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domenica 29 ottobre 2023

Aminoacidi essenziali: perché li consiglio


È stata pubblicata una posizione della International Society of Sports Nutrition sull'uso di aminoacidi essenziali (EAA) nello sport.
Il documento ribadisce l'efficacia e la sicurezza di questo supplemento, in dosi di 15 grammi al giorno (ma viene specificato che anche 100g/die generalmente lo sono).
Il loro principale effetto è quello di stimolare la sintesi proteica muscolare (MPS) e mantenere la massa muscolare in seguito al turnover proteico, ossia il processo di degradazione e resintesi delle proteine danneggiate nei muscoli che avviene normalmente e dopo lo sport.


"Gli integratori di EAA stimolano l'MPS più di una pari quantità di proteine ​​di alta qualità sia come isolato che come componente di un pasto. È stato riscontrato che una dose orale di 3 g di EAA stimola la MPS in misura simile a 20 g di isolato di proteine ​​del siero di latte, che contiene circa 10 g di EAA. Inoltre, è stato dimostrato che l'aggiunta di EAA alle proteine ​​del siero di latte migliora significativamente la risposta degli MPS rispetto alle sole proteine ​​del siero di latte. L'effetto stimolatorio superiore degli EAA in forma libera è correlato alla maggiore quantità di EAA/grammo rispetto a una fonte proteica alimentare. A causa dell’elevato tasso di assorbimento intestinale degli EAA in forma libera, i rapidi aumenti delle concentrazioni plasmatiche circolanti di EAA guidano il trasporto verso l’interno del muscolo con conseguente raggiungimento più rapido delle concentrazioni massime di EAA intramuscolari rispetto ad altre fonti di proteine ​​alimentari".

In pratica il maggior aumento delle concentrazioni plasmatiche di aminoacidi che si ha con l'integrazione di EAA favorisce maggiore aumento di muscolo rispetto a cibo e altri integratori perché entrano più facilmente nel muscolo dove permettono l'effetto anabolico.




Gli EAA sono particolarmente indicati nei periodi di deficit calorico in cui si punta a ridurre la massa grassa, perché salvaguardano dalla perdita di muscolo.

La stimolazione dell'anabolismo muscolare avviene anche in persone che non praticano movimento, sono per questo ottimi in pazienti immobilizzati e anziani, mentre per dimostrare questo nei giovani servono più studi.

Gli EAA possono essere assunti prima, durante e dopo l'attività fisica, per massimizzare il loro effetto anabolico.

Altre condizioni che possono beneficiare dell'uso sono: sarcopenia, infezioni acquisite durante cure a lungo termine, ridotta funzionalità fisica e insufficienza cardiaca. "Gli effetti benefici degli EAA sono stati segnalati anche nelle seguenti condizioni o situazioni: riabilitazione; ictus; riposo a letto/immobilizzazione; malattia delle arterie periferiche; insufficienza renale; infiammazione; malattia critica; cancro ai polmoni; fibrosi cistica; malattia polmonare cronica ostruttiva; guarigione delle ferite; lesione cerebrale; sindrome metabolica e fattori di rischio cardiovascolare; obesità; grasso nel fegato e diabete. È importante sottolineare che in tutti questi studi sono stati osservati effetti benefici nonostante l'assenza di controllo sul consumo degli EAA contenuti nelle proteine ​​alimentari, suggerendo l'importanza dell'assorbimento rapido e completo degli EAA liberi in circostanze cliniche in cui la digestione può essere compromessa e la resistenza anabolica è prevalente".

Sottolineo che si tratta di malattie che hanno in comune un'alterazione della funzione mitocondriale, che beneficia della supplementazione di EAA.

Questi supplementi hanno un costo superiore a parità di peso rispetto alle altre fonti proteiche, ma una maggiore convenienza in rapporto all'effetto.

Chiedete comunque sempre consiglio al professionista prima di assumerli (sicuramente controindicati in caso di assunzione di psicofarmaci e di fenilchetonuria).


Aggiornamento 12/7/2024

L'incremento di muscolatura negli anziani stimolato da 3,6g di aminoacidi essenziali è molto maggiore di quello di 15g di proteine whey. Questo è probabilmente dovuto alla miglior efficienza nell'assorbimento intestinale.


Aggiornamento 29/8/2024

La supplementazione con un mix di aminoacidi essenziali e proteine (25g al giorno) per 8 settimane ha permesso a persone con osteoartrite al ginocchio di recuperare massa muscolare e migliorare la qualità della vita, riducendo i dolori articolari.
Non si sono registrati effetti avversi sui parametri metabolici o allergie.

Aggiornamento 2/10/2024

Durante i periodi di restrizione calorica, il corpo sopperisce al ridotto introito calorico consumando muscolo per ottenerne aminoacidi. Questo serve a chiarire perché non è facile dimagrire senza perdere massa magra e perché spesso le diete falliscono sul lungo periodo, visto che meno muscolo significa minor metabolismo basale e consumo totale.
Se però al posto dei carboidrati si consumano proteine whey e aminoacidi essenziali, quindi un mix ad alta quantità e qualità proteica, si riesce ad incrementare la massa muscolare nonostante il deficit energetico.

Aggiornamento 20/11/2024

Perché qualcuno vi invita a integrare la glutammina, aminoacido non essenziale, se provoca rilascio di ammonio che va a stimolare la lipogenesi epatica (costruzione di grasso nel fegato) e attiva SREBP, proteina che è anche implicata nella crescita di alcuni tumori?

lunedì 28 agosto 2023

Quanto sono fico

 

I fichi, l’infruttescenza della pianta di Ficus carica appartenente alla famiglia delle Moraceae, sono tipicamente estivi e originari della Caria, regione dell’Asia Minore, ma poi diffusi in tutto il bacino mediterraneo. Sono ritenuti simbolo di longevità, anche grazie alle loro proprietà benefiche. Non si tratta di frutti veri e propri, ma vengono definiti “siconi”, falsi frutti con all’interno i granuli che costituiscono il vero frutto.



