Come già abbiamo visto, l'infiammazione è alla base di molti problemi di salute, soprattutto è legata alle malattie cronico-degenerative tipiche dei nostri tempi.
Dobbiamo però distinguere lo stato infiammatorio dovuto ad un insulto acuto, come l'infezione di un microrganismo o una lesione meccanica, da quella cronica che è provocata dal cibo che introduciamo, da un microbiota alterato, o dal grasso viscerale.
Nel primo caso lo stato infiammatorio supporta la guarigione: chi sta a letto anziché andarsene in giro guarisce prima dall'influenza (e l'uso degli antipiretici risulta sempre controverso contro un meccanismo difensivo che è la febbre, che attiva i linfociti e ci "obbliga" a stare a riposo), e chi ha dolore rimane fermo anziché continuare a usare un'articolazione danneggiata, favorendo la riparazione delle strutture.
Nel primo caso lo stato infiammatorio supporta la guarigione: chi sta a letto anziché andarsene in giro guarisce prima dall'influenza (e l'uso degli antipiretici risulta sempre controverso contro un meccanismo difensivo che è la febbre, che attiva i linfociti e ci "obbliga" a stare a riposo), e chi ha dolore rimane fermo anziché continuare a usare un'articolazione danneggiata, favorendo la riparazione delle strutture.
Invece chi ha un'infiammazione cronica se la tiene se non elimina le sue cause (con cambio di alimentazione, dimagrimento, attività fisica) e questa determina un invecchiamento e consumo di tutte le strutture corporee, dall'apparato cardiovascolare a quello osteoarticolare.
Tra i mediatori dell'infiammazione, ci sono dei derivati dei grassi omega 6 (chiamati genericamente eicosanoidi), che per questo hanno una fama abbastanza negativa. In generale i grassi hanno forte influenza sulla salute perché sono legati ai livelli di vitamine liposolubili (A, D, E, K) che regolano molte vie biochimiche, all'immunità, alla fluidità di membrana e quindi agli scambi tra cellule, alla trascrizione dei geni (attraverso i recettori detti PPAR) e tanto altro.
I grassi sono formati da una catena di atomi di carbonio (C) legati tra loro e uniti a un numero variabile di atomi di idrogeno (H). Alla testa un gruppo detto "carbossilico" (formato da ossigeno e idrogeno legati al primo carbonio). Il numero di questi atomi influenza proprietà chimiche, fisiche e biochimiche, a partire dalla temperatura di fusione. Per questo a seconda del tipo di grassi, essi appaiono liquidi o solidi a diverse temperature.
I grassi alimentari sono sempre formati da una miscela dei diversi acidi grassi, e il tipo prevalente determina le proprietà: un grasso animale (burro, strutto) formato soprattutto da grassi saturi è solido a temperatura ambiente, al contrario dell'olio di oliva formato prevalentemente da monoinsaturi.
Grazie a queste caratteristiche si influenzano la fluidità e le altre proprietà della membrana cellulare, e così tutte le funzioni cellulari e gli scambi con l'esterno. La loro qualità così è fondamentale: ogni fosfolipide, il componente della membrana, è formato solitamente da un grasso saturo (in posizione 1) e uno insaturo o polinsaturo (in posizione 2).
I PUFA (grassi polinsaturi, con più doppi legami nella catena carboniosa) sono grassi essenziali (devono essere introdotti con l'alimentazione perché il corpo non li produce) e sono classificati in base alla posizione del primo doppio legame dal terminale metilico. Quindi, quando il primo doppio legame è al sesto atomo di carbonio dal terminale metilico, i PUFA sono chiamati omega-6, ω-6 o n-6.
https://www.cibo360.it/alimentazione/chimica/macronutrienti/lipidi/acidi_grassi.htm |
Includono l'acido linoleico (LA, C18:2 ω-6), un acido grasso essenziale perché non può essere sintetizzato dal corpo umano. LA può essere "allungato" e desaturato (aggiunta di doppi legami, tramite gli enzimi D5D e D6D) in altri acidi grassi ω-6, come acido γ-linolenico (GLA, 18:3 ω-6), acido diomo-γ-linolenico (DGLA, 20:3) e acido arachidonico (AA, 20:4 ω-6). Gli ω-3 invece hanno il primo doppio legame a 3 carboni di distanza dal metile terminale.
https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-319-40458-5_34 |
Molti hanno accusato gli omega 6 di essere alla base dell'"epidemia" di infiammazione dei nostri tempi, e questo accade soprattutto negli ambienti paleodieta.
Nel modello animale un eccesso di omega 6, senza un'adeguata introduzione di omega 3, determina invecchiamento, infiammazione, alterato metabolismo e anomalie elettrocardiografiche.
Probabilmente l'uso degli oli vegetali ha contribuito ad una riduzione nella presenza di omega 3 nei tessuti, ma prove più recenti hanno confutato questa teoria eccessivamente semplificata che ignora la complessità dell'intero metabolismo dell'acido arachidonico (AA).
Nel modello animale un eccesso di omega 6, senza un'adeguata introduzione di omega 3, determina invecchiamento, infiammazione, alterato metabolismo e anomalie elettrocardiografiche.
Probabilmente l'uso degli oli vegetali ha contribuito ad una riduzione nella presenza di omega 3 nei tessuti, ma prove più recenti hanno confutato questa teoria eccessivamente semplificata che ignora la complessità dell'intero metabolismo dell'acido arachidonico (AA).
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31817726 |
Gli omega 6 (e in particolare l'acido arachidonico) sono dunque sempre precursori di molecole infiammatorie? No, o meglio non solo. Possono dare luogo anche alla formazione di acido epossicosatrienoico, molecola antinfiammatoria e che riduce l'insulinoresistenza.
Forse anche per questo si continua a consigliare il loro uso rispetto ai saturi nelle linee guida.
https://journals.plos.org/plosone/article/figure?id=10.1371/journal.pone.0196398.g001 |
Come si può vedere dall'immagine i metaboliti sono sia pro che antinfiammatori, e in certi casi possono essere fondamentali per le guarigioni, la cardioprotezione ecc. Si deve anche sottolineare che nella nostra dieta è molto più facile andare in carenza di omega 3 che di omega 6, e che il bilancio tra pro e antinfiammatori dipende molto dalla nostra genetica.
Le vie metaboliche che sintetizzano i derivati sono infatti più o meno "attive" a seconda dei nostri geni: impossibile quindi dare indicazioni valide per tutti.
"Tra i diversi metaboliti degli omega 6 e in particolare di AA, alcuni sono proinfiammatori, ma altri sono antinfiammatori. Ad esempio, LA può essere convertito direttamente in determinati derivati cardio-protettivi, come LA nitrato (LNO2), e alcuni metaboliti di AA possono avere un ruolo nella risoluzione dell'infiammazione. Non vi sono prove cliniche che un aumento dell'assunzione di PUFA n-6 porti ad un aumento di citochine proinfiammatorie nell'uomo. Negli studi l'assunzione maggiore di PUFA n-6 non è stata associata a biomarcatori di infiammazione come la proteina C-reattiva, l'interleuchina-6 e i recettori solubili del TNF 1 e 2, mentre la concentrazione plasmatica di PUFA n-6 era inversamente associata al livello di interleuchina-1Ra (proinfiammatoria) e positivamente associato al livello di TGFβ (antinfiammatorio)".
Conclude la review con gli studi di intervento (ossia somministrazione di omega 6 Vs carboidrati o grassi saturi) evidenziando genericamente riduzione dei rischi di malattie cardiovascolari, e al limite un piccolo aumento del rischio tumorale se si usano oli vegetali in luogo di fonti di carboidrati raffinati e grassi saturi.
E aggiunge: "Gli oli vegetali non idrogenati (ossia non trans) ad alto contenuto di grassi insaturi e relativamente bassi in SFA (ad es. soia, mais, oliva, e oli di colza) dovrebbero essere la fonte primaria di grassi alimentari, al posto dei grassi animali (ad es. burro, panna, manzo e strutto) o gli oli tropicali (ad esempio, olio di palma, di palmisto e di cocco, che hanno soprattutto grassi saturi).
Inoltre, i consigli dietetici dovrebbero porre l'accento sull'ottimizzazione dei tipi di grassi alimentari e sulla riduzione del grasso totale. Il consumo di prodotti "light" o "non grassi" con elevate quantità di cereali raffinati e zuccheri aggiunti dovrebbe essere scoraggiato.
Infine, quando si deve ridurre il consumo di carboidrati raffinati e zucchero aggiunto, non li si dovrebbe sostituire con cibi ricchi di grassi saturi.
Invece, i carboidrati raffinati e lo zucchero aggiunto dovrebbe essere sostituito da fonti sane di carboidrati (ad esempio, cereali integrali, legumi, verdure e frutta) e fonti salutari di grassi (ad esempio oli vegetali non idrogenati di cui sono ricchi noci e semi)."
I livelli sanguigni di LA quindi appaiono inversamente correlati col rischio di morte. Nonostante questo ci sono sempre dei "tifosi" dei grassi saturi.
Inoltre chi l'ha detto che solo gli oli vegetali sono fonti di omega 6? Le principali, soprattutto del temutissimo arachidonico, sono probabilmente carni rosse e bianche, anche a causa dell'alimentazione con foraggi che contengono molto LA che diventa AA tramite "elongazione" e "desaturazione".
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0955286316308117#f0006 |
"Studi sperimentali e clinici indicano che LA migliora la guarigione delle ferite a causa dei suoi effetti bifasici (prima protezione e poi riparazione) sulla fase infiammatoria della riparazione tissutale. Sebbene meno studiato, GLA ha presentato effetti positivi sul controllo dell'infiammazione. Gli studi che investigano gli effetti dell'AA hanno dimostrato che insieme ai suoi metaboliti promuove la guarigione delle ferite a causa dell'induzione della migrazione cellulare e dell'angiogenesi".
Le lipoxine sono un gruppo di molecole derivate da AA, che possono incidere nella guarigione dalla colite ulcerosa a seconda dei nostri polimorfismi enzimatici (diverse forme di enzimi dovute alla nostra genetica). Le lipoxine concorrono anche nella risoluzione della steatosi epatica.
Inoltre secondo alcuni studi gli omega6 possono proteggere dal diabete: chi ha livelli più alti di linoleico ha 35% in meno di rischio di sviluppare diabete, mentre l'arachidonico non sembra incidere. Purtroppo non sono state considerate le fonti di provenienza (frutta oleosa o oli raffinati), ma solo le quantità plasmatiche di acido linoleico e arachidonico.
Risultati un po' diversi sono invece arrivati da uno studio prospettico (Retired Persons Diet and Health Study, RPDHS) che ha revisionato i dati su oltre mezzo milione di persone ha avuto risultati in linea ha evidenziato un potenziale pericoloso dell'AA e dell'ALA.
"La sostituzione isocalorica del 5% dell'energia degli SFA (grassi saturi) con i MUFA (monoinsaturi) vegetali è stata associata alla riduzione del 15%, 10%, 11% e 30% di mortalità totale, cardiovascolare (CVD), cancro e malattia respiratoria rispettivamente. La sostituzione isocalorica del 2% di SFA con acido linoleico è stata associata a mortalità totale inferiore (8%), CVD (6%), cancro (8%), malattia respiratoria (11%) e diabete mellito (9%).
L'assunzione di SFA, acidi grassi trans (TFA), MUFA di origine animale, acido α-linolenico (ALA, omega 3 a catena corta) e acido arachidonico (AA, omega 6 a catena lunga) è stata associata a mortalità più elevata. L'apporto dietetico di PUFA (grassi polinsaturi) marini omega-3 e la sostituzione di SFAs con MUFA di origine vegetale o acido linoleico (LA) sono stati associati a una mortalità totale inferiore da CVD e altre cause specifiche. L'effetto protettivo di LA non sembra valere nelle persone con malattia cardiovascolare.
L'assunzione di AA è stata associata a mortalità totale, CVD, cancro e per malattia respiratoria più elevate. Sebbene sia un derivato di LA, l'assunzione di AA in eccesso può indurre effetti proinfiammatori e protrombotici, e quindi alla base di cambiamenti patofisiologici.
Il rischio per la salute osservato con ALA può essere ascritto alla presenza di trans-ALA nel cibo, in particolare quello cotto. A causa della natura della sua struttura (molti doppi legami), l'ALA è da 12 a 15 volte più facilmente trasformabile in trans rispetto a LA e fino al 40% di ALA può essere presente come isomero trans".
Si tratta comunque di uno studio osservazionale che quindi non può stabilire un legame causa-effetto, ma sono stati ritenuti in linea con le linee guida già conosciute.
"Questi risultati supportano le recenti linee guida dietetiche del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, che raccomandano di eliminare l'assunzione di TFA da alimenti trasformati come cibi fritti, cracker e margarina e di sostituire gli SFA (principalmente da carni rosse) con MUFA e PUFA (presenti negli oli vegetali). Inoltre, i nostri risultati suggeriscono che il consumo di MUFA da fonti vegetali e PUFA da alimenti ricchi di LA e di acidi grassi marini omega-3 dovrebbe essere incoraggiato per la salute generale e il controllo di varie malattie croniche".
Omega 3
"Questi risultati supportano le recenti linee guida dietetiche del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, che raccomandano di eliminare l'assunzione di TFA da alimenti trasformati come cibi fritti, cracker e margarina e di sostituire gli SFA (principalmente da carni rosse) con MUFA e PUFA (presenti negli oli vegetali). Inoltre, i nostri risultati suggeriscono che il consumo di MUFA da fonti vegetali e PUFA da alimenti ricchi di LA e di acidi grassi marini omega-3 dovrebbe essere incoraggiato per la salute generale e il controllo di varie malattie croniche".
Omega 3
Gli omega 3 sono invece riconosciuti importanti da tutti, e, trovandosi nel pesce, sono tra i fattori benefici della dieta mediterranea. L'argomento è stato trattato estensivamente in diversi post.
Talvolta si ritengono pericolosi anche gli omega 3 a catena breve, come osservato nel RPDHS: il loro "capostipite" è l'acido linolenico, (ALA, 18:3), un grasso presente soprattutto nell'olio di semi di lino, sfortunatamente molto alterabile (va infatti conservato in frigo). La produzione di omega 3 a catena lunga avviene soprattutto grazie ad alcune alghe, e così EPA e DHA entrano nella catena alimentare e si accumulano nel pesce grasso d'acqua fredda come sardine e sgombri.
L'ALA è comunque associato a numerose proprietà benefiche (antitumorale, antinfiammatorio, antipertensivo, funzione digestiva ecc).
