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lunedì 14 luglio 2025

Come trattiamo il lipedema

 

Il lipedema è una condizione che riguarda il tessuto adiposo sottocutaneo che si sviluppa dopo la pubertà, in seguito ai cambiamenti ormonali in persone (generalmente donne) predisposte geneticamente. Purtroppo si crea fibrosi nel tessuto adiposo che assume un aspetto molto irregolare, accompagnato da dolore e accumulo di liquidi. Mantenere un'adeguata composizione corporea può limitare il peggioramento della condizione e della qualità della vita.

https://my.clevelandclinic.org/health/diseases/17175-lipedema



Non esiste una vera e propria cura per questa condizione, ma quando leggete che la nutrizione non conta nel lipedema, chi lo scrive o mente o è ignorante. Tertium non datur.
Si tratta di una condizione con infiammazione ed edema (ritenzione di liquidi) e chiunque abbia studiato fisiologia sa che sono correlate anche con ciò che si mangia.
L'infiammazione influenza le alterazioni ormonali che promuovono la fibrosi del tessuto adiposo e la sua ipertrofia, ed è causata anche dalla permeabilità intestinale che premette l'ingresso di batteri o parti di loro (LPS) che stimolano il sistema immunitario.

"La fibrosi può ostacolare il drenaggio linfatico, aggravare l'edema e causare ulteriore dolore e disagio. La componente fibrotica è probabilmente responsabile della sproporzionata riduzione volumetrica osservata negli arti interessati, anche a seguito di una significativa perdita di peso ottenuta attraverso interventi nutrizionali, esercizio fisico o chirurgia bariatrica".
Si tratta quindi di un grasso che non risponde ai comuni trattamenti, anzi la perdita di peso può riguardare solo le zone non affette e accentuare la differenza tra distretti del corpo.

Il consumo calorico a riposo può essere inferiore a quanto atteso (il famoso metabolismo lento).

In generale non si è ancora individuato il miglior trattamento dietetico (è probabile che ognuno abbia il suo), ma "Le diete personalizzate, a basso contenuto calorico e ricche di nutrienti antinfiammatori, possono rallentare efficacemente la progressione della malattia riducendo i sintomi, come l'infiammazione e il dolore, e migliorando la qualità della vita."




I picchi glicemici promuovono sbalzi di insulina e infiammazione, favorendo lipogenesi e ritenzione di acqua e sodio. Una restrizione eccessiva può però favorire dei disturbi del comportamento alimentare.

Alcune diete proposte rimuovono cibi potenzialmente infiammatori come quelli con glutine e latte, ma non spesso non vi è una reale necessità. Invece rimuovere gli alimenti industriali proinfiammatori e promuovere quelli non industriali ricchi di antiossidanti.

L'idratazione è essenziale per mantenere uno stato metabolico migliore.

I grassi buoni, compresi omega 3 e MCT (grassi a catena media) da olio di cocco, avocado e olio EVO favoriscono il metabolismo lipidico.

Tra le diete, la dieta chetogenica si è dimostrata superiore rispetto al digiuno alternato, alla lowcarb e alla mediterranea nel favorire il dimagrimento e riduzione del dolore, ma i dati non sono definitivi né univoci. L'effetto è dovuto all'abbassamento dell'insulina e dell'infiammazione.

Tra i supplementi proposti, il NAC, i polifenoli e la vitamina C dovrebbero essere usati per migliorare lo stato antiossidante. Gli omega 3 possono aiutare a ridurre l'infiammazione, le fibre la disbiosi.
"I pazienti affetti da lipedema possono trarre beneficio dall'uso a lungo termine della curcumina, un potente antinfiammatorio naturale, e dei glicosidi flavonoidi degli agrumi, diosmina ed esperidina, prescritti per ridurre il disagio e il gonfiore, poiché migliorano la microcircolazione e il drenaggio linfatico".

La review elenca anche una serie di altri supplementi potenzialmente utili, ma specifica che non esiste ancora certezza né sull'effetto né sulla sicurezza, anche perché possono, come detto prima esacerbare il dimagrimento in aree non colpite.

"Gli integratori che potenziano il metabolismo possono essere classificati in diverse classi in base al loro meccanismo d'azione: potenziatori energetici (catechine, caffeina); integratori di proteine e aminoacidi; potenziatori adrenergici (7-cheto deidroepiandrosterone, yohimbina); potenziatori della massa magra (chitosano, piruvato, L-carnitina, cromo, CLA). Questo gruppo di integratori promuove la perdita di peso attraverso una varietà di meccanismi molecolari, principalmente aumentando il metabolismo e diminuendo l'appetito. Possono aumentare l'ossidazione dei grassi durante l'esercizio fisico, così come il dispendio energetico, e possono alterare i percorsi metabolici nel tempo per migliorare il metabolismo dei grassi. Nei pazienti con lipedema, la perdita di peso indotta dalla dieta e da questi integratori può essere notevolmente maggiore della perdita di peso derivante dalla sola dieta. Tuttavia, gli operatori sanitari dovrebbero rimanere cauti riguardo alle limitazioni e ai potenziali rischi associati all'uso di tali integratori".


giovedì 21 novembre 2024

Ictus: come i nutrienti possono aiutarci prima (e dopo)


È ben noto che la nutrizione può essere d'aiuto sia nella prevenzione primaria (quando non c'è malattia), secondaria (dopo l'evento, per prevenirne un secondo) e nel recupero dell'ictus.
L'ictus o stroke può essere ischemico (formazione di un trombo che occlude il vaso) o emorragico (rottura del vaso), il risultato è mancanza di apporto sanguigno ai neuroni, con conseguente pericolo di disabilità o morte, legate anche a malnutrizione e quindi anemia, sarcopenia, osteoporosi ecc.

Lo screening per la malnutrizione è previsto dalle linee guida ESPEN in caso di ictus.

"Infatti, nei primi 2-3 mesi dopo l’ictus ischemico, la neuroplasticità è altamente attiva e l’integrazione della dieta o della nutrizione potrebbe migliorare le funzioni funzionali, emotive e cognitive nei pazienti con ictus". In contrasto la malnutrizione, dovuta soprattutto a perdita di capacità, disfagia ecc., aumenta la mortalità.

Quali nutraceutici hanno effetti sul rischio?




Aglio e cipolla crudi inibiscono l'aggregazione piastrinica. Ginkgo biloba, zenzero, pomodoro, crucifere (cavolo e famiglia), curcumina hanno proprietà antitrombotiche evidenziate nei modelli preclinici.

Tra le vitamine, la D riduce il rischio cardiovascolare e la mortalità post-ictus, quelle del gruppo B complicanze neurologiche e depressione, la C lo stress ossidativo e l'infiammazione. La forma sintetica di B12 (cianocobalamina) non dovrebbe essere consigliata.

Tra i minerali, magnesio e potassio sembrano importanti sia in prevenzione che dopo l'evento, lo zinco e il selenio possono sostenere la funzione cerebrale.