Il fico è noto per alcune caratteristiche benefiche legate alla presenza di diversi nutrienti. Queste proprietà sono presenti sia nel prodotto fresco che essiccato e sono dovute ai composti bioattivi, in particolare quelli di colore scuro.

I numerosi composti benefici del fico come fenoli, flavonoidi, quercetina, triterpeni, rutina, acido ferulico e tanti altri, hanno dimostrato nei modelli animali e in studi su umani di favorire gli effetti positivi di questo alimento.

La letteratura scientifica attribuisce al fico attribuisce al fico attività antimicrobica, antidiabetica, antinfiammatoria e analgesica, anticonvulsivante e anti-neurodegenerativa, citotossica e antiossidante. 

Il potenziale effetto antidiabetico è legato al miglioramento dell’azione dell’insulina, con un rallentamento dell’assorbimento del glucosio e un miglioramento del suo ingresso nelle cellule muscolari, insieme alla modulazione del metabolismo glicemico nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo. Inoltre l’effetto antiossidante contrasta i radicali liberi e riduce l’infiammazione che è corresponsabile della glicemia alta. Tra i principali antiossidanti che modulano il metabolismo glucidico troviamo kampferolo (tipico anche dei capperi), quercetina, balcaleina, naringenina, ficusina.

In Marocco foglie e frutti sono considerati una medicina tradizionale per il diabete. 

Sono state evidenziate anche proprietà antitumorali, sia in termini di prevenzione che di potenziale terapeutico, nei confronti di diversi tipi di tumore, tra cui stomaco, seno, polmone e intestino. Infatti gli studi animali indicano forti evidenze per gli effetti antiproliferativi dei composti presenti nel fico, tali da poter supportare le terapie convenzionali.

Quercetina e rutina presenti nel fico sono noti anche per il loro effetto senolitico. Si tratta di molecole capaci di favorire l’apoptosi (morte cellulare programmata) delle cellule senescenti. Queste cellule si accumulano nei tessuti andando avanti con l’età e non vengono rimosse. Il loro effetto è quello di disturbare il metabolismo energetico e non solo. La loro abbondanza è legata alle malattie tipiche dell’invecchiamento, come diabete, malattie neurodegenerative, tumori, sarcopenia ecc. Attualmente studi preliminari mostrano che favorendo la loro rimozione si contrasta il processo di aging

I fichi d’India invece sono i prodotti (bacche carnose) della pianta Opuntia ficus indica, cactacea originaria del Centro America ma diffusa in tutto il bacino del Mar Mediterraneo.




In termini generali sono state riportate numerose proprietà benefiche nell’assunzione di fichi d’india.

Grazie al suo alto contenuto di antiossidanti, tra cui flavonoidi, vitamina C, pigmenti, carotenoidi e betalaina, acidi fenolici e altri componenti fitochimici (biopeptidi e fibre solubili), il frutto ha dimostrato attività biologica contro acne, artrosi, dermatiti, diabete, diarrea, febbre, ipertensione, prostatite, reumatismi, mal di stomaco, verruche, allergie, colite e alcune malattie virali, favorendo inoltre la guarigione delle ferite. Interessanti risultati sono stati osservati anche nei confronti dei problemi metabolici.

Gli studi su animali hanno mostrato che il fico d’India induce maggiore ossidazione dei grassi e riduce la lipogenesi e lo stress ossidativo nel fegato, mostrandosi un potenziale amico di quest’organo al centro del metabolismo corporeo.

Negli studi sull’uomo, due revisioni hanno verificato potenziali positivi nei confronti del metabolismo.

Una mostra che i fichi d’india possono essere un supporto nel dimagrimento del paziente con obesità, modulando sia al metabolismo glucidico che lipidico. 

Un’altra supporta l’effetto di riduzione del grasso corporeo, anche senza riduzione del peso, con miglioramento dei valori di pressione sanguigna e colesterolo.


Aggiornamento 11/9/2023

Fornire frutta e verdura a persone in difficoltà economica aiuta la loro salute. Migliorano lo stato di salute generale, il peso, lo stato metabolico (emoglobina glicata) e la pressione sanguigna, tutte condizioni legate a cibo di scarsa qualità che costa poco ma non apporta sufficiente nutrimento. Si riduce inoltre la food insecurity, intesa come incapacità di procurarsi cibo a sufficienza per motivi economici.
Lo studio ha mostrato che "gli investimenti in programmi e interventi nutrizionali basati sugli alimenti, come i programmi di prescrizione dei prodotti, che prevedono l’acquisto e l’assunzione di alimenti sani, come frutta e verdura, hanno il potenziale per affrontare l’insicurezza alimentare e migliorare i risultati sanitari a valle, soprattutto nelle popolazioni con condizioni sanitarie eterogenee a maggior rischio di cattiva alimentazione". Lo studio fa parte della "The Food is Medicine Initiative" della American Heart Association

Che altre prove servono per considerare il cibo una medicina?