"La fibra e la gomma di lino possono produrre un'attività anti-aterogena riducendo l'apporto calorico. Un lignano (SDG) ripristina la funzione vascolare aumentando la neovascolarizzazione e quindi migliora la funzione cardiaca; esso ha anche una potente attività antiossidante.
L'acido linolenico ( ALA) e l'olio di lino hanno mostrato attività antiipertensiva alterando le concentrazioni di ossilipina pro-infiammatoria, ha attività antiaterogena tramite la produzione di citochine infiammatorie, azione antipiastrinica attraverso l'inibizione della prostaciclina, effetti anti-aritmici (diminuendo la fibrillazione ventricolare e migliorando la sopravvivenza delle cellule cardiache mediante la sovraregolazione delle proteine anti-apoptotiche). L'ALA potrebbe essere il composto bioattivo più vantaggioso del seme di lino per i suoi effetti cardiovascolari. Sono necessari ulteriori studi preclinici e più ampi studi clinici di durata maggiore per identificare un elenco completo dei composti bioattivi dei semi di lino".
Tra gli effetti dei semi di lino vi è una potente azione antipertensiva e in generale cardioprotettiva.
"L'olio di lino ha mostrato attività antiipertensiva alterando le concentrazioni di oxilipina proinfiammatoria, attività antiaterogena riducendo la produzione di citochine infiammatorie, effetti antiaritmici diminuendo la fibrillazione ventricolare".
Per quanto riguarda invece quelli a catena lunga, che differenza c'è tra EPA e DHA?
Per quanto riguarda invece quelli a catena lunga, che differenza c'è tra EPA e DHA?
Differenti rapporti tra i 2 grassi sono associati a diversi esiti di salute.
Il primo ha effetto antinfiammatorio, mentre il secondo sembra più importante per lo sviluppo cerebrale e la neuroprotezione.
Salmone selvaggio e aringhe contengono più EPA, mentre salmone allevato e fegato di merluzzo più DHA.
Salmone selvaggio e aringhe contengono più EPA, mentre salmone allevato e fegato di merluzzo più DHA.
Sono state scoperte delle molecole derivate dagli omega3. chiamate resolvine, protectine e maresine, che, come suggeriscono alcuni nomi, aiutano sia a proteggere che a risolvere l'infiammazione in caso di danno acuto e cronico.
Gli omega 3 migliorano il metabolismo dell'oxilipina, implicata nella sindrome metabolica, e la composizione corporea.
Nella retinopatia diabetica gli omega 3 sono solitamente ritenuti protettivi, ma è stato individuato un loro derivato che favorisce l'avanzamento della malattia in un modello animale. Agisce a livello della barriera ematoencefalica quindi potrebbe essere correlato anche con le malattie neurodegenerative.
In sintesi anche gli omega 3 possono avere un "lato oscuro".
Devono essere evitati da chi è in trattamento con cortisonici perché aumentano l'atrofia muscolare.
Grassi trans
Per quanto riguarda gli acidi grassi trans, nessuno dubita più della loro insalubrità. Fino a qualche anno fa si diceva che una dose di 5g al giorno non incideva negativamente, ma oggi tutte le linee guida invitano a introdurne il meno possibile.
Essi si formano per processo industriale di idrogenazione o grazie alle alte temperature: ecco perché è sbagliato usare gli oli, e in particolare quelli con ALA, per cuocere.
Essi si formano per processo industriale di idrogenazione o grazie alle alte temperature: ecco perché è sbagliato usare gli oli, e in particolare quelli con ALA, per cuocere.
La loro nocività è dovuta probabilmente al loro particolare ripiegamento, che non è presente in natura (se non in alcuni grassi tipici del latte, detti isomeri dell'acido linoleico o CLA, che non appaiono nocivi ma benefici).
Gli effetti particolarmente negativi dei grassi trans sono dovuti soprattutto, tra le altre cose, all'inibizione della produzione cellulare di prostacicline (sempre appartenenti agli eicosanoidi), molecole essenziali per la regolazione delle funzioni fisiologiche come il flusso di sangue. Queste molecole hanno una emivita (durata media) di circa 10 secondi, per cui devono essere sempre rimpiazzate, e anche una breve interruzione determina forti squilibri. L'incorporazione dei grassi trans nelle membrane fosfolipidiche ha effetto deleterio sulle proprietà membranali.
Per quanto riguarda i grassi saturi l'argomento è stato trattato in maniera esaustiva in questo articolo sull'olio di palma.
L'importanza dei genihttp://projects.ncsu.edu/project/bio183de/Black/chemistry/chemistry_news/tfa.htm |
Gli effetti particolarmente negativi dei grassi trans sono dovuti soprattutto, tra le altre cose, all'inibizione della produzione cellulare di prostacicline (sempre appartenenti agli eicosanoidi), molecole essenziali per la regolazione delle funzioni fisiologiche come il flusso di sangue. Queste molecole hanno una emivita (durata media) di circa 10 secondi, per cui devono essere sempre rimpiazzate, e anche una breve interruzione determina forti squilibri. L'incorporazione dei grassi trans nelle membrane fosfolipidiche ha effetto deleterio sulle proprietà membranali.
Per quanto riguarda i grassi saturi l'argomento è stato trattato in maniera esaustiva in questo articolo sull'olio di palma.
Ma cosa potrebbe influenzare l'effetto dei grassi in diverse persone? La genetica, come accennato prima, è uno dei fattori.
FADS1 e FADS2 sono i geni che codificano rispettivamente per D5D e D6D, le desaturasi, gli enzimi chiave che "creano" i ripiegamenti dei PUFA a catena lunga nel nostro corpo, desaturando la catena carboniosa.
Grazie a uno studio recente ora sappiamo che una variante di FADS1 influenza la risposta all'acido linoleico (LA). Chi ha la variante "TT omozigote" ha più conversione in acido arachidonico e quindi maggiore infiammazione, evidenziata dalla proteina C reattiva. Chi possiede la variante "CC omozigote" ha ridotta conversione e quindi tollera livelli più alti di LA (e quindi possibilmente di oli vegetali non idrogenati).
Questa variante genica potrebbe essere fondamentale anche per chi ha migliori risultati con una dieta più "agricola" o più da "cacciatore".
Questa variante genica potrebbe essere fondamentale anche per chi ha migliori risultati con una dieta più "agricola" o più da "cacciatore".
A complicare ulteriormente il quadro ci pensa l'epigenetica: a seconda della metilazione (segnatura) di alcune regioni del DNA, il gene è più o meno attivo, e questo stato può essere ereditato e/o cambiato a seconda di alcune condizioni ambientali, e può quindi anche variare durante il corso della vita.
In generale un'alta attività della D6D sembra aumentare il rischio di allergie, tumori, rinite, schizofrenia, malattie cardiovascolari e infiammazione. Diabete e steatosi epatica sono caratterizzati anche da bassa attività di D5D. D5D poco attiva alza anche il rischio di ipertrigliceridemia.
Un'alta attività delle desaturasi può aver aiutato i nostri avi a coprire i fabbisogni di PUFA, ma ai nostri tempi (e con l'alimentazione occidentale) questo ha amplificato i livelli infiammatori e quindi aumentato la tendenza ad avere malattie croniche.
I diversi grassi modulano il dimagrimento anche interagendo con i geni legati al controllo del peso, e anche l'effetto protettivo degli omega 3 nei confronti del tumore prostatico è influenzato dalla genetica.
I geni di conversione dei metaboliti dell'acido arachidonico (COX, LOX, CYP450 e tutti i dipendenti che agiscono "a cascata") modulano la loro produzione allo stesso modo, complicando ulteriormente il quadro (si può avere un diverso bilanciamento tra molecole pro e antinfiammatorie e così cambia il rischio cardiovascolare, tumorale ecc).
PUFA e tumori
Secondo alcuni studi gli omega 6 sembrano aumentare il rischio di tumore al seno. Secondo un autore questo effetto è attribuibile solo a AA (quello che troviamo nei tessuti animali...), mentre LA, DGLA e GLA hanno effetti antitumorali.
Nei modelli animali sia gli omega 3 che gli omega 6 possono aumentare o ridurre il rischio tumorale.
Nei modelli animali sia gli omega 3 che gli omega 6 possono aumentare o ridurre il rischio tumorale.
I mediatori sono ancora una volta gli eicosanoidi, con produzione sia di molecole proinfiammatorie e protumorali che inibitorie.
Una D6D molto attiva aumenta il rischio tumorale.
Una D6D molto attiva aumenta il rischio tumorale.
Anche la dieta chetogenica (a bassissimo tenore di carboidrati) riduce la produzione di eicosanoidi, coinvolti nel caso dello studio con la sclerosi multipla.
Dimagrimento
Gli omega 6 hanno probabilmente effetti controversi in caso di sovrappeso.
Gli omega 6 hanno probabilmente effetti controversi in caso di sovrappeso.
Ad esempio, cosa succede se a 2 gruppi di persone diamo le stesse calorie, ma ad uno 25mL di olio di soia (ricco in LA), e all'altro 25mL di olio extravergine (ricco in acido oleico, grasso monoinsaturo)? il secondo perde l'80% di peso in più, migliora la pressione e i marker di infiammazione.
Gli omega 6 sono precursori degli endocannabinoidi, sostanze che aumentano appetito, benessere e stimolano l'obesità mediante l'adipogenesi e la riduzione del metabolismo; influenzano inoltre umore e dipendenza: così gli alimenti ricchi in grassi hanno alta probabilità di creare dipendenza. Questo dal punto di vista evolutivo è dovuto al fatto che i grassi assicurano delle calorie concentrate (alta densità energetica) e avere questi sistemi che ci spingevano a cercare e mangiare cibo ci ha aiutato a sopravvivere.
Nel modello animale aggiungere omega 3 ad una dieta ricca in linoleico riduce il tono endocannabinoide e quindi l'appetito.
La marijuana aumenta l'appetito e il desiderio di cibo spazzatura, agendo sui centri della fame e del comportamento alimentare modulati dai recettori per gli endocannabinoidi.
Allergie
Allergie
Le allergie sono mediate, come l'infiammazione, dagli eicosanoidi, e quelli derivati da AA aumentano questa condizione. Tuttavia "si ritiene generalmente che
gli acidi grassi ω-3 siano vantaggiosi per l'ospite. Ma gli effetti
degli acidi grassi ω-3 nelle allergie sono controversi, e la soppressione
immunitaria da parte dei metaboliti degli ω-3 potrebbe essere
svantaggiosa per la difesa immunitaria".
"L'attivazione delle mastcellule
(mastociti coinvolti nella risposta allergica) originariamente si è evoluta
come un sistema di difesa contro i danni da veleno, batteri e parassiti. Da
questo punto di vista, l'ω-3 epossido - può ottimizzare la segnalazione FcεRI e
servire a mantenere un stato sano.
Nello stile di vita occidentale moderno,
tuttavia, questo risposta protettiva è stata spostata verso esiti deleteri per l'eccessiva esposizione agli allergeni
ambientali, che si manifesta come malattia allergica. Pertanto, le azioni degli
acidi grassi ω-3 possono dipendere dallo stato fisiopatologico. Dato che
l'inibizione farmacologica di PAF-AH2 riduce la risposta allergica indotta dall'antigene, uno specifico inibitore potrebbe
essere utile come nuovo farmaco
antiallergico"
In pratica non vi è una risposta univoca in caso di aumento di omega 3 nella dieta, ma in generale sono consigliabili per asma e allergie, soprattutto in gravidanza e allattamento per la prevenzione.
In pratica non vi è una risposta univoca in caso di aumento di omega 3 nella dieta, ma in generale sono consigliabili per asma e allergie, soprattutto in gravidanza e allattamento per la prevenzione.
Un nuovo studio uscito proprio in questi giorni mette in relazione l'asma pediatrica con l'introduzione di grassi omega 3 o omega 6: come previsto, i primi sono protettivi, i secondi esacerbano i sintomi.
Conclusioni
In sintesi è evidente come non si debbano ritenere sempre gli omega 3 buoni e gli omega 6 cattivi, anche se nella nostra alimentazione vi è probabilmente una carenza dei primi e un eccesso dei secondi.
Ogni caso va comunque contestualizzato: in generale in una persona sana e senza stato infiammatorio gli omega 6 appaiono protettivi e continuano ad essere consigliati dalle linee guida, ma questo senza andare in carenza di omega 3. In persone con malattie a carattere infiammatorio (cardiovascolari in testa, ma anche autoimmuni, osteoarticolari ecc) questo può essere invece esacerbato dagli omega 6 e calmierato dagli omega 3.
Una metanalisi di 79 RCT, includenti studi con cibi ricchi in omega 3, cibi arricchiti e soprattutto integratori ha concluso che non vi sono grosse prove della prevenzione cardiovascolare né della riduzione della mortalità con gli omega 3, nonostante quelli a lunga catena riducano i trigliceridi e aumentino l'HDL
Ogni caso va comunque contestualizzato: in generale in una persona sana e senza stato infiammatorio gli omega 6 appaiono protettivi e continuano ad essere consigliati dalle linee guida, ma questo senza andare in carenza di omega 3. In persone con malattie a carattere infiammatorio (cardiovascolari in testa, ma anche autoimmuni, osteoarticolari ecc) questo può essere invece esacerbato dagli omega 6 e calmierato dagli omega 3.
Molti modelli animali di patologie evidenziano i problemi degli omega 6, ma questi problemi non sembrano evidenziabili nelle ricerche su umani sani.
Così come ci spiega Chris Kresser, se gli omega 6 vengono da cibi freschi e non lavorati, che contengono anche vitamine, antiossidanti, sali minerali e fibre, dalla frutta oleosa per esempio, non appaiono per nulla dannosi ma anzi protettivi. Invece gli oli estratti, irranciditi e sottoposti a riscaldamento perdono queste preziose caratteristiche antinfiammatorie e diventano proinfiammatori.
Una metanalisi di 79 RCT, includenti studi con cibi ricchi in omega 3, cibi arricchiti e soprattutto integratori ha concluso che non vi sono grosse prove della prevenzione cardiovascolare né della riduzione della mortalità con gli omega 3, nonostante quelli a lunga catena riducano i trigliceridi e aumentino l'HDL
Tuttavia Alex Vasquez spiega perché questi studi abbiano risultati negativi: non sono stati rispettati alcuni criteri nella selezione dei lavori.