La supplementazione con aminoacidi essenziali favorisce il recupero e protegge dalla sarcopenia e conseguente perdita di funzionalità, migliorando plasticità corticale, funzione cognitiva, funzione motoria e deambulazione. In seguito all'evento infatti aumentano i fabbisogni nutrizionali e bisogna contrastare una tendenza al catabolismo (perdita di massa magra) che aumenta il rischio di strascichi e la mortalità.

L'omocisteina è un fattore procoagulante e infiammatorio che è necessario ridurre sia in prevenzione che in terapia.

Il pesce e l'olio di pesce sono legati a minori infiammazione e rischio di ictus ischemico.

La dieta mediterranea è associata con minore rischio di stroke e buona salute in generale, grazie alla sua ricchezza in vegetali (e loro fibre e polifenoli), cereali, pesce ecc.
Anche la frutta a guscio oleosa ha dimostrato, grazie alla sua ricchezza in nutrienti, di poter favorire il recupero.
La ricchezza in fibre è necessaria anche dopo l'evento per favorire la funzione intestinale e nutrire il microbiota, che viene alterato in seguito all'ictus.
La comunicazione intestino-cervello è inoltre necessaria per il recupero, dato che i microbi rilasciano fattori neurotrofici, neurotrasmettitori e grassi a catena corta che modulano il metabolismo cerebrale e il recupero dei neuroni.
L'uso di probiotici può essere d'aiuto ma bisogna valutarne possibili effetti collaterali, in particolare in caso di basse difese immunitarie.

"In sintesi, il consumo della dieta e dei nutraceutici sopra menzionati i) ha mitigato le complicanze periferiche indotte dall’ictus come osteoporosi, sarcopenia, anemia, malnutrizione, disfunzione piastrinica e trombosi, ii) ha ridotto le complicanze centrali come disfunzione motoria, cognitiva, disfunzione , e depressione, e iii) ha migliorato le complicanze vascolari come l'adesione, l'attivazione, l'aggregazione e la trombosi piastrinica. Infatti, l’integrazione nutraceutica ha attenuato lo stress ossidativo, l’infiammazione, l’eccitotossicità e la disfunzione mitocondriale, esercitando così una neuroprotezione nell’ictus. Oltre a questi effetti neuroprotettivi, questi nutraceutici mostrano attività antipiastriniche e antitrombotiche inibendo la produzione di COX-2, TXB2, ADP, collagene, trombina e aggregazione piastrinica indotta da AA attraverso molteplici meccanismi. Pertanto, questi risultati suggeriscono che il consumo dei suddetti nutraceutici e della dieta aiuta a regolare la disfunzione piastrinica e allo stesso tempo offre neuroprotezione contro l’ictus ischemico".


Aggiornamento 2/12/2024

La medicina tradizionale cinese, rappresentata da un insieme di erbe con proprietà anticoagulanti e antinfiammatorie, NON si è rivelata utile in maniera statisticamente significativa in caso di ictus trombotico. Tuttavia si è elogiato l'uso dei trial scientifici per verificarne l'utilità.

Aggiornamento 16/12/2024

La fibrillazione atriale è un difetto del ritmo cardiaco, "associato ad un aumento dei tassi di ictus, insufficienza cardiaca e mortalità. Si raccomanda la modifica dello stile di vita e dei fattori di rischio per prevenire l’insorgenza, la recidiva e le complicanze della fibrillazione atriale, e gli anticoagulanti orali sono raccomandati per i soggetti con un rischio stimato di ictus o eventi tromboembolici pari o superiore al 2% all’anno". Quindi oltre che prevenire, lo stile di vita può anche ridurre il rischio una volta che la patologia si è manifestata.
Tra i fattori di rischio troviamo ipertiroidismo, sedentarietà, abuso di alcol (oltre un drink al giorno), fumo, sovrappeso, pressione alta, apnee notturne.

"Le linee guida ACC/AHA/ACCP/HRS del 2023 hanno enfatizzato le raccomandazioni di classe 1 per la perdita di peso, l'esercizio fisico, la cessazione del fumo, la minimizzazione o l'eliminazione del consumo di alcol, il controllo ottimale della pressione arteriosa e un programma di cura completo per il miglioramento dei risultati, in maniera simile alle linee guida europee sulla FA recentemente pubblicate", che però raccomandano anche la gestione del diabete.

Aggiornamento 21/1/2025

I traumi cranici sono associati a neuroinfiammazione e alterazioni nella struttura cerebrale.
Gli omega 3 sono in grado di alleviare le conseguenze negative, "riducendo il danno tissutale e la perdita cellulare, diminuendo la neuroinfiammazione associata e la risposta immunitaria, che a sua volta modera la gravità della disfunzione neurologica associata".
Le prove mostrano quindi che possono essere utili sia nell'adulto che nel cervello in formazione dei bambini, riducendo l'impatto del trauma, proteggendo le strutture nervose e aiutando a restaurare le funzioni cerebrali.

Aggiornamento 11/2/2025

Usare il sale arricchito in potassio (che sostituisce il sodio) ha ridotto la ricorrenza dell'ictus e la mortalità in uno studio fatto sulla popolazione cinese, senza rischi di eccesso di potassio nel sangue (iperkaliemia).
Lo studio dimostra l'importanza di questo minerale in persone già colpite da stroke.

Aggiornamento 27/3/2025

Nel modello animale fornire derivati batterici (indoli) ai topi che hanno avuto un ictus riduce le complicanze, a dimostrare l'importanza del microbiota e della disbiosi negli eventi cardiovascolari



martedì 4 luglio 2023

Per "risolvere" l'ovaio policistico


La sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) è una condizione caratterizzata da ridotta fertilità e alterazioni metaboliche simili a quelle del diabete (resistenza insulinica e difficoltà a mantenere il peso). Come molte condizioni croniche è caratterizzata anche da uno stato infiammatorio cronico.




La risoluzione dell'infiammazione cronica non è un processo che dipende esclusivamente dalla fine dell'infiammazione stessa, semplicemente col blocco dei segnali proinfiammatori, ma è un processo attivo che deve essere sostenuto da segnali appositi che promuovono la rimozione delle cause dell'infiammazione, tra cui la permanenza di parti virali o batteriche come ormai abbiamo imparato in questi anni. Il processo di risoluzione è quindi attivamente stimolato da molecole note come proresolvine, derivate dagli omega 3 e, in misura minore, dagli omega 6.




Si è osservato che le donne con PCOS hanno ridotti livelli di proresolvine. 

Si sta ipotizzando per questo di fornire le proresolvine come integratore in modo da favorire una riduzione del tono infiammatorio e migliorare il quadro di questa condizione.

In generale, un'alimentazione con riduzione dei cibi infiammatori (industriali) e aumento di quelli veri e non processati è possibile migliorare il quadro legato allo stress ossidativo e all'infiammazione. Gli alimenti ricchi di antiossidanti hanno proprio questo effetto, ma anche alcuni integratori possono dare supporto. Tra questi vitamina D, magnesio e omega 3.

