da MCI è tipicamente di circa 65-70 anni.
Uno studio italiano mette in mostra che questa carenza è associata anche a minore risposta alla protezione vaccinale e raccomanda di avere livelli corretti di questa vitamina per migliorare la loro funzionalità e durata.
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