lunedì 20 aprile 2020

Una caloria non è una caloria/tris


Continua qui il post, con un sunto tratto da un paper pubblicato su Nature Reviews, importante rivista scientifica
Sebbene sia vero che nel breve termine un taglio calorico, indipendentemente dalla qualità della dieta, porti a dimagrimento, sul lungo termine per mantenere il risultato prevale la qualità della dieta, anche perché "studi epidemiologici hanno dimostrato che, oltre a tenere conto delle calorie, la qualità della dieta e la distribuzione dei macronutrienti possono essere importanti nel controllo dell'obesità", insieme al rapporto tra ormoni (in particolare insulina e glucagone).
"Le chilocalorie provenienti da diversi macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) non contano allo stesso modo per la gestione dell'energia e il controllo del peso, purtroppo però le interazioni tra grassi, carboidrati e proteine ​​rendono difficile interpretare il contributo individuale di ciascuna fonte sul consumo di energia. In ogni caso, a parte la quantità di grassi o carboidrati nella dieta, prove crescenti suggeriscono che la qualità dei grassi alimentari (grassi insaturi naturali anziché grassi trans o saturi) e la qualità dei carboidrati alimentari (con una preferenza per quelli solidi, ad alto contenuto di fibre, basso indice glicemico e da cibi integrali) sono determinanti più forti degli effetti della dieta sul mantenimento del peso rispetto alla quantità di ciascun macronutriente nella dieta. Al contrario, alimenti ricchi di carboidrati semplici (come bevande zuccherate) sono stati spesso associati ad un aumentato rischio di obesità a causa dei potenziali effetti del saccarosio e del fruttosio sulla sintesi della leptina.
https://shandiradial.wordpress.com/2013/04/11/carbohydrates-simply-funny/

Ad oggi, sono stati proposti due meccanismi per l'obesità indotta da fruttosio: alcuni hanno suggerito che si verifica attraverso un aumento dell'apporto energetico e una riduzione del dispendio energetico, mentre altri hanno proposto l'esistenza di un 'interruttore del grasso', che porta all'accumulo del grasso, all'insulino-resistenza e alla sindrome metabolica". Anche per i grassi è possibile fare un discorso simile.
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"[negli esperimenti] Le diete ricche di proteine ​​hanno comportato una riduzione della percezione della fame e un aumento del dispendio energetico e dei livelli di β-idrossibutirrato, che potrebbero contribuire alla riduzione dell'appetito. Inoltre, questi autori hanno analizzato l'effetto congiunto di una dieta ricca di proteine ​​in presenza o assenza di carboidrati in una camera respiratoria dopo un esercizio e hanno trovato una riduzione statisticamente significativa della fame e del quoziente respiratorio, suggerendo un aumento dell'ossidazione dei grassi. Tuttavia, alcune analisi longitudinali a lungo termine hanno riferito che l'assunzione di proteine ​​animali ha effetti sfavorevoli sul mantenimento del peso corporeo dopo 5 anni di follow-up, e aumentare l'assunzione di proteine ​​vegetali a scapito di proteine ​​animali e zuccheri potrebbe quindi essere un metodo per combattere il sovrappeso e l'obesità a livello di popolazione."
Tra i legami tra predisposizione genetica e macronutrienti, una variante di PPARγ e il numero di copie di amilasi lega tendenza a ingrassare e introito di carboidrati. FTO è un gene già da tempo messo in relazione con l'obesità, e il numero di copie nel DNA o alcune sue varianti aumentano il rischio di obesità.
Anche il microbiota interagisce con la regolazione del peso corporeo, influenzando la quantità di calorie estratte dal cibo, grazie agli SCFA, e all'azione sull'ipotalamo. La dieta occidentale nei topi aumenta la sintesi di proteine legate alla gluconeogenesi e favorisce i Firmicutes, batteri collegati all'obesità. Nell'uomo il legame è ancora scarsamente compreso. I carboidrati, come qualità e quantità, sono probabilmente il macronutriente che influenza maggiormente il microbiota, ma anche eccessi di proteine e grassi portano a disbiosi.
Oltre alla dieta, altri fattori sono associati alla predisposizione di un individuo all'obesità, tra cui genetica, epigenetica, metagenomica, alimentazione perinatale, privazione del sonno, disturbi endocrini, effetti avversi di terapie, fattori ambientali e pregressa presenza di adiposità. Anche i sensori energetici e cronobiologici interagiscono tra loro per influenzare la composizione corporea.

L'articolo si conclude precisando che "La distribuzione dell'assunzione dei macronutrienti e la composizione dietetica stanno diventando importanti aree di ricerca per quanto riguarda la comprensione della deposizione di grasso corporeo e della stabilità del peso. I progressi scientifici stanno dimostrando che per combattere l'epidemia di obesità gli scienziati devono considerare il contributo specifico non solo di carboidrati, proteine ​​e lipidi, ma anche dei singoli aminoacidi, acidi grassi e diverse molecole derivate dai carboidrati, nonché le interazioni con il patrimonio genetico e la composizione del microbiota intestinale - che è la base per la nutrizione e la medicina di precisione e personalizzata". Queste differenze possono spiegare i diversi effetti sul mantenimento del peso a lungo termine. "L'eccessivo peso corporeo e l'accumulo di tessuto adiposo dipendono dal bilancio energetico, in cui l'assunzione di macronutrienti che forniscono energia è superiore al dispendio energetico, che [però] è sotto la regolazione neuroendocrina. Le intricate interazioni metaboliche riguardanti il "carburante" che coinvolgono l'utilizzo di carboidrati, lipidi e proteine ​​complicano l'interpretazione [e la comprensione] dei contributi specifici di tali macronutrienti alle esigenze energetiche e alle esigenze delle cellule. Inoltre, l'equilibrio energetico è sostenuto da processi regolatori complessi e interconnessi che implicano che il controllo dell'appetito e/o della sazietà sia mediato dai segnali neuroendocrini, oltre alle vie metaboliche intermedie che influenzano l'utilizzo di carboidrati (glucosio), il turnover lipidico (lipogenesi e lipolisi), termogenesi proteica e fisiologia degli adipociti. Il consumo frequente di alcuni zuccheri semplici, come glucosio e fruttosio, nonché l'assunzione di grassi saturi e alcuni acidi grassi specifici, sembrano contribuire maggiormente alla crescente prevalenza dell'obesità. Le proprietà sazianti delle fibre alimentari e le proprietà di promozione della sazietà delle proteine ​​alimentari aiutano a mantenere il peso corporeo e il controllo dell'apporto energetico negli interventi a lungo termine. Queste interazioni positive sono probabilmente indotte dalla massa muscolare e dal mantenimento del dispendio energetico a riposo. Nel complesso, le prove attuali suggeriscono che il surplus di energia è il principale motore del sovrappeso e dell'obesità, e l'idea che zuccheri raffinati e alcuni grassi abbiano ruoli complementari nell'aumento di peso è ancora una questione controversa, così come se le calorie da diversi macronutrienti contano allo stesso modo. Le caratteristiche personali associate alla genetica e al microbiota intestinale potrebbero spiegare alcune differenze interindividuali per cui l'assunzione di macronutrienti alimentari influisce diversamente sul peso corporeo e sulla massa grassa. Sono necessarie ulteriori indagini integrative per comprendere i meccanismi di interazione tra connessioni metaboliche e i macronutrienti con la termodinamica energetica e per elaborare strategie dietetiche basate sui criteri nutrizionali di precisione sull'individuo".

Aggiornamento 29/4/2020
Alcune persone sane vengono divise in 2 gruppi. Alcune assumono muffin con olio di palma, ricco in grassi saturi, altre con olio di girasole, ricco in PUFA omega 6. In entrambi viene dato un surplus calorico, in modo da favorire l'aumento di peso. Entrambi gli oli erano di tipo raffinato. Nel primo gruppo è aumentato particolarmente il grasso ectopico, quello viscerale e che troviamo nel fegato, e associato con malattie infiammatorie, mentre nel secondo è aumentata la muscolatura, come se il corpo avesse dissipato le calorie in più costruendo muscoli. Probabilmente i grassi saturi hanno indotto maggiore lipogenesi (sintesi di grassi), anche grazie all'interazione col fruttosio. Inoltre i PUFA sono ossidati più facilmente dai mitocondri

Aggiornamento 14/5/2020

Le fibre viscose, nel contesto di una dieta ipocalorica, possono aiutare a dimagrire e ridurre l'appetito
Aggiornamento 18/5/2020

Nei topi, l'allicina, composto tipico dell'aglio, aumenta il dispendio energetico stimolando il tessuto adiposo bruno. Dosi eccessive tuttavia provocano disfunzione mitocondriale alterando una proteina

Aggiornamento 19/5/2020

Alcune interessanti riflessioni da Precision Nutrition su insulina, calorie, carboidrati e varie diete, con la conclusione di suggerire alimenti non raffinati, sonno, gestione dello stress ecc. e che non esiste una dieta buona per tutti
Aggiornamento 21/5/2020
La cannella, alla dose di 2g per 3 mesi, riduce peso, massa grassa e circonferenza addominale, soprattutto nelle persone con BMI sopra i 30kg/m^2 e sotto i 50 anni. Migliora inoltre i parametri legati alla sindrome metabolica (glicemia, colesterolo, emoglobina glicata, trigliceridi), migliora la sensibilità insulinica, rallenta l'assorbimento intestinale di glucosio, modula il metabolismo glucidico, riducendo la gluconeogenesi e aumentando il glicogeno epatico. Inoltre si riduce l'assorbimento del chilomicroni (grassi) portando così alla riduzione della sintesi e della conservazione del grasso e al miglioramento delle misure antropometriche. Aumenta la tristetraprolina, una proteina con effetto antinfiammatorio. La revisione si conclude suggerendo il suo uso come integratore dimagrante nella gestione dell'obesità

Aggiornamento 22/5/2020
Le calorie sono tutte uguali? mentre questo può essere vero genericamente a livello di persone normali, non lo è sicuramente nel caso patologico. La steatosi epatica è una condizione di accumulo di grasso nel fegato, tessuto che normalmente ne ha in minima quantità. Non esistono trattamenti farmacologici approvati per questa condizione, tipica del sovrappeso e del diabete. La dieta chetogenica, così come la dieta lowcarb, migliorano questa condizione e possono così essere considerate alla stregua di un farmaco. "La convinzione comune che aumentare l'assunzione di grassi nella dieta porta inevitabilmente al fegato grasso e previene la perdita di massa grassa è stata recentemente smentita da un esperimento elegante, dimostrando che una dieta ad alto contenuto di grassi e normocalorica inibisce la de novo lipogenesis (sintesi dei grassi endogena) e induce l'ossidazione degli acidi grassi, portando a perdita di peso e riduzione del contenuto di grasso epatico". Al contrario, una dieta ipercalorica bilanciata (cioè sia con carboidrati che grassi) riduce l'ossidazione intraepatica dei grassi e aumenta la lipogenesi a partire principalmente dai carboidrati e non dai substrati lipidici, portando allo sviluppo della steatosi. Questi effetti sono dovuti principalmente ai livelli di insulina, spinti soprattutto dall'introduzione di carboidrati, che controllano l'ossidazione dei grassi, come ci insegnano al secondo anno di università.

Aggiornamento 23/5/2020
Scoperta la variante di un gene, chiamato Alk (anaplastic lymphoma kinase) che conferisce protezione dall'obesità, e lo fa stimolando il nucleo paraventricolare dell'ipotalamo, in modo da mantenere alto il dispendio energetico, la sensibilità leptinica, attivo il sistema nervoso simpatico, la lipolisi e la produzione di calore negli adipociti. "A differenza dei pazienti con anoressia nervosa, una malattia strettamente legata a fenotipi psichiatrici, individui magri ma metabolicamente sani spesso hanno il desiderio di  ingrassare, hanno un normale apporto di cibo e fanno molti spuntini, indicando che hanno un basso peso per ragioni metaboliche e non per mancanza di appetito "edonico". Queste persone hanno una regolazione ipotalamica per avere un peso inferiore, con adipociti piccoli, più mitocondri e maggiore ossidazione dei grassi. Allo stesso modo il gene Alk attiva l'ipotalamo, mantenendo attiva l'ossidazione dei grassi e rallentando l'accumulo di grasso. "In ultima analisi, questo porta a riduzione dell'efficienza alimentare e miglioramento della spesa energetica, indipendentemente dall'attività circadiana". Inibire farmacologicamente questo gene porterebbe a dimagrimento anche in persone con forte obesità e resistenza leptinica.