Aggiornamento 6/7/2023

La cannella può essere usata come trattamento complementare in sindrome dell'ovaio policistico e diabete di tipo 2 per migliorare il metabolismo dei carboidrati.
"La cannella può migliorare i livelli dell'indice HOMA (che misura l'insulinoresistenza) attraverso vari meccanismi tra cui la sottoregolazione (riduzione) della segnalazione dell'insulina negli adipociti, l'inibizione dell'azione dell'alfa-amilasi come enzima iniziale della digestione dei carboidrati, l'attivazione dell'adenosina monofosfato (AMP)-chinasi (AMPK) che può regolare il GLUT4 (trasportatore del glucosio) e l'attivazione dell'IGF1 nei fibroblasti, favorendo il controllo glicemico".

Aggiornamento 6/7/2023

Il microbiota ha una forte influenza sulla PCOS. L'uso di probiotici e simbiotici può migliorare i profili ormonali, gli indicatori infiammatori e i disturbi del metabolismo lipidico. Migliorano anche peso, insulina e indice HOMA.

"La PCOS può originarsi nelle primissime fasi dello sviluppo, mostrando caratteristiche cliniche più tardi nell'adolescenza; il monitoraggio del microbioma e l'integrazione precoce di probiotici durante l'infanzia e l'adolescenza potrebbero essere utili per modulare la disbiosi al fine di prevenirla come causa modificabile di PCOS". 

Aggiornamento 4/10/2023

La dieta chetogenica a basso contenuto calorico (VLCKD) può migliorare lo stato di salute delle adolescenti con sindrome dell'ovaio policistico (PCOS). Migliora il quadro ormonale e con esso le caratteristiche (irregolarità mestruali, irsutismo, ), la composizione corporea, le alterazioni del glucosio e dei grassi (iperglicemia e ipertrigliceridemia), lo stress ossidativo. Gli studi sono però ancora troppo pochi.


Aggiornamento 11/11/2023

In donne con ovaio policistico, la dieta chetogenica ha un effetto superiore rispetto alla dieta mediterranea nel favorire la gravidanza in seguito a fecondazione in vitro.

Aggiornamento 27/12/2023

Il sovrappeso riduce la fertilità sia nelle donne che negli uomini. Da una parte si verificano "scarsi esiti riproduttivi con mestruazioni irregolari, anovulazione, infertilità, aborto spontaneo e complicazioni durante la gravidanza", dall'altra scarsa qualità del seme, disfunzione erettile e squilibri ormonali. Questo accade perché l'eccesso di tessuto adiposo influenza negativamente diversi processi fisiologici. Anche l'alterazione del microbiota gioca un ruolo.
"Iperinsulinemia, iperleptinemia, infiammazione cronica e stress ossidativo sono importanti mediatori dell'obesità, che possono portare a disfunzione erettile ed epididimite negli uomini e a cicli mestruali irregolari, sindrome dell'ovaio policistico, endometriosi, fibromi uterini e preeclampsia nelle donne, portando infine alla sterilità".
La modulazione del microbiota con dieta e supplementi appare utile nel modello animale, migliorando le condizioni testicolari e l'assorbimento di nutrienti utili. Migliorano anche i livelli di testosterone ed estrogeni.
Anche l'uso dei nutraceutici fitoterapici è un approccio che può migliorare la condizione di infertilità legata al sovrappeso.
Tra i meccanismi dei fitoterapeutici, "ridotto assorbimento dei lipidi, ridotto apporto energetico, blocco dell'assorbimento dei grassi dal cibo, aumento della sazietà, aumento del dispendio energetico, diminuzione della differenziazione e proliferazione dei preadipociti o diminuzione della lipogenesi e aumento della lipolisi, modulazione del metabolismo dei carboidrati, inibizione della lipasi pancreatica, riduzione dei liquidi, miglioramento dell'umore, diminuzione dell'accumulo di tessuto adiposo bianco, inibizione della grelina, aumento dell'espressione dei recettori PPAR".
In breve, "Abelmoschus esculentus, Cinnamomum verum, Citrullus colocynthis, Matricaria chamomilla, Trigonella foenum-graceum L., Glucomannano, una fibra alimentare da Amorphophallus konjac, Punica granatum, i flavonoidi dell'Eucommia ulmoides, il decotto Cangfu Daotan e le catechine del tè Oolong hanno migliorato l'equilibrio degli ormoni sessuali, la disfunzione ovarica, la ciclicità mestruale e la funzione ovarica e hanno inibito l'iperplasia ovarica nelle donne con PCOS, riducendo apoptosi ovarica, infiammazione, stress ossidativo e migliorando il controllo della disfunzione metabolica nelle donne obese. Acacia senegal, Aloe barbadensis Mill, Ficus asperifolia, ficocianina da Spirulina platensis, Salvia officinalis, Urtica dioica e formulazioni Unani da Apium graveolans, Pimpinella anisum, Ptychotis ajowan, Trigonella foenum, Valeriana wallichii hanno migliorato l’infertilità aumentando la sensibilità all’insulina, migliorando la ciclicità mestruale e la funzione ovulatoria e hanno parzialmente aumentato la qualità delle ovaie e degli ovociti nelle donne obese attenuando la dislipidemia e lo stress ossidativo".
Per quanto riguarda l'uomo, "tè nero e verde, Caralluma fimbriata, Cistanche Tubulosa, Succo di frutta Citrus maxima, Cuminum cyminum L, Foeniculum vulgare, Curcumina, Echinacea purpurea, Glicoproteina da estratto di Mytilus edulis, Glycyrrhiza glabra, estratto di semi d'uva, Guibourtia tessmannii, Hibiscus sabdariffa, decotto Huaji Jianpi, decotto di Huatan Qushi, indolo-3 -carbinolo, licopene e moring, olio essenziale di maggiorana (Origanum majorana), Moringa oleifera, olio di Nigella sativa, formulazione polierboristica a base di radici di Withania somnifera, radici di Asparagus racemosus e Andrographis foglie di panicolata, Polisaccaridi da Lycium barbarum, Quercetina, Olio di palma rosso ed estratti di tè Rooibos, Resveratrolo, Acido asiatico [centella], isoflavoni di Glycine max, Syzygium aromaticum, Tamarindus indica L., timochinone e rizoma di Zingiber zerumbet hanno il potenziale di combattere l’infertilità maschile sopprimendo la lipogenesi, aumentando i livelli di testosterone e altri ormoni come 3β-HSD e 17β-HSD, migliorando la conta degli spermatozoi, la motilità, lo spessore del tubulo testicolare e la steroidogenesi, regolando le vie di segnalazione PPAR e AMPK, attenuando la dislipidemia testicolare, lo stress ossidativo, l'infiammazione e sopprimendo l'apoptosi delle cellule germinali".

Aggiornamento 19/2/2024

In donne in età fertile con iperandrogenismo (eccesso di ormoni tipici maschili) e sovrappeso una dieta appropriata con riduzione degli zuccheri, attività fisica moderata, riduzione di stress e alcol facilita il miglioramento del quadro ormonale. Come conseguenza migliorano acne, irsutismo, disturbi mestruali e infertilità.