Aggiornamento 28/8/2024

In un esperimento durato 5 anni, persone con ipertensione in terapia e segni di danno renale sono state suddivise in 3 gruppi. Il primo assumeva tanta frutta e verdura, il secondo bicarbonato di sodio, il terzo una dieta normale e terapia farmacologica standard.
Dopo 5 anni si è verificato l'impatto sulla funzionalità renale e la pressione.
Il primo gruppo ha avuto miglioramento della pressione (riducendo i farmaci) e mantenimento della funzionalità renale. Nel secondo la funzionalità renale non è peggiorata ma la pressione non si è ridotta. Il terzo ha avuto progressione della malattia renale, verificata da un innalzamento del rapporto albumina/creatinina nelle urine. Vegetali e bicarbonato hanno l'effetto di ridurre la produzione di acidi che danneggiano il rene, ma il sodio del bicarbonato non permette di far scendere la pressione (pur non aumentandola).
Gli autori concludono scrivendo: "Lo studio supporta la misurazione di routine dell’albuminuria nei pazienti con ipertensione primaria e l’uso di frutta e verdura come base, e non aggiuntiva, alla gestione farmacologica", ritenendo quindi l'uso di frutta e verdura come un farmaco da utilizzare in caso di pressione alta e prevenzione del danno renale, riducendo anche il rischio cardiovascolare.

martedì 4 luglio 2023

Per "risolvere" l'ovaio policistico


La sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) è una condizione caratterizzata da ridotta fertilità e alterazioni metaboliche simili a quelle del diabete (resistenza insulinica e difficoltà a mantenere il peso). Come molte condizioni croniche è caratterizzata anche da uno stato infiammatorio cronico.




La risoluzione dell'infiammazione cronica non è un processo che dipende esclusivamente dalla fine dell'infiammazione stessa, semplicemente col blocco dei segnali proinfiammatori, ma è un processo attivo che deve essere sostenuto da segnali appositi che promuovono la rimozione delle cause dell'infiammazione, tra cui la permanenza di parti virali o batteriche come ormai abbiamo imparato in questi anni. Il processo di risoluzione è quindi attivamente stimolato da molecole note come proresolvine, derivate dagli omega 3 e, in misura minore, dagli omega 6.




Si è osservato che le donne con PCOS hanno ridotti livelli di proresolvine. 

Si sta ipotizzando per questo di fornire le proresolvine come integratore in modo da favorire una riduzione del tono infiammatorio e migliorare il quadro di questa condizione.

In generale, un'alimentazione con riduzione dei cibi infiammatori (industriali) e aumento di quelli veri e non processati è possibile migliorare il quadro legato allo stress ossidativo e all'infiammazione. Gli alimenti ricchi di antiossidanti hanno proprio questo effetto, ma anche alcuni integratori possono dare supporto. Tra questi vitamina D, magnesio e omega 3.

Aggiornamento 6/7/2023

La cannella può essere usata come trattamento complementare in sindrome dell'ovaio policistico e diabete di tipo 2 per migliorare il metabolismo dei carboidrati.
"La cannella può migliorare i livelli dell'indice HOMA (che misura l'insulinoresistenza) attraverso vari meccanismi tra cui la sottoregolazione (riduzione) della segnalazione dell'insulina negli adipociti, l'inibizione dell'azione dell'alfa-amilasi come enzima iniziale della digestione dei carboidrati, l'attivazione dell'adenosina monofosfato (AMP)-chinasi (AMPK) che può regolare il GLUT4 (trasportatore del glucosio) e l'attivazione dell'IGF1 nei fibroblasti, favorendo il controllo glicemico".

Aggiornamento 6/7/2023

Il microbiota ha una forte influenza sulla PCOS. L'uso di probiotici e simbiotici può migliorare i profili ormonali, gli indicatori infiammatori e i disturbi del metabolismo lipidico. Migliorano anche peso, insulina e indice HOMA.

"La PCOS può originarsi nelle primissime fasi dello sviluppo, mostrando caratteristiche cliniche più tardi nell'adolescenza; il monitoraggio del microbioma e l'integrazione precoce di probiotici durante l'infanzia e l'adolescenza potrebbero essere utili per modulare la disbiosi al fine di prevenirla come causa modificabile di PCOS". 

Aggiornamento 4/10/2023

La dieta chetogenica a basso contenuto calorico (VLCKD) può migliorare lo stato di salute delle adolescenti con sindrome dell'ovaio policistico (PCOS). Migliora il quadro ormonale e con esso le caratteristiche (irregolarità mestruali, irsutismo, ), la composizione corporea, le alterazioni del glucosio e dei grassi (iperglicemia e ipertrigliceridemia), lo stress ossidativo. Gli studi sono però ancora troppo pochi.


Aggiornamento 11/11/2023

In donne con ovaio policistico, la dieta chetogenica ha un effetto superiore rispetto alla dieta mediterranea nel favorire la gravidanza in seguito a fecondazione in vitro.