Aggiornamento 25/5/2020

Interessante articolo della BDA sulla cronobiologia e la sua importanza nell'aumento di peso e le malattie cardiovascolari
Aggiornamento 28/5/2020

Nelle persone che hanno perso peso, l'alimentazione iperglucidica aumenta il rapporto insulina/glucagone rispetto a una dieta lowcarb. Questo rende l'energia del cibo meno disponibile, bloccando l'ossidazione dei grassi soprattutto nel periodo postprandiale, "indirizzando" i grassi all'accumulo piuttosto che alla fornitura di energia, in accordo col modello carboidrati-insulina del prof Ludwig

Aggiornamento 30/5/2020

La dieta lowcarb può aumentare la spesa energetica in persone dimagrite, sia a riposo che nell'attività fisica. In particolare "ridotte concentrazioni di insulina e grelina possono aumentare il dispendio energetico, in parte attraverso l'attivazione dell'attività del tessuto adiposo bruno", mente il glucagone attraverso altre vie. Anche la sensibilità leptinica migliora, fattore associato con un minor rischio di recupero del peso. L'effetto è stimabile tra le 200 e le 300kcal al giorno o 50Kcal ogni 10% di riduzione dei carboidrati

Aggiornamento 3/6/2020

Il cacao amaro aiuta a ridurre il peso nella dose di almeno 30g al giorno se assunto per almeno un mese. Gli effetti sono forse dovuti alla maggiore sensibilità insulinica, alla riduzione degli enzimi lipogenici, all'inibizione degli enzimi digestivi, allo stimolo della termogenesi e della spesa energetica, modulazione degli ormoni, con riduzione della fame. L'effetto è più marcato sul grasso viscerale

Aggiornamento 5/6/2020

Un modello animale mostra come l'insulina e l'ingrassamento siano effettivamente collegati ai carboidrati

Aggiornamento 9/6/2020
Gli SCFA, acidi grassi a catena corta prodotti dalla fermentazione del microbiota intestinale, possono avere un impatto sul bilancio energetico, aumentando la spesa energetica, riducendo l'introito, la lipogenesi e l'adipogenesi, favorendo la sazietà, la lipolisi, la formazione di grasso beige e l'ossidazione dei grassi.

Aggiornamento 12/6/2020

In donne normopeso ma con scarsa muscolatura (tendenzialmente sarcopeniche), a parità di calorie, dare più proteine migliora la composizione corporea, con peso che rimane stabile, ma aumento del muscolo e riduzione del grasso e della circonferenza addominale. La composizione corporea è cosa più complicate del semplice bilancio energetico. Diffidate da chi vi dice basta tagliare le porzioni.

Aggiornamento 18/6/2020

È possibile personalizzare la dieta in base alla risposta ormonale e glicemica? Forse si sta avvicinando questo approccio nella pratica. Le linee guida sono tipicamente basate sulla popolazione ad esempio, ma è chiaro che "una sola taglia non viene vestita da tutti allo stesso modo". È chiaro che prendendo tante persone, tutte diverse tra loro, a livello di gruppo le diete funzioneranno in media alla stessa maniera, e arriverà il furbacchione di turno a dire che contano solo le calorie. in realtà "l'iperglicemia postprandiale aumenta il rischio di malattie cardiovascolari (CVD), malattie coronariche (CHD) e mortalità cardiovascolare, anche in soggetti con normale glicemia", così come i trigliceridi postprandiali. Forse le diete uguali per tutti diventeranno solo un ricordo, studiando come ciascuno risponde all'introduzione di diversi pasti (metabolismo postprandiale), ad esempio che abbiano più grassi o più carboidrati. La costruzione di un algoritmo corretto permetterà "almeno dal punto di vista della salute cardiometabolica, la prescrizione di un'alimentazione personalizzata a livello di popolazione, con un potenziale come strategia per la prevenzione delle malattie". L'algoritmo può prendere in considerazione glicemia, insulina, microbiota e genetica, insieme ad attività fisica, sonno e orario dei pasti.

Aggiornamento 21/6/2020

Il meccanismo che lega insulina e vie anaboliche nel tessuto adiposo, tra cui immagazzinamento dei grassi sotto forma di trigliceridi

Aggiornamento 24/6/2020

Mangiare tardi la sera (late dinner, LD) aumenta il cortisolo. Questo porta a un'alterazione generale dei ritmi circadiani degli ormoni e resistenza insulinica. Di conseguenza si riducono l'ossidazione dei grassi e la lipolisi (fondamentale per "svuotare" gli adipociti e permettere il dimagrimento), perché l'insulina è più alta del normale (eh mi dispiace per quelli che non conoscono la fisiologia, ma l'insulina conta). L'effetto è particolarmente marcato in chi è abituato a coricarsi presto, ma "indipendentemente da ciò, abbiamo scoperto che LD ha causato uno stato anabolico durante il sonno, favorendo la conservazione dei lipidi rispetto alla mobilizzazione e all'ossidazione", e ripetuto nel tempo può favorire obesità e sindrome metabolica.

Aggiornamento 27/6/2020

Caroline Apovian, medico, direttore dell'Unità di Nutrizione e Gestione del peso e docente di medicina presso la Boston University School of Medicine, riassume così un dibattito intercorso all' American Diabetes Association su cosa provochi obesità e malattie metaboliche (carboidrati, grassi o junk food). "Tutti e tre i relatori hanno presentato dati che, alla fine, hanno puntato un dito verso i carboidrati, con il primo oratore che ha suggerito che il consumo di carboidrati aumenta i lipidi [nel sangue] e il consumo di grassi saturi no. Il secondo oratore ha sfumato questo dicendo che potrebbe essere il tipo di carboidrati a creare il problema, e il terzo oratore [KD Hall] ]ha parlato del cibo processato come colpevole dell'aumento del grasso nonché delle malattie metaboliche. Bene, non possiamo certo definirlo un dibattito! La linea di fondo, secondo me, è che il cibo trasformato - con tutti gli zuccheri, il sale, il grasso e le sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino - potrebbe aver cambiato il set point del peso corporeo che tutti noi difendiamo e potrebbe essere la causa della maggiore prevalenza di diabete di tipo 2 e obesità. Ai pazienti si deve consigliare di mangiare "pulito", ovvero cibi sani, freschi e non trasformati, per avere una vita sana ed evitare disfunzioni metaboliche".

Aggiornamento 28/6/2020

Con l'avanzare dell'età, nei nostri organi avvengono molti cambiamenti che influiscono sulla funzione fisiologica. Una lipolisi (fuoriuscita degli acidi grassi dagli adipociti) basale scarsa può "prevedere" chi negli anni accumula peso e chi no. Nel topo questo succede se i macrofagi infiltrano il tessuto adiposo e degradano la noradrenalina (segnale lipolitico). Invece nell'uomo sembrano essere gli adipociti stessi a degradare la noradrenalina, proveniente dal sistema nervoso simpatico; aumenta anche il suo trasporto all'interno della cellula (trasportatore OCT3), dove viene catabolizzata, e queste vie aumentano andando avanti con gli anni. In pratica più grasso si ha più si tende ad averne e più diventa difficile perderlo. Il ricercatore Ryden ha detto "Quello che abbiamo trovato è che la lipolisi nel tessuto adiposo diminuisce nel tempo. Questi cambiamenti sembrano anche essere indipendenti dalla menopausa o dalla gravidanza. Sono semplicemente il risultato dell'invecchiamento." L'accumulo del grasso è il risultato del bilancio tra quello che entra negli adipociti e quello che esce, e "Un tasso inferiore di lipolisi può contribuire all'aumento di peso e all'accumulo di grasso in altri tessuti".

Aggiornamento 29/6/2020

Uno dei fattori che infiamma e rende disfunzionale il tessuto adiposo è l'omocisteina. Qualche medico ve l'ha mai fatta misurare? L'attivazione dell'inflammasoma è data anche da altri fattori (disbiosi e permeabilità intestinale, metaboliti dei farmaci e sostanze tossiche, situazioni di pericolo) che vengono viste dal nostro organismo come "emergenze" e portano ad insulinoresistenza, alterata lipolisi e produzione del tessuto adiposo bruno, con minore ossidazione dei grassi.
Aggiornamento 30/6/2020
Tim Spector sul conflitto d'interessi, la correttezza degli studi scientifici sulla nutrizione e soprattutto sulla prevalenza della qualità del cibo sulla sua quantità (non tutte le calorie sono uguali)

Aggiornamento 4/7/2020

Il fruttosio quando arriva al fegato stimola la lipogenesi, ossia la produzione di grassi a partire da altre molecole (solitamente metaboliti dei carboidrati). Questo non succede se le quantità di fruttosio sono piccole, perché l'intestino lo catabolizza e gli impedisce di arrivare al fegato. Se invece le quantità sono alte (dolci, zucchero, bibite zuccherate) si supera la capacità di "scudo" dell'intestino. E così le calorie vengono più facilmente immagazzinate Nell'uomo sano questa via metabolica è poco attiva, ma in una persona con steatosi il grasso endogeno epatico può essere fino al 38%. Anche l'infiammazione intestinale (colite) può ridurre la funzione di scudo. Non a caso MICI, diabete e steatosi vanno spesso a mano presa, e per queste persone evitare il fruttosio industriale è d'obbligo. Nonostante contenga fruttosio, la frutta sembra essere salutare, probabilmente perché il suo contenuto di fibre rallenta l'assorbimento del fruttosio. Una teoria simile è stata formulata dal prof Dioguardi per l'aminoacido glutammina.

Aggiornamento 5/7/2020

"L'aumento di peso e l'espansione della massa del tessuto adiposo non sono determinati esclusivamente dalla quantità di calorie ingerite. Diversi macronutrienti sono in grado di influenzare l'efficienza dell'alimentazione e influenzare la funzione degli adipociti attraverso la regolazione dell'insulina e la segnalazione tramite cAMP (AMP ciclico, un segnale intracellulare derivato dall'ATP). Una dieta ricca di proteine ​​porterà ad un rapporto glucagone/insulina più elevato, che si traduce in un aumento del segnale cAMP, mentre una dieta arricchita di carboidrati, in particolare carboidrati ad alto indice glicemico, porterà ad un rapporto insulina/glucagone più elevato, aumentando la segnalazione insulinica. e mettendo l'organismo in uno stato prolipogenico che promuove l'adiposità. Pertanto, la composizione della dieta può anche determinare il potenziale adipogenico dei grassi nella dieta alterando la segnalazione di insulina e cAMP in base alla quale gli effetti antilipolitici e lipogenici dell'insulina accentuano gli effetti di adiposità promossi dai grassi alimentari". In particolare a funzionare in maniera da favorire l'accumulo con l'insulina alta ci sono diverse funzioni fisiologiche, come la differenziazione degli adipociti (curiosamente stimolata anche dal cAMP), l'ingresso del glucosio nelle cellule (step fondamentale per sintetizzare e accumulare trigliceridi), inibizione della lipolisi, aumento della sintesi di proteine dei geni lipogenici (SREBP). Queste funzioni sono dunque sotto il controllo (tra le altre cose) del rapporto tra insulina e glucagone.

Aggiornamento 9/7/2020

Le calorie da zucchero si depositano più facilmente nel grasso ectopico, quello che circonda gli organi e aumenta infiammazione e i rischi per la salute. "L'assunzione a lungo termine di zuccheri aggiunti e bevande zuccherate è associata a un maggiore volume di tessuto adiposo pericardico, tessuto adiposo viscerale e tessuto adiposo sottocutaneo. Poiché questi depositi di grasso ectopico sono associati a un maggior rischio di incidenza di malattia, questi risultati supportano la limitazione dell'assunzione di zuccheri aggiunti e bevande zuccherate. I nostri risultati supportano i continui sforzi globali di salute pubblica per ridurre l'assunzione di zuccheri aggiunti (AS), come le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e le linee guida dietetiche del 2015 per gli americani per limitare AS e l'inclusione degli AS nel nuovo panel sui Valori Nutrizionali, insieme all'obbligatorietà delle informazioni sui nutrienti".
Aggiornamento 24/7/2020
Non rispettare i ritmi circadiani ha un effetto deleterio sulla muscolatura, e specularmente favorisce la deposizione di grasso. Questo per lo stato infiammatorio e di alterazione ormonale che si crea. In particolare
🚩Aumento dell'assorbimento di batteri indotto da permeabilità intestinale
🚩Amplificazione della risposta infiammatoria alle componenti batteriche
🚩 L'infiammazione cronica provoca disfunzione mitocondriale
🚩 Compromissione delle funzioni di riparazione/crescita del muscolo
"Il muscolo agisce come un organo endocrino oltre a consentire il movimento e la costruzione di una buona postura, secernendo dozzine di molecole di segnalazione chiamate miochine. Queste molecole regolano quasi tutti i sistemi del corpo (seconda immagine), molti dei quali rallentano con l'età. Ciò include la promozione della produzione sana di cortisolo, che aiuta a frenare l'infiammazione. Pertanto, la fragilità legata all'età non è solo un segno di scarsa mobilità, è un segno di interruzione circadiana a livello di sistema".