Aggiornamento 12/1/2025

La cura del microbiota, mediante probiotici (batteri vivi), prebiotici (fibre che li nutrono) e simbiotici (batteri + fibre) si conferma utile nella sindrome dell'ovaio policistico.
Una parte dell'infiammazione e delle alterazioni ormonali infatti sono legate a metabolismi mediati dalla flora. Possono inoltre migliorare il profilo lipidico e glicemico, spesso alterati nelle donne con PCOS.

Anche il succo di melagrana si è rivelato utile. Tra le fibre, l'inulina in particolare, nota per promuovere i bifidobatteri.

Aggiornamento 12/3/2025

Perché quando prescriviamo una dieta chetogenica dimagrante VLCKD (anche chiamata VLEKT) lo facciamo con dei prodotti sostitutivi e non coi semplici alimenti?
Perché siamo pagati dalle case farmaceutiche, chiaro. Ovviamente si scherza.
Semplicemente perché è più efficace e conveniente in termini di salute, grazie alla minore presenza di grassi e al miglior valore proteico.
Il confronto tra i due tipi di approccio (con cibi "naturali" o coi prodotti sostitutivi) è stato fatto da alcuni bravi ricercatori, tra cui il mio amico dott. Giuseppe Annunziata.
Cosa è emerso?
Usare i prodotti sostitutivi è sicuramente più costoso, ma consente di introdurre meno proteine della carne che possono avere un effetto negativo sul microbiota. Può essere più controllata perché il numero di pasti è fisso e i pasti hanno una composizione nota. Le proteine hanno alto valore biologico e una gamma di pasti fa in modo che ci sia una certa variabilità e palatabilità e non ci si annoi.
Per contro vi è ovviamente la mancanza di alimenti freschi (a parte le verdure).
Invece la dieta con alimenti veri segue meglio la stagionalità ma ha maggiore quantità di grassi saturi e colesterolo, meno accuratezza nelle quantità assunte e nei macronutrienti, col rischio di uscire dalla chetosi o di mangiare in più, una ridotta variabilità degli alimenti. Inoltre può aumentare il rapporto tra Firmicutes e Bacteroidetes, che si ritiene legato a un maggior rischio di malattia e sovrappeso. Può anche aumentare il carico renale di azoto e acido urico rispetto ai pasti sostitutivi.

In una recente intervista il prof Barrea, coautore dello studio, ha ribadito l'utilità della VLCKD in molte condizioni e che possa essere considerato anche un protocollo terapeutico, spiegando la necessità di far capire al paziente che si tratta di un approccio non farmacologico ma terapeutico. Può quindi essere considerato un investimento per la salute.
Tra le condizioni più responsive, insieme al sovrappeso, quelle dermatologiche (psoriasi, acne, idrosadenite suppurativa), ginecologiche (ovaio policistico), metaboliche (ipertensione e insulinoresistenza). Tutto questo grazie alla riduzione dello stress ossidativo e dell'infiammazione.

La dieta può anche essere fatta in maniera più economica con le proteine in polvere. Prendi un appuntamento per la tua dieta chetogenica.

Aggiornamento 17/6/2025

Somministrare DHA, un omega 3 a lunga catena, ha aumentato la produzione di proresolvine in donne con tumore mammario. Questo è accaduto soprattutto in donne con le mutazioni BRCA, quelle che aumentano considerevolmente il rischio.
L'olio utilizzato era di origine algale, quindi vegetale. Le proresolvine sono metaboliti degli omega 3 fondamentali per guarire dall'infiammazione sistemica, una condizione che è presente in tante malattie , compreso i tumori.
Queste scoperte aprono la strada a trattamenti nutrizionali integrativi che possano sostenere un miglioramento della prognosi

Aggiornamento 19/8/2025

Dimagrire prima del trattamento di IVF (fecondazione in vitro) aumenta la probabilità di concepimento, anche senza il trattamento (con metodi esclusivamente naturali quindi), soprattutto nelle donne con ovaio policistico (PCOS), un fattore che rende più difficile la gravidanza.

martedì 24 gennaio 2023

Omega 3: proteggono dalle malattie cardiovascolari?


Esistono molti tipi di grassi, alcuni dei quali essenziali, nel senso che il nostro corpo non li può produrre ma dipende dall'introduzione alimentare: gli omega 3 e gli omega 6. In questo articolo ho spiegato le differenze.

http://www.luciomariapollini.com/Articoli/omega%203%206%209.htm


Il tipo di grassi in generale e anche il tipo di omega 3 influenzano la salute a causa di diverse proprietà fisico-chimiche e non solo.

https://www.pinterest.it/pin/319474167290232535/


Gli omega 3 a lunga catena (EPA e DHA) possono avere un effetto nei confronti di dislipidemia e aterosclerosi. Infatti anche quando si raggiunge il corretto livello di LDL (il colesterolo "cattivo" ritenuto un fattore di rischio cardiovascolare) rimane un rischio residuo legato ai trigliceridi alti, che non vengono abbassati dalle statine. Nonostante gli omega 3 abbiano effetto sui livelli di trigliceridi, la diminuzione degli eventi cardiovascolari appare inconsistente e la loro efficacia nei confronti della riduzione della mortalità cardiovascolare è ancora dubbia secondo i risultati dei trial.

Alcune spiegazioni le dà un articolo appena pubblicato. La produzione di questi grassi è piuttosto limitata nell'uomo, a parte nelle donne in età fertile che hanno una discreta conversione di ALA (omega 3 a 18 atomi di carbonio) in DHA che è necessario per lo sviluppo del nascituro. Per questo devono essere necessariamente introdotti con l'alimentazione o l'integrazione. Le specie marine come lo sgombro o il salmone hanno fino a 4 g per porzione rispetto al pesce bianco meno ricco. Ad esempio, la tilapia ha livelli tissutali dieci volte inferiori di omega 3 mentre appare ricca di omega 6. Assumere pesce allevato che assume fonti di omega 6 e non alghe ricche in omega 3 (o pesci che seguono la corretta catena alimentare e quindi ne contengono) fa in modo che sia ricco dei primi e non dei secondi. Per questo esiste forte interesse per gli integratori: il pesce che assumiamo non sempre fornisce omega 3. È corretto usarli? Alcuni integratori di mediocre qualità contengono prodotti ossidati e grassi saturi che possono essere addirittura dannosi. Questi elementi non sono presenti nei prodotti di grado farmaceutico.

Il processo di estrazione che è necessario per gli integratori può degradare gli omega 3 che sono molto delicati, favorendo così un effetto proossidante che è contrario a quello previsto (addirittura incremento dei trigliceridi in un trial).

Una formulazione farmacologica (icosapent etile) di EPA, il grasso omega 3 a 20 atomi di carbonio, appare efficace per ridurre la mortalità in persone ad alto rischio e la progressione dell'aterosclerosi in persone con ipertrigliceridemia.