Aggiornamento 27/12/2023

Il sovrappeso riduce la fertilità sia nelle donne che negli uomini. Da una parte si verificano "scarsi esiti riproduttivi con mestruazioni irregolari, anovulazione, infertilità, aborto spontaneo e complicazioni durante la gravidanza", dall'altra scarsa qualità del seme, disfunzione erettile e squilibri ormonali. Questo accade perché l'eccesso di tessuto adiposo influenza negativamente diversi processi fisiologici. Anche l'alterazione del microbiota gioca un ruolo.
"Iperinsulinemia, iperleptinemia, infiammazione cronica e stress ossidativo sono importanti mediatori dell'obesità, che possono portare a disfunzione erettile ed epididimite negli uomini e a cicli mestruali irregolari, sindrome dell'ovaio policistico, endometriosi, fibromi uterini e preeclampsia nelle donne, portando infine alla sterilità".
La modulazione del microbiota con dieta e supplementi appare utile nel modello animale, migliorando le condizioni testicolari e l'assorbimento di nutrienti utili. Migliorano anche i livelli di testosterone ed estrogeni.
Anche l'uso dei nutraceutici fitoterapici è un approccio che può migliorare la condizione di infertilità legata al sovrappeso.
Tra i meccanismi dei fitoterapeutici, "ridotto assorbimento dei lipidi, ridotto apporto energetico, blocco dell'assorbimento dei grassi dal cibo, aumento della sazietà, aumento del dispendio energetico, diminuzione della differenziazione e proliferazione dei preadipociti o diminuzione della lipogenesi e aumento della lipolisi, modulazione del metabolismo dei carboidrati, inibizione della lipasi pancreatica, riduzione dei liquidi, miglioramento dell'umore, diminuzione dell'accumulo di tessuto adiposo bianco, inibizione della grelina, aumento dell'espressione dei recettori PPAR".
In breve, "Abelmoschus esculentus, Cinnamomum verum, Citrullus colocynthis, Matricaria chamomilla, Trigonella foenum-graceum L., Glucomannano, una fibra alimentare da Amorphophallus konjac, Punica granatum, i flavonoidi dell'Eucommia ulmoides, il decotto Cangfu Daotan e le catechine del tè Oolong hanno migliorato l'equilibrio degli ormoni sessuali, la disfunzione ovarica, la ciclicità mestruale e la funzione ovarica e hanno inibito l'iperplasia ovarica nelle donne con PCOS, riducendo apoptosi ovarica, infiammazione, stress ossidativo e migliorando il controllo della disfunzione metabolica nelle donne obese. Acacia senegal, Aloe barbadensis Mill, Ficus asperifolia, ficocianina da Spirulina platensis, Salvia officinalis, Urtica dioica e formulazioni Unani da Apium graveolans, Pimpinella anisum, Ptychotis ajowan, Trigonella foenum, Valeriana wallichii hanno migliorato l’infertilità aumentando la sensibilità all’insulina, migliorando la ciclicità mestruale e la funzione ovulatoria e hanno parzialmente aumentato la qualità delle ovaie e degli ovociti nelle donne obese attenuando la dislipidemia e lo stress ossidativo".
Per quanto riguarda l'uomo, "tè nero e verde, Caralluma fimbriata, Cistanche Tubulosa, Succo di frutta Citrus maxima, Cuminum cyminum L, Foeniculum vulgare, Curcumina, Echinacea purpurea, Glicoproteina da estratto di Mytilus edulis, Glycyrrhiza glabra, estratto di semi d'uva, Guibourtia tessmannii, Hibiscus sabdariffa, decotto Huaji Jianpi, decotto di Huatan Qushi, indolo-3 -carbinolo, licopene e moring, olio essenziale di maggiorana (Origanum majorana), Moringa oleifera, olio di Nigella sativa, formulazione polierboristica a base di radici di Withania somnifera, radici di Asparagus racemosus e Andrographis foglie di panicolata, Polisaccaridi da Lycium barbarum, Quercetina, Olio di palma rosso ed estratti di tè Rooibos, Resveratrolo, Acido asiatico [centella], isoflavoni di Glycine max, Syzygium aromaticum, Tamarindus indica L., timochinone e rizoma di Zingiber zerumbet hanno il potenziale di combattere l’infertilità maschile sopprimendo la lipogenesi, aumentando i livelli di testosterone e altri ormoni come 3β-HSD e 17β-HSD, migliorando la conta degli spermatozoi, la motilità, lo spessore del tubulo testicolare e la steroidogenesi, regolando le vie di segnalazione PPAR e AMPK, attenuando la dislipidemia testicolare, lo stress ossidativo, l'infiammazione e sopprimendo l'apoptosi delle cellule germinali".

Aggiornamento 19/2/2024

In donne in età fertile con iperandrogenismo (eccesso di ormoni tipici maschili) e sovrappeso una dieta appropriata con riduzione degli zuccheri, attività fisica moderata, riduzione di stress e alcol facilita il miglioramento del quadro ormonale. Come conseguenza migliorano acne, irsutismo, disturbi mestruali e infertilità.

sabato 29 aprile 2023

Il destino dei nutrienti (nutrient partitioning)


Il nutrient partitioning è il "destino metabolico" che hanno i nutrienti nell'organismo. Al di là delle calorie che introduciamo, sarà l'organismo a decidere cosa farne. "Nonostante la semplice equazione del bilancio energetico possa spiegare l'aumento di massa grassa, i processi e le vie metaboliche alla base dell'iperfagia (l'eccesso di alimentazione) e il modo in cui l'energia in eccesso viene gestita nei diversi tessuti rimangono elusivi".

Una predisposizione genetica (ed epigenetica) può aumentare la suscettibilità all'accumulo di grasso. Inoltre "il tipo di energia ingerita e il destino metabolico dei nutrienti, compreso il loro utilizzo, conservazione e conversione (ad es. sintesi di acidi grassi dal glucosio), nei tessuti periferici possono influenzare la distribuzione dei grassi, la massa e la deposizione di grasso ectopico" (quello più pericoloso per la salute che si insinua dentro o a circondare gli organi come cuore, fegato e muscolo). "Questo processo, definito partizionamento dei nutrienti, si verifica sia a livello di tutto il corpo, con alla base una complessa interazione neuronale e regolata dagli ormoni tra organi e tessuti, sia a livello cellulare, con un accoppiamento coordinato tra le vie metaboliche dei nutrienti. 