Secondo la più grande revisione sistematica degli interventi con PUFA, effettuata dalla collaborazione Cochrane, sia su omega 3 che omega 6, questi grassi riducono le patologie cardiovascolari, ma possono far aumentare di peso. Gli effetti vengono attribuiti al miglioramento del quadro lipidico.
È probabile che in persone tendenzialmente sane non ci siano grossi problemi con gli omega 6, mentre in persone con problemi metabolici o carenze nutrizionali sia da ridurre il loro apporto in favore degli omega 3
Non ci dovremmo affidare solo al rapporto tra omega 3 e 6, ma anche a quello tra le molecole derivate, dovuto soprattutto alla nostra genetica (ed epigenetica), che può determinare una maggiore tendenza alla sintesi di enzimi che producono molecole protettive o infiammatorie.
Un recente studio prospettico mostra che l'acido linoleico (omega 6 a catena corta) misurato nel sangue riduce il rischio di morte totale, mentre l'arachidonico (omega 6 a catena lunga) è associato a maggiore rischio. L'equilibrio con gli omega 3 è probabilmente la chiave
La mia conclusione è che gli omega 6 non sono dannosi, in dosi appropriate, in assenza di malattia, mentre chi abbia già malattia infiammatoria in atto farebbe bene a privilegiare gli omega 3. La salute è sempre un delicato equilibrio tra molecole, e l'alimentazione ha forte influenza su di esse.
Se siete preoccupati per l'acido arachidonico, evitate carne e pesce da allevamento intensivo, perché sono queste le principali fonti.
Aggiornamento 7/4/2019
Nello studio REDUCE--IT, 4g al giorno di una particolare forma di omega 3 riducono gli eventi cardiovascolari del 30% in persone con ipertrigliceridemia e in cura con statine.
Aggiornamento 9/4/2019
Vi siete mai chiesti perché chi mangia male si ammala molto più spesso? Una delle cause potrebbe essere tBHQ (terz-butilidrochinone), indicato in etichetta come E319. Questo stabilizzatore dei grassi altera la risposta immunitaria, riducendo l'aggressività di alcuni globuli bianchi nei confronti del virus influenzale, e causa un'infezione più lunga e con maggiore perdita di peso. È presente negli alimenti che contengono oli (cracker e prodotti da forno), carni e pesce surgelati ecc. Può anche non essere indicato in etichetta se presente nell'olio per fritture.
Aggiornamento 13/4/2019
Nella revisione di 30 studi osservazionali, i livelli plasmatici e tissutali di LA e forse anche AA sono inversamente proporzionali al rischio cardiovascolare. Appaiono protettivi anche dal diabete in una metanalisi di 20 studi.Nello studio KUOPIO, concentrazioni più elevate di n-6 totali, LA e AA e alta attività D5D erano associate a un minor rischio di diabete, mentre maggiori concentrazioni di GLA e DGLA e alta attività D6D erano associate a un rischio più elevato.
Aggiornamento 17/4/2019
I grassi monoinsaturi (MUFA), come l'oleico, tipico dell'olio di oliva, si trovano anche nei prodotti animali. Quasi 100mila persone sono state seguite per più di 20 anni in uno studio. L'assunzione più elevata di MUFA di origine vegetale è stata associata a una minore mortalità mentre l'assunzione di MUFA di origine animale è stata associata a una mortalità più elevata. Il problema non sono quindi i grassi, ma ciò che li circonda.
Inoltre una mortalità significativamente inferiore è stata osservata quando i grassi saturi, i grassi trans o i carboidrati raffinati sono stati sostituiti da MUFA vegetali.
"Per quanto riguarda gli acidi grassi come nutrienti, la nuova prova che i MUFA sono salutari o dannosi a seconda delle fonti alimentari aiuta a spiegare le incoerenze precedenti degli studi epidemiologici sugli effetti sulla salute dei MUFA, spesso etichettati come neutri o addirittura dannosi per la salute cardiovascolare".
"Nel complesso, questi dati supportano le attuali raccomandazioni dietetiche ossia di sostituire i grassi animali con oli vegetali insaturi per la prevenzione di malattie croniche e morti premature".
Lo studio conferma che la visione incentrata sui nutrienti è diversa e sbagliata rispetto a quella incentrata sugli alimenti.
"Gli alimenti sono costituiti da matrici complesse contenenti una miriade di nutrienti e composti bioattivi in grado di interagire sinergicamente sulle vie metaboliche e della fisiologia vascolare. Quindi, un paradigma della moderna scienza nutrizionale è che il cibo, non i nutrienti, sia l'unità fondamentale nella nutrizione".
Aggiornamento 19/4/2019
Nei topi il consumo frequente di pollo da allevamento intensivo porta ad alterazioni ormonali (ridotto progesterone, aumentati testosterone ed estrogeno) che facilitano lo sviluppo dell'ovaio policistico (PCOS)
Aggiornamento 20/4/2019
FATP2 è un trasportatore dei grassi, che porta l'AA all'interno del linfocita. In caso di leucemia, questo trasportatore lavora di più, favorendo la produzione di PGE2 che aumenta la riproduzione cellulare e facilita l'aggiramento dei "controlli immunitari", favorendo in definitiva lo sviluppo del tumore. Bloccare questo trasportatore (o la ciclossigenasi con gli antinfiammatori, che però può dare problemi alla lunga) riduce l'aggressività del tumore.
Aggiornamento 22/4/2019
Chi usa cortisone non può sottoporsi a chirurgia, perché non guarirebbe.
Il complesso intreccio tra endocannabinoidi e omega 3, in condizioni normali aiutano la funzione cerebrale, ma in uno stato infiammatorio possono alterare la funzione
Aggiornamento 2/5/2019
Aggiornamento 8/5/2019
Secondo uno studio, ALA e GLA proteggono gli adulti dalla sindrome metabolica, mentre EPA, DGLA e alta attività di D6D aumentano il rischio. DPA (22:5 omega 3), DGLA e alta attività di D6D aumentano il rischio nei bambini.
Aggiornamento 18/5/2019
Oltre al loro ruolo di combustibile metabolico, gli acidi grassi modulano diversi processi cellulari tra cui regolazione della trascrizione genica, struttura e funzione della membrana cellulare e degli organelli, attività dei canali ionici ed elettrofisiologia.
I diversi grassi, saturi, mono o polinsaturi, possono avere un diverso effetto sulla salute influenzando queste funzioni.
I diversi tipi di grassi hanno fonti dietetiche molto diverse, considerare le fonti alimentari e i tipi separatamente potrebbe essere più significativo per comprendere i loro effetti sulla salute.
L'evidenza generale sostiene fortemente i benefici cardiometabolici dei grassi polinsaturi, sia omega 3, soprattutto dei prodotti ittici, che omega 6.
Ma soprattutto le persone consumano cibi, non singoli acidi grassi. Pertanto, l'orientamento e le politiche per migliorare le diete della popolazione generale dovrebbero porre maggiore enfasi su alimenti specifici anziché sui tipi di grassi alimentari. Gli unici grassi sicuramente dannosi per la salute sono quelli trans, presenti in alimenti fritti e prodotti da forno. I grassi sono comunque importanti e le diete con un quantitativo troppo basso possono non essere salutari, così come le diete con eccessi. Il range ideale appare essere tra il 20 e il 35% delle calorie.
Per quanto riguarda i grassi saturi, vi è un'eterogeneità di effetti sulla salute legata ai diversi alimenti ricchi in saturi, come carne rossa non trasformata, carne lavorata, pollame, formaggio, yogurt, latte, noci, avocado e oli tropicali, in maniera simile a come avviene per le fonti di carboidrati, per cui sarebbe bene effettuare raccomandazioni su alimenti specifici più che su semplici percentuali. Una delle fonti principali, la carne rossa, è un alimento controverso. Mentre la carne processata è sicuramente dannosa, una o 2 porzioni a settimana di carne rossa sembrano non essere problematiche. Vi è ancora bassa evidenza che la carne grass-fed sia più sana, sebbene la paleodieta possa sicuramente portare a miglioramenti metabolici. Resta il forte impatto ambientale a creare problemi.
Altre fonti di grassi saturi sono gli oli tropicali. solitamente sconsigliati. Quelli vergini possono contenere importanti nutrienti, come i carotenoidi, vitamina E, potassio e composti fenolici, che potrebbero tutti avere benefici per la salute.
Per quanto riguarda i polinsaturi, il rapporto tra omega 3 e omega 6 può essere importante. Gli omega 3 possono essere integrati ragionevolmente e senza pericoli da persone che non mangiano pesce e hanno un rischio cardiovascolare noto. Sostituire calorie da carboidrati con omega 6 appare ugualmente benefico per il rischio cardiovascolare.
Aggiornamento 19/5/2019
I polimorfismi nei geni (le diverse forme genetiche che ognuno di noi porta) associati alla sintesi, catabolismo e utilizzo dei grassi influenzano i loro fabbisogni e funzioni.
Gli omega 3 sono solitamente benefici, mentre gli omega 6 sono metabolizzati a composti proinfiammatori, ma comunque necessari.
È probabile che un approccio nutrizionale personalizzato, compresa la supplementazione di acidi grassi, sia necessario per osservare i benefici ottimali che possono venire dagli acidi grassi nella prevenzione e nel trattamento delle allergie e dell'asma.
La supplementazione con omega 3 o il consumo di alimenti ricchi di questi grassi (ad esempio, pesce grasso, alcune microalghe e carne di ruminanti allevati con un adeguato esercizio fisico e una dieta a base di erbe) sono probabilmente utili.
Si ribadisce la nocività dei grassi trans, a parte il CLA presente nei prodotti caseari.
Anche il microbiota interagisce, in particolare con la produzione di grassi a catena corta (SCFA).
Aggiornamento 29/5/2019
Nel modello animale l'eccesso di acido linoleico (omega 6) in gravidanza riduce la produzione di colesterolo e aumenta le citochine infiammatorie (PGE2), risultando in una ridotta crescita della prole.
Aggiornamento 10/6/2019
Ridurre pressione sanguigna, sale da cucina (del 30%) ed eliminare i grassi trans potrebbe risparmiare quasi 100 milioni di morti nei prossimi 25 anni.
Aggiornamento 16/6/2019
Ogni porzione giornaliera in più di carne rossa processata aumenta il rischio di morte per qualsiasi causa del 17% a 8 anni di distanza. Il rischio di morte cardiovascolare cresce del 19% e quello di morte legata a malattie neurodegenerative del 57%. I risultati per la carne rossa non processata sono di lieve incremento non significativo. Secondo i ricercatori questo può essere dovuto alla presenza di grassi saturi e trans.
Aggiornamento 23/6/2019
Il pesce grasso, ricco di benefici omega 3, riduce il rischio di diabete ma solo se non è inquinato. Infatti i contaminanti organici neutralizzano gli effetti positivi dei grassi buoni.
Aggiornamento 24/6/2019
In un modello animale inibire D5D porta a dimagrimento e meno insulino-resistenza e meno infiammazione, ma può contemporaneamente bloccare la sintesi di composti benefici.
Aggiornamento 2/7/2019
Come alcuni cibi determinano infiammazione
Aggiornamento 7/7/2019
Ridurre grassi saturi e carboidrati e sostituirli con grassi polinsaturi come acido linoleico e omega 3 del pesce appare ridurre la mortalità cardiovascolare nei diabetici
Aggiornamento 8/7/2019
Una opinion chiede di considerare più le fonti di grassi saturi che i grassi in sé: quelli del cioccolato amaro, del formaggio, delle uova e della carne sono contemporaneamente fonti di importanti nutrienti, mentre quelli presenti nei prodotti di pasticceria sono immersi in una matrice alimentare di zuccheri e carboidrati da fonti raffinate che possono avere effetto negativo sulla salute.
Sulla dannosità dei grassi trans nessuno discute invece.
Aggiornamento 14/7/2019
Che rapporto di rischio c'è tra consumo di prodotti animali e malattia ischemica? Secondo uno studio prospettico fatto su circa 400 mila europei della durata di 12 anni, la carne rossa e processata aumenta il rischio (19% ogni 100g). Per quanto riguarda gli altri alimenti, il latte lo aumenta in modo non significativo, mentre yogurt e formaggio lo riducono (ad indicare che il latte non ha gli stessi effetti dei suoi derivati); le uova lo riducono (7% ogni 20g); il pesce grasso lo riduce, mentre carne e pesce bianchi appaiono neutri.
I risultati appaiono mediati dagli effetti sui lipidi plasmatici e sulla pressione sanguigna.
Aggiornamento 20/7/2019
Una maggiore quantità di omega 3 nel sangue, in particolare EPA, riduce il rischio di insufficienza cardiaca
Aggiornamento 21/7/2019
Sia olio di krill che olio di pesce apportano omega 3 di qualità, e l'uso dei 2 potrebbe essere complementare. L'astaxantina è caratteristica solo del krill.
Aggiornamento 22/7/2019
Omega 3 a corta catena (acido linolenico) insieme a un probiotico misto migliorano il quadro della steatosi epatica, riducendo grasso epatico e plasmatico e infiammazione
Aggiornamento 27/7/2019
Una flora intestinale sbilanciata produce 12,13-diHOME. Questo composto riduce il numero di T-reg, i globuli bianchi che inducono la tolleranza verso alimenti e antigeni. Più aumenta 12,13-diHOME, più aumenta il rischio di allergie. Ecco perché allattamento, alimentazione e probiotici sono una risorsa nel prevenire e gestire le allergie e l'asma.
Aggiornamento 29/7/2019
"La carenza di acidi grassi omega-3, a causa di un'insufficiente assunzione o di un rapido esaurimento delle scorte durante la gravidanza e l'allattamento, è uno dei fattori di rischio della depressione postparto (PPD). Associazioni tra neuroinfiammazione (citochine proinfiammatorie elevate) e neurotrasmissione alterata (bassa attività di trasmissione serotoninergica) e rischio di PPD sono state riportate anche da numerosi studi. Il completamento con olio arricchito con acido eicosapentaenoico (EPA) può ridurre efficacemente la depressione durante la gravidanza e la PPD dopo il parto. Il trattamento a lungo termine con olio arricchito con acido docosaesaenoico (DHA) può essere efficace nel ridurre il rischio di PPD nelle donne sane, ma non nelle donne che allattano. Il DHA da solo non è sufficiente. In conclusione l'integrazione dietetica con acidi grassi omega-3 ricchi di EPA durante la gravidanza o dopo il parto riduce alcuni sintomi associati alla depressione. Anche l'integrazione di DHA in donne in gravidanza in buona salute può ridurre il rischio di PPD".