L'EPA appare più efficace del DHA (che possiede 22 atomi di carbonio e quindi struttura differente) grazie a diversi meccanismi: inibizione della trombosi e dell'attivazione piastrinica, protezione della struttura della membrana cellulare, miglioramento della funzione endoteliale, miglioramento nella distribuzione del colesterolo nella membrana cellulare e maggiore efflusso di colesterolo rispetto al DHA. Il DHA sembra avere maggiore effetto sulla salute cerebrale e sui nervi. I cristalli di colesterolo monoidrato si depositano nelle membrane e nelle placche aterosclerotiche, aumentando l'attivazione dei macrofagi e l'infiammazione. A livello delle placche favoriscono la rottura rendendo instabile la struttura. La rottura della placca è l'evento che precede la formazione del trombo e quindi l'infarto.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8670783/



Usare formule contenenti entrambi i grassi non è efficace come usare solo l'EPA nei confronti del pericolo cardiovascolare.
La riduzione della trigliceridemia avviene mediante alcuni meccanismi principali: aumento della betaossidazione dei grassi nei mitocondri e riduzione della lipogenesi e della produzione di VLDL ricche in trigliceridi. Gli omega 3 attivano il recettore GPR120 che stimola il grasso bruno.
L'attivazione di PPAR-α da parte degli omega 3 riduce i livelli di VLDL e trigliceridi mentre aumenta i livelli circolanti di lipoproteine ​​ad alta densità (HDL) in seguito all'induzione dell'espressione epatica  dell'apolipoproteina A-I e dell'apolipoproteina A-II.

Alcuni degli effetti degli omega 3 sono correlati alla loro influenza sulle membrane cellulari, modulando l'effetto del colesterolo che ha il compito di regolare la fluidità delle membrane: il DHA promuove l'aggregazione del colesterolo stabilizzando le membrane (molto importante per i rapidi cambi conformazionali necessari per la visione) mentre anche in questo caso l'EPA favorisce una protezione dall'aterosclerosi, anche aumentando il trasporto inverso. Per questo il DHA si concentra nei neuroni mentre l'EPA è più importante nelle arterie. 


L'effetto antiossidante sulle membrane dell'EPA è maggiore rispetto agli altri grassi polinsaturi. I grassi con 2 doppi legami o meno non hanno una struttura di risonanza capace di proteggere dall'ossidazione. In questo modo l'EPA riduce le LDL ossidate, un fattore di rischio principale per l'aterosclerosi. L'effetto antiossidante è particolarmente evidente nel caso di diabete dove l'EPA blocca i danni indotti dal glucosio in eccesso. Le statine possono avere un effetto sinergico.
In sintesi i migliori effetti dell'EPA rispetto al DHA nel caso delle malattie cardiovascolari sono dovute soprattutto alle sue proprietà fisico-chimiche e antiossidanti sulle membrane, ma solo appropriate formulazioni sono veramente efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare.

Una recente metanalisi ha mostrato che in generale gli omega 3 sono efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare, nonostante 2 pubblicazioni mostrassero una potenziale efficacia negativa (ossia possibile aumento delle morti), ma le formulazioni con EPA sono più efficaci di quelle con EPA + DHA. Secondo qualcuno il DHA potrebbe addirittura negare i benefici dell'EPA. Un'altra metanalisi evidenzia che gli effetti di riduzione di morte cardiaca, infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica, angina instabile ed eventi vascolari maggiori si notano solo con almeno 1 grammo al giorno, con un maggior rischio di sanguinamento e fibrillazione.

Gli effetti antinfiammatori e restauratori dell'omeostasi degli omega 3 sono dovuti soprattutto ai loro derivati proresolvine (SPM), la cui carenza è legata a progressione dell'aterosclerosi, e agiscono tramite riduzione del traffico di granulociti, generazione di citochine, rimozione del danno cellulare da parte dei macrofagi, modulazione delle diverse cellule immunitarie in modo da risolvere l'infiammazione e riportare l'omeostasi (corretto equilibrio) nei tessuti.  

In una sinossi delle varie linee guida delle società scientifiche, gli autori del lavoro riassumono così: gli omega 3 possono essere utili nell'insufficienza cardiaca, non appaiono utili nelle aritmie (anzi possono aumentare il rischio di fibrillazione atriale), possono aiutare in diverse cardiomiopatie (Chagas, dilatativa, tachicardia atriale). Gli omega 3 possono aiutare ad abbassare la pressione alta e riducono il rischio di morte improvvisa tra il 40 e l'80%. 

Sebbene controversi nella pratica clinica, gli effetti protettivi sulla salute cardiaca sono dovuti sia al miglioramento del quadro lipidico, in particolare riduzione delle VLDL e dei trigliceridi, sia all'azione anti-aterosclerosi tramite regolazione della funzione endoteliale, della stabilità della membrana, dell'infiammazione, delle molecole di adesione, della perossidazione lipidica, mediante la riduzione della formazione della placca aterosclerotica e sua stabilizzazione, riducendo l'attivazione e l'aggregazione piastrinica e regolando la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca. 

Nel 2019 l'EMA ha ritirato l'indicazione all'uso di EPA + DHA per la prevenzione cardiovascolare e in generale le linee guida di varie nazioni li indicano solo per la gestione dell'ipertrigliceridemia. In pratica non c'è dimostrazione che il DHA riduca il rischio cardiovascolare; esiste invece per l'EPA purificato. Gli esperti cinesi inoltre raccomandano l'EPA più del mix per proteggere dalla rivascolarizzazione in chi abbia avuto eventi. Tra gli effetti collaterali si registrano lievi aumenti nel rischio di fibrillazione atriale e sanguinamento e qualche problema gastrointestinale.

In definitiva per avere una significativa riduzione del pericolo cardiovascolare è necessario probabilmente usare la formulazione farmacologica di omega 3 (icosapent-etile) mentre i comuni integratori sono d'aiuto solo se di buona qualità e senza risultati eccelsi. 

Aggiornamento 14/2/2023

L'uso di olio di pesce ricco in omega 3 in persone con artrite reumatoide aumenta i livelli di proresolvine, mediatori specifici per la risoluzione dell'infiammazione cronica.

Aggiornamento 22/4/2023

I trigliceridi alti nel sangue sono associati a maggior rischio cardiovascolare. Esistono farmaci capaci di abbassare il valore (i fibrati per esempio) ma il loro utilizzo in recenti studi non ha evidenziato riduzione del rischio cardiovascolare. Per questo suggerisce il dott. Christopher Labos, cardiologo, è meglio farli abbassare non solo coi farmaci.
"Se vedi un paziente con trigliceridi alti, trattarlo con farmaci per abbassare i trigliceridi probabilmente non ridurrà il suo rischio cardiovascolare. Interventi dietetici, incoraggiamento all'esercizio fisico e riduzione del consumo di alcol sono opzioni migliori. Non solo porteranno ad abbassare i livelli di colesterolo, ma ridurranno anche il rischio cardiovascolare".

Aggiornamento 6/6/2023

Ci sono persone che possono avere maggior effetto dall'uso degli omega 3 nella depressione?