Le alterazioni nel partizionamento dei nutrienti, spesso indicate come inflessibilità metabolica, durante la carenza di nutrienti possono portare all'iperglicemia, alla dislipidemia e alla deposizione di grasso ectopico che sono le caratteristiche principali dell'obesità e del diabete di tipo 2. 

L'inflessibilità metabolica caratterizza le persone che non riescono a utilizzare correttamente i nutrienti e a passare dall'uso dei carboidrati ai grassi efficientemente, favorendo l'accumulo dei nutrienti, ed è probabilmente un adattamento evolutivo alla scarsità di cibo.

Il destino dei nutrienti è quindi guidato dagli ormoni e dalla rete neuronale dipendente dall'ipotalamo, che integra i segnali periferici (disponibilità di cibo) per prendere le sue decisioni (attivare il metabolismo o rallentarlo, in termini semplificati).

Che lo vogliate o no, consumare energia è come il battito cardiaco o la pressione sanguigna: non può essere regolato dalla nostra volontà, ma rimane sotto il controllo del sistema nervoso autonomo. Noi possiamo solo assisterlo coi comportamenti corretti che non sono semplicemente mangiare poco e muoverci di più, ma mangiare meglio e stimolare la crescita della massa magra, come se aumentassimo la cilindrata del motore e gli permettessimo di consumare di più. 

Nella rete neurormonale ipotalamica esistono popolazioni distinte di neuroni: 

https://link.springer.com/article/10.1007/s00125-020-05104-9/figures/1




"Gli studi dimostrano che i neuroni AgRP esercitano un forte controllo sulla ripartizione dei nutrienti promuovendo l'immagazzinamento dei lipidi, mentre i neuroni POMC e post-sinaptici MC4R favoriscono la mobilizzazione e l'utilizzo dei nutrienti".

In questo modo l'ipotalamo gestisce il grasso bruno, la lipolisi, la produzione di grassi dai carboidrati (lipogenesi) che poi vengono immagazzinati se in eccesso. In particolare i neuroni AgRP bloccano la termogenesi e la lipolisi, mentre la perdita di neuroni MC4R porta alla proliferazione di precursori del grasso bianco (preadipociti) e quindi alla sua espansione  permettendo l'aumento di massa grassa. "Pertanto, il sistema melanocortinico ARC esercita un duplice controllo della plasticità e del metabolismo del tessuto adiposo che contribuisce all'appropriato stoccaggio e utilizzo dei nutrienti".

Il primo controllo avviene proprio a livello cellulare dell'ipotalamo: ciò che avviene nelle sue cellule riflette poi quello che succederà nel corpo. Se l'ipotalamo ha i giusti segnali di abbondanza di nutrienti allora si può attivare la lipolisi e la termogenesi, altrimenti il corpo sarà ben lieto di risparmiare e accumulare i nutrienti.

Il Santo Graal della nutrizione sportiva (e non solo) sarebbe l'uso illimitato del grasso di deposito come fonte energetica. Per esempio se uno smettesse di mangiare o mangiasse pochissimo dovrebbe in teoria consumare il grasso di deposito e tranquillamente sopravvivere. In realtà come spiegato migliaia di volte questo approccio non fa altro che predisporre l'organismo per un futuro recupero del peso con interessi, proprio a causa delle modifiche metaboliche indotte. Che volenti o nolenti sono esattamente quelle di ridurre il consumo energetico e quindi rallentare il metabolismo.

Ne parla anche Louise Bourke, nota nutrizionista sportiva. La disponibilità e la capacità di utilizzare tutti i combustibili muscolari per supportare le esigenze specifiche dell'esercizio (flessibilità metabolica) porterebbe l'atleta ad avere energie quasi illimitate. Purtroppo nella realtà questo non succede, ma ci sono indicazioni per cui con una dieta chetogenica si massimizzi l'uso dei grassi come fonte energetica, con adattamenti specifici del metabolismo per cui si ossidano fino a 2g di grasso al minuto. Per i cambiamenti sono necessari 5-10 giorni con un adattamento massimo dopo 3/4 settimane. L'impatto sulla performance deve ancora essere determinato. Infatti la stessa dottoressa mette in guardia dagli effetti sulla prestazione sportiva, che può calare, e raccomanda di seguire la dieta solo sotto controllo esperto, avvertendo che come sempre un approccio idoneo per qualcuno non può essere necessariamente adatto per un altro.

Per contrastare l'inflessibilità metabolica non si può prescindere da dieta ed esercizio fisico. Integratori, massaggi e quant'altro possono supportare ma mai essere sostitutivi dei due fattori principali. Il salto della colazione è un altro fattore che può predisporre per l'inflessibilità metabolica.

I polifenoli vegetali possono interagire in diversi modi (microbiota e assi ipotalamici) per modulare appetito e spesa energetica.

Aggiornamento 7/5/2023

Sono stati individuate 60 proteine espresse nel sistema nervoso centrale implicate nel controllo del peso corporeo.
Queste proteine spiegano l'interazione tra cervello e l'ambiente alimentare, che è notevolmente cambiato negli ultimi decenni. Il ricercatore dr. Arsenault ha spiegato: "Questa relazione potrebbe influenzare i comportamenti alimentari e l'accumulo di energia. Il peso non è una scelta né un'abitudine di vita. Non abbiamo un peso corporeo elevato perché siamo pigri o ci manca la forza di volontà. Sono in gioco meccanismi neuronali inconsci. Il cervello è quello che comanda. Spero che i risultati di questo studio possano in parte spiegare perché il peso corporeo varia così tanto da una persona all'altra".