Aggiornamento 30/7/2019
L'acido gamma linolenico (GLA) può essere benefico in alcune condizioni dermatologiche (come acne, eczema, calvizie), malattie autoimmuni, sindrome dell'occhio secco, asma, neuropatia diabetica.
Aggiornamento 4/8/2019
Sostituire le fonti di grassi saturi con le noci o altre fonti di grassi monoinsaturi e polinsaturi migliora il quadro lipidico e la pressione diastolica (minima)
Aggiornamento 6/8/2019
L'acido linoleico, un grasso omega 6, risulta associato con minore rischio di diabete, soprattutto se sostituisce grassi saturi, trans e carboidrati.
Aggiornamento 14/8/2019
Nel modello animale le noci riducono il rischio di colite ulcerosa, anche modulando le prostaglandine e aumentando il DHA e altre molecole come betaina e SAH
Aggiornamento 21/8/2019
Non sono allergenici se altamente purificati, quindi anche chi ha allergia al pesce li può assumere
Aggiornamento 26/8/2019
Aumentare il colesterolo buono (HDL) con una dieta a base vegetale integrata con omega 3 si associa ad aumento delle energie nella sclerosi multipla.
I grassi polinsaturi, omega 3, 6 e linolenico, non sono associati a prevenzione del diabete secondo una enorme metanalisi
Tra i mediatori degli effetti antinfiammatori degli omega 3 anche endocannabinoidi loro derivati
Aggiornamento 31/8/2019
La vitamina E riduce l'infiammazione riducendo l'attività della ciclossigenasi e le prostaglandine.
Aggiornamento 6/9/2019
"Vari studi epidemiologici hanno fortemente supportato gli effetti soppressivi dell'integrazione di omega-3 nelle allergie. Inoltre, l'avanzata della lipidomica ha rilevato che le molecole lipidiche svolgono un ruolo importante nell'allergia. Gli omega 3 dietetici alterano il profilo dei mediatori lipidici riducendo la produzione di quelli infiammatori nel tessuto congiuntivale e alleviando i sintomi allergici della congiuntivite in un modello murino. Gli Omega-3 riducono PGD2, PGE2, PGF2α, PGI2, TXA2 e LTB4. Gli omega-3 dietetici possono essere un approccio sicuro e pratico per l'allergia oculare".
Gli acidi grassi Omega-3 e l'integrazione di olio di pesce hanno molti effetti benefici per le persone con sclerosi multipla. Il consumo influenza il livello dei marker infiammatori come TNFα, IL-Iβ, IFN-ϒ e IL-6, riduce il tasso di ricaduta, migliora la qualità della vita e riduce la progressione della malattia. Gli effetti si hanno anche grazie al ribilanciamento del rapporto con gli omega 6 e l'aumento del glutatione.
Per avere gli effetti sono necessari 4g al giorno di omega 3 o olio di pesce. Tuttavia, l'efficacia di questa dose o l'integrazione variano in base a molti fattori in particolare la progressione e lo stato della malattia prima di iniziare la supplementazione.
Aggiornamento 6/9/2019
È stata fatta una grande revisione sull'uso di supplementi nei disturbi psichiatrici.
Questo il riassunto dei risultati:
Nella depressione gli omega 3, con prevalenza di EPA (2g al giorno), sono efficaci, soprattutto abbinati agli SSRI.
Il metilfolato ad alte dosi (1,5mg) è efficace nella depressione unipolare.
La vitamina D è moderatamente efficace (50 mila UI a settimana).
Il NAC ha mostrato efficacia preliminare, anche nel disturbo bipolare.
I probiotici sono moderatamente efficaci.
Per l'ADHD, 2,5g di EPA al giorno sono modestamente efficaci.
Nella schizofrenia gli omega 3 non sono efficaci ma lo è il metilfolato
L'uso di vitamine C ed E e dei minerali non è attualmente supportato dall'evidenza
Aggiornamento 19/9/2019
Nel modello animale gli omega 3 vengono metabolizzati dal microbiota, producendo una sostanza che protegge dall'obesità
Aggiornamento 29/9/2019
Gli omega 3 possono migliorare moderatamente i dolori cronici, in particolare quelli dovuti a dismenorrea
Aggiornamento 30/9/2019
Gli ultimi studi sugli omega 3 e il rischio cardiovascolare erano stati piuttosto deludenti, ma una nuova metanalisi evidenzia come possano ridurre il rischio in maniera dose-dipendente. 840mg al giorno riducono il rischio dell'8% , e ogni 1000mg in più riducono il rischio di infarto del 9% e di morte cardiovascolare del 7%. Il rischio di ictus non sembra influenzato.
"Sebbene le raccomandazioni sulla salute pubblica dovrebbero concentrarsi sull'aumento del consumo di pesce, seguire una dieta salutare per il cuore, essere fisicamente attivi e avere altre pratiche di stile di vita salutare, questo studio suggerisce che l'integrazione con omega-3 può avere un ruolo nei pazienti appropriati", ha affermato una degli autori, JoAnn Manson
Aggiornamento 3/10/2019
La desnutrina è una proteina che avvia la lipolisi. Durante il digiuno i glucocorticoidi (cortisolo) ne aumentano l'attività. La PGE2 derivata dall'acido arachidonico invece la blocca.
Aggiornamento 8/10/2019
La ciclossigenasi influenza il flusso ematico nello sport, ma altri fattori come sesso, etnia e carico di lavoro cambiano il suo effetto
Aggiornamento 14/10/2019
La dieta corretta può modulare la percezione del dolore.
Infatti un'alimentazione di tipo occidentale, povera di nutrienti, aumenta l'infiammazione e sbilancia il sistema immunitario. Invece un'alimentazione ricca di vitamina D, omega 3, selenio, zinco, polifenoli e fibre che nutrono il microbiota, curcuma e zenzero che riducono l'infiammazione sono un possibile approccio per la riduzione della nocicezione (percezione del dolore)
Aggiornamento 24/10/2019
La quantità nel sangue di acido elaidico, tipico grasso trans, è proporzionale al rischio di demenza. I grassi trans sono particolarmente presenti in prodotti da forno, margarina, gelati, creme ecc.
I mastociti (o mastcellule) sono noti per svolgere un ruolo cruciale nella manifestazione di malattie allergiche e non allergiche. Rilasciano l'istamina, il mediatore dell'allergia. Una dieta ricca in fibre (il contrario della tipica dieta occidentale) porta alla fermentazione da parte dei batteri e alla produzione di butirrato, grasso a catena corta che blocca il rilascio di istamina e inibisce in diverse vie i mastociti. Questo può portare ad un miglioramento di tutte le malattie legate all'istamina, come allergie alimentari, dermatite atopica, IBD, asma.
Aggiornamento 31/10/2019
Aggiornamento 2/11/2019
Un avocado al giorno abbassa il colesterolo LDL, e in particolare le LDL piccole, dense e ossidate (quelle realmente aterogene) rispetto a una dieta di controllo. Aumenta inoltre la luteina, prezioso nutriente antiossidante per gli occhi.
Aggiornamento 4/11/2019
4g al giorno di omega 3 riducono i sintomi e la necessità di farmaci in persone con artrite reumatoide
Aggiornamento 9/11/2019
Gli omega 3 ad alte dosi (>3g al giorno) sono in grado di rallentare la progressione dell'aterosclerosi e probabilmente a questo è dovuta la riduzione del rischio cardiovascolare vista nel trial REDUCE-IT
Aggiornamento 19/11/2019
Aggiornamento 20/11/2019
Aggiornamento 22/11/2019
Aggiornamento 23/11/2019
La U.S. Food and Drug Administration ha approvato, con un po' di polemiche, l'uso di omega 3 in una particolare forma (icosapent etile) per la riduzione dei trigliceridi, associato alle statine. Può aumentare il rischio di sanguinamento e fibrillazione atriale, ma non delle malattie legate (ictus). La riduzione del rischio di infarto si abbassa del 35% nelle persone ad alto rischio.
Aggiornamento 24/11/2019
Mitocondri, antiossidanti e radicali liberi.
"Molte malattie croniche sono causate da un aumento dei livelli intracellulari di radicali liberi ... [e sebbene] i livelli basali delle specie reattive dell'ossigeno (ROS) siano essenziali per i processi fisiologici di base, l'eccessiva generazione di radicali liberi provoca danni ossidativi ai tessuti... Lo stress ossidativo causato da ROS induce disfunzione mitocondriale, stress del reticolo endoplasmatico e stato infiammatorio".
"... La vita in stile occidentale comporta in particolare un aumento dell'assunzione di grassi, con conseguente stress ossidativo e alterato controllo dello stimolo ... [e] i mitocondri sono i siti primari dedicati all'ossidazione dei lipidi, e per questo generano molti ROS...", soprattutto in caso di grassi trans o perossidati come nei prodotti da forno.
“… [Ad esempio] l'accumulo di 4-idrossi-2- esenale (4-HHE)… [un] composto aldeidico estremamente reattivo derivato dall'ossidazione lipidica ... nel [sangue] dopo il consumo di acido grasso polinsaturo omega-3 ossidato provoca stress ossidativo e infiammazione nell'intestino superiore dopo assorbimento intestinale ..."
Lo stress ossidativo è dato anche dall'iperglicemia e dagli acidi grassi liberi rilasciati da fegato e tessuto adiposo.
In generale, la produzione di "radicali liberi è una risposta cellulare vitale allo stress ossidativo, tuttavia un'esposizione eccessiva, ad esempio a causa di scarso controllo dello stress, esposizione ambientale alle tossine o il consumo di una dieta povera può attivare una serie di fattori di trascrizione e indurre disfunzione del tessuto adiposo e nei mitocondri, alla base del potenziale sviluppo della sindrome metabolica '.
Nel lavoro gli autori illustrano diversi polifenoli che possono avere un'applicazione nutraceutica e "possono funzionare come antiossidanti in generale, ma la potenza degli effetti ottenuti attraverso il loro consumo dipenderà in gran parte dalle vostre popolazioni microbiche basali personali".
"In quanto tale, sebbene alcuni polifenoli possano essere di beneficio per alcuni, non tutti riceveranno gli stessi benefici.
Pertanto, sebbene l'aggiunta di alimenti ricchi di antiossidanti in una dieta possa essere un modo per migliorare i livelli di stress ossidativo cellulare e disfunzione dei mitocondri, una maggiore attenzione agli stress ambientali e alla salute intestinale in generale, può ottenere risultati superiori".
Aggiornamento 25/11/2019
Gli omega 3 favoriscono la maturazione degli adipociti e così lo sviluppo di un fenotipo metabolicamente più sano, perché più cellule adipose piccole sono meglio di poche grandi, a parità di quantità di adipe.
Aggiornamento 28/11/2019
La dieta chetogenica è probabilmente l'approccio alimentare più efficace nell'emicrania. In persone con sensibilità alimentari le diete di eliminazione possono funzionare, ma anche la semplice riduzione del sale può essere efficace. Uno dei meccanismi possibili è la riduzione dell'infiammazione grazie al bilanciamento tra omega 6 e omega 3
Aggiornamento 29/11/2019
Gli omega 3 sono una potenziale risorsa terapeutica nelle malattie autoimmuni come diabete di tipo 1, lupus, sclerosi multipla e artrite reumatoide. Il principale meccanismo è legato alla riduzione dell'infiammazione, secondariamente alla modulazione di mTOR, una proteina che media immunità, invecchiamento e metabolismo energetico. Un'altra possibile risorsa è la modulazione del gene fat-1, in modo da spingere il corpo a produrre da sé questi grassi a lunga catena a partire dagli omega 6 😮😮
Aggiornamento 2/12/2019
I grassi saturi aumentano il rischio di tumore alla prostata e la sua aggressività stimolando una proteina, MYC, che ha un ruolo nell'iniziazione e nella progressione del tumore. Ridurre questi grassi, soprattutto nelle fasi iniziali del tumore, potrebbe aumentare la sopravvivenza
Aggiornamento 12/12/2019
600g a settimana di salmone migliorano l'infiammazione, l'omocisteina, e la quantità di omega 3 in persone con colite ulcerosa, risultando in un miglioramento della malattia. La quantità di acido arachidonico (omega 6) è correlato con la severità della malattia.
Aggiornamento 16/12/2019
Il Vascepa è stato approvato dall'FDA per persone con malattia cardiovascolare già stabilita e ipertrigliceridemia. Consiste in 4g di EPA altamente purificato e ha ridotto del 25% gli eventi cardiovascolari, con lieve incremento di fibrillazione e sanguinamenti.
Aggiornamento 19/12/2019
Gli anziani che fanno attività sportiva possono beneficiare di omega 3 e antiossidanti
Aggiornamento 21/12/2019
Somministrare omega 3 e vitamina D ai bambini a cui si diagnostica il diabete di tipo 1 riduce la necessità di insulina nei mesi successivi
Tutte le azioni e il metabolismo degli endocannabinoidi nei neuroni
Aggiornamento 24/12/2019
Gli omega 3 a dosi medio-alte (tra 1 e 2g al giorno) possono migliorare la memoria di anziani sia sani che con deficit cognitivo
Aggiornamento 5/1/2020
I grassi trans, a parte rare eccezioni (alcuni presenti nei latticini come il CLA), non esistono in natura, ma si formano dai grassi insaturi (oli vegetali e carni) durante la cottura (prodotti da forno, fritture), o per idrogenazione (processo industriale per la produzione di margarina). All'inizio si pensava che fossero più salutari dei grassi saturi, poi si scoprì che sono deleteri per la salute, tant'è che gli ultimi LARN consigliano di consumarli "il meno possibile". Perché fanno male? Non esistendo in natura le nostre cellule e i nostri enzimi non sono "preparati" a metabolizzarli, semplice. Mentre qualcuno ancora parla di "illusione del cibo naturale" o altre cretinate del genere.
È come mettere gasolio in una macchina a benzina, non può funzionare.