"Da un terzo a metà delle persone depresse ha livelli di infiammazione elevati. La relazione è bidirezionale, promuovendo un circolo vizioso di cattiva salute mentale e fisica. Questo fenomeno aiuta a spiegare perché la depressione coesiste comunemente con le malattie infiammatorie e perché da un terzo alla metà dei casi di depressione sono resistenti ai tradizionali trattamenti antidepressivi, che non mirano specificamente all'infiammazione (ad es. inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). L'attuale studio ha testato un integratore alimentare antinfiammatorio sicuro e a basso costo - acidi grassi omega-3 - che può aiutare a prevenire l'insorgenza di casi di depressione associati all'infiammazione e difficili da trattare. Questo lavoro suggerisce che nella popolazione generale con frequente stress sociale, l'integrazione di acidi grassi omega-3 può aiutare a scongiurare l'aumento dei sintomi della depressione, forse riducendo le risposte infiammatorie allo stress. Questo metodo può essere vantaggioso perché lo stress è inevitabile e l'integrazione di omega-3 mira semplicemente alla risposta cellulare allo stress. Secondo la teoria della trasduzione del segnale sociale, può anche essere fruttuoso mirare alla frequenza di esposizione allo stress. In particolare, tra coloro che sperimentano stress sociale frequente, come un matrimonio ostile, affrontare lo stress direttamente (ad esempio, attraverso capacità di comunicazione o risoluzione dei conflitti, terapia matrimoniale o separazione/divorzio) può essere un passo necessario nel trattamento o nella prevenzione della depressione. In effetti, da un punto di vista clinico, è inutile, minaccioso e persino negligente raccomandare un integratore alimentare antinfiammatorio come strategia di prevenzione della depressione per qualcuno in una relazione violenta, ad esempio. Tuttavia, questi risultati mostrano come un integratore alimentare antinfiammatorio può aiutare a tamponare l'impatto sulla salute mentale del comune stress sociale, che a volte può essere inevitabile."
In conclusione, l'effetto antidepressivo degli omega-3 può essere più evidente tra coloro che soffrono di frequente stress sociale, forse perché questi grassi buoni riducono la reattività infiammatoria ai fattori di stress sociale.

Aggiornamento 7/6/2023

Secondo una revisione degli studi gli omega 3 sono efficaci nell'alleviare i dolori dovuti all'osteoartrite (OA).

Per i pazienti con un'adeguata assunzione dietetica di questi grassi (come i pazienti con assunzione abituale di pesce) l'integrazione aggiuntiva non è necessaria e ha un'efficacia limitata. L'efficacia è maggiore nei giovani.
In media i dolori si riducono del 29% e la funzione articolare migliora del 21%

"I meccanismi alla base dei benefici degli n-3 PUFA possono essere multifattoriali. Uno studio precedente in un modello cellulare per l'OA canina ha suggerito che l'integrazione di EPA e DHA potrebbe ridurre l'espressione di molteplici marcatori infiammatori coinvolti nella patogenesi della degenerazione della cartilagine, come l'interleuchina-1 beta (IL-1β) e l'ossido nitrico sintasi. Un meccanismo simile è stato rivelato anche nella degenerazione della cartilagine indotta dalla leptina, che ha dimostrato che l'integrazione con EPA e DHA potrebbe ridurre l'attivazione indotta da IL-1β del fattore nucleare-κB e della chinasi N-terminale c-Jun, attenuando così la degenerazione cartilaginea indotta dalla leptina. Uno studio recente ha dimostrato che la maresina-1, un metabolita del DHA, conferisce anche l'efficacia terapeutica per l'OA in un modello di ratto attraverso i suoi potenziali effetti antinfiammatori. […] I risultati della meta-analisi indicano che l'integrazione di n-3 PUFA è efficace per alleviare il dolore e migliorare la funzione articolare nei pazienti con OA, senza aumentare il rischio di eventi avversi correlati al trattamento. Questi risultati supportano l'uso dell'integrazione di n-3 PUFA come trattamento alternativo per l'OA."

Aggiornamento 6/10/2023

Gli omega 3 nella depressione del bambino e dell'adolescente hanno un effetto molto vario. I risultati di una revisione degli studi suggeriscono che possono essere buoni in alcuni ma inefficaci in altri. Il profilo di sicurezza è comunque buono, sono ben tollerati e possono essere aggiunti alle classiche terapie o in monosomministrazione.

Aggiornamento 9/10/2023

Nel modello cellulare i grassi saturi infiammano e perturbano il metabolismo dei neuroni, ma aggiungendo DHA (omega 3 a lunga catena) blocca l'effetto. L'effetto può avere potenziali ripercussioni per esempio sulla memoria, in particolare negli anziani


Aggiornamento 27/10/2023

Gli omega 3 nella dose di un grammo sono efficaci nel prevenire il parto pretermine. L'eventuale supplementazione dovrebbe iniziare prima della 20esima settimana.

Aggiornamento 17/11/2023

Gli omega 3 appaiono efficaci come terapia aggiuntiva a quella farmacologica in caso di depressione, in particolare nei casi più gravi. L'effetto è correlato alla dose.
L'azione avviene migliorando neurogenesi e sinaptogenesi e modulando il recettore della dopamina e la produzione di BDNF.

Aggiornamento 13/1/2024

È stato pubblicato un documento di consenso sull'uso degli omega 3 in gravidanza.
Sono ritenuti sicuri nella dose di oltre un grammo al giorno, sia EPA + DHA che DHA da solo.
Una bassa introduzione di omega 3 aumenta il rischio di parto prematuro.
L'apporto può essere garantito sia con gli alimenti che coi supplementi.
Un apporto in condizioni normali di almeno 250mg al giorno e di 350 nelle donne in gravidanza è desiderabile.
Le donne con livelli plasmatici bassi di omega 3 devono assumerne almeno 600mg al giorno.
L'integrazione può iniziare nel secondo trimestre e proseguire fino al cessato rischio di prematurità (37^ settimana).
L'identificazione della carenza può essere fatta con un test sulle abitudini alimentari, altrimenti tramite analisi di laboratorio.
È importante dare indicazioni corrette alle donne per coprire i fabbisogni.

Aggiornamento 16/1/2024

La demenza è caratterizzata da problemi microvascolari e scarsa clearance (rimozione) di sostanze che interferiscono con l’attività neuronale. Gli omega 3 possono migliorare la microcircolazione e il sistema glinfatico (quello responsabile dell’asportazione della betaamiloide e quindi della “pulizia” del cervello). È noto loro effetto antinfiammatorio e neuroprotettivo che può migliorare la funzione cerebrale.
Nonostante non ci siano ancora dati incontrovertibili, la generale sicurezza fa degli omega 3 un potenziale trattamento complementare nelle malattie neurodegenerative.

Aggiornamento 3/2/2024

Gli omega 3 non sembrano efficaci, nella dose di un grammo al giorno, nei confronti della retinopatia diabetica.

Aggiornamento 11/2/2024

Il quantitativo di omega 3 nel sangue appare inversamente correlato con la progressione della fibrosi polmonare. In pratica più sono alti meno la malattia progredisce. Se la supplementazione sia efficace deve essere stabilito da studi appositi.

Aggiornamento 20/2/2024

Gli omega 3 in dose fino a un grammo sono associati a recupero del peso in persone con cachessia neoplastica. In dose superiore a un grammo sono invece associati alla perdita di peso.