Aggiornamento 11/8/2023

L'ipotalamo delle persone sovrappeso può essere più grande (ipertrofico) e infiammato. Questo organello è posto alla base del cervello e regola l'appetito, il bilancio energetico e la composizione corporea. Uno stato infiammatorio è noto per alterare la funzione dell'organo (functio laesa). Per questo avere alterazioni ipotalamiche può far cadere in un circolo vizioso che rende difficile controllare l'appetito e il peso.
Tuttavia i ricercatori scrivono che "il disegno di questo studio non può stabilire una relazione causale e suggeriamo che siano necessarie ulteriori ricerche per stabilire se un volume ipotalamico maggiore sia una causa o un effetto di un peso superiore al normale (non si capisce se sia un'effetto del mangiare di più o chi ha un ipotalamo più grande mangia di più per questo). La cascata infiammatoria di aumentata espressione di citochine infiammatorie, la gliosi indotta dalla dieta, l'alterazione della barriera ematoencefalica (BBB, che "filtra" le informazioni che arrivano all'ipotalamo) e alterazioni vascolari possono esacerbare un'ulteriore disregolazione dei meccanismi omeostatici energetici governati dall'ipotalamo, alterando l'efficacia delle strategie per la perdita di peso. Riteniamo che la ricerca futura dovrebbe tentare di chiarire e identificare le cause del maggiore volume ipotalamico nell'obesità, allo scopo di affrontare le opportunità terapeutiche per un'esigenza di salute pubblica mondiale".

Aggiornamento 20/8/2023

Si è scoperto che la quantità di vitamina A viene regolata nel sangue dall'ipotalamo, lo stesso organello che regola bilancio energetico, fame, sete, pressione, sessualità ecc. Questo potrebbe aiutare a prevenire le carenze e pone l'evidenza per l'esistenza del "vitaminostato", un meccanismo che regoli le concentrazioni plasmatiche di vitamine.

Aggiornamento 2/9/2023

Gli astrociti sono cellule che circondano e supportano i neuroni nel cervello. Si è scoperto che possono influenzare anche il metabolismo energetico. In particolare modulano l'azione dei neuroni ipotalamici che rilasciano GABA, un neurotrasmettitore che inibisce i neuroni. Per capirci si tratta dello stesso recettore attivato da alcuni tranquillanti che, guarda caso, fanno ingrassare. Così a seconda dell'attività degli astrociti che possono essere più o meno attivi viene rilasciato GABA. Il risultato è di inibire l'attivazione del metabolismo energetico, con minore produzione di calore (termogenesi) e maggiore accumulo di grasso.


Aggiornamento 5/9/2023


Ridurre i carboidrati in favore di proteine e grassi aiuta a ridurre il grasso nel fegato, anche in condizioni eucaloriche (cioè senza riduzione delle calorie). La riduzione dei carboidrati può avere un effetto maggiore della restrizione calorica.
"Anche in condizioni di bilancio energetico, i risultati cumulativi suggeriscono un effetto clinicamente significativo della riduzione dell’assunzione di carboidrati e dell’aumento dell’assunzione di grassi alimentari (e/o proteine) sul contenuto epatico di trigliceridi (TG) negli individui obesi con steatosi, in particolare negli individui con resistenza all’insulina. Sulla base di studi sull’uomo, i meccanismi attraverso i quali la riduzione dei carboidrati e l’aumento dell’assunzione di grassi portano a un minore accumulo epatico di TG possono essere correlati all’aumento della beta-ossidazione degli acidi grassi e all’aumento della chetogenesi nel fegato, adattamenti metabolici che imitano la risposta alla restrizione calorica. Inoltre, la lipogenesi (sintesi di grassi dai carboidrati) nel fegato viene ridotta quando la disponibilità di carboidrati nella dieta diminuisce, anche in condizioni eucaloriche. È probabile che anche una minore disponibilità di insulina, anche portale, nel fegato dovuta alla riduzione dei carboidrati regoli il metabolismo del substrato nel fegato verso un aumento dell'utilizzo degli acidi grassi e una minore deposizione di grassi.

Aggiornamento 12/9/2023

La food insecurity (FI) si realizza quando persone in difficoltà economiche hanno "periodi di introduzione di quantità e qualità insufficienti del cibo e ansia per la futura scarsità di cibo, ma non deficit energetico cronico" che li porterebbe a dimagrire. Infatti la FI è associata a rischio di eccesso di peso, tant'è che si parla di un paradosso insicurezza alimentare-obesità e può spiegare perché attualmente, contrariamente ai tempi passati, l'obesità riguardi più le fasce meno abbienti.
L'effetto appare maggiore nelle donne adulte dei paesi sviluppati.
I meccanismi non sono chiari ma includono sia un aumento dell'introito che una riduzione della spesa energetica. "Le riduzioni dell’attività fisica, della termogenesi indotta dagli alimenti e del dispendio energetico basale potrebbero tutti contribuire a ridurre il dispendio energetico nell’ambito della FI. Gli effetti della FI sul dispendio energetico basale, che costituisce il 60-70% del bilancio energetico umano, sono attualmente poco studiati e necessitano di ulteriori indagini. L’aumento della ritenzione dell’energia metabolizzabile è un ulteriore meccanismo che potrebbe contribuire al bilancio energetico positivo nell’ambito della FI che deve essere considerato".
Tra i fattori dietetici che favoriscono questo aumento di peso, scarsa introduzione di fibre (con conseguente alterazione del microbiota), ridotto apporto proteico (aumenta la ricerca di cibo, favorendo l'introduzione di junk-food), aumento dei carboidrati ad alto indice glicemico, che favoriscono i picchi di insulina, aumento del consumo di cibo spazzatura, che fornisce energia pronta ma non nutrienti.
Esiste inoltre un'ipotesi, chiamata dell'assicurazione, che spiega perché le calorie "prendono la direzione del tessuto adiposo" e non vengono consumate. Questo modello si integra con gli altri fattori e non li esclude.
Lo stress contribuisce all'indirizzamento dei nutrienti al tessuto adiposo.
Per difendersi dal rischio di carestia si mettono in moto meccanismi che aumentano l'accumulo di grasso in maniera "anticipata", in modo da sopravvivere più avanti, in risposta a segnali che prevedono la futura scarsità di cibo. "I cambiamenti nella qualità della dieta, nell’attività fisica e nelle energie potrebbero essere risposte adattive alla FI, selezionate perché forniscono un bilancio energetico positivo, piuttosto che vincoli imposti dall’ambiente della FI.