Come creano problemi? Per esempio il fegato, non riuscendo a processarli, altera il suo metabolismo, e riduce l'HDL (colesterolo buono) e aumenta l'LDL (colesterolo cattivo). A livello cellulare viene stimolato NFkB, mediatore dell'infiammazione. Il reticolo endoplasmatico, che produce le proteine, va sotto stress (reazione UPR), producendo e non eliminando proteine aberranti. Viene attivata l'autofagia (morte) delle fibrille muscolari. Aumentano i geni della lipogenesi e i mitocondri producono più ROS, con minore ossidazione dei grassi (accumulo di grasso). Il risultato è ovviamente un aumento delle malattie, in particolare quelle cardiovascolari
Aggiornamento 7/1/2020
Tra i fattori ambientali che aumentano il rischio di diabete di tipo 1 (quello giovanile per capirci) anche alcuni alimentari. In sintesi: Lo stato di obesità di entrambi i genitori, il taglio cesareo, l'età avanzata, le infezioni enteriche in gravidanza, l'eccesso di glutine in gravidanza, svezzamento precoce, l'eccesso di latte artificiale, alterazione del microbiota, anche mediante antibiotici, infezioni post natali, eventi stressanti, eccessivo aumento di peso e alimenti ad alto indice glicemico aumentano il rischio di malattia. Vitamina D, allattamento al seno, svezzamento corretto, omega 3, probiotici e vaccino per il rotavirus sono fattori protettivi.
La supplementazione con omega 3 incrementa le SPM antinfiammatorie (lipoxine, resolvine, protectine e maresine), migliorando il metabolismo di globuli bianchi e piastrine
Sostituire i grassi saturi con gli omega 6 appare sempre conveniente nella popolazione generale e alle dosi normali
L'importanza dei citocromi P450 per il metabolismo dei derivati dei PUFA, in modo da influenzare tendenza alla sindrome metabolica e al diabete
e
Gli omega 6 appaiono essere un marker di insulinemia alta. Questo perché l'insulina stimola le desaturasi, e in particolare D6D, aumentando la conversione di LA in GLA e DGLA, invece la presenza di PUFA sopprime D5D. Nel diabete e prediabete questi metabolismi possono essere dunque alterati.
Sostituire i grassi saturi con gli omega 6 appare sempre conveniente nella popolazione generale e alle dosi normali
Aggiornamento 10/1/2020
Il latte di bovini alimentati al pascolo (grassfed) ha aumentate concentrazioni di nutrienti benefici tra cui acido vaccenico, CLA, ß-carotene e acido α-linolenico, e un migliore rapporto tra omega 3 e omega 6.
Aggiornamento 13/1/2020
Chi era sveglio sapeva già del legame tra microbiota, permeabilità intestinale e malattie cardiovascolari, ma ora ne abbiamo la prova inoppugnabile. La condizione di endotossemia, data dai metaboliti di E. coli che passano nel sangue, caratterizza molti infarti, perché stimola la formazione del trombo. PS: Il microbiota si modula più con la dieta che con le statine...
L'olio di soia, sia normale che modificato per avere pochi omega 6, modifica l'espressione genica dell'ipotalamo nei topi. Il risultato sembra dovuto a un composto non individuato ma presente nell'olio, molto utilizzato nel fast food. Una delle conseguenze è la riduzione di ossitocina con possibili ripercussioni su malattie mentali.
Aggiornamento 23/1/2020
Secondo una revisione degli studi, l'olio di cocco alza il pericolo cardiovascolare perché aumenta il colesterolo cattivo (LDL), assieme a quello buono (HDL), rispetto ad altri oli non tropicali o anche all'olio di palma. C'è da specificare che comunque non alza il rapporto tra LDL e HDL (visto che aumentano entrambi) e non si è esaminato la forma di LDL coinvolta (visto che quelle pericolose sono quelle piccole, ossidate e dense). Insomma si ipotizza un aumento del rischio di malattie cardiovascolari senza andare a verificare se in realtà ci sono stati più eventi tra chi ha consumato un olio e non un altro, solo in base ai valori del colesterolo. Inoltre lo studio non ha distinto tra l'uso di olio vergine e di quello raffinato (che perde i suoi antiossidanti). Per la cronaca: i 2 studi (su 16) considerati) in cui è stato usato olio vergine non hanno dato innalzamento dell'LDL.
Indici di adiposità, glicemia e infiammazione non sono cambiati (smentendo i presunti claim dell'olio di cocco su questi temi). In conclusione "Non ci sono prove di benefici dell'olio di cocco sugli oli vegetali non tropicali" e "non dovrebbe essere considerato un olio salutare per la riduzione del rischio CVD" a causa del suo contenuto in grassi saturi, ma questo è fondamentalmente riferito a oli raffinati, ossia quelli analizzati nello studio
Aggiornamento 10/2/2020
L'EPA, il grasso omega 3, potrebbe prevenire la cachessia neoplastica (e aiutare nel recupero del peso) riducendo le citochine infiammatorie, alla dose di 1,5g. Non vi è consenso unanime sull'indicazione
Aggiornamento 17/2/2020
Nuove linee guida per le IBD (rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn). Per la loro prevenzione si raccomandano più omega 3 e meno omega 6, ed evitare i grassi trans. L'allattamento al seno è un altro fattore protettivo.
Le persone a rischio dovrebbero verificare un possibile stato di malnutrizione, in quanto la malattia crea carenze nutrizionali. Gli eventuali deficit vanno corretti, soprattutto il ferro in caso di anemia. Il fabbisogno proteico appare più alto della popolazione generale.
Non esiste una dieta valida per tutti, e le diete di esclusione sono raccomandate solo in caso di intolleranze individuali. Alcuni probiotici sembrano utilizzabili nelle forme moderate di RU, e possono favorire il mantenimento della remissione.
Le donne in gravidanza e allattamento devono monitorare costantemente lo status nutrizionale ed integrare alcuni micronutrienti. Le persone in sovrappeso devono dimagrire.
Aggiornamento 20/2/2020
Alcuni lattobacilli producono, a partire dall'acido linoleico (omega 6), dei composti (HYA) che conferiscono resistenza all'obesità e al diabete e riducono l'infiammazione, almeno nei topi.
In particolare riducono la produzione di acido arachidonico (precursore di sostanze infiammatorie), attivano alcuni recettori (GPR40 e 120) che promuovono l'ormone benefico GLP1, e riducono l'assorbimento intestinale dei grassi.
Lactobacillus salivarius e L. gasseri sono i migliori produttori di HYA, mentre L. acidophilus e L. johnsonii non ne producono.
Aggiornamento 25/2/2020
L'asse intestino-cervello nell'emicrania.
Lo stimolo può essere diretto, sul nervo vago, o indiretto (metaboliti e neurotrasmettitori batterici che modulano il dolore). Lo stress provoca disbiosi e permeabilità intestinale, tramite il cortisolo. In questo modo sostanze infiammatorie possono giungere al cervello e provocare l'emicrania. Anche i problemi digestivi peggiorano l'emicrania.
Il microbiota produce SCFA che possono ridurre la tendenza agli attacchi. I probiotici possono così ridurre la frequenza. Anche la dieta a basso indice glicemico, favorendo la formazione di SCFA, è efficace. Ridurre il rapporto tra omega 6 e omega 3 è un altro approccio che può dare risultati. Può essere importante inoltre avere livelli corretti di vitamina D. In caso di sovrappeso è necessario dimagrire.
Aggiornamento 2/3/2020
Le ultime 2 grandi revisioni sugli effetti degli omega 3 evidenziano una lieve riduzione del rischio cardiovascolare e un lieve incremento di quello tumorale, in particolare della prostata
Aggiornamento 6/3/2020
Secondo uno studio osservazionale, "La supplementazione abituale con olio di pesce è associata a un rischio inferiore del 13% di mortalità per tutte le cause, un rischio inferiore del 16% di mortalità per CVD e un rischio inferiore del 7% di eventi CVD nella popolazione generale".
Aggiornamento 15/3/2020
Articolo del dott Giordano.
Coronavirus. Facilitargli la vita o ostacolarla. Gli anziani rimangono sempre soggetti a più alto rischio, sebbene ci siano stati e ci saranno casi di persone giovani che possono e potranno venirsi a trovare in situazioni molto critiche. Su questi casi di persone più giovani mi pronunzierò in un altro post. Adesso mi riferirò agli anziani. Chi invecchia va incontro a un fenomeno o condizione di infiammazione di basso grado nota come Inflammaging. Questo comporta che nell'anziano attaccato da un virus, le complicanze batteriche (comorbilità lungo il decorso) siano più intense. Infatti nell'anziano il carico antigenico non è completamente smaltito dalle cellule immunitarie e i processi di fagocitosi digestiva dei patogeni sono ridotti. Inoltre la tolleranza di tipo periferico determinata dai linfociti T regolatori Treg è scarsa e c'è un particolare deficit dei granulociti polimorfonucleati, con la conseguenza di più facile infezioni batteriche e sviluppo. Le cellule Natural Killer invece sembra che funzionino regolarmente. Gli anziani però producono tramite i loro macrofagi grandi quantità di prostaglandina (PG)E2 che a sua volta inibisce la funzione dei linfociti T del sistema immune. L'aumento di (PG)E2 sembra legato ad un'aumentata espressione della cicloossigenasi-2, enzima coinvolta nella sintesi di diversi tipi di mediatori infiammatori come leucotreni.
(PG)E2 dipende per la sua sintesi fondamentalmente dalla presenza dell'acido arachidonico. Se l'anziano, nel momento in cui viene infettato da un virus come il Covid-19, si trova con un buon rapporto tra acido grasso diomo-gamma-linolenico (DGLA)/ acido arachidonico (AA), allora riuscirà a ridurre la produzione delle prostaglandine PGE2 e Trombossani A2 e dei Leucotrieni della serie 4 e produrrà invece più PGE1 e PGA1. Quest'ultima molecola (PGA1) è un potente soppressore della replicazione virale. Per avere nelle cellule più DGLA, da un lato occorre fornire il suo precursore diretto e cioè l'acido gamma linolenico (olio di borragine, funghi selvatici. ribes,) e nello stesso tempo deve introdurre più EPA (dal pesce e dall'olio di pesce, o farlo sintetizzare nel corpo a partire dall'olio di lino e semi di chia, processo però lento specie negli anziani), poiché l'EPA inibisce l'enzima noto come delta-5-desaturasi, che serve a sintetizzare l'acido arachidonico (AA). E' importante anche ridurre ma non azzerare le introduzioni alimentari di eccessi diretti di AA già presente nei cibi, e acido linoleico (capostipite essenziale degli omega-6), il quale attraverso alcuni passaggi porta alla sintesi di acido arachidonico. Limitando il capostipite degli omega 6 e inibendo l'enzima che serve alla sintesi dell'AA, spostiamo il rapporto a favore del DGLA, a partire dal quale avviamo la sintesi aumentata di PGE1 e PGA1 . Un anziano, che nel momento dell'infezione virale ha più acido arachidonico rispetto al diomo-gamma-linolenico, avrà poca PGA1. Il virus avrà vita più facile a replicarsi.
Aggiornamento 16/3/2020
Si confermano i legami tra asma e alimentazione. "Numerosi studi hanno dimostrato una concomitante riduzione delle citochine proinfiammatorie e un aumento dei marker antinfiammatori associati all'assunzione di frutta e verdura. Il consumo di frutta e verdura è inversamente associato ai neutrofili delle vie aeree negli adulti asmatici". Le diete a base vegetale, grazie alla presenza di antiossidanti, come vitamine E e C, carotene, ubichinone, flavonoidi e selenio, migliorano le condizioni degli asmatici. In particolare "la vitamina C influenza il rilascio di acido arachidonico, un precursore delle prostaglandine, che impedisce la sintesi della prostaglandina E2 (PGE2), che aumenta infiammazione e broncocostrizione. La vitamina C svolge anche diversi ruoli nella funzione immunitaria contribuendo alla fagocitosi e alla funzione linfocitaria e modulando le concentrazioni di citochine e istamina". Gli antiossidanti possono ridurre lo stress ossidativo e potenzialmente ridurre i sintomi asmatici. L'aumento dell'assunzione di magnesio è associato ad un effetto positivo sull'asma. Una dieta a basso contenuto di sale migliora la funzione polmonare nei pazienti con asma indotto dall'esercizio. La fibra modula positivamente il microbiota, che produce butirrato antinfiammatorio, e riduce la permeabilità intestinale. Inoltre riduce l'iperglicemia postprandiale, che si associa a maggiore infiammazione. In generale la dieta di tipo occidentale e i latticini appaiono peggiorare l'asma. Tra i grassi, il rapporto tra omega 3 e omega 6 deve rimanere alto per inibire la produzione di acido arachidonico e citochine infiammatorie, mentre i grassi saturi sembrano associati a peggioramento. La vitamina D ha un effetto antinfiammatorio e immunomodulante, bilanciando il rapporto tra Th1 e Th2.
Nelle persone sovrappeso il dimagrimento gioca un ruolo importante nel miglioramento dei sintomi.
In conclusione "l'assunzione di frutta e verdura è stata associata a un ridotto rischio di asma e ad un migliore controllo dell'asma, mentre il consumo di prodotti lattiero-caseari è associato ad un aumentato rischio e potrebbe esacerbare i sintomi asmatici. Componenti dietetici come antiossidanti, fibre, acidi grassi polinsaturi, grassi totali e saturi e consumo di vitamina D probabilmente influenzano le vie immunitarie coinvolte nella fisiopatologia dell'asma". Si rilevano però pochi trial clinici.
Aggiornamento 17/3/2020
"È stato riscontrato che l'assunzione di omega-3 di origine marina ha effetti antiaritmici. Quando si consumano gli omega-3, si verifica un aumento della fluidità della membrana cellulare, l'inibizione dei canali del calcio di tipo L e una riduzione della possibilità di eventi aritmici durante i periodi sensibili. Dati prospettici suggeriscono che il mantenimento di un indice omega-3 di circa l'8%, che richiede il consumo di frutti di mare ricchi di omega-3 fino a cinque volte alla settimana o il consumo di oltre 3 g di EPA e DHA al giorno, può fornire la massima protezione contro gli eventi aritmici".
Aggiornamento 21/3/2020
Basandomi sul webinar del dott. Giordano, ho trovato indicazioni in letteratura su lipidi (PUFA), infiammazione, replicazione virale e albumina, che può spiegare come lo stato nutrizionale possa influenzare guarigione e sopravvivenza nelle infezioni virali.