Aggiornamento 20/3/2024

Gli omega 3 aiutano in caso di acne sia riducendo l'infiammazione che modulando il microbiota.
In particolare aumentano specie note per la produzione di butirrato, come Lactococcus, Coprococcus e Eubacterium.


In un piccolo studio "sei mesi di terapia aggiuntiva con omega 3 hanno dimostrato effetti profilattici significativi sulla recidiva della depressione bipolare, hanno migliorato la gravità della depressione e sono stati ben tollerati".
Non hanno invece avuto effetto sul comportamento maniacale.


Aggiornamento 25/3/2024

Durante la gravidanza alcuni ormoni come progesterone, cortisolo, prolattina e ormone lattogeno placentare riducono la sensibilità insulinica per favorire l'accrescimento del feto.
Il controllo metabolico (glicemia e lipidi) è importante perché il nutrimento del nascituro dipende dai nutrienti che oltrepassano la placenta. Iperglicemia e iperlipidemia favoriscono un'eccessiva crescita intrauterina e così predispongono per malattie metaboliche future.
Una metanalisi dimostra l'efficacia degli omega 3 nel migliorare l'insulina e l'indice HOMA nelle donne con ridotta sensibilità insulinica, mentre nelle sane non ci sono variazioni significative.

Aggiornamento 12/4/2024

Gli omega 3 possono favorire la funzione cognitiva di persone ultracinquantenni senza segni di demenza

Aggiornamento 10/5/2024

Un aumentato apporto di omega 3, in particolare DPA e ALA, che si trovano rispettivamente nel pesce e nell'olio di pesce e nelle noci, è associato con inferiore mortalità in caso di prediabete e diabete.

Aggiornamento 11/6/2024

Quali trattamenti complementari possono essere aggiunti al trattamento della depressione lieve?
Omega 3 e probiotici hanno dimostrato di poter migliorare l'effetto dei farmaci ma non possono essere usati come trattamento primario.
Anche agopuntura e attività fisica possono avere effetti complementari simili.

Aggiornamento 19/7/2024

Il nuovo calcolatore di rischio cardiovascolare diventa maggiormente personalizzato (tiene conto anche delle malattie renali e metaboliche). Se verrà incorporato nelle linee guida, ridurrà il numero di persone elegibili per l'uso di statine.

Aggiornamento 2/8/2024

Le persone con genotipo APO-E4, noto per aumentare il rischio di demenza senile, sembrano beneficiare maggiormente dell'integrazione di omega3.
Infatti le analisi delle immagini riferite alla loro integrità neuronale mostrano che assumendo olio di pesce le membrane dei neuroni sono molto meno danneggiate.
I successivi trial dovranno mostrare l'efficacia nel mondo reale nel prevenire l'Alzheimer.

Aggiornamento 20/8/2024

L'assunzione di omega 3 riduce i valori di lipidi (colesterolo totale, LDL, trigliceridi) e aumenta l'HDL (colesterolo buono) rispetto ai valori previsti in persone con predisposizione genetica a valori alti di colesterolo.
I meccanismi ipotizzati sono "l’inibizione della sintesi dei trigliceridi delle VLDL, la diminuzione della sintesi dell’apoproteina B, l’aumento del turnover delle VLDL attraverso un aumento del tasso catabolico frazionario delle VLDL, la riduzione della sintesi delle LDL e la riduzione della lipemia postprandiale, insieme all'influenza su diversi fattori implicati nella salute cardiovascolare, inclusi parametri infiammatori, ossidativi, trombotici, vascolari e aritmogeni".

Aggiornamento 12/9/2024

Secondo una revisione degli studi il miglior approccio nei confronti dell'artrite reumatoide (insieme al trattamento farmacologico) è una dieta mediterranea ricca di alimenti antinfiammatori e supplementata con 2 grammi di omega 3 al giorno.
I reumatologi dovrebbero lavorare in stretta collaborazione coi nutrizionisti per assicurare un trattamento nutrizionale tagliato sul paziente.
Secondo un altro lavoro anche i probiotici e la vitamina K (in particolare K2) possono aiutare modulando il microbiota, la risposta immunitaria e la permeabilità intestinale.


Il DHA (acido grasso omega 3) in gravidanza, in quantità 450-800 mg al giorno, è in grado di ridurre il rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita.
I supplementi per la gravidanza ne contengono solitamente solo 250mg.

Aggiornamento 13/9/2024

Gli omega 3 possono rallentare la progressione dell'Alzheimer

Aggiornamento 17/9/2024

Gli omega 3 non sono associati ad aumento di rischio di sanguinamento, se non in maniera molto ridotta (clinicamente non significativa) se dati a dosi molto alte.
Anche i rischi di ictus emorragico, sanguinamento intracranico o intestinale non sono aumentati

Aggiornamento 6/11/2024

Quali supplementi sono efficaci nel ridurre la progressione del declino cognitivo e ridurre il rischio di demenza?
Probiotici, vitamina D e omega 3 sono quelli che hanno mostrato maggiore utilità.
Invece le vitamine del gruppo B o quelle A, C ed E non hanno mostrato efficacia.

Aggiornamento 16/12/2024

La fibrillazione atriale è un difetto del ritmo cardiaco, "associato ad un aumento dei tassi di ictus, insufficienza cardiaca e mortalità. Si raccomanda la modifica dello stile di vita e dei fattori di rischio per prevenire l’insorgenza, la recidiva e le complicanze della fibrillazione atriale, e gli anticoagulanti orali sono raccomandati per i soggetti con un rischio stimato di ictus o eventi tromboembolici pari o superiore al 2% all’anno". Quindi oltre che prevenire, lo stile di vita può anche ridurre il rischio una volta che la patologia si è manifestata.
Tra i fattori di rischio troviamo ipertiroidismo, sedentarietà, abuso di alcol (oltre un drink al giorno), fumo, sovrappeso, pressione alta, apnee notturne.

"Le linee guida ACC/AHA/ACCP/HRS del 2023 hanno enfatizzato le raccomandazioni di classe 1 per la perdita di peso, l'esercizio fisico, la cessazione del fumo, la minimizzazione o l'eliminazione del consumo di alcol, il controllo ottimale della pressione arteriosa e un programma di cura completo per il miglioramento dei risultati, in maniera simile alle linee guida europee sulla FA recentemente pubblicate", che però raccomandano anche la gestione del diabete.

Aggiornamento 23/12/2024

In uno studio di fase 2, quindi ancora in fase sperimentale, l'alimentazione è stata utile in persone con tumore prostatico.
In particolare, su 100 persone, 50 hanno ricevuto cure standard mentre le altre 50 hanno avuto indicazione di ridurre i grassi, soprattutto gli omega 6 presenti in prodotti da forno, fritti e cibi processati, e assumere omega 3 sia da alimenti che da integratori. Queste modifiche hanno determinato una riduzione dell'introito calorico totale, compreso proteine e carboidrati.
Il risultato è stato di ridurre Ki-67, "biomarcatore per la progressione, le metastasi e la morte del cancro alla prostata".