Aggiornamento 28/7/2020

È probabile che esista un fattore ormonale, ancora da individuare, che permette alle persone di non ingrassare, ossia rendere per loro più difficile l'aumento di peso perché riescono a ossidare il surplus calorico anziché accumularlo. L'osservazione che alcune persone (o anche negli animali) resistano all'aumento di peso nonostante siano inserite in un ambiente obesogeno rende molto alta tale probabilità

Aggiornamento 1/8/2020

Il ritmo circadiano dell'alimentazione influenza la funzione epatica, in particolare quando sintetizzare i grassi. Ecco perché ci possono essere orari peggiori per mangiare

Aggiornamento 4/8/2020

Le prove cliniche e meccanicistiche per i benefici dei PUFA ω-3 nel ridurre il rischio cardiovascolare, in particolare in soggetti con ipertrigliceridemia, sono forti e già incorporati nelle recenti linee guida cliniche. Tuttavia, i benefici della supplementazione di PUFA ω-3 nella prevenzione o nel trattamento del diabete di tipo 2 non sono comprovati. Sebbene l'evidenza suggerisca che i PUFA ω-3 non sono efficaci nell'indurre la perdita di peso negli individui con obesità, sono modestamente efficaci nel mantenimento della perdita di peso. Contrariamente agli studi sull'uomo, i PUFA ω-3 migliorano costantemente la resistenza all'insulina e l'adiposità indotta dalla dieta HF nei modelli animali, almeno in parte tramite la modulazione del grasso bianco (WAT). Questi meccanismi comprendono l'alleviamento dell'infiammazione e la promozione di un fenotipo adipocitario sano. Ma gli studi sull'uomo, che hanno dimostrato che i PUFA ω-3 possono ridurre l'infiammazione di WAT, non sono riusciti dare significativi miglioramenti metabolici negli individui con obesità. Tuttavia, l'evidenza mostra che una riduzione del rapporto PUFA ω-6:ω-3, specialmente durante il periodo perinatale, può prevenire un'eccessiva adiposità in età avanzata. Questi risultati sono anche supportati da dati in vitro sullo sviluppo di adipociti umani. È interessante notare che i PUFA ω-3 hanno dimostrato di essere di beneficio nel mantenimento della perdita di peso in alcuni studi clinici. Inoltre, i PUFA ω-3 aumentano la secrezione di leptina e aumentano il dispendio energetico nei meccanismi UCP1 dipendenti e UCP1 indipendenti nei modelli animali (induzione di termogenesi). Poiché questi acidi grassi hanno anche la capacità di indurre la trasformazione del WAT in adipociti beige (termogenici), offrono il potenziale per identificare meccanismi che possono aiutare nel mantenimento della perdita di peso che dovrebbero essere ulteriormente esplorati. L'integrazione dietetica con PUFA ω-3 ha mostrato risultati promettenti in studi su animali per invertire la disbiosi intestinale e merita ulteriori ricerche con studi clinici.

Aggiornamento 8/8/2020
"La massa magra viene generalmente mantenuta quando il digiuno intermittente (IF), anche se seguito per motivi religiosi, è combinato con l'allenamento coi pesi (resistenza). Tuttavia, se IF inibisce o meno l'aumento di massa magra non è chiaro e può dipendere dall'adeguato apporto di proteine ​​e dal bilancio energetico. La combinazione di IF e allenamento di resistenza può anche portare a una riduzione del grasso corporeo, non solo durante i periodi di deficit energetico, ma anche quelli di surplus di energia".

Aggiornamento 18/8/2020

Quanto è importante per i bambini dormire e mangiare agli orari giusti? I bambini obesi hanno alterazione del ritmo del cortisolo (basso al mattino e alto la sera), disturbando l'attenzione a scuola e il sonno la notte, insieme alla deposizione del grasso. "Sincronizzare l'esercizio fisico e gli interventi nutrizionali con l'orologio circadiano potrebbe massimizzare i benefici di promozione della salute degli interventi per prevenire e curare le malattie metaboliche. Pertanto, approcci "cronoterapeutici" mirati al mantenimento dei ritmi normali attraverso uno stile di vita sano possono essere efficaci nel contrastare l'obesità e altre malattie metaboliche nei bambini e negli adolescenti".

Aggiornamento 20/8/2020

Stanno arrivando le nuove linee guida americane 2020 sull'alimentazione, e come spesso accade probabilmente verranno utilizzate come base per quelle europee. Tra le novità previste, si ridurranno le quantità di alcol e zuccheri previste (per gli uomini max un drink al giorno come le donne, gli zuccheri aggiunti passeranno dal 10 al 6% delle calorie totali). Si parla esplicitamente di calorie vuote legate al rischio di malattia (stranamente qualche chimico parlava di nessuna evidenza scientifica per questo termine: cambiare mestiere no?), sottolineando che si tratta di zuccheri con effetto diverso da quelli naturalmente presenti nei cibi (le calorie non sono tutte uguali). Si darà inoltre più importanza all'alimentazione in gravidanza, allattamento e crescita, includendo la colina tra i nutrienti essenziali per lo sviluppo cerebrale, la cui fonte principale è spesso l'uovo.

Aggiornamento 23/8/2020

La dieta a basso indice glicemico è efficace nelle donne con ovaio policistico, riducendo testosterone, resistenza insulinica, colesterolo, trigliceridi, circonferenza addominale. Sono necessari ulteriori studi per provare il suo effetto sull'infertilità e il rischio cardiovascolare

Aggiornamento 26/8/2020

Ancora oggi si sentono "esperti" che dicono che la distribuzione calorica durante la giornata non conta, ma solo la quantità totale. Prendiamo questo esempio: donne normopeso con ovaio policistico (PCOS), divise in 2 gruppi. Un gruppo mette la maggior parte delle calorie a colazione (BF), l'altro a cena. Il primo ha una riduzione di glicemia e insulina del 7 e del 54% rispettivamente. Il testosterone si dimezza e la SHBG aumenta del 105%. Queste variazioni, tutte positive, non si sono osservate nell'altro gruppo. "Inoltre, le donne nel gruppo BF avevano un aumento del tasso di ovulazione. Nelle donne magre con PCOS, un elevato apporto calorico a colazione con un ridotto apporto a cena si traduce in migliori indici di sensibilità all'insulina e ridotta attività del citocromo P450c17α, che migliora l'iperandrogenismo e migliora il tasso di ovulazione".

Aggiornamento 27/8/2020

I carboidrati sono nemici del giro vita? Almeno dopo una certa età parrebbe di sì. La dieta chetogenica lowcarb (LCD), senza tener conto delle calorie, ha determinato in un gruppo di persone (età 60-75 anni) un dimagrimento con salvaguardia della massa magra, rispetto a una dieta classica (LFD), con particolare perdita del grasso viscerale (-22,8% vs -1%) e quindi probabile miglioramento dello stato metabolico, come evidenziato dall'aumento di HDL e diminuzione di HOMA-IR, insulina a digiuno e trigliceridi (TG) rispetto alla LFD. Le persone hanno volontariamente ridotto le calorie, senza che fossero date indicazioni, ma il gruppo LCD ha perso molto più peso, mangiando anche 3 uova al giorno, "tuttavia, è anche possibile che una ridotta assunzione di carboidrati abbia influenzato la secrezione e la clearance dell'insulina, consentendo in definitiva una maggiore deplezione dei depositi di tessuto adiposo viscerale, meno insulino-sensibili, che richiedono maggiore insulina per il mantenimento". Inoltre si è avuto un miglioramento del profilo lipidico perché "Anche durante l'alimentazione isocalorica, le diete ricche di carboidrati stimolano la lipogenesi de novo (DNL) con aumenti proporzionali dei TG plasmatici. Il processo di DNL epatica genera acidi grassi da altri substrati per la sintesi/secrezione di lipoproteine e contribuisce indirettamente alla produzione di TG. Il malonil-CoA è un substrato generato durante il DNL che inibisce la carnitina palmitoil transferasi, l'enzima limitante la velocità nel trasporto degli acidi grassi a catena lunga nei mitocondri per l'ossidazione". Con la riduzione dei carboidrati i lipidi entrano più facilmente nel mitocondrio per essere ossidati.

Aggiornamento 2/9/2020

L'iperinsulinemia può essere sia una causa che una conseguenza dell'obesità e della resistenza all'insulina. L'iperinsulinemia può derivare da una maggiore secrezione di insulina e/o da una ridotta clearance (rimozione da parte del fegato) dell'insulina. Il microbiota intestinale è un fattore autonomo che altera la clearance dell'insulina, e un gruppo di batteri predice il 90% dell'alterata clearance. "Membri selezionati del microbiota intestinale o dei loro componenti e metaboliti possono essere un obiettivo per mitigare i difetti nella clearance dell'insulina, che possono essere rilevanti per il carico cumulativo di insulina e la progressione dell'obesità e del diabete di tipo 2".

Aggiornamento 14/9/2020

A parità di calorie, una dieta lowcarb e alta in proteine (e grassi) riduce le escursioni glicemiche del 40% in diabetici che assumono metformina.

Aggiornamento 23/9/2020

Senza variare calorie e percentuali di macronutrienti, in persone obese, in una dieta in cui si aumentano le bibite gassate come fonte di carboidrati vi è una spesa energetica inferiore di 136 kcal al giorno. Questo indica un effetto negativo di rallentamento del metabolismo, che si tradurrebbe in un aumento di peso di 7 kg all'anno

Aggiornamento 9/10/2020

Mangiare a ritmi sregolati, prevalentemente nella seconda parte della giornata e non in maniera allineata coi ritmi circadiani facilita l'aumento di peso. Come?
🎯 Cambiamenti negli ormoni dell'appetito che aumentano l'assunzione di cibo
🎯 Utilizzo alterato di carboidrati e grassi
🎯Ridotto consumo calorico indotto dalla dieta nei pasti serali rispetto ai pasti mattutini
🎯 Ridotta sensibilità all'insulina
🎯 Scelte di cibo scadenti
In disaccordo con la teoria secondo cui tutte le calorie sarebbero uguali, "i risultati indicano che l'ora dei pasti e la distribuzione dell'apporto calorico durante la giornata possono essere considerazioni importanti per la gestione del peso, insieme a caratteristiche dietetiche tradizionali come l'assunzione di energia e la composizione della dieta".

Aggiornamento 15/10/2020

Alterare i ritmi circadiani modifica gli acidi biliari, con effetti su digestione, metabolismo energetico e stato metabolico (diabete)

Aggiornamento 17/10/2020

L'antica nozione, sempre ritenuta solamente aneddotica, secondo cui gli zuccheri attivassero comportamenti violenti, impulsivi, aggressivi, ridotta concentrazione ecc, in particolare nei bambini con ADHD, ha oggi basi più solide. Come spesso accade, è coinvolto il sistema energetico dei mitocondri. "Presentiamo le prove che il fruttosio, abbassando l'energia nelle cellule, innesca una risposta (di ricerca) di foraggiamento simile a quella che si verifica durante la fame", ha detto l'autore principale Richard Johnson, MD, professore presso la University of Colorado School of Medicine nel CU Anschutz Medical Campus. Per motivi evolutivi di sopravvivenza infatti, essere a corto di cibo ci spinge a essere più aggressivi. In natura le uniche fonti di fruttosio sono frutta e miele, ma le quantità necessarie per innescare i comportamenti sono raggiunte solo con i prodotti contenenti HFCS industriale o zucchero aggiunto. Il fruttosio in questo modo altera la capacità mitocondriale di produrre energia, favorendo la produzione endogena di grasso (lipogenesi), riducendo l'ossidazione dei grassi e lasciando le cellule a corto di energia e incoraggiando così un comportamento aggressivo, esplorativo e impulsivo che aiutava i nostri antenati a sopravvivere alla carenza di cibo. Anche l'acido urico derivato dal fruttosio sembra implicato nei comportamenti maniacali, depressivi e impulsivi. Alcune forme di recettore della dopamina possono rendere le persone più predisposte per questi problemi, insieme alla resistenza leptinica.