"si suggerisce che (i) la produzione di TNF-α potenziata con HCV e HBV induca una carenza di PUFA (in particolare AA, EPA e DHA); (ii) la produzione di ROS indotta da HCV e HBV e la perossidazione lipidica aggravano ulteriormente il deficit di PUFA, che, a sua volta, può aumentare la proliferazione virale; (iii) l'attività COX-2 innescata da virus porta ad un aumento della produzione di PGE2; (iv) la riduzione dei livelli di AA, EPA e DHA epatici porta a una riduzione della produzione di LX, resolvina e protectina (molecole che risolvono i danni, derivate da omega 3); (v) l'aumento della produzione di TNF-α causata dall'infezione virale (HCV e HBV) provoca ipoalbuminemia che aggrava ulteriormente la carenza di LX, resolvine e protectine; e (vi) uno squilibrio tra PGE2 pro-infiammatorio e LXs anti-infiammatori, resolvine e protectine (e ridotta formazione di PGE1 a causa della carenza di PUFA, in particolare quella di DGLA) può manifestarsi sotto forma di immunosoppressione, infiammazione e infezioni batteriche inadeguate nella cirrosi epatica. L'albumina è benefica nei pazienti con cirrosi (a condizione che vi siano sufficienti riserve epatiche di PUFA) grazie alla sua capacità di mobilizzare i PUFA e migliorare la formazione di LX, resolvine e protectine".
Negli stati di malattia cronica il corpo sacrifica proteine muscolari per sintetizzare albumina, così le persone demuscolate e denutrite sono più esposte ai rischi.
"Si suggerisce che l'integrazione e / o l'infusione di quantità appropriate di albumina, PUFA e cofattori necessari per la formazione adeguata di PGE1, PGI2, PGA, lipoxine, resolvine, protectine e maresine come vitamina C, piridossina, vitamina B12 e folati potrebbero essere impiegati per prevenire, gestire e invertire la disfunzione / malattia epatica". Il miglior modo per stimolare la produzione di albumina endogena sono invece gli aminoacidi essenziali.
Aggiornamento 22/3/2020
Il ruolo dell'infiammazione nelle malattie moderne e legate all'invecchiamento. Ritengo che oggi non ci si dovrebbe occupare di alimentazione senza aver letto questo articolo.
L'infiammazione è una risposta adattativa dell'organismo agli insulti esterni, che l'evoluzione ci ha dato per difenderci. Purtroppo ai nostri tempi una risposta infiammatoria cronica (SCI) è alla base di molti problemi. L'infiammazione determina effetti comportamentali specifici che includono un insieme di comportamenti legati al risparmio energetico comunemente noti come "comportamenti da malattia", come tristezza, anedonia, affaticamento, riduzione della libido e dell'assunzione di cibo, sonno alterato e ritiro comportamentale sociale, nonché aumento della pressione sanguigna, insulino-resistenza e dislipidemia. Questi cambiamenti comportamentali possono essere fondamentali per la sopravvivenza durante i periodi di lesioni fisiche e minacce microbiche.
L'infiammazione cronica è legata ad aumentato rischio di sindrome metabolica, che include la triade di ipertensione, iperglicemia e dislipidemia; diabete di tipo 2; steatosi epatica; ipertensione; malattie cardiovascolari (CVD); malattia renale cronica; vari tipi di cancro; depressione; malattie neurodegenerative e autoimmuni; osteoporosi e sarcopenia. I marker di infiammazione come PCR e neutrofili aumentati e albumina bassa, correlati all'infiammazione, sono predittivi di mortalità per tutte le cause. In realtà però non esistono marker standardizzati per l'infiammazione cronica.
Tra le cause riconosciute di SCI, infezioni croniche, inattività fisica, obesità (viscerale), disbiosi intestinale, dieta, isolamento sociale, stress psicologico, sonno disturbato e ritmo circadiano alterato ed esposizione a sostanze tossiche come inquinanti atmosferici, rifiuti pericolosi, prodotti chimici industriali e fumo di tabacco. In particolare per quanto riguarda la dieta "la dieta tipica che è stata ampiamente adottata in molti paesi negli ultimi 40 anni è relativamente povera di frutta, verdura e altri alimenti ricchi di fibre e prebiotici e ricca di cereali raffinati, alcool e alimenti industriali, in particolare quelli contenenti emulsionanti. Questi fattori dietetici possono alterare la composizione e la funzione del microbiota intestinale e sono collegati ad una maggiore permeabilità intestinale e cambiamenti epigenetici nel sistema immunitario che alla fine causano endotossemia e SCI". I derivati della cottura ad alte temperature (AGEs e ALEs) sono infiammatori e aumentano l'appetito, mentre gli alimenti ad alto indice e carico glicemico, come zuccheri e cereali raffinati, che sono ingredienti comuni nella maggior parte degli alimenti ultraprocessati, possono causare un aumento dello stress ossidativo che attiva i geni infiammatori. Anche i grassi trans e il sale risultano infiammatori, quest'ultimo attivando i macrofagi e riducendo i lattobacilli. Altri i fattori includono carenze di micronutrienti, tra cui zinco e magnesio, causate dal consumo di alimenti trasformati o raffinati a basso contenuto di vitamine e minerali e livelli di omega 3 non ottimali, che influiscono sulla fase di risoluzione dell'infiammazione. I principali contribuenti alla crescente incidenza mondiale di carenza di omega-3 sono un basso apporto di pesce e un alto apporto di oli vegetali ad alto contenuto di acido linoleico, che riduce gli acidi grassi omega-3 nei fosfolipidi della membrana cellulare (dai quali derivano i composti antinfiammatori). Se combinato con una bassa attività fisica, il consumo di alimenti trasformati iperpalatabili ad alto contenuto di grassi, zucchero, sale e additivi può causare importanti cambiamenti nel metabolismo cellulare e portare all'aumento della produzione (e dello smaltimento difettoso) di organelli disfunzionali come i mitocondri, e di molecole endogene disperse, mal ripiegate e ossidate. Questo porta in ultimo all'inflammaging, uno stato di cronica stimolazione del sistema immunitario tipico dell'anziano, che promuove le malattie legate all'invecchiamento. Tra le sostanze tossiche col quale siamo spesso a contatto invece troviamo ftalati, sostanze per- e polifluoroalchiliche, bisfenoli, idrocarburi policiclici aromatici e ritardanti di fiamma, che fungono da citotossici, interferenti endocrini e ossidanti.
Secondo una revisione degli studi, gli omega 3 possono essere utili nella sindrome acuta da distress respiratorio (ARDS), una delle caratteristiche della COVID19. I dati non si riferiscono però alla malattia da coronavirus ma in generale alla condizione ARDS
Aggiornamento 13/4/2020
"Studiando i meccanismi molecolari coinvolti nell'attività degli ω-3 (omega 3) sullo sviluppo e la progressione del carcinoma mammario, si suggerisce che gli integratori alimentari, in combinazione con farmaci antitumorali, dovrebbero essere usati, ma solo sotto controllo medico.
Gli ω-3 possono essere usati come strategia ausiliaria per il trattamento del tumore al seno triplo negativo. Sono necessari ulteriori studi clinici per valutare gli effetti specifici degli ω - 3 sugli esiti del cancro al seno"
Aggiornamento 19/4/2020
Gli omega 3, e in particolare il DHA, sono associati a riduzione del rischio di sindrome metabolica, mentre gli omega 6 sembrano non alzare il rischio.
Aggiornamento 29/4/2020
Alcune persone sane vengono divise in 2 gruppi. Alcune assumono muffin con olio di palma, ricco in grassi saturi, altre con olio di girasole, ricco in PUFA omega 6. In entrambi viene dato un surplus calorico, in modo da favorire l'aumento di peso. Entrambi gli oli erano di tipo raffinato. Nel primo gruppo è aumentato particolarmente il grasso ectopico, quello viscerale e che troviamo nel fegato, e associato con malattie infiammatorie, mentre nel secondo è aumentata la muscolatura, come se il corpo avesse dissipato le calorie in più costruendo muscoli. Probabilmente i grassi saturi hanno indotto maggiore lipogenesi (sintesi di grassi), anche grazie all'interazione col fruttosio. Inoltre i PUFA sono ossidati più facilmente dai mitocondri
Aggiornamento 8/5/2020
"La supplementazione con omega 3 influisce sul decorso di molte malattie reumatiche infiammatorie diminuendo la loro attività, riducendo il dolore e riducendo il rischio di complicanze cardiovascolari. Tuttavia, ci sono indicazioni secondo cui il GLA (omega 6 presente in alcune piante) dovrebbe essere aggiunto alla supplementazione con omega-3, poiché intensifica la loro attività antinfiammatoria. Pertanto l'integrazione con omega-3 combinati con GLA dovrebbe diventare parte di terapie complesse utilizzate per il trattamento delle seguenti malattie: artrite idiopatica giovanile, spondiloartropatie (artrite psoriasica, spondilite anchilosante), artrite reumatoide, sindrome di Sjögren e gotta"
Aggiornamento 15/5/2020
L'interazione tra i diversi grassi e il microbiota, con produzione di metaboliti necessari per uscire dall'infiammazione, endocannabinoidi ecc
Nei topi dosi alte di glifosato, probabilmente in eccesso rispetto alle esposizioni anche lavorative, inducono autismo alterando le concentrazioni alcuni derivati dei PUFA, detti epossidi
Aggiornamento 16/5/2020
Gli omega 3 in forma di fosfolipidi, anziché trigliceridi, che si trovano nell'olio di krill, sono più biodisponibili. Il 20% viene assorbito senza digestione, e favoriscono la formazione dell'HDL (colesterolo buono) e superano più facilmente la barriera ematoencefalica, favorendo la formazione dei nervi. Il loro effetto antitrombotico e antinfiammatorio può essere superiore, riducendo così il rischio cardiovascolare.
Aggiornamento 24/5/2020
Friggere con olio extravergine d'oliva non sembra associato ad aumento di malattie cardiovascolari né aumento di peso, e in generale anche gli oli vegetali, se non riutilizzati
Aggiornamento 20/6/2020
La proliferazione di una cellula tumorale è sostenuta da una serie di metaboliti e vie metaboliche corrispondenti. La PLA2 metabolizza l'acido arachidonico (AA, omega 6) e interagisce con mTOR e insulina. Una dieta con basso apporto di AA, presente soprattutto in carne e latticini, possibilmente chetogenica (per ridurre l'insulina) aumenta la sensibilità agli inibitori PLA2, aprendo alla possibilità di un nuovo link tra alimentazione e guarigione tumorale
Aggiornamento 21/6/2020
Esiste "una forte relazione tra l'integrazione di acidi grassi omega-3 e l'inibizione della calcificazione ectopica (in tessuti che non ne dovrebbero avere) in vari tessutii. Pertanto, si può dedurre che gli acidi grassi omega-3 sono inibitori naturali non tossici della calcificazione. Inoltre, mediano la preservazione dell'osso stimolando una maggiore attività degli osteoclasti durante il rimodellamento osseo". In questo modo si protegge dall'osteoporosi e dalla calcificazione vascolare. Gli omega 3 possono anche ridurre la calcificazione dei tessuti tumorali trattati con chemioterapia, migliorando sopravvivenza e salute ossea.
Aggiornamento 25/6/2020
Una nuova posizione dei cardiologi americani che farà molto discutere. "Il pregiudizio di vecchia data nei confronti degli alimenti ricchi di grassi saturi (SFA) dovrebbe essere cambiato al fine di raccomandare diete costituite da alimenti sani". Infatti l'evidenza scientifica attuale appare essere che i grassi saturi non aumentano il rischio cardiovascolare né di diabete se provengono da cibi non processati. "Le diete povere di carboidrati e ad alto contenuto di grassi saturi (lowcarb), che sono popolari per la gestione del peso corporeo, possono anche migliorare gli endpoint delle malattie metaboliche in alcuni individui, ma [bisogna sottolineare] che gli effetti sulla salute dei carboidrati alimentari, proprio come quelli dei grassi saturi, dipendono dalla quantità, dal tipo e qualità dei carboidrati, fonti alimentari, grado di lavorazione, ecc". Insomma bisogna abbandonare il paradigma della quantità dei grassi saturi, passando alla loro qualità e origine alimentare. In sintesi:
-Diversi SFA hanno diversi effetti biologici, che sono ulteriormente modificati dalla matrice alimentare e dal contenuto di carboidrati nella dieta
-Diversi alimenti relativamente ricchi di SFA, come latte intero, cioccolato fondente, uova e carne non trasformata, non sono associati ad un aumento del rischio cardiovascolare o diabet
-Non ci sono prove concrete che gli attuali limiti superiori arbitrari a livello di popolazione sul consumo di grassi saturi negli Stati Uniti ridurranno la mortalità o il rischio cardiovascolare.
Aggiornamento 8/7/2020
Gli omega3 possono avere un effetto antinfiammatorio decisivo per evitare l'aggravamento della malattia da coronavirus. La loro presenza nelle membrane cellulari può infatti ridurre lo stato infiammatorio che è alla base della tempesta di citochine. "Sulla base dei dati disponibili, l'integrazione di EPA e DHA nei pazienti COVID-19 sembra avere potenziali effetti benefici nella gestione della "tempesta di citochine". Pertanto, l'uso della supplementazione di EPA e DHA dovrebbe essere considerato sia una terapia di supporto che una strategia di prevenzione nell'infezione SARS-Cov-2"
Il DGLA, un particolare grasso omega 6, favorisce la ferroptosi (morte cellulare programmata) nelle cellule cancerogene. Ulteriori studi mostreranno se si può utilizzare nella pratica clinica.
Aggiornamento 11/7/2020
Aggiornamento 14/7/2020
Un maggiore apporto di omega 3 rispetto agli omega 6 migliora la steatosi epatica anche in assenza di dimagrimento in adolescenti obesi
Aggiornamento 15/7/2020
Grazie al loro effetto antinfiammatorio, antivirale e antiaggregante, e la produzione di sostanze che favoriscono la guarigione (resolvine), gli omega 3 sono un potenziale supporto alla malattia COVID19. Tuttavia alcuni autori mettono in guardia per la mancanza di studi condotti (come del resto anche per i farmaci in questa nuova malattia), perché attenuando l'infiammazione si ha minore risposta verso i virus, e si ha più stress ossidativo dovuto all'ossidazione di questi grassi nelle membrane.
Aggiornamento 18/7/2020
Assumere 2 porzioni di pesce a settimana fornisce una quantità di omega 3 che può proteggere dai danni neurologici dell'inquinamento atmosferico
Aggiornamento 19/7/2020
La supplementazione con almeno 2g al giorno di DHA (omega 3) potrebbe prevenire l'Alzheimer in persone ad alto rischio (genotipo APO-E4). Nello studio è stato anche aggiunto un complesso di vitamine del gruppo B che facilitano l'incorporazione degli omega 3 nei fosfolipidi, forma che attraversa più facilmente la barriera ematoencefalica e quindi raggiunge il cervello agevolemente.
Aggiornamento 4/8/2020
Le prove cliniche e meccanicistiche per i benefici dei PUFA ω-3 nel ridurre il rischio cardiovascolare, in particolare in soggetti con ipertrigliceridemia, sono forti e già incorporati nelle recenti linee guida cliniche. Tuttavia, i benefici della supplementazione di PUFA ω-3 nella prevenzione o nel trattamento del diabete di tipo 2 non sono comprovati. Sebbene l'evidenza suggerisca che i PUFA ω-3 non sono efficaci nell'indurre la perdita di peso negli individui con obesità, sono modestamente efficaci nel mantenimento della perdita di peso. Contrariamente agli studi sull'uomo, i PUFA ω-3 migliorano costantemente la resistenza all'insulina e l'adiposità indotta dalla dieta HF nei modelli animali, almeno in parte tramite la modulazione del grasso bianco (WAT). Questi meccanismi comprendono l'alleviamento dell'infiammazione e la promozione di un fenotipo adipocitario sano. Ma gli studi sull'uomo, che hanno dimostrato che i PUFA ω-3 possono ridurre l'infiammazione di WAT, non sono riusciti dare significativi miglioramenti metabolici negli individui con obesità. Tuttavia, l'evidenza mostra che una riduzione del rapporto PUFA ω-6:ω-3, specialmente durante il periodo perinatale, può prevenire un'eccessiva adiposità in età avanzata. Questi risultati sono anche supportati da dati in vitro sullo sviluppo di adipociti umani. È interessante notare che i PUFA ω-3 hanno dimostrato di essere di beneficio nel mantenimento della perdita di peso in alcuni studi clinici. Inoltre, i PUFA ω-3 aumentano la secrezione di leptina e aumentano il dispendio energetico nei meccanismi UCP1 dipendenti e UCP1 indipendenti nei modelli animali (induzione di termogenesi). Poiché questi acidi grassi hanno anche la capacità di indurre la trasformazione del WAT in adipociti beige (termogenici), offrono il potenziale per identificare meccanismi che possono aiutare nel mantenimento della perdita di peso che dovrebbero essere ulteriormente esplorati. L'integrazione dietetica con PUFA ω-3 ha mostrato risultati promettenti in studi su animali per invertire la disbiosi intestinale e merita ulteriori ricerche con studi clinici.
Aggiornamento 15/9/2020
Nei topi gli omega 3 ossidati (rancidi) esacerbano il danno epatico da alcol attraverso l'aumento della disbiosi intestinale, la permeabilità intestinale (stimolata soprattutto dall'alcol) e l'infiammazione epatica mediata dall'endotossina LPS. Scegliete bene i vostri integratori di omega 3 e non sottoponete il pesce a cotture eccessive.
Aggiornamento 28/9/2020
Anche Lancet mostra che la sicurezza e l'efficacia dei PUFA dipende dal metabolismo delle desaturasi e delle lipossigenasi
Aggiornamento 2/10/2020
I grassi trans (TFA), che troviamo in particolare in prodotti da forno e margarine, e noti per aumentare il rischio cardiovascolare, le allergie ecc, inducono disbiosi. "I nostri risultati hanno suggerito che l'intake di TFA è associato a una chiara disbiosi del microbiota intestinale, inclusa l'espansione anormale di batteri "nocivi", come Proteobacteria, Desulfovibrionaceae, ecc., e la diminuzione di batteri considerati benefici, come Bacteroidetes, Lachnospiraceae, Rikenellaceae, ecc. Inoltre, la dieta arricchita con TFA ha anche indotto infiammazione e altre manifestazioni patologiche. Nel complesso, questo studio ha fornito prove che i TFA possono esercitare i loro effetti negativi sulla salute umana attraverso l'induzione di disfunzioni del microbiota intestinale".
Aggiornamento 12/10/2020
Nelle malattie reumatiche autoimmuni, come artrite idiopatica giovanile, spondiloartrite, artrite psoriasica, artrite reumatoide, sindrome di Sjögren e gotta, l'uso di omega 3 è benefico e il loro effetto può essere migliorato da un omega 6 come il DGLA.
Aggiornamento 20/10/2020
Gli effetti diversi di EPA e DHA sul rischio cardiovascolare; il primo è antinfiammatorio, blocca la perossidazione lipidica e stabilizza le membrane, il secondo incrementa la fluidità di membrana, ma ha ridotta attività antiossidante e si concentra nel cervello e nella retina. Gli effetti antiaritmici, anticoagulante e ipotrigliceridemizzante agiscono sulla salute cardiovascolare
Aggiornamento 23/11/2020
Gli omega 3 nei bambini e nelle condizioni neurologiche.
Il DHA è fondamentale nello sviluppo cerebrale, e più se ne accumula tra gravidanza e primi 2 anni più ne rimarrà in seguito. Agiscono inoltre come modulatori dell'infiammazione e del microbiota.
Nei bambini con infiammazione e ADHD appare più importante integrare l'EPA, mentre nell'autismo si usano mix dei 2 grassi a dosi superiori al grammo. Nella depressione si indica un rapporto EPA/DHA di 2 a 1. Per avere indicazioni personalizzate è opportuno un dosaggio dei livelli sanguigni. I segni di una carenza possono essere pelle squamosa, eczema e secchezza degli occhi.
Aggiornamento 2/12/2020
Alcuni derivati degli omega 3 (resolvine e protectine, SPM, "mediatori che favoriscono la risoluzione") sono fondamentali per risolvere l'infiammazione acuta, che si presenta per esempio nella "tempesta di citochine" tipica della forma grave di COVID19. Vuoi vedere che la carenza di questi grassi gioca un ruolo fondamentale nella mortalità?
Aggiornamento 4/12/2020
Gli endocannabinoidi possono essere modulati anche dai probiotici, favorendo la riduzione della permeabilità intestinale
Sia gli omega 3 che gli omega 6 rallentano la coagulazione e quindi potenzialmente riducono il rischio cardiovascolare
Aggiornamento 11/12/2020
Lo stress può indurre depressione con un meccanismo particolare. Porta alla disbiosi (perdita di specie, tra cui lattobacilli), alterando così la produzione di endocannabinoidi, sostanze legate anche al buon umore e alla ricompensa, prodotte a partire dall'acido arachidonico, omega 6 temutissimo non sempre a ragione.
"Poiché siamo stati in grado di interrompere [la depressione] somministrando AA o ceppi probiotici di Lactobacilli, il nostro studio supporta il concetto che gli interventi dietetici o probiotici potrebbero essere efficaci nell'arsenale terapeutico per combattere le sindromi depressive associate allo stress".
Aggiornamento 15/1/2021
Le donne sovrappeso che hanno figli hanno alterazioni nel trasporto degli acidi grassi nella placenta e nel latte materno, tali per cui si riducono gli omega 3 che arrivano al feto e al bambino e aumentano gli omega 6, con potenziali problemi metabolici futuri (diabete, obesità) e di neurosviluppo
Aggiornamento 25/1/2021
Alcuni grassi vengono ossidati più facilmente, generalmente i grassi insaturi rispetto ai saturi a lunga catena. In particolare, il tasso di ossidazione degli acidi grassi appare il seguente: laurato (12: 0)> linolenato (18: 3n ‐ 3)> linoleato (18: 2n ‐ 6)> oleato (cis 18: 1)> palmitato (16: 0) > stearato (18: 0).
La produzione endogena dei derivati di acido linoleico e linolenico
(arachidonico e EPA + DHA) appare scarsa anche perché vengono prontamente ossidati dai mitocondri.
I grassi possono così influire sulla composizione corporea a lungo termine. I grassi trans e saturi appaiono favorire l'aumento di circonferenza addominale, mentre monoinsaturi vegetali (olio d'oliva) e polinsaturi no. Inoltre i grassi possono modulare la composizione corporea attraverso la quantità di massa magra.
Infatti i grassi PUFA appaiono stimolare il partizionamento dei nutrienti, favorendo l'aumento di massa magra (in presenza di adeguati nutrienti), e aumentando la spesa energetica tramite stimolazione dell'asse sistema nervoso simpatico-tiroide, con aumento della termogenesi e stimolo dei mitocondri.
Aggiornamento 15/3/2021
L'uso di omega 3 di origine algale (microalghe unicellulari) potrebbe rappresentare un'alternativa ecologica ed economica agli integratori di origine marina. Anche alcuni batteri si sono dimostrati capaci di produrli
Aggiornamento 30/3/2021
Alcuni grassi polinsaturi, come l'acido linolenico e l'EPA (Omega 3) interferiscono con il legame del virus che permette l'ingresso nelle cellule. Potrebbero inoltre interferire con il corretto ripiegamento del virus, alterando la sua funzione
Aggiornamento 4/4/2021
Il prurito da allergia (dermatite atopica) è dovuto a leucotrieni, derivati dell'acido arachidonico (omega 6), ma diversi da quelli che mediano l'asma, e questo spiega perché alcuni farmaci antileucotrieni (montelukast) non funzionano per il prurito. L'uso di omega 3, resolvine e DGLA può aiutare.
Aggiornamento 17/4/2021
I grassi trans sono associati a maggior rischio di tumore al seno. In particolare un alto consumo di 'acido elaidico è associato a un aumento del rischio del 14%. Per gli autori dello studio questi numeri dovrebbero indurre la politica a prendere provvedimenti perché le soglie ritenute accettabili non lo sono affatto, "oltre alle prove sempre più numerose dei loro effetti deleteri sulla salute, dovrebbero essere prese in considerazione a livello globale le raccomandazioni per limitare il più possibile il consumo umano di grassi trans industriali".
Aggiornamento 19/4/2021
Gli omega 3 hanno un ruolo protettivo dall'osteoporosi durante l'invecchiamento. Invece omega 6 e grassi saturi possono peggiorare la situazione. "Il consumo di acidi grassi ω-3 come DHA ed EPA è stato ampiamente associato a un aumento significativo della rigenerazione ossea, a una migliore microarchitettura e resistenza strutturale. Tuttavia, gli acidi grassi ω-6 sono tipicamente pro-infiammatori e sono stati associati ad un aumentato rischio di fratture. Questa revisione suggerisce un potenziale ruolo degli acidi grassi ω-3 come metodo non farmacologico per ridurre la perdita ossea nella nostra popolazione che invecchia".
Aggiornamento 24/4/2021
Probabilmente qualsiasi malattia moderna (diabete, malattie neurodegenerative, dolori cronici, malattie della pelle, asma ecc.) ha caratteristiche di infiammazione cronica. Cercare di sopprimere il sintomo con gli antidolorifici/antinfiammatori/cortisonici appare oggi una strategia superata, perché abbiamo a disposizione le proresolvine (SPM), derivati degli omega 3, con potente azione farmacologica di risoluzione dell'infiammazione, di inibizione del dolore, senza azione immunosoppressiva, per cui possono essere utili anche nelle malattie infettive caratterizzate da infiammazione duratura e che non si risolve (COVID19).
"La scoperta delle SPM ha cambiato il concetto di come si spegne l'infiammazione e ha aperto nuove strade per il trattamento delle malattie infiammatorie. Le SPM sono molecole immunoresolventi (ovvero non presentano effetti immunosoppressivi, uno degli effetti collaterali indesiderati di corticosteroidi, agenti immunobiologici e oppioidi) e, pertanto, sfruttare la farmacologia della risoluzione potrebbe fornire la base per riprogrammare le attività neuronali e delle cellule immunitarie e la risposta infiammatoria. A dosi molto basse, gli SPM agiscono su specifici recettori espressi dalle cellule immunitarie e silenziano i nocicettori limitando il dolore e l'infiammazione".
Aggiornamento 27/4/2021
Uno sbilanciamento durante la gravidanza del rapporto tra omega 3 e omega 6, con una ridotta introduzione dei primi, può favorire alterazioni nella distribuzione del grasso e un suo eccesso, nel metabolismo energetico, nello sviluppo cerebrale e nei comportamenti (stress, ADHD, ricompensa), nello sviluppo muscolare e osseo, nell'epigenetica.
"L'integrazione materna con DHA fino a 2,7 g di LCPUFA n-3 non ha avuto alcun effetto dannoso negli studi. In una dichiarazione di consenso per i grassi alimentari la Società internazionale per lo studio degli acidi grassi e dei lipidi (ISSFAL) ha emesso raccomandazioni specifiche per il solo DHA, utilizzando prove scientifiche basate sugli effetti fisiologici del DHA e suggerendo alle donne incinte di consumare almeno 200-300 mg di DHA al giorno".
Aggiornamento 20/5/2021
I nostri microbi intestinali influenzano il metabolismo e l'assorbimento dei grassi. Tramite la deconiugazione degli acidi biliari, la produzione di grassi a catena corta (SCFA) e lattato, la modulazione degli ormoni (GLP1) viene modulato il metabolismo energetico.
Alcuni metaboliti batterici come TMAO e LPS causano e sostengono l'infiammazione di basso grado, e gli emulsionanti come polisorbato 80 e carbossimetilcellulosa alterano il microbiota e la funzione di barriera intestinale, favorendo le alterazioni metaboliche.
"Incorporando le interazioni tra uomo e microbiota nei modelli energetici della nutrizione umana, possiamo ottenere una maggiore comprensione dei meccanismi alla base delle malattie metaboliche legate alla dieta".
Aggiornamento 25/5/2021
Nei topi dare antibiotici e proresolvine insieme durante un'infezione batterica riduce la quantità di farmaco necessaria e accorcia i tempi di guarigione.
Aggiornamento 19/6/2021
L'infiammazione è la risposta dell'organismo ai problemi, ma per cessare devono essere presenti alcune sostanze, SPM, che risolvono l'infiammazione.
"Il ruolo della risoluzione (=ripristino dell'omeostasi) è un aspetto piuttosto trascurato dell'infiammazione che è distinto dall'immunosoppressione (=attenuazione degli eventi che sostengono l'infiammazione). Nonostante l'insorgenza dell'infiammazione sia riconosciuta come un processo attivo e controllato, la fase di risoluzione è stata erroneamente considerata un processo passivo in cui l'infiammazione semplicemente svanisce. Piuttosto, contemporaneamente alla down-regulation attiva dell'infiammazione, la risoluzione è attivamente promossa da mediatori lipidici specializzati (SPM) che includono maresine, resolvine, protectine e lipossine, prodotte come risultato della scissione enzimatica di PUFA omega-3 (ω- 3) e ω-6".
L'azione delle SPM è necessaria anche a livello della barriera intestinale, dove l'infiammazione aumenta la permeabilità e consente l'ingresso di sostanze infiammatorie, creando un circolo vizioso. L'infiammazione costante non permette la riparazione del tessuto. I derivati degli omega 3 sono quindi fondamentali per il ripristino della funzione di barriera, che è notoriamente legata alle condizioni croniche dell'invecchiamento.
Attraverso lo sforzo orchestrato di arrestare l'infiammazione e attivare i processi di guarigione dei tessuti danneggiati, le SPM insieme ad altri mediatori di risoluzione promuovono il recupero della barriera intestinale e il ritorno all'omeostasi dei tessuti".
Aggiornamento 3/7/2021
Una dieta ricca di pesce grasso (che contiene omega 3) e ridotta in oli vegetali (contenenti omega 6) riduce la frequenza e la severità dell'emicrania, anche se la qualità della vita non appare migliorata secondo i test.
I cambiamenti sono da attribuire alla variazione dei metaboliti derivati da questi grassi (oxilipine).
"Questo studio fornisce una dimostrazione biologicamente plausibile che il dolore può essere trattato attraverso alterazioni dietetiche mirate nell'uomo. I risultati collettivi suggeriscono meccanismi causali che collegano gli acidi grassi n-3 e n-6 alla nocicezione (percezione del dolore) e aprono la porta a nuovi approcci per la gestione del dolore cronico negli esseri umani".
Aggiornamento 8/7/2021
In una metanalisi di RCT, comprendente quasi 150 mila persone, l'uso di omega 3, e in particolare EPA più che una combinazione di EPA e DHA, si è dimostrato ridurre il rischio cardiovascolare. Si è notato un lieve aumento del rischio di fibrillazione atriale e sanguinamento, in particolare con l'EPA.
L'effetto protettivo è più evidente ad alte dosi e nelle persone a rischio.
"Dopo [lo studio] REDUCE-IT, diverse linee guida nazionali e internazionali hanno approvato l'EPA nelle loro raccomandazioni terapeutiche. Tuttavia, la pubblicazione di due recenti studi senza effetti positivi su EPA e DHA ha creato una certa confusione nella comunità scientifica sul valore degli acidi grassi omega-3 nella prevenzione degli eventi cardiovascolari. Questa meta-analisi fornisce rassicurazioni sul ruolo degli acidi grassi omega-3, in particolare dell'EPA, nell'attuale quadro di trattamento della riduzione del rischio cardiovascolare residuo e incoraggia i ricercatori a esplorare ulteriormente gli effetti cardiovascolari dell'EPA in diversi contesti clinici".
Aggiornamento 25/7/2021
Secondo una metanalisi gli omega 3 migliorano i parametri metabolici nella PCOS (sindrome dell'ovaio policistico). In particolare migliorano insulina, HOMA, trigliceridi, colesterolo ma non glicemia basale.
Aggiornamento 5/8/2021
Se ancora ci fosse qualche nutrizionista che va in giro a dire "lo zucchero serve per dare energia", è arrivato lo studio che lo smentisce definitivamente.
Infatti lo zucchero ostacola l'attività mitocondriale.
"Un team guidato dagli scienziati del Van Andel Institute ha scoperto che lo zucchero in eccesso può far sì che le nostre centrali elettriche cellulari, chiamate mitocondri, diventino meno efficienti, riducendo la loro produzione di energia.
Abbiamo scoperto che troppo glucosio nelle cellule, che è direttamente collegato alla quantità di zucchero consumata nella propria dieta, influisce sulla composizione lipidica in tutto il corpo, che a sua volta influisce sull'integrità dei mitocondri. L'effetto complessivo è una perdita della funzione ottimale" e quindi riduzione della produzione di ATP (energia per la cellula).
"L'eccesso di glucosio riduce la concentrazione di acidi grassi polinsaturi (PUFA) nella membrana mitocondriale e rende i mitocondri meno efficienti. I PUFA sono attori vitali nel supportare la funzione mitocondriale e nel mediare una serie di altri processi biologici come l'infiammazione, la pressione sanguigna e la comunicazione cellulare.
Invece, il glucosio in eccesso viene convertito in una diversa forma di acido grasso (acido palmitico , grasso saturo) che non è efficiente o flessibile come i PUFA. Questo inverte la composizione lipidica della membrana e mette sotto stress i mitocondri, danneggiandoli e impattando sulle loro prestazioni".
Utilizzando una dieta chetogenica il problema è stato risolto, ripristinando la normale composizione lipidica, e confermando che questa dieta può avere un effetto benefico grazie al suo impatto sui mitocondri. Inoltre l'eccesso di carboidrati riduce anche l'effetto benefico dei supplementi di PUFA sui mitocondri.
"Anche se non possiamo sempre notare subito la differenza nelle prestazioni mitocondriali, il nostro corpo lo fa", ha spiegato il ricercatore Wu "Se l'equilibrio lipidico viene alterato abbastanza a lungo, potremmo iniziare a sentire sottili cambiamenti, come stancarci più rapidamente. Sebbene il nostro studio non offra raccomandazioni mediche, evidenzia le prime fasi della malattia metabolica e fornisce approfondimenti che possono modellare futuri sforzi di prevenzione e terapia”.
Aggiornamento 7/10/2021
Gli omega 3, in dose superiore a un grammo al giorno, sembrano aumentare del 49% il rischio di fibrillazione atriale. Il rischio sale solo dell'11% con una dose sotto il grammo.
Aggiornamento 5/11/2021
L'assunzione dietetica e supplementare dell'acido grasso omega 3 acido docosaesaenoico (DHA) riduce il rischio di malattia di Alzheimer (AD) e ne migliora i sintomi. Avere la forma genica (allele) dell'apolipoproteina E (APOE) 4 è il fattore di rischio più forte per l'AD, escludendo l'età. I portatori di APOE4 rispondono bene al DHA presente nel pesce ma non rispondono altrettanto bene agli integratori alimentari. Perché questo?
Gli integratori hanno i trigliceridi, mentre nel pesce una parte degli omega 3 è presente sotto forma di fosfolipidi, che riescono ad arrivare al cervello grazie a dei trasportatori appositi.
Anche l'olio di krill possiede i fosfolipidi, e potrebbe essere la forma corretta per l'integrazione nelle persone con APOE4.
Aggiornamento 16/1/2022
Si stima che la messa al bando dei grassi trans in Danimarca abbia ridotto la mortalità di 30 persone ogni 100 mila abitanti. Questi grassi agiscono aumentando infiammazione e stress ossidativo, alterando i livelli di colesterolo plasmatico e favorendo la deposizione di grasso a livello del fegato, aumentando così la mortalità cardiovascolare e tumorale
Aggiornamento 10/2/2022
L'introduzione di omega 3 è legata a modificazioni positive nell'emocromo, il test base sullo stato della parte corpuscolata del sangue che dà indicazioni basali sullo stato nutrizionali, anemia, infezioni ecc.
Vengono influenzati in particolare RDW, un parametro che indica la distribuzione dell'ampiezza dei globuli rossi, e il rapporto tra neutrofili e linfociti, 2 tipi di globuli bianchi.
Nel caso dell'RDW, si lega a una maggiore deformabilità dei globuli rossi. Un RDW alto è legato a maggiore rischio di malattie infiammatorie come tumori, malattie cardiovascolari, sepsi, COVID19 severo. Il valore basso è legato a maggiore introduzione di omega 3.
Il rapporto neutrofili/linfociti (NLR) misura l'equilibrio tra il sistema immunitario innato e quello adattativo. L'NLR è anche un biomarcatore dell'infiammazione sistemica e, come l'RDW, predice un rischio maggiore di morte per numerose malattie croniche.
Anche in questo caso il valore migliora con una maggiore introduzione di omega 3.
Gli studi sono stati compiuti su popolazione sana.
Aggiornamento 10/2/2022
Uno degli eterni dibattiti in nutrizione riguarda gli acidi grassi omega 3 e omega 6. Sono utili? Sono dannosi? Dipende soprattutto dalla nostra genetica, che manipola i grassi e i loro metaboliti, influenzando la nostra salute.
Per esempio PGE2, derivata dell'acido arachidonico omega 6, "sebbene sia riconosciuta come un mediatore dell'infiammazione attiva, inibisce anche la produzione di citochine pro-infiammatorie potenzialmente attraverso la soppressione selettiva delle funzioni dei macrofagi e dei neutrofili e dei linfociti T naïve, della memoria e degli effettori. Pertanto, può modulare la produzione di chemochine controllando le cellule pro-infiammatorie". Che prevalga un effetto o l'altro dipende da come i nostri enzimi processano la molecola.
Entrambe le classi sono considerate essenziali in quanto il nostro organismo non li può produrre ma deve introdurli con la dieta.
Gli omega 3 sono associati a minore rischio cardiovascolare, mentre una dieta arricchita con un consumo eccessivo di ꞷ−6, presenti nella maggior parte dei semi e oli vegetali utilizzati per cucinare (colza, cartamo, soia, mais, girasole), uova, pollame e noci, e una quantità insufficiente di ꞷ−3 possono creare danni alla nostra salute. Tuttavia, gli acidi grassi ꞷ−6 hanno dimostrato di essere utili se usati come sostituti degli acidi grassi saturi. Inoltre inibiscono la PCSK9, aumentando ulteriormente la clearance del colesterolo LDL "(ossia lo riducono).
"Pertanto, sia gli ꞷ−3 (abbassamento dei trigliceridi, promozione del flusso sanguigno e controllo della trombosi) sia gli ꞷ−6 (riduzione del colesterolo LDL) riducono il rischio cardiovascolare. Mentre i fattori genetici ed epigenetici possono influenzare notevolmente l'equilibrio, studi recenti hanno dimostrato che altri fattori come il microbioma possono influire sull'effetto degli ꞷ−3 e ꞷ−6 sulla salute.
Gli studi clinici per stabilire il rapporto ideale tra ꞷ−3 e ꞷ−6 per una salute ottimale delle malattie cardiovascolari dovrebbero tenere conto dell'origine etnica, della predisposizione genetica, dei marcatori biochimici e delle attuali abitudini alimentari. Comprendere come il corpo di un individuo elabora questi acidi grassi essenziali può aiutare a determinare il possibile corso della cura attraverso un programma di integrazione personalizzato in base alle esigenze del paziente. Ad esempio, è stato dimostrato che il genotipo FADS1 3′UTR rs174546 CC non ha alcun impatto, mentre i genotipi CT eterozigoti hanno un'attività enzimatica δ5D moderatamente compromessa che può influire sulla produzione di alcuni ꞷ3. Tuttavia, la presenza dell'allele TT omozigote ha un'attività enzimatica δ5D compromessa che può influire sulla produzione a valle di alcuni grassi ꞷ 3 e pertanto l'integrazione di EPA e DHA nella loro dieta è considerata benefica".
Aggiornamento 23/8/2022
Interessante articolo di Selfhack che spiega le virtù i difetti degli oli vegetali, concludendo che molto può dipendere dalle circostanze e dalla genetica
Aggiornamento 19/10/2022
Omega 3 e vitamina D "collaborano" per ridurre la produzione di metaboliti infiammatori, per esempio i derivati dell'acido arachidonico mediante riduzione dell'attività delle desaturasi. Questo può essere utile nelle malattie autoimmuni
Aggiornamento 15/12/2022
Quali sono i supplementi che hanno dimostrato efficacia nel ridurre il rischio cardiovascolare (CVD)?
Secondo una revisione degli studi l'integrazione con grassi omega 3 e omega 6, L-citrullina, acido folico, vitamina D, magnesio, zinco, acido alfa-lipoico, coenzima Q10, melatonina, catechina, curcumina, flavanoli (cacao, tè, frutti di bosco), genisteina e quercetina ha mostrato prove di qualità da moderata ad alta per ridurre i fattori di rischio CVD".
In particolare gli omega-3, hanno ridotto la mortalità per malattie cardiovascolari, l'acido folico ha ridotto il rischio di ictus e il coenzima Q10 ha ridotto la mortalità per tutte le cause.
La vitamina C, la vitamina D, la vitamina E e il selenio non hanno invece mostrato alcun effetto sulle malattie cardiovascolari a lungo termine o sul rischio di diabete di tipo 2, mentre gli integratori di beta carotene sono stati associati ad aumentata mortalità per tutte le cause.
I ricercatori concludono affermando che alcuni integratori possono essere utili nella riduzione del rischio cardiovascolare ma raccomandano ulteriori studi per capire chi effettivamente può trarre vantaggio.
Secondo una revisione degli studi l'integrazione con grassi omega 3 e omega 6, L-citrullina, acido folico, vitamina D, magnesio, zinco, acido alfa-lipoico, coenzima Q10, melatonina, catechina, curcumina, flavanoli (cacao, tè, frutti di bosco), genisteina e quercetina ha mostrato prove di qualità da moderata ad alta per ridurre i fattori di rischio CVD".
In particolare gli omega-3, hanno ridotto la mortalità per malattie cardiovascolari, l'acido folico ha ridotto il rischio di ictus e il coenzima Q10 ha ridotto la mortalità per tutte le cause.
La vitamina C, la vitamina D, la vitamina E e il selenio non hanno invece mostrato alcun effetto sulle malattie cardiovascolari a lungo termine o sul rischio di diabete di tipo 2, mentre gli integratori di beta carotene sono stati associati ad aumentata mortalità per tutte le cause.
I ricercatori concludono affermando che alcuni integratori possono essere utili nella riduzione del rischio cardiovascolare ma raccomandano ulteriori studi per capire chi effettivamente può trarre vantaggio.
Aggiornamento 27/12/2022
L'acido linoleico, un grasso omega 6 presente soprattutto negli oli vegetali, è temuto perché è un precursore dell'acido arachidonico, che invece è noto per essere metabolizzato a molecole proinfiammatorie (prostaglandine).
In realtà la situazione è molto più complessa e negli ultimi anni si è capito che la quantità di acido arachidonico dipende da molti fattori e soprattutto dalla sua introduzione con l'alimentazione.
In questo studio donne con obesità hanno avuto un aumento del linoleico nella dieta ma non dei livelli di arachidonico o dei suoi derivati endocannabinoidi, noti per indurre fame, dipendenza e problemi metabolici. Dando omega 3 invece l'arachidonico si abbassa.
In realtà la situazione è molto più complessa e negli ultimi anni si è capito che la quantità di acido arachidonico dipende da molti fattori e soprattutto dalla sua introduzione con l'alimentazione.
In questo studio donne con obesità hanno avuto un aumento del linoleico nella dieta ma non dei livelli di arachidonico o dei suoi derivati endocannabinoidi, noti per indurre fame, dipendenza e problemi metabolici. Dando omega 3 invece l'arachidonico si abbassa.