Gli omega 3, che influenzano il microbiota, e la migliore composizione corporea possono aver giovato, in accordo con altri studi che hanno mostrato migliore prognosi in caso di minor grasso viscerale e minor infiammazione.

Aggiornamento 10/1/2025

In uno studio in cui si è somministrato omega 3 e/o folati si è registrato un miglioramento del declino cognitivo in persone con demenza moderata.
L'effetto è stato probabilmente mediato dalla riduzione dell'omocisteina (particolarmente in persone con la mutazione MTHFR) e della beta-amiloide nel sangue (marker di quella presente nel cervello che causa l'Alzheimer).
È probabile che l'effetto si attenui interrompendo la somministrazione.

Aggiornamento 21/1/2025

I traumi cranici sono associati a neuroinfiammazione e alterazioni nella struttura cerebrale.
Gli omega 3 sono in grado di alleviare le conseguenze negative, "riducendo il danno tissutale e la perdita cellulare, diminuendo la neuroinfiammazione associata e la risposta immunitaria, che a sua volta modera la gravità della disfunzione neurologica associata".
Le prove mostrano quindi che possono essere utili sia nell'adulto che nel cervello in formazione dei bambini, riducendo l'impatto del trauma, proteggendo le strutture nervose e aiutando a restaurare le funzioni cerebrali.

Aggiornamento 1/2/2025

Il consumo di omega 3 appare protettivo nei confronti dell'osteoporosi e dovrebbe essere incoraggiato il loro consumo nelle persone a rischio, in ottica preventiva, attraverso alimenti come pesce grasso, semi di lino e noci.
EPA e DHA, gli acidi grassi a catena lunga, appaiono i più protettivi, probabilmente favorendo l'assorbimento del calcio. Anche l'interazione con altri nutrienti come vitamina D, magnesio e vitamina K2 sono importanti.

Aggiornamento 2/4/2025

I tumori si sviluppano essenzialmente per una crescita cellulare incontrollata. Normalmente la riproduzione cellulare è finemente controllata e quando non c'è necessità, la cellula non si moltiplica e rimane quiescente. La moltiplicazione accade solo sotto alcuni stimoli.
L'uso eccessivo di grassi omega 6, che sono presenti negli oli di semi per esempio, è ritenuto un rischio per la salute, soprattutto se non bilanciato da quello di omega 3. Gli studi epidemiologici però continuano a suggerire l'uso dei grassi vegetali rispetto a quelli animali.
Una nuova ricerca pubblicata su Science ha mostrato che l'acido linoleico, il capostipite degli omega 6, attiva una proteina, FABP5, che a sua volta stimola mTOR, una proteina che favorisce la duplicazione cellulare e quindi è coinvolta nei tumori, in particolare nella loro progressione. Gli omega 3 non appaiono avere questo ruolo stimolante, così come l'acido oleico o il palmitico.
L'effetto dipende dalla quantità di FABP5 nelle cellule. I tumori al seno triplo negativo appaiono particolarmente ricchi in FABP5.
Il legame tra acido linoleico e tumore al seno è più evidente in donne con una certa variante genica che aumenta la formazione di leucotrieni infiammatori a partire dagli omega 6.

"L'abbondanza di questo grasso nelle diete "di stile occidentale" è aumentata in modo significativo a partire dagli anni '50, in coincidenza con il maggiore utilizzo di oli di semi nei cibi fritti e ultra-processati.
Ciò ha portato a temere che un’eccessiva assunzione di omega-6 possa essere una delle spiegazioni per l’aumento dei tassi di alcune malattie, compreso il cancro al seno. Ma decenni di studi hanno prodotto risultati contrastanti e inconcludenti e non hanno mai scoperto alcun meccanismo biologico che colleghi gli omega-6 ai tumori".

Queste scoperte sui meccanismi molecolari che legano dieta e proliferazione tumorale possono mettere le basi per dei trattamenti personalizzati. Nel mentre è sicuramente consigliabile evitare il consumo frequente di alimenti con alte quantità di acido linoleico, in particolare se vengono da alimenti spazzatura come prodotti da forno o snack, ma ricordiamo che è presente anche in carni e pesci che si nutrono di quegli oli vegetali che lo contengono.

Aggiornamento 28/4/2025

Rispetto al classico olio di pesce, l'olio di krill (derivato da piccoli crostacei) ha una forma diversa (maggior concentrazione di fosfolipidi rispetto ai trigliceridi) di omega 3.
Può questo influire sugli effetti nei confronti della depressione maggiore?
Secondo uno studio che li ha confrontati no. Entrambi hanno avuto buoni effetti come terapia adiuvante nella dose di 2 grammi al giorno nei confronti dei sintomi (stress, umore depresso e ansia) e per questo potrebbero essere somministrati insieme alle terapie classiche. Il meccanismo coinvolge una modulazione dell'asse corticotropo e la riduzione dell'infiammazione, insieme al miglioramento della resistenza insulinica e dei parametri dei metabolici. La migliore funzionalità delle membrane cellulari e la modulazione dei neurotrasmettitori contribuiscono al miglioramento del tono dell'umore.
Ci sono piccole differenze per quanto riguarda i parametri metabolici. Infatti "entrambi gli interventi hanno aumentato i livelli di HDL e le concentrazioni di acido urico, mentre l'integrazione di olio di krill ha ridotto significativamente i livelli di emoglobina glicata e trigliceridi, mentre l'olio di pesce ha ridotto i livelli di colesterolo totale. Tuttavia, si è scoperto che il krill e l'olio di pesce non erano significativamente più efficaci l'uno dell'altro. Questi risultati suggeriscono che gli integratori ricchi di EPA e DHA, in una dose giornaliera di almeno 2 g, possono fungere da trattamenti aggiuntivi efficaci per il disturbo depressivo maggiore, offrendo benefici indipendentemente dalla gravità della depressione e dalla forma strutturale degli acidi grassi polinsaturi n-3".

Aggiornamento 17/6/2025

Somministrare DHA, un omega 3 a lunga catena, ha aumentato la produzione di proresolvine in donne con tumore mammario. Questo è accaduto soprattutto in donne con le mutazioni BRCA, quelle che aumentano considerevolmente il rischio.
L'olio utilizzato era di origine algale, quindi vegetale. Le proresolvine sono metaboliti degli omega 3 fondamentali per guarire dall'infiammazione sistemica, una condizione che è presente in tante malattie , compreso i tumori.
Queste scoperte aprono la strada a trattamenti nutrizionali integrativi che possano sostenere un miglioramento della prognosi

Aggiornamento 7/9/2025

La supplementazione con 2 grammi circa di omega 3 può supportare la funzione cognitiva.
La metanalisi in particolare suggerisce che migliorano le prestazioni cognitive complessive, la velocità di percezione, le capacità di linguaggio, la memoria primaria e le funzioni visuo-spaziali. Per queste ultime due vi è la maggiore evidenza.
Per le abilità complessive e la memoria episodica il risultato è stato migliore con una dose inferiore.
Gli omega 3, soprattutto il DHA, sono importanti costituenti della membrana dei neuroni e in questo modo ne influenzano l'integrità e le proprietà.