I fichi, l’infruttescenza della pianta di Ficus carica appartenente alla famiglia
delle Moraceae, sono tipicamente
estivi e originari della Caria, regione dell’Asia Minore, ma poi diffusi in
tutto il bacino mediterraneo. Sono ritenuti simbolo di longevità, anche grazie
alle loro proprietà benefiche. Non si tratta di frutti veri e propri, ma
vengono definiti “siconi”, falsi frutti con all’interno i granuli che
costituiscono il vero frutto.
Il fico è noto per alcune caratteristiche benefiche legate alla
presenza di diversi nutrienti. Queste proprietà sono presenti sia nel prodotto
fresco che essiccato e sono dovute ai composti bioattivi, in particolare quelli
di colore scuro.
I numerosi composti benefici del fico come fenoli,
flavonoidi, quercetina, triterpeni, rutina, acido ferulico e tanti altri, hanno
dimostrato nei modelli animali e in studi su umani di favorire gli effetti
positivi di questo alimento.
La letteratura scientifica attribuisce al fico attribuisce al fico attività
antimicrobica, antidiabetica, antinfiammatoria e analgesica, anticonvulsivante
e anti-neurodegenerativa, citotossica e antiossidante.
Il potenziale effetto antidiabetico è legato al
miglioramento dell’azione dell’insulina, con un rallentamento dell’assorbimento
del glucosio e un miglioramento del suo ingresso nelle cellule muscolari, insieme
alla modulazione del metabolismo glicemico nel fegato, nel muscolo e nel
tessuto adiposo. Inoltre l’effetto antiossidante contrasta i radicali liberi e
riduce l’infiammazione che è corresponsabile della glicemia alta. Tra i
principali antiossidanti che modulano il metabolismo glucidico troviamo
kampferolo (tipico anche dei capperi), quercetina, balcaleina, naringenina,
ficusina.
In Marocco foglie e frutti sono considerati una medicina
tradizionale per il diabete.
Sono state evidenziate anche proprietà antitumorali, sia in
termini di prevenzione che di potenziale terapeutico, nei confronti di diversi
tipi di tumore, tra cui stomaco, seno, polmone e intestino. Infatti gli studi
animali indicano forti evidenze per gli effetti antiproliferativi dei composti
presenti nel fico, tali da poter supportare le terapie convenzionali.
Quercetina e rutina presenti nel fico sono noti anche per il
loro effetto senolitico. Si tratta di molecole capaci di favorire l’apoptosi
(morte cellulare programmata) delle cellule senescenti. Queste cellule si
accumulano nei tessuti andando avanti con l’età e non vengono rimosse. Il loro
effetto è quello di disturbare il metabolismo energetico e non solo. La loro
abbondanza è legata alle malattie tipiche dell’invecchiamento, come diabete,
malattie neurodegenerative, tumori, sarcopenia ecc. Attualmente studi
preliminari mostrano che favorendo la loro rimozione si contrasta il processo
di aging.
I fichi d’India invece sono i prodotti (bacche carnose)
della pianta Opuntia ficus indica,
cactacea originaria del Centro America ma diffusa in tutto il bacino del Mar
Mediterraneo.
In termini generali sono state riportate numerose proprietà
benefiche nell’assunzione di fichi d’india.
Grazie al suo alto contenuto di antiossidanti, tra cui
flavonoidi, vitamina C, pigmenti, carotenoidi e betalaina, acidi fenolici e
altri componenti fitochimici (biopeptidi e fibre solubili), il frutto ha dimostrato attività biologica contro acne, artrosi, dermatiti, diabete,
diarrea, febbre, ipertensione, prostatite, reumatismi, mal di stomaco, verruche,
allergie, colite e alcune malattie virali, favorendo inoltre la guarigione
delle ferite. Interessanti risultati sono stati osservati anche nei confronti
dei problemi metabolici.
Gli studi su animali hanno mostrato che il fico d’India
induce maggiore ossidazione dei grassi e riduce la lipogenesi e lo stress
ossidativo nel fegato, mostrandosi un potenziale amico di quest’organo al
centro del metabolismo corporeo.
Negli studi sull’uomo, due revisioni hanno verificato
potenziali positivi nei confronti del metabolismo.
Una mostra che i fichi d’india possono essere un supporto
nel dimagrimento del paziente con obesità, modulando sia al metabolismo
glucidico che lipidico.
Un’altra supporta l’effetto di riduzione del grasso
corporeo, anche senza riduzione del peso, con miglioramento dei valori di
pressione sanguigna e colesterolo.
Fornire frutta e verdura a persone in difficoltà economica aiuta la loro salute. Migliorano lo stato di salute generale, il peso, lo stato metabolico (emoglobina glicata) e la pressione sanguigna, tutte condizioni legate a cibo di scarsa qualità che costa poco ma non apporta sufficiente nutrimento. Si riduce inoltre la food insecurity, intesa come incapacità di procurarsi cibo a sufficienza per motivi economici. Lo studio ha mostrato che "gli investimenti in programmi e interventi nutrizionali basati sugli alimenti, come i programmi di prescrizione dei prodotti, che prevedono l’acquisto e l’assunzione di alimenti sani, come frutta e verdura, hanno il potenziale per affrontare l’insicurezza alimentare e migliorare i risultati sanitari a valle, soprattutto nelle popolazioni con condizioni sanitarie eterogenee a maggior rischio di cattiva alimentazione". Lo studio fa parte della "The Food is Medicine Initiative" della American Heart Association Che altre prove servono per considerare il cibo una medicina?
In un esperimento durato 5 anni, persone con ipertensione in terapia e segni di danno renale sono state suddivise in 3 gruppi. Il primo assumeva tanta frutta e verdura, il secondo bicarbonato di sodio, il terzo una dieta normale e terapia farmacologica standard. Dopo 5 anni si è verificato l'impatto sulla funzionalità renale e la pressione.
Il primo gruppo ha avuto miglioramento della pressione (riducendo i farmaci) e mantenimento della funzionalità renale. Nel secondo la funzionalità renale non è peggiorata ma la pressione non si è ridotta. Il terzo ha avuto progressione della malattia renale, verificata da un innalzamento del rapporto albumina/creatinina nelle urine. Vegetali e bicarbonato hanno l'effetto di ridurre la produzione di acidi che danneggiano il rene, ma il sodio del bicarbonato non permette di far scendere la pressione (pur non aumentandola).
Gli autori concludono scrivendo: "Lo studio supporta la misurazione di routine dell’albuminuria nei pazienti con ipertensione primaria e l’uso di frutta e verdura come base, e non aggiuntiva, alla gestione farmacologica", ritenendo quindi l'uso di frutta e verdura come un farmaco da utilizzare in caso di pressione alta e prevenzione del danno renale, riducendo anche il rischio cardiovascolare.