Aggiornamento 5/10/2023

Ennesima puntata della telenovela Ludwig. Il prof ci spiega le debolezze del modello del bilancio energetico (EBM) e i punti di forza di quello insulina-carboidrati (CIM).
Gli ormoni gestiscono, a livello centrale, la fame e il dispendio energetico. Come possono non essere considerati? 
Soprattutto il rapporto insulina/glucagone gestisce il partizionamento dei nutrienti.
Alla fine anche Ludwig ammette che il modello non spiega completamente l'obesità, arrivando a un compromesso dove si integrano i 2 modelli.
"Gli aspetti edonistici e di ricompensa del cibo potrebbero indurre le persone a mangiare più del necessario per soddisfare il fabbisogno energetico, come postulato dall’EBM (che comprende un meccanismo di “spinta”). Quindi, nella tarda fase postprandiale, le risposte ormonali anaboliche al pasto potrebbero intrappolare quelle calorie in eccesso nel tessuto adiposo e sopprimerne il rilascio, come specificato nel CIM (un meccanismo di "trazione"), contribuendo a un circolo vizioso di eccesso di cibo e aumento di peso. I contributi relativi di questi meccanismi possono variare tra le persone, con diversa fisiologia (ad esempio la secrezione di insulina), stato di salute metabolica e per altri motivi, spiegando parte dell’eterogeneità in risposta a diverse diete dimagranti. Per quanto riguarda le implicazioni per la salute pubblica, i prodotti a base di cereali raffinati e gli zuccheri aggiunti costituiscono un ovvio obiettivo di intervento, identificato da entrambi i modelli, anche se per ragioni diverse (ma potenzialmente sinergiche)".

Aggiornamento 7/10/2023

I moderni farmaci dimagranti (i primi per ora a sembrare efficaci e sicuri) agiscono aumentando (indirettamente, attraverso lo stimolo del GLP1) la secrezione di insulina. Com'è possibile che aumentando l'insulina si dimagrisca? Questo ormone è ben noto per favorire l'accumulo del grasso e le diete spesso si dice che dovrebbero favorire una riduzione dell'insulina per funzionare. In realtà cambiano sì le quantità, ma soprattutto la sua azione biologica. Agisce sull'ipotalamo dando sazietà, che normalmente non c'è, aiutando a mangiare meno. Ed ecco che si dimagrisce senza (quasi) soffrire, soprattutto mantenendo l'effetto perché non c'è la riduzione del metabolismo e del consumo energetico comune nelle diete ipocaloriche (risposta adattativa), che predispone per il recupero del peso.

Aggiornamento 15/10/2023

L'esposizione alla luce naturale migliora la glicemia nelle persone diabetiche.
Questo è stato dimostrato in un piccolo gruppo di diabetici che indossavano il dispositivo per il monitoraggio continuo della glicemia (CGM).
Quando esposti alla luce solare le persone avevano una glicemia normale per periodi più lunghi. Anche il quoziente respiratorio (QR) era inferiore e questo indicava una maggiore facilità nell'ossidazione dei grassi.
"Se lavori in un ufficio quasi senza esposizione alla luce naturale, ciò avrà un impatto sul tuo metabolismo e sul tuo rischio... o sul controllo del diabete di tipo 2, quindi cerca di ottenere quanta più luce solare possibile e, idealmente, di uscire all'aperto quando puoi”, ha detto il prof. Habets a PracticeUpdate di Elsevier. “Per ora, sembra che [l’esposizione alla luce naturale] non abbia un’influenza maggiore dei farmaci nell’abbassare i livelli di glucosio. Tuttavia, poiché si sono verificati miglioramenti nella [percentuale di] tempo nell’intervallo target di glucosio e nel QR, è utile valutare e modificare l’esposizione alla luce naturale o artificiale dei pazienti, poiché questa potrebbe essere una facile opportunità per ottenere miglioramenti. "

Aggiornamento 26/10/2023

Veramente le calorie da carboidrati sono tutte uguali? Forse nel breve periodo, ma nel medio-lungo termine la tendenza cambia a seconda della loro qualità. Questi i risultati di uno studio prospettico pubblicato sul BMJ.
"L'aumento dell’indice glicemico, del carico glicemico e della quantità di amido, zuccheri aggiunti, cereali raffinati e verdure amidacee (patate) sono associati a un maggiore aumento di peso nella mezza età. Al contrario, un aumento della quantità di fibre, cereali integrali, frutta e verdure non amidacee è stato associato a un minore aumento di peso. Questi risultati supportano la potenziale importanza della qualità e della fonte dei carboidrati per il controllo del peso a lungo termine.
Le associazioni sono maggiori nelle persone sovrappeso.

Aggiornamento 10/12/2023

La flessibilità metabolica è la capacità di utilizzare correttamente e nel momento giusto i diversi substrati energetici (fondamentalmente grassi e carboidrati). Quando si ha INFLESSIBILITÀ metabolica il corpo fatica a ossidare i substrati e viene facilitato l'accumulo in fegato (NAFLD) e cuore, che non riesce a contrarsi correttamente (insufficienza cardiaca).
"La resistenza all’insulina e l’inflessibilità metabolica compromettono la capacità ossidativa mitocondriale e l’uso del substrato nell’insufficienza cardiaca.
La perdita di peso indotta dalla restrizione calorica migliora la sensibilità all’insulina, non la flessibilità metabolica.
L’esercizio fisico migliora la flessibilità metabolica ed è una strategia razionale per trattare sia il diabete che la NAFLD".
L'uso della glicolisi porta alla produzione di lattato e quindi acidificazione della cellula che disturba l'attività mitocondriale.
L'attività fisica rimane un fattore essenziale da abbinare alla dieta.

Aggiornamento 4/1/2024

Alcuni recenti studi evidenziano che la dieta lowcarb può ridurre il rischio di diabete gestazionale e promuovere minor aumento di peso a lungo termine, ma solo se contemplano una maggioranza di alimenti salutari e di qualità. Questo va a smentire il tanto caro "tutte le calorie sono uguali" che ancora imperversa tra i professionisti.
Le diete a basso contenuto di carboidrati efficaci erano caratterizzate da (pochi) cereali integrali e legumi, frutta e verdura, proteine di alta qualità e grassi salutari.
I meccanismi sembrano legati alla presenza dei micronutrienti e antiossidanti che contrastano la resistenza insulinica che è alla base della patologia diabetica, mentre le fibre aumentano la sazietà e il ridotto introito di grassi saturi riduce l'infiammazione. Inoltre i carboidrati da fonti raffinate possono modulare il destino dei nutrienti, aumentando la tendenza a depositare grasso.

Aggiornamento 4/2/2024

Un modello complesso ma interessante sull'obesità riunifica i principali (carboidrati-insulina e bilancio energetico) integrando anche quello redox e quello degli obesogeni. Il risultato è uno sguardo da molti punti di vista che può spiegare meglio l'epidemia di obesità non solo come un eccessivo introito di calorie ma anche come un forzato deposito di nutrienti influenzato da fattori che causano scarsa propensione ad ossidare, in particolare legato (anche) alla presenza nel cibo o comunque all'esposizione a sostanze che modulano il bilancio energetico influenzando il metabolismo del tessuto adiposo (funzione, localizzazione, numero e grandezza degli adipociti). L'eccesso di radicali liberi (ROS) invece ostacola il lavoro dell'ipotalamo, che gestisce fame, sazietà e consumi.
"Forniamo un modello integrato in grado di spiegare la programmazione e gli effetti dello sviluppo nel corso della vita e delle generazioni, un set point metabolico alterato, alterazioni nell'efficienza mitocondriale e segnali attraverso i tessuti metabolici che trasmettono uno stato nutrizionale modificato. La nostra proposta non prevede che l'esposizione agli obesogeni di per sé sia l’unica causa della pandemia di obesità ma che, attraverso gli effetti sull’espressione genetica e sui ROS, gli obesogeni alterano la funzione dei tessuti metabolici in modo tale che le persone siano più sensibili all’aumento di peso indotto dalla dieta e meno sensibile alla perdita di peso.
L’accettazione di questo modello integrato si concentrerà sulla prevenzione dell’obesità riducendo l’esposizione agli obesogeni in utero, nei primi anni di vita e per tutto l’arco della vita. Questi includono mangiare cibi biologici freschi, evitare il cibo ultraprocessato, evitare la plastica per conservare o riscaldare gli alimenti, utilizzare prodotti senza profumo, evitare pentole antiaderenti e utilizzare acqua potabile purificata (per i dettagli, vedere www.ewg.org). In definitiva, saranno necessarie azioni normative e politiche per ridurre la produzione di sostanze chimiche obesogene".

Aggiornamento 2/3/2024

Le ultime novità sulla leptina e il controllo del peso corporeo

Il grasso bruno è termogenico, ossia capace di consumare calorie producendo calore e la sua maggiore presenza è legata a minor peso e minor rischio cardiovascolare e di diabete.
È stata scoperta una proteina che aumenta il grasso bruno e potrebbe diventare un target farmacologico.
Il suo nome è EPAC1 (proteina ​​di scambio attivata dal cAMP).
La ricerca mostra anche che le persone con una variante genica di EPAC1 inattiva tendono ad essere più sovrappeso. Infatti hanno minore consumo calorico legato al grasso bruno, il famoso metabolismo lento.

Aggiornamento 12/9/2024

Una rivoluzione nella fisiologia dell'assorbimento intestinale dei lipidi: non si tratta di un semplice processo passivo ma è regolato da un circuito intestino cervello legato al nervo vago (DMV), che regola la lunghezza dei microvilli e quindi la quantità di lipidi che vengono assorbiti. Bloccando o sopprimendo questo circuito è possibile ridurre l'assorbimento dei grassi e favorire il dimagrimento.
La puerarina è un composto naturale (isoflavone estratto dalla Radix puerariae) che agisce come modulatore allosterico dei recettori GABA-A e inibisce il circuito DMV riducendo l'assorbimento dei grassi, in maniera più sicura dell'orlistat, farmaco inibitore delle lipasi.

Aggiornamento 22/9/2024

L'alterazione della matrice extracellulare nell'ipotalamo può concorrere alle alterazioni metaboliche perché impedisce all'insulina di effettuare il suo lavoro(resistenza insulinica ipotalamica)