Aggiornamento 2/11/2020

Al posto che tenere conto del bilancio calorico, è possibile tenere conto di quello della massa, che può spiegare perché il modello del bilancio energetico non sempre funziona, soprattutto sul lungo termine. Il secondo considera anche le variazioni dovute a ormoni, acqua ecc.

Aggiornamento 8/11/2020

L'iperinsulinemia può avere un ruolo causale nell'aumento di peso e i farmaci che riducono la secrezione di insulina (diazoxide e octreotide) favoriscono la perdita di peso, in media di 3kg circa. Solitamente a livello nutrizionale l'iperinsulinemia si gestisce con una dieta lowcarb, ma in alcune persone l'insulina sale più con altri macronutrienti.

Aggiornamento 13/11/2020

Un post che spiega le motivazioni termodinamiche, ormonali e psicologiche che rendono difficile la perdita di peso

Aggiornamento 14/11/2020

Nutrizione nello sportivo. Può la disponibilità di carboidrati influenzare performance e utilizzo dei grassi?
Nei soggetti allenati, la disponibilità di carboidrati (CHO), grassi e proteine ​​endogeni ed esogeni prima e durante l'esercizio può influenzare le risposte acute e a lungo termine all'esercizio aerobico. Acutamente, l'ingestione di CHO inibisce la combustione dei grassi, tuttavia mancano prove che dimostrino una maggiore capacità di bruciare i grassi dopo un allenamento a lungo termine a digiuno. Risultati contrastanti relativi all'influenza dell'ingestione di CHO sulla segnalazione mitocondriale possono essere correlati alla quantità di carboidrati consumati e all'intensità dell'esercizio. Il consumo di quantità> 120 g di CHO prima dell'esercizio submassimale ha attenuato la produzione mitocondriale di proteine (e quindi l'ossidazione dei grassi), mentre questo non succede se i CHO sono inferiori ai 70 g, tuttavia la disponibilità di CHO sembra avere effetti minimi dopo l'esercizio di tipo HIIT. Le prestazioni sono migliorate dopo l'ingestione di CHO pre-esercizio per esercizi di durata lunga ma non per quelli brevi, mentre i cambiamenti delle prestazioni indotti dall'allenamento a seguito di varie strategie nutrizionali pre-esercizio variano in base al tipo di protocollo nutrizionale utilizzato.

Aggiornamento 21/11/2020


La perdita di muscolo durante il dimagrimento può influenzare il recupero del peso. Accanto al ben conosciuto segnale leptinico, rilasciato dal tessuto adiposo, ne esistono altri molto meno noti e compresi, che coinvolgono segnali dai muscoli (miochine) come la miostatina, che blocca IGF1 e agisce indirettamente sull'ipotalamo, centro della fame. Questi segnali riducono il muscolo (e quindi la spesa energetica sia basale che da attività) e aumentano la fame, per favorire il recupero del peso. Avere fame durante una dieta può quindi non essere un buon segno, perché il corpo reagisce alla carenza di nutrienti riducendo il metabolismo.
"Esistono diversi studi controllati e randomizzati che mostrano che una maggiore assunzione di proteine e un allenamento di resistenza progressivo (con pesi) possono favorire la ritenzione del muscolo scheletrico durante la perdita di peso. Tuttavia, quando l'entità della perdita di peso è maggiore del 15% del peso corporeo, come nei superresponder all'intervento sullo stile di vita o come comunemente osservato nei pazienti che rispondono alla farmacoterapia e alla chirurgia bariatrica, diventa molto difficile mantenere completamente la massa muscolare".
Aumentare le proteine è un metodo che aiuta a salvaguardare la muscolatura. Questo accade per l'aumento della sazietà dovuto all'elevazione dei livelli elevati di ormoni anoressigenici (della sazietà), e riduzione di quelli oressigeni (della fame), aumento della termogenesi indotta dalla dieta DIT), dei livelli plasmatici di aminoacidi, della gluconeogenesi epatica e della chetogenesi. "È noto che le proteine ​​aumentano il dispendio energetico determinando una DIT notevolmente più elevata rispetto ai carboidrati e ai grassi e l'aumento dell'assunzione di proteine ​​preserva la spesa energetica basale prevenendo la diminuzione della massa magra"

Aggiornamento 22/11/2020

Qualcuno vi ha mai detto che, a seconda dei metodi di cottura e del cibo, si formano più o meno AGEs, sostanze glicate che infiammano il corpo e influenzano negativamente il metabolismo, sia energetico che immunitario? No, vi dicono solo "è la dose che fa il veleno" e "non esistono cibi buoni e cibi cattivi", fermi al 19° secolo della nutrizione.
"Sulla base dell'attuale conoscenza, le linee guida generali per ridurre il consumo di AGEs possono includere: (1) scegliere cibi a basso contenuto di AGEs, ad esempio cereali integrali, latte e carne meno lavorati, verdura e frutta; (2) evitare o ridurre prodotti alimentari industriali, ad esempio carni e cereali processati, formaggi, snack e bevande zuccherate; (3) applicare procedure di cottura con acqua, ovvero bollitura, cottura a vapore e stufatura, invece di metodi di riscaldamento a secco ad alta temperatura, ovvero frittura, cottura al forno, arrosto e grigliatura; (4) adottare abitudini di vita sane, compreso limitare il fumo e l'assunzione di alcol e praticare attività fisica.
Anche marinatura e uso di spezie possono ridurre la formazione di AGEs.

Aggiornamento 24/11/2020

L'uso di zuccheri aggiunti è associato con il rischio tumorale, soprattutto di tumore a seno (+ 47%) nelle donne in premenopausa (+95%). Questo avviene indipendentemente dal sovrappeso.
"Più specificamente, zuccheri aggiunti, saccarosio e zuccheri da bevande zuccherate, latticini e dessert a base di latte erano associati ad un aumento del rischio di cancro al seno". "Anche in assenza di aumento di peso, altri meccanismi come lo stress ossidativo, l'infiammazione e la resistenza all'insulina possono essere favoriti dall'assunzione di zucchero. Assunzioni elevate di zucchero aumentano le risposte glicemiche postprandiali, che stimolano la produzione di molecole pro-ossidanti (ad esempio, perossinitrito) e inducono danni al DNA, aumentando il rischio di cancro. Un'assunzione eccessiva di zucchero può anche generare prodotti finali di glicazione avanzata endogena (AGEs), che sono metaboliti altamente reattivi con conseguente secrezione di citochine e aumento dei marker di produzione di stress ossidativo. Alte assunzioni di zuccheri raffinati comportano anche una maggiore concentrazione di marcatori infiammatori (proteina C-reattiva e IL-6). A sua volta, l'infiammazione aumenta le concentrazioni di IGF1-BP e altera l'espressione genica, inducendo la proliferazione e la differenziazione cellulare e favorendo la cancerogenesi. [...]
I dati suggeriscono che gli zuccheri possono rappresentare un fattore di rischio modificabile per la prevenzione del cancro. A livello globale, l'implementazione della tassa sulle bevande zuccherate e sugli alimenti, nonché altre politiche relative allo zucchero (ad esempio, la regolamentazione della pubblicità e del marketing alimentare, la fissazione di standard di riferimento che limitano il contenuto di zucchero in base alle categorie di prodotti), è attualmente dibattuta. In un contesto in cui il consumo di zucchero è in aumento nei paesi occidentali e si aggiunge ai suoi effetti dannosi cardiometabolici ben consolidati, questi risultati contribuiscono a costruire la base di prove che suggeriscono che le politiche di salute pubblica che affrontano l'assunzione di zucchero dovrebbero anche considerare il loro ruolo nell'eziologia del cancro"

Aggiornamento 25/11/2020

Le diete a basso contenuto di carboidrati (LCD) inducono alterazioni nel quadro ormonale, con ripercussioni sulla composizione corporea. Alcune possono essere favorevoli, altre no. Si abbassa l'insulina, e la richiesta di glucosio e la proteolisi del muscolo scheletrico sono ridotte, dopo che la mobilizzazione degli acidi grassi dagli adipociti (cioè la lipolisi) e l'elevata produzione di corpi chetonici aumentano il loro contributo al fabbisogno energetico del corpo favorendo il mantenimento della massa magra e inducendo la perdita di massa grassa. Per contro, si può ridurre la formazione di ormone tiroideo attivo (T3), che è glucosio e insulino-dipendente. Tuttavia, "nonostante alcune alterazioni degli ormoni tiroidei durante le LCD, queste potrebbero non corrispondere a cambiamenti clinicamente significativi. Gli effetti indotti da LCD sugli ormoni tiroidei sono distinti da quelli osservati durante diete ipocaloriche spinte o digiuno. A differenza delle diete ipocaloriche gravi che causano una massiccia perdita di peso, un adeguata LCD (cioè con sufficiente assunzione di micronutrienti e senza estrema restrizione calorica) potrebbe non disregolare gli ormoni tiroidei".
Le diete LCD possono funzionare anche senza restrizione calorica, favorendo un miglior quadro lipidico.
In sintesi le diete LCD possono favorire un miglior quadro metabolico e il dimagrimento con migliore composizione corporea, ma se accompagnate da inadeguate quantità di alimenti vegetali e un eccesso di alimenti animali possono aumentare la mortalità.
Avocado, cacao, frutta oleosa, sardine e formaggi sono gli alimenti utilizzati per raggiungere i fabbisogni di potassio, magnesio e calcio.

Aggiornamento 3/12/2020

È vero che nelle donne in menopausa il metabolismo rallenta o è solo una scusa? Sfortunatamente è vero, e la predisposizione è fortemente ereditaria. La quantità di recettori α per gli estrogeni (proteina ESR1) e gli estrogeni stessi si riducono, e questi regolano la termogenesi e la funzione mitocondriale, non solo nella donna ma anche nell'uomo.
"L'espressione del tessuto adiposo ESR1 tra più di 700 donne e quasi 800 uomini è stata inversamente associata alla massa grassa addominale e positivamente correlata alla sensibilità all'insulina. Pertanto, le persone con livelli più bassi di espressione di ESR1 tendevano ad avere depositi di grasso e resistenza all'insulina più elevati, caratteristiche cliniche della disfunzione metabolica". I topi senza recettori non si adattano al freddo ossidando più carboidrati e grassi (tipico delle donne in menopausa che hanno sempre freddo).
Questa non è una scusa per ingrassare, ma un motivo per essere più rigorosi con dieta e attività fisica :P
Infatti "ESR1 è altamente ereditabile, inversamente associato alla massa grassa e modulata nell'espressione da fattori ambientali tra cui consumo calorico, esercizio fisico e temperatura". In pratica meno si segue uno stile di vita corretto più rallenterà il metabolismo. "Per quanto riguarda la suscettibilità alle malattie croniche, l'azione ridotta dell'ERα altera la funzione mitocondriale, promuove una maggiore adiposità e interrompe l'omeostasi metabolica nei topi e nell'uomo".

Aggiornamento 4/12/2020

Le calorie sono uguali per tutti? L'insulina regola la sintesi di lipidi nel fegato, ma nell'uomo è una via poco attiva.
Nel modello animale il topo sovrappeso e con steatosi epatica un ormone che contrasta l'insulina (FGF15/19) funziona male, e l'insulina aumenta la lipogenesi. Ancora una volta non possiamo considerare la persona sovrappeso solo uno con qualche kg in più. Se non ti dai una regolata, più sei grasso e più lo sarai

Aggiornamento 6/12/2020

Che effetto hanno le diete lowcarb sulla spesa energetica? Sempre sottolineando che non siamo tutti uguali, nelle prime 2 settimane e mezzo vi è una riduzione della spesa energetica, dopodiché un aumento di 50kcal al giorno ogni 10% di calorie totali in meno da carboidrati.
"Questa scoperta supporta una previsione del modello carboidrati-insulina e suggerisce un meccanismo per cui la riduzione dei carboidrati nella dieta potrebbe aiutare nella prevenzione e nel trattamento dell'obesità. Secondo questo modello, l'elevato rapporto insulina-glucagone con una dieta ad alto carico glicemico sposta la ripartizione dei combustibili metabolici dall'ossidazione nel tessuto magro alla conservazione nel tessuto adiposo. Se gli effetti osservati qui persistono a lungo termine, ridurre della metà l'assunzione di carboidrati alimentari dal 60% dell'apporto energetico (un livello tipico per le diete a basso contenuto di grassi) aumenterebbe il dispendio energetico di ∼150 kcal / giorno, controbilanciando (se non per altri fattori) gran parte dell'aumento dell'apporto energetico ritenuto da alcuni essere alla base dell'epidemia di obesità"

Aggiornamento 8/12/2020

Lo stress ossidativo e i ROS possono favorire la dipendenza da cibo, e in questo modo l’introduzione di cibi privi del loro contenuto antiossidante può facilitare le alterazioni ormonali (riduzione della leptina, aumento della grelina, e alterazione dei loro segnali) che predispongono per l’aumento di peso o facilitano il loro recupero in seguito a dieta ipocalorica. Anche per questo per mantenere una perdita di peso le calorie non sono tutte uguali, e avere un'alimentazione con prevalenza di cibi non processati aumenta la probabilità di successo

Aggiornamento 15/12/2020

Le microplastiche (MP) creano problemi a causa dei loro effetti: stress ossidativo, citotossicità, alterazione del metabolismo e dell'immunità, che si manifestano con problemi neurologici, riproduttivi e cancerogeni. Le principali vie di esposizione sono alimentare (pesce inquinato, bottiglie d'acqua), rifiuti e cosmetici.
"I ricercatori hanno affermato che l'esposizione alle MP attraverso l'ingestione potrebbe portare a una risposta infiammatoria, ridurre la secrezione di muco intestinale, danneggiare la funzione di barriera intestinale che porta ad aumentare la permeabilità della mucosa intestinale, innescare uno squilibrio del microbiota intestinale e alterare il metabolismo, come aumentare la lipogenesi e la sintesi dei trigliceridi"

Aggiornamento 20/12/2020

È normale che una persona non risponda a esercizio fisico e dieta e non dimagrisca? Una decina di anni fa si scriveva che alcune "variabili non hanno un supporto empirico diretto nell'impedire la perdita di peso. Tuttavia, sembra che ci siano prove sufficienti per suggerire che i loro effetti dovrebbero essere esaminati nella ricerca sulla perdita di peso durante l'esercizio. Sia i ricercatori che i professionisti della perdita di peso dovrebbero essere consapevoli che ci sono fattori individuali che probabilmente rendono impossibile per alcuni gruppi di individui perdere peso anche se eseguono correttamente il programma di esercizi". La composizione corporea è qualcosa di più complesso e non solamente il risultato di un bilancio calorico (calorie che entrano e calorie che escono). Ed ecco che entrano in gioco altri fattori, che molti non conoscono o tralasciano, dando la colpa al paziente (che, per carità, a volte può essere colpevole). Però in certi casi è necessario chiedersi perché, e la risposta non è semplice.
Tra le ragioni comportamentali, gli alimenti ad alto indice glicemico (snack, bibite zuccherate ecc) o alcuni proteici possono inibire l'ossidazione dei grassi se consumati prima, durante e dopo l'attività fisica, aumentando l'insulina e il coefficiente respiratorio. Un altro fattore è il weight cycling (mettersi a dieta e reingrassare più volte). "Quando i soggetti hanno ripreso peso, alla ripresa della loro dieta normale, la massa muscolare magra persa è stata sostituita con grasso. Pertanto [...] tendono ad aumentare la massa grassa e diminuire la massa muscolare" (rallentando il metabolismo).

Un altro fattore è il sonno disturbato, che aumenta il cortisolo (come lo stress). Questo si riflette in maggiore fame e attivazione di LPL, con maggiore deposizione di grasso. Il cortisolo porta anche a resistenza insulinica e leptinica, 2 fattori chiave nell'aumento di peso, e può ridurre testosterone e GH, che migliorano la composizione corporea. Anche l'infiammazione può aumentare il cortisolo.
Altri fattori importanti sono ovviamente quelli genetici (ed epigenetici), con un tasso di lipolisi inferiore dovuto a minore attivazione del sistema simpatico, anche in risposta all'esercizio (risulta più difficile per il grasso "uscire" dagli adipociti).
Tra quelli fisiologici, "è probabile che livelli di insulina cronicamente elevati (o insulinoresistenza) abbiano un impatto negativo sull'ossidazione dei grassi e quindi compromettere la perdita di peso indotta dall'esercizio". I mitocondri in queste condizioni hanno scarsa capacità di produrre ATP e ossidare i grassi (e ovviamente ridotto consumo energetico). Anche le UCP (proteine disaccoppianti che producono calore "sprecando" energia) hanno ridotta attivazione.
Anche scarsi livelli di ormoni tiroidei (T3) sono associati a difficoltà nel dimagrire, influenzando le catecolamine e quindi la lipolisi, anche in seguito a esposizione a PCB, diossine e pesticidi.

Aggiornamento 22/12/2020

Secondo alcuni ricercatori si dovrebbe tenere conto della massa del cibo e dell'effetto che provoca sul peso e la composizione corporea più che sul bilancio energetico. L'argomento è troppo complesso per accettarlo o respingerlo

Aggiornamento 12/1/2021

Secondo una revisione degli studi la restrizione alimentare, intesa come alimentazione in un periodo ristretto, tenendo conto della cronobiologia, può dare vantaggi a livello metabolico e in alcuni casi ha dimostrato di indurre dimagrimento anche senza restrizione calorica, inducendo un bilancio energetico negativo promuovendo il consumo energetico.
Da quando è uscito lo studio che sosteneva che solo il taglio calorico fa dimagrire non escono altro che studi che lo smentiscono.

Aggiornamento 18/1/2021

La vitamina D risulta spesso bassa nelle persone sovrappeso, ma si tratta di una causa o di un effetto?
Secondo una revisione degli studi, la carenza di vitamina D è associata al rischio di obesità, e gli anziani con livelli corretti tendono meno a ingrassare.
I meccanismi suggeriti sono: disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa (produzione di calore), controllo dell'adipogenesi e della morte degli adipociti, del metabolismo lipidico

Aggiornamento 20/1/2021

Lo sport del "salto della colazione" rimane associato a sovrappeso e obesità. Questo forse perché chi non fa colazione tende a mangiare di più e peggio durante la giornata, a causa delle variazioni ormonali, in particolare legate alla sazietà. E in alcuni casi anche con un'inferiore assunzione di calorie totale nella giornata.

Aggiornamento 24/1/2021

Un nuovo lavoro del prof KD Hall smentisce sia il modello insulina-carboidrati, tanto caro al prof Ludwig, che il semplice calcolo calorico.
Con le persone divise in 2 gruppi, lowfat e lowcarb, i primi mangiano meno (fino a 700kcal al giorno) e dimagriscono, relativamente preservando la massa magra e nonostante livelli di glicemia e insulina più alti, mentre i secondi non sono ingrassati nonostante la dieta ricca in grassi, però hanno perso lievemente massa magra e non hanno avuto particolari cambiamenti nel consumo totale calorico. “I nostri risultati suggeriscono che la regolazione dell'assunzione di energia è più complessa di quanto propongono questi e altri semplici modelli”. In realtà però sono stati usati solo carboidrati da fonti non raffinate, per cui il lavoro con fonti di zucchero e cibo spazzatura sarebbe stato ben diverso!


Aggiornamento 25/1/2021

Alcuni grassi vengono ossidati più facilmente, generalmente i grassi insaturi rispetto ai saturi a lunga catena. In particolare, il tasso di ossidazione degli acidi grassi appare il seguente: laurato (12: 0)> linolenato (18: 3n ‐ 3)> linoleato (18: 2n ‐ 6)> oleato (cis 18: 1)> palmitato (16: 0) > stearato (18: 0).
La produzione endogena dei derivati di acido linoleico e linolenico
(arachidonico e EPA + DHA) appare scarsa anche perché vengono prontamente ossidati dai mitocondri.
I grassi possono così influire sulla composizione corporea a lungo termine. I grassi trans e saturi appaiono favorire l'aumento di circonferenza addominale, mentre monoinsaturi vegetali (olio d'oliva) e polinsaturi no. Inoltre i grassi possono modulare la composizione corporea attraverso la quantità di massa magra.
Infatti i grassi PUFA appaiono stimolare il partizionamento dei nutrienti, favorendo l'aumento di massa magra (in presenza di adeguati nutrienti), e aumentando la spesa energetica tramite stimolazione dell'asse sistema nervoso simpatico-tiroide, con aumento della termogenesi e stimolo dei mitocondri.

Aggiornamento 27/1/2021

Ennesima dimostrazione che i diversi macronutrienti e calorie di origine diversa hanno diverso effetto su ormoni e composizione corporea. I praticanti di body building hanno spesso paura a utilizzare la dieta chetogenica (KD), perché l'assenza dei carboidrati può portare a perdita di muscolatura. Il lavoro dell'equipe del prof Paoli ha messo in evidenza che è possibile salvaguardare la massa magra, cosa che spesso non accade con una semplice dieta ipocalorica. La dieta cheto ha favorito la riduzione del quoziente respiratorio (quindi aumentato l'ossidazione dei grassi), mentre la dieta classica (WD) ha favorito l'aumento del metabolismo a riposo.
Le due diete avevano uguali calorie e proteine, ma i risultati in termini di percentuali di massa grassa (quindi miglioramento della composizione corporea) sono stati a favore della KD (KD: −11.32 ± 7.88% vs. WD: −6.70 ± 10.02%). Entrambi i gruppi hanno aumentato la forza ma solo il gruppo WD ha aumentato il muscolo.
"I risultati mostrano che una dieta KD può rappresentare un approccio dietetico adeguato per gli atleti BB. Nonostante la mancanza di risposta ipertrofica nel gruppo KD, la massa muscolare è stata mantenuta, un fenomeno che spesso non si verifica durante le diete ipocaloriche. Allo stesso modo, sebbene il periodo dell'anno non fosse quello che gli atleti di solito dedicano all'allenamento per la perdita di grasso ("taglio"), la KD si è rivelato una buona strategia per ridurre il grasso corporeo.
La KD ha anche determinato una diminuzione delle citochine infiammatorie e un aumento del BDNF, suggerendo che la KD può essere un valido strumento per affrontare momenti (come quello del “sollevamento pesi”) in cui la gestione dello stress e il mantenimento della motivazione sono difficili da gestire. La KD non è un regime da seguire con leggerezza e indipendenza ma richiede la presenza di un professionista; in queste circostanze rappresenta uno strumento fondamentale nel bagaglio del nutrizionista per far fronte a diverse condizioni ed esigenze, comprese quelle sportive".

Aggiornamento 14/2/2021

Perché lo zucchero è tossico? Lo spiega il prof Robert Lustig MD, medico americano.
A parità di calorie, gli altri nutrienti non provocano i danni dello zucchero, ma il suo effetto tossico su cervello e fegato è paragonabile a quello dell'alcol, anche perché dà dipendenza.
L'ingestione di fruttosio industriale disturba il metabolismo epatico, favorendo la lipogenesi e la formazione di trigliceridi che si accumulano nel fegato o vengono immessi nella circolazione favorendo le malattie cardiovascolari.
Il fruttosio è particolarmente soggetto alla reazione di Maillard, che provoca la liberazione di radicali liberi ossidanti e infiammatori. La sua metabolizzazione comporta la formazione di metilgliossale, composto tossico per il fegato.
Sebbene le industrie alimentari cerchino di discolparsi, addossando alla mancanza di volontà individuale la responsabilità, in maniera simile all'industria del tabacco, è ormai evidente il legame tra consumo di zucchero ed eccesso di peso nella popolazione, nonché diabete, indipendentemente dalle calorie consumate. Questo legame colpisce soprattutto i più poveri, e cercare di puntare sull'educazione e sulla responsabilità personale non ha portato ha risultati, cosa che invece ha fatto la tassa sugli zuccheri aggiunti o togliere gli incentivi alla sua produzione.
Al mondo muoiono 184 mila persone all'anno per le bibite zuccherate. Lo zucchero non è un cibo, ma un additivo, che non è necessario per le reazioni biochimiche del corpo.
"L'argomento a favore dell'intervento sociale nelle malattie non trasmissibili è mancato perché l'industria alimentare ha convinto il pubblico che "una caloria è una caloria", che gli zuccheri sono solo "calorie vuote" e che la "responsabilità personale" è la risposta. Sebbene siano necessari sforzi educativi pubblici per mettere in guardia sui rischi di un consumo cronico eccessivo di zucchero, non possono essere sufficienti, come si è visto per ogni altra sostanza edonica.
In questo articolo, ho fornito prove che: (1) lo zucchero crea dipendenza e tossicità non correlate alle calorie; (2) la riduzione dello zucchero conferisce benefici alla salute e alla società; (3) lo zucchero aggiunto e, per inferenza, il cibo ultraprocessato, soddisfa i criteri per la regolamentazione; (4) la riduzione dello zucchero non è solo possibile, ma necessaria per salvare la salute e l'assistenza sanitaria, e (5) gli interventi della società per ridurre il consumo di alimenti trasformati contenenti zuccheri aggiunti sono realizzabili e necessari. Tali interventi (amministrativi, legislativi, giudiziari) saranno probabilmente geograficamente, politicamente e culturalmente specifici; e alcuni interventi politici non funzioneranno in determinate sedi".

Aggiornamento 18/2/2021

Forse si è scoperto il legame tra antipsicotici e aumento di peso.
Nel pancreas ci sono dei recettori per la dopamina, gli stessi che interagiscono coi farmaci, venendo bloccati e promuovendo il rilascio di insulina e glucagone. La prima favorisce notoriamente la deposizione di grasso, il secondo in teoria favorisce la lipolisi, ma in realtà porta a iperglicemia che stimola ulteriormente l'insulina, ma riduce il suo effetto biologico (insulinoresistenza). Il risultato è la tendenza a ingrassare. Gli ormoni non contano eh!

Aggiornamento 12/3/2021

Secondo una metanalisi, le diete lowcarb nelle prime 2 settimane riducono la spesa energetica, e successivamente si hanno degli adattamenti fisiologici per cui il dispendio energetico aumenta di 50 Kcal ogni 10% di riduzione di calorie da carboidrati.
"Questa scoperta supporta una previsione del modello carboidrati-insulina e suggerisce un meccanismo in base al quale la riduzione dei carboidrati nella dieta potrebbe aiutare nella prevenzione e nel trattamento dell'obesità. Secondo questo modello, l'elevato rapporto insulina-glucagone con una dieta ad alto carico glicemico (prodotto matematico dell'indice glicemico e della quantità di carboidrati) sposta la ripartizione dei combustibili metabolici dall'ossidazione nel tessuto magro alla conservazione nel tessuto adiposo. Se gli effetti osservati qui persistono a lungo termine, ridurre della metà l'assunzione di carboidrati alimentari dal 60% dell'apporto energetico (un livello tipico per le diete a basso contenuto di grassi) aumenterebbe il dispendio energetico di ∼150 kcal / giorno, controbilanciando parte dell'aumento dell'apporto energetico (negli ultimi anni) ritenuto da alcuni essere alla base dell'epidemia di obesità". Si sottolinea come sempre il possibile effetto individuale: "In considerazione della complessità dei meccanismi fisiologici e della variabilità interindividuale nella risposta, potenzialmente correlata a fattori comportamentali o fattori biologici come la secrezione di insulina, saranno necessari studi di alta qualità con disegni diversi per chiarire ulteriormente come i macronutrienti influenzano il metabolismo energetico e l'accumulo di grasso, con attenzione a sottogruppi potenzialmente suscettibili e tradurre i risultati in interventi clinici e messaggi di salute pubblica"

Aggiornamento 15/3/2021

80 grammi al giorno di fruttosio o di saccarosio (zucchero da tavola), ma non di glucosio, aumentano la lipogenesi epatica (produzione di grassi nel fegato), senza eccesso calorico.
"L'aumento dell'attività lipogenica epatica può promuovere perturbazioni metaboliche a lungo termine".

Aggiornamento 17/3/2021

Una posizione ufficiale dell'ESPGHAN valuta le cause dell'obesità infantile.
I comportamenti alimentari dei genitori sono un fattore determinante.
Nei primi 2 anni di vita, l'allattamento è protettivo, mentre il latte in formula è associato con alterata composizione corporea. Un elevato apporto proteico durante lo svezzamento aumenta il rischio obesità. Il latte intero, dopo l'anno di vita, appare ridurre il rischio di sovrappeso rispetto al latte a ridotto contenuto di grassi. Se i genitori intervengono, migliorando l'alimentazione, il rischio scende.
Dai 2 anni, la dieta mediterranea e nordica riducono il rischio di obesità, su quella vegetariana non ci sono conclusioni. Le bibite gassate aumentano il rischio.
Sul comportamento alimentare, saltare la colazione è associato all'obesità, forse a causa del suo ruolo nell'equilibrio energetico e nella regolazione dell'appetito, i pasti regolari consumati in famiglia sono associati a migliore salute e alla prevenzione dell'eccesso di peso.
Un numero maggiore di pasti giornalieri è associato a un minor rischio di obesità nei bambini forse a causa di una migliore modulazione della fame
 Durante gli spuntini, il consumo di cibi ad alta densità energetica contribuisce all'obesità nell'infanzia, aumentando l'apporto energetico giornaliero.
 Porzioni più grandi, soprattutto di cibi densi di energia, sono associate a un maggiore apporto energetico giornaliero, un fattore predittivo dell'eccesso di peso corporeo.
 I bambini possono autoregolare efficacemente l'assunzione di energia tra i 4 e i 12 anni almeno, sebbene l'assunzione di energia tenda ad aumentare con l'aumentare delle dimensioni della porzione (perdita del controllo)
 Una combinazione di maggiore attività fisica e riduzione del tempo passato seduti può avere un ruolo importante nella prevenzione dell'obesità.
Come raccomandazioni, si dovrebbe promuovere l'allattamento al seno il più possibile, e non esistono evidenze per consigliare il latte scremato prima dei 2 anni. Favorire il consumo della sola acqua ed evitare la presenza di distributori di bibite nelle scuole. Incoraggiare il consumo della colazione e dei pasti in famiglia, insieme a merende con cibi salutari, freschi e vegetali.

Aggiornamento 29/3/2021

Secondo uno studio su circa 3000 persone seguite per 18 anni (parte dello studio Framingham), ogni porzione giornaliera di cibo processato aumenta il rischio cardiovascolare del 7% e la mortalità cardiovascolare del 9%.
"Diversi meccanismi biologici possono spiegare le associazioni osservate tra alimenti ultra elaborati e CVD (Figura). Prove sperimentali suggeriscono che gli alimenti ultra-trasformati possono contribuire a un maggiore apporto energetico e aumento di peso, potenzialmente a causa della loro elevata densità di energia e basso potenziale saziante. Tuttavia, le associazioni tra l'assunzione di cibo ultra-elaborato e il rischio di CVD sono rimaste solide quando abbiamo controllato l'assunzione di energia totale, la circonferenza della vita e il BMI, suggerendo l'esistenza di ulteriori percorsi biologici. Gli alimenti ultra trasformati sono generalmente ricchi di grassi trans e sodio e poveri di potassio e fibre alimentari, caratteristiche legate alle CVD. L'eccessiva assunzione di zucchero da alimenti ultra elaborati, in particolare da bevande zuccherate, è associata a fattori di rischio CVD tra cui obesità, ipertensione e diabete di tipo 2. Il rischio di CVD associato agli alimenti ultra-elaborati può essere in parte attribuito al minor consumo di alimenti poco elaborati cardioprotettivi, come frutta, verdura, noci, pesce, cereali integrali e legumi. Tuttavia, l'aggiustamento per la qualità della dieta non ha alterato le associazioni osservate tra alimenti ultra elaborati e i risultati nel presente studio. Oltre alla composizione dei nutrienti, la lavorazione industriale modifica la struttura fisica della matrice alimentare che può alterare la bioaccessibilità dei nutrienti, la cinetica di assorbimento e il profilo del microbiota intestinale. La grande quota di macronutrienti privati dei micronutrienti (acellulari) negli alimenti ultra-elaborati e la conseguente elevata disponibilità di nutrienti nell'intestino tenue possono promuovere un microbiota intestinale infiammatorio associato a condizioni cardiometaboliche. Gli additivi negli alimenti ultra trasformati, compresi i dolcificanti artificiali e gli emulsionanti, possono alterare l'integrità del microbiota intestinale, promuovendo uno stato proinfiammatorio e una disregolazione metabolica. Il dolcificante ipocalorico sucralosio può anche ridurre la sensibilità all'insulina compromettendo i percorsi regolatori tra intestino e cervello. Altri additivi negli alimenti ultra-elaborati, come i sali di fosfato inorganici, possono promuovere la calcificazione arteriosa, lo stress ossidativo e la disfunzione endoteliale".


Aggiornamento 13/4/2021

Una dieta personalizzata sui test IGG, a parità di calorie, ha avuto esiti migliori rispetto a dieta tradizionale su perdita di peso (21kg Vs 17), grasso corporeo (-9.72% Vs 7.19%), parametri tiroidei (TSH, T3 e T4) e di autoimmunità (riduzione degli anticorpi antiTPO) in donne sovrappeso con Hashimoto

Aggiornamento 15/4/2021

La quantità di carboidrati nella dieta induce effetti potenzialmente clinicamente rilevanti sull'attività nelle regioni del cervello coinvolte nell'equilibrio energetico, nella ricompensa e nella dipendenza. In contesti non sperimentali, una maggiore attivazione dei segnali di ricompensa potrebbe stimolare l'assunzione di cibo "edonico", propagando cicli di eccesso di cibo che potrebbero impedire il mantenimento della perdita di peso a lungo termine. Questi risultati sollevano la possibilità che l'assunzione cronica di carboidrati stimoli le vie della ricompensa in una certa misura analogamente alle droghe d'abuso, suscitando comportamenti e risposte neurobiologiche che possono manifestarsi come "dipendenza da cibo". L'insulina gioca un ruolo importante nella stimolazione dei centri cerebrali, e per questo una dieta low-carb potrebbe ridurre questa dipendenza e favorire il mantenimento del peso perso.

Aggiornamento 25/4/2021

Un altro studio evidenzia che la frutta secca, in questo caso le mandorle, hanno meno calorie "accessibili" di quelle indicate dall'etichetta, e calcolate con la bomba calorimetrica e il metodo di Atwater. Alcuni grassi vengono eliminati e la digestione non è completa.

Aggiornamento 11/5/2021

Come conciliare calorie e composizione corporea, secondo una posizione ufficiale dell'ISSN?
"Nella sua forma più semplice, il modello CICO (calorie che entrano/calorie che escono) è un acronimo per l'idea che la perdita o l'aumento di peso sia determinato da un deficit o un surplus calorico, indipendentemente dalla composizione della dieta. Sebbene questo tecnicamente sia vero, non tiene conto della composizione del peso guadagnato o perso, così come della moltitudine di fattori che guidano i comportamenti alimentari che determinano l'apporto calorico. Sia i fattori volontari che quelli involontari governano il lato "calorie spese" dell'equazione, a cominciare dal costo metabolico variabile dell'elaborazione dei macronutrienti".
Infatti i diversi macronutrienti hanno diverso effetto termico, e le proteine hanno quello più alto, seguite da carboidrati e grassi. Tra i grassi, quelli a catena media stimolano di più la spesa energetica.
"L'eccessiva semplificazione del concetto CICO ha portato a un invito a "mangiare di meno, muoversi di più" come soluzione alla pandemia di obesità. Sebbene questo consiglio sia tecnicamente la risposta, la sfida sta nel programmare le variabili in modo che il bilancio energetico desiderato sia mantenuto a lungo termine e la composizione corporea mirata sia raggiunta e mantenuta prevenendo o riducendo al minimo le perdite di dispendio energetico basale. I cambiamenti adattivi involontari fanno la differenza tra gli esseri umani e le macchine. Ci differenziamo dalle bombe calorimetriche (macchina per stimare il contenuto calorico degli alimenti, NdT) principalmente per la nostra natura dinamica, che si basa sulla spinta omeostatica verso la sopravvivenza. Quando vengono imposte condizioni ipocaloriche, il dispendio energetico (EE) tende a diminuire. Al contrario, quando viene imposto un surplus calorico, l'EE tende ad aumentare. Tuttavia, il bilancio energetico umano è stato definito un sistema di controllo asimmetrico, perché tende ad essere sbilanciato per favorire l'aumento di peso rispetto alla sua perdita. Questa asimmetria è stata attribuita a pressioni evolutive che hanno selezionato la sopravvivenza di individui "metabolicamente parsimoniosi" che immagazzinavano più facilmente il grasso corporeo durante i periodi di carestia."
Ci possono essere differenze negli alimenti, per esempio gli quelli raffinati stimolano meno la peristalsi e hanno inferiore contenuto di composti bioattivi, quindi portano a inferiore spesa energetica.
"Gli esseri umani hanno una notevole capacità di mantenere un peso corporeo relativamente costante per tutta la vita adulta nonostante le ampie variazioni nell'assunzione e nel dispendio energetico giornaliero. Ciò indica un'integrazione altamente sofisticata di sistemi che regolano instancabilmente l'omeostasi. In caso di dieta ipocalorica, il corpo regola la fame e riduce il dispendio energetico. L'integrazione dei fattori fisiologici che regolano le difese del corpo contro la perdita di peso (e anche l'aumento di peso) è concertata. Il sistema nervoso centrale "comunica" con il tessuto adiposo, il tratto gastrointestinale e altri organi nel tentativo di difendersi dai cambiamenti omeostatici. Questo sistema di regolazione è influenzato da fattori nutrizionali, comportamentali, autonomici ed endocrini.
I cambiamenti nell'EE non sono sempre completamente spiegati dai cambiamenti nella massa magra e nella massa grassa. Pertanto, nel contesto delle diete ipocaloriche, si usa il termine termogenesi adattativa (AT) per descrivere l'area grigia in cui le perdite nel tessuto metabolico non possono semplicemente spiegare la ridotta EE. Nei soggetti magri e obesi, il mantenimento di un calo del ≥10% del peso corporeo totale comporta una diminuzione della spesa totale di circa il 20-25%, quindi non è per niente proporzionale. L'AT è rappresentata da un calo del 10-15% della spesa totale oltre quanto previsto dalle perdite di massa magra e grassa come risultato del mantenimento di una perdita ≥10% del peso corporeo totale. Nei soggetti con peso ridotto, la stragrande maggioranza (85-90%) della AT è dovuta alla diminuzione del dispendio energetico non a riposo (quindi il movimento). I meccanismi alla base dell'AT non sono chiari, ma le speculazioni includono influenza dell'attività simpatica e una diminuzione dell'attività tiroidea".
Un'adeguato apporto proteico protegge dalla perdita di muscolo. Nonostante sia riportato che è possibile avere aumento di muscolo durante il deficit calorico, "è probabile che le diete che cercano di ottimizzare i tassi di guadagno della massa magra siano compromesse da deficit calorici sostenuti e ottimizzate da surplus calorici sostenuti per facilitare i processi anabolici e supportare la crescente domanda [di nutrienti] dell'allenamento".

Aggiornamento 16/5/2021

Ridurre gli AGEs, sostanze che si formano nelle cotture ad alte temperature quando sono presenti carboidrati e proteine, a parità di calorie riduce maggiormente l'insulinoresistenza e l'obesità centrale in persone con sindrome metabolica. L'effetto è mediato dalla riduzione dell'infiammazione e dello stress ossidativo.
La riduzione del peso e della circonferenza addominale sono state circa il triplo rispetto al gruppo che non ha ridotto gli AGEs (-3.5 vs −0.8Kg, -4.7 vs -1.5cm).
"Poiché gli AGEs pro-ossidanti aumentano l'appetito, stimolano simultaneamente l'eccessiva nutrizione e l'obesità, quindi è stato ipotizzato che la dieta a ridotto contenuto riduca la massa grassa periferica e l'obesità abbassando il livello di leptina, i marcatori pro-infiammatori e di stress ossidativo e l'espressione del recettore nucleare PPARγ (legato all'aumento di adipociti)". Anche i parametri lipidici (colesterolo e trigliceridi) si sono ridotti

Aggiornamento 20/5/2021

I nostri microbi intestinali influenzano il metabolismo e l'assorbimento dei grassi. Tramite la deconiugazione degli acidi biliari, la produzione di grassi a catena corta (SCFA) e lattato, la modulazione degli ormoni (GLP1) viene modulato il metabolismo energetico.
Alcuni metaboliti batterici come TMAO e LPS causano e sostengono l'infiammazione di basso grado, e gli emulsionanti come polisorbato 80 e carbossimetilcellulosa alterano il microbiota e la funzione di barriera intestinale, favorendo le alterazioni metaboliche.
"Incorporando le interazioni tra uomo e microbiota nei modelli energetici della nutrizione umana, possiamo ottenere una maggiore comprensione dei meccanismi alla base delle malattie metaboliche legate alla dieta".

Aggiornamento 6/6/2021

In un'indagine retrospettiva su quasi 1300 persone con prediabete, l'indice glicemico e il carico glicemico erano associati col recupero del peso dopo la dieta. Ogni 10 punti di indice glicemico vi era un aumento di mezzo kg di peso circa, e un aumento dell'emoglobina glicata. La fibra era associata con ridotta circonferenza addominale. La qualità della dieta non è un optional per evitare il recupero del peso

Aggiornamento 6/7/2021

"Nelle persone con β-cellule suscettibili, la risposta acuta dell'insulina al cibo diminuisce e la lipogenesi de novo dal glucosio viene potenziata".

Aggiornamento 11/7/2021

Possono le luci artificiali influenzare quanto grasso si brucia? Ebbene sì. La melatonina, ormone che favorisce il sonno, ha forti effetti sul metabolismo energetico e glucidico, e viene influenzata dal tipo di luce.
"L'esposizione serale alla luce [artificiale] policromatica ha alterato il metabolismo energetico e la temperatura corporea interna durante il sonno mentre mostrava scarso effetto sull'architettura del sonno, suggerendo che l'influenza della luce sul metabolismo energetico e sulla termoregolazione osservata nel presente studio è probabilmente influenzata da sistemi regolatori estranei a quelli del sonno. L'effetto sul metabolismo è continuato fino a dopo il risveglio la mattina successiva".
Gli effetti di inibizione del metabolismo, della lipolisi, dell'ossidazione dei grassi e del rilascio di calore sono maggiori con gli schermi LED rispetto a quelli OLED (diodo organico a emissione di luce).

Aggiornamento 24/8/2021

Il microbiota influenza la spesa energetica, ma come? Uno dei meccanismi riguarda alcuni metaboliti rilasciati, come SCFA (acetato, propionato, butirrato), TMA e gas (H2S). L'eccessivo passaggio dall'intestino di queste sostanze, dovuto a permeabilità intestinale, può alterare metabolismo e salute cardiovascolare.
L'alcol riduce la respirazione mitocondriale e aumenta le emissioni di metano (gas serra).
L'eccesso di H2S (acido solfidrico), prodotto ad esempio da E. coli, promuove la deposizione di grasso, attraverso i PPARγ, e riduce la secrezione di insulina, promuovendo il diabete. Lo stesso composto ha però, come i nitrati, proprietà antipertensive.
Inoltre interferisce col complesso IV dei mitocondri, riducendo la produzione di ATP, e inibisce l'ossidazione del butirrato nelle cellule del colon.
Tra gli SCFA, l'acetato può essere usato dal fegato per sintetizzare colesterolo, acidi grassi a catena lunga, glutammina e glutammato, oltre che essere ossidato per produrre ATP.

Aggiornamento 30/8/2021

Il clorpirifos, un pesticida vietato in Europa ma usato in deroga in Italia, può favorire l'aumento di peso. Nei topi una dose di comune esposizione (2mg/kg) promuove obesità, steatosi epatica e insulinoresistenza, se combinata a una dieta ad alto contenuto di grassi. In una dieta lowfat questo non succede, probabilmente per una questione di lipofilia della sostanza e perché favorisce l'indirizzamento dei grassi nelle cellule adipose.
L'effetto è mediato sia da un aumento dell'appetito che da una riduzione della termogenesi del tessuto adiposo bruno.
"Il grasso bruno è la fornace metabolica del nostro corpo, brucia calorie, a differenza del grasso normale che viene utilizzato per immagazzinarle. Questo genera calore e impedisce che le calorie si depositino sui nostri corpi come normale grasso bianco. Sappiamo che il grasso bruno si attiva durante il freddo e quando mangiamo", ha affermato l'autore dello studio Gregory Steinberg, professore di medicina e condirettore del Center for Metabolism, Obesity, and Diabetes Research presso McMaster.
"I cambiamenti dello stile di vita relativi alla dieta e all'esercizio fisico raramente portano a una perdita di peso prolungata. Riteniamo che parte del problema possa essere questo intrinseco rallentamento della fornace metabolica da parte del clorpirifos".
Steinberg ha affermato che al clorpirifos bastebbe inibire l'uso di energia nel grasso bruno di 40 calorie al giorno per innescare l'obesità negli adulti, il che si tradurrebbe in un aumento di peso di 2,5kg in più all'anno.
Insomma potrebbe essere uno dei responsabili del metabolismo lento.

Aggiornamento 16/9/2021

Una nuova puntata del modello insulina-carboidrati del prof. Ludwig.
"In contrasto con il modello del bilancio energetico, il modello carboidrati-insulina fa un'affermazione coraggiosa: l'eccesso di cibo non è la causa principale dell'obesità. Al contrario, il modello carboidrati-insulina attribuisce gran parte della colpa dell'attuale epidemia di obesità ai moderni modelli dietetici caratterizzati da un consumo eccessivo di alimenti ad alto carico glicemico: in particolare, carboidrati trasformati e rapidamente digeribili. Questi alimenti causano risposte ormonali che modificano radicalmente il nostro metabolismo, determinando l'accumulo di grasso, l'aumento di peso e l'obesità.
Quando mangiamo carboidrati raffinati, il corpo aumenta la secrezione di insulina e sopprime la secrezione di glucagone. Questo, a sua volta, segnala alle cellule adipose di immagazzinare più calorie, lasciando meno calorie disponibili per alimentare i muscoli e altri tessuti metabolicamente attivi. Il cervello percepisce che il corpo non riceve abbastanza energia, il che, a sua volta, porta a sensazioni di fame. Inoltre, il metabolismo può rallentare nel tentativo del corpo di risparmiare carburante. Pertanto, tendiamo a rimanere affamati, anche se continuiamo ad aumentare il grasso in eccesso.
Per comprendere l'epidemia di obesità, dobbiamo considerare non solo quanto stiamo mangiando, ma anche come i cibi che mangiamo influenzano i nostri ormoni e il nostro metabolismo. Con la sua affermazione che tutte le calorie sono uguali per il corpo, il modello del bilancio energetico manca questo pezzo fondamentale del puzzle.
L'adozione del modello carboidrati-insulina rispetto al modello del bilancio energetico ha implicazioni radicali per la gestione del peso e il trattamento dell'obesità. Piuttosto che spingere le persone a mangiare semplicemente di meno, una strategia che di solito non funziona a lungo termine, il modello carboidrati-insulina suggerisce un altro percorso che si concentra maggiormente su ciò che mangiamo. Secondo il Dr. Ludwig, "ridurre il consumo dei carboidrati rapidamente digeribili che hanno inondato l'approvvigionamento alimentare durante l'era della dieta lowfat riduce la spinta sottostante a immagazzinare il grasso corporeo. Di conseguenza, le persone possono perdere peso con meno fame e fatica".
Chi ha ragione allora?
È probabile che entrambi la abbiano, nel senso che, dal punto di vista termodinamico, l'aumento del grasso immagazzinato è sempre dato da un'introduzione calorica superiore a quella consumata, ma dal punto di vista biologico l'immagazzinamento è permesso solo da particolari situazioni ormonali che i carboidrati possono favorire, e l'uso di alimenti non trasformati supporta una maggiore sazietà e quindi una minore introduzione di calorie.

Aggiornamento 19/9/2021

Sempre più prove mostrano che il tipo di microbiota influenza il dimagrimento, e in alcune persone può addirittura ostacolarlo.
Chi ha batteri che digeriscono l'amido e le fibre in glucosio fa più fatica a dimagrire, perché assorbe più calorie e più velocemente. Invece chi ha batteri che si riproducono velocemente è facilitato, perché consumano loro calorie. Inoltre vengono prodotti più SCFA che riducono l'infiammazione intestinale e migliorano il metabolismo energetico favorendo il consumo di grassi e viene ridotto l'ossigeno nell'intestino che può creare stress ossidativo e favorire batteri cattivi.
In generale i Bacteroidetes (inclusi Prevotella) rendono più facile il dimagrimento estraendo meno calorie dalla dieta.

Aggiornamento 14/10/2021

Nelle donne in menopausa assumere cioccolato riduce la fame e il desiderio di dolce. Anche il cortisolo, ormone dello stress, si riduce, e si rileva un effetto prebiotico ossia positivo sul microbiota (aumento dei bifidobatteri).
Consumarlo al mattino riduce la glicemia a digiuno, consumato di sera aumenta il consumo di grassi e migliora le scorte di glicogeno e il sonno.

Aggiornamento 24/12/2021

Quante volte avete letto "tutte le calorie sono uguali, se non si supera il fabbisogno calorico non si convertono i carboidrati in grassi"?
Non è per niente così. Per esempio in giovani con fegato grasso (NAFLD) questa via metabolica (de novo lipogenesis, DNL) è parecchio attiva, ma è comunque presente in modo limitato anche nei ragazzi sani e magri. Quando è attiva la DNL, l'ossidazione dei grassi è inibita.
Grazie agli isotopi marcati i ricercatori hanno potuto dimostrare che gli zuccheri, soprattutto il fruttosio (che viene metabolizzato soprattutto nel fegato) stimolano la sintesi di grassi in modo dose-dipendente, attivando ChREBP e SREBP, 2 elementi che stimolano le vie anaboliche di grassi e colesterolo.
Togliendo gli zuccheri si abbassa l'insulina e la DNL si riduce, con la ulteriore riduzione del trasporto dei grassi verso il fegato.
"Il cambiamento nella DNL è correlato con i cambiamenti nell'insulina e nel peso, ma non con i cambiamenti nel grasso epatico, sostenendo il legame tra la disfunzione metabolica e la NAFLD. Questi risultati confermano il legame patologico tra l'assunzione eccessiva di zucchero nella dieta e NAFLD nei bambini e supportano le recenti raccomandazioni per cambiare la nomenclatura da NAFLD a malattia metabolica associata a fegato grasso (MAFLD)".

Aggiornamento 23/1/2022

Una review spiega perché il modello del bilancio energetico (EB, calorie che entrano meno calorie che escono, CICO) non sia pienamente applicabile nell'obesità. L'equazione del bilancio energetico non è una formula, per cui si può "manovrare" facilmente in senso matematico/fisico, spostando addendi e sottraendi (cosa che non si può fare in una formula). Una formula viene sviluppata (dà un risultato) mentre un'equazione viene risolta, e la sua effettività di verifica solo per certi valori.
Il modello non spiega le cause dell'obesità facendo riferimento alla prima legge della termodinamica (FLT, conservazione dell'energia) perché non tiene conto delle funzioni fisiologiche legate agli ormoni.
"La conseguenza dell'errata interpretazione di un'equazione come se fosse una formula è che si presume che il tessuto adiposo sia una massa senza vita che si accumula dal residuo dell'assunzione di cibo dopo che il fabbisogno energetico è stato soddisfatto. Questa interpretazione errata porta a conclusioni infondate sulle cause dell'obesità o su cosa fare per invertirla".
Non sempre c'è relazione temporale tra cambio di peso ed eccesso di calorie (e quindi l'eccesso calorico non è necessariamente causa del peso in più).
"In relazione al problema della temporalità, è concettualmente possibile guadagnare o perdere grasso corporeo mentre il peso corporeo non cambia o va nella direzione opposta. Questa possibilità è stata ottenuta in diversi studi sperimentali su esseri umani e animali (per esempio somministrando testosterone). Se l'effetto può verificarsi senza il concorso della causa presunta, ciò prova che la causa non è giustificata da una legge fisica inviolabile".
Secondo i ricercatori "Un EB positivo è semplicemente una verità ovvia che non può spiegare perché si verifica un aumento di peso. Nelle loro parole, la direzione della causalità nell'eziologia dell'obesità è meno chiara di quanto comunemente si presume e dovrebbe essere messo in dubbio se l'interpretazione semplificata dell'equazione EB per quanto riguarda la causalità dell'obesità è fuorviante. Hebert et al. hanno sostenuto che le ipotesi a priori sulla causa (le calorie in più) sono state accettate acriticamente nei dialoghi accademici. Hanno specificamente sottolineato che l'FLT fornisce una descrizione "vera ma inadeguatamente semplicistica e intrinsecamente tautologica" dello squilibrio energetico associato all'aumento di peso e che l'uso dell'FLT per spiegare i cambiamenti secolari del peso corporeo non è aderente ai criteri di Hill per giudicare la causalità".

Non vìola alcuna regola della termodinamica dire si può aumentare di peso senza un presunto eccesso di calorie. Anzi, il legame causale sarebbe solo una correlazione (e quindi debole).
Questo perché l'equazione del bilancio energetico tiene conto di solo 4 compartimenti (intestino, muscolo, sangue e tessuto adiposo), mentre il corpo umano diventa un sistema aperto col mondo.
Consideriamo inoltre che alcuni alimenti potrebbero in determinate condizioni favorire la lipogenesi e l'immagazzinamento del grasso e favorire l'introito di "cibi ingrassanti", perpetuando un circolo vizioso.

Aggiornamento 27/1/2022

Un intestino infiammato che funziona male può far ingrassare?

Nel modello animale, lo stress ossidativo a livello intestinale favorisce l'aumento di peso, attraverso l'azione dell'acido arachidonico (grasso della serie omega 6).
Viene aumentata la produzione di insulina dal pancreas e questo aumenta la produzione di grassi (lipogenesi).
In pratica l'alimentazione occidentale (povera di antiossidanti, ricca di omega 6 e infiammatoria) crea una tempesta perfetta per ingrassare.
"Un'alterata segnalazione redox (stato proossidante) nel tratto gastrointestinale potrebbe essere cruciale nella suscettibilità ai disturbi metabolici (insulinoresistenza, diabete e aterosclerosi)" che accompagnano l'aumento di peso.

Fermo restando che se siete sovrappeso è perché mangiate troppo, l'infiammazione intestinale può essere un motivo che rende più difficile mantenere il peso corretto

Aggiornamento 13/3/2022

Quante calorie ha la plastica? Secondo i libri di dietologia niente, ma secondo gli esperimenti sui topi la sua ingestione fa ingrassare.
L'introduzione di microperle di polistirolo promuove l'adiposità, l'iperinsulinemia e la resistenza insulinica in modo proporzionale alla grandezza e alla dose.
Il processo sembra mediato da alterazioni del segnale Wnt (adipogenesi e maturazione degli adipociti), riduzione del grassi bruno e del microbiota.
"L'inevitabile ingestione di microplastiche nel mondo moderno può favorire le malattie cardiometaboliche e può quindi essere considerata un nuovo fattore di rischio per la salute.
Questo smentisce come al solito che solo le calorie contino e ci fa capire come il rispetto per l'ambiente influenzi la nostra salute.

Aggiornamento 4/4/2022

Il rumore del traffico, come altri tipi di stress, è legato ad aumentato rischio di obesità, in particolare con grasso depositato nell'addome.
Si presume che il "meccanismo sia quello di risposta allo stress, per cui il rumore del traffico agisca continuamente come stressor fisiologico sull'asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sull'asse simpatico-surrene-midollare, corrispondenti alla produzione di ormoni dello stress e producono eccessi di ormoni inclusi come adrenalina, noradrenalina e corticosteroidi, che aumentano la distribuzione del grasso addominale e il consumo di cibo e quindi provocano l'obesità.
Un altro meccanismo presuppone che l'esposizione al rumore causi privazione del sonno e stress da rumore, favorendo lo sviluppo di cambiamenti metabolici che possono alterare i livelli di leptina e grelina, quindi portando ad un aumento di peso con aumento dell'appetito ma diminuzione del dispendio energetico. Inoltre, ciò può portare ad alterazioni croniche del sistema endocrino e del sistema nervoso autonomo e aumentare lo stress ossidativo, l'infiammazione o le alterazioni del sistema immunitario". Un altro potenziale meccanismo sociale è rappresentato dai livelli più bassi di attività fisica che tendono ad avere le persone sotto stress

Aggiornamento 5/4/2022

Se volete mangiare patate e altri alimenti ad alto indice glicemico (cereali raffinati), carni processate e altri alimenti ritenuti meno sani, è meglio farlo a pranzo piuttosto che a cena.
Uno studio sui diabetici ha infatti evidenziato maggiore mortalità in persone che assumono questi alimenti a cena; invece assumere verdure e latte a cena è associato a sopravvivenza maggiore.
Questi cambiamenti legati ai ritmi circadiani potrebbero essere dovuti ai livelli di infiammazione notturna, alla qualità del sonno, ai ritmi circadiani dei batteri che si nutrono di fibra e producono acidi grassi a catena corta che influenzano metabolismo e salute.

Aggiornamento 14/4/2022

L'insulina basale determina le dinamiche del dimagrimento. L'insulina è l'ormone principalmente coinvolto nell'immagazzinamento dei grassi, ma ha una certa influenza anche sul consumo energetico e chi ha insulina alta ha maggiore rischio di recupero del peso.
"I partecipanti con una maggiore secrezione di insulina hanno perso meno peso come massa grassa, hanno perso più peso come massa magra e avevano una maggiore adiposità centrale rispetto a quelli con una minore secrezione di insulina. Allo stesso modo, i cambiamenti avversi della composizione corporea sono stati previsti da una maggiore resistenza all'insulina ai livelli basali. Questi risultati suggeriscono che le differenze nelle dinamiche dell'insulina possono influenzare la partizione del substrato metabolico e l'ossidazione dei grassi durante la restrizione energetica, con implicazioni per il successo a lungo termine del mantenimento della perdita di peso e della salute cronica.
L'eccessiva riduzione della massa magra durante la perdita di peso tende a diminuire il dispendio energetico, richiedendo una restrizione energetica sempre più severa per sostenere la perdita di peso in corso e un minore apporto energetico di mantenimento per prevenire il recupero del peso. Inoltre, la perdita di massa magra può stimolare meccanismi compensatori, incluso l'aumento della fame. Questi aspetti promuovono l'aumento di grasso corporeo".
La medicina di precisione ha quindi il compito di capire quali alimenti possono mantenere i livelli di insulina inferiori, solitamente proteine e alimenti con indice glicemico basso. Anche la dieta chetogenica può favorire un più favorevole utilizzo dei nutrienti massimizzando la lipolisi e salvaguardando il muscolo.

Aggiornamento 23/4/2022

Secondo un articolo di opinione del Prof. Mozaffarian, uno dei più noti epidemiologi nutrizionali al mondo, non vi sono grosse differenze tra quanto si mangia e ci si muove attualmente e quanto si faceva pochi anni fa, quindi un aumento del tasso di obesità non è giustificabile solo con queste cause.
"I fattori biologici relativi al microbiota intestinale, al dispendio metabolico e al rischio intergenerazionale (epigenetica) non sono sotto il controllo volontario diretto e saranno scarsamente affrontati dagli approcci educativi, comportamentali, di riformulazione dei prodotti e dalle politiche convenzionali incentrati su calorie e bilancio energetico ("mangia di meno, muoviti di più"). Se non comprendiamo i driver effettivi, non possiamo progettare o implementare strategie efficaci per affrontare il problema. […] Gli studi controllati supportano diverse strategie per aiutare a ridurre l'aumento di peso e l'obesità, inclusa la riduzione delle bevande zuccherate e delle ore alla televisione; evitare carboidrati altamente trasformati e rapidamente digeribili; aumentare gli alimenti minimamente trasformati compresi quelli più ricchi di grassi insaturi; implementazione di programmi comportamentali nutrizionali e di stile di vita in ambito sanitario e lavorativo e, nei pazienti appropriati, utilizzare un trattamento farmacologico o chirurgico. Ci sono anche molti altri motivi per seguire una dieta sana, come le priorità dietetiche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e del diabete di tipo 2, indipendentemente dal peso. […] Non abbiamo una spiegazione chiara per l'epidemia di obesità ed è tempo di riconoscere e correggere questa deplorevole verità".


Sebbene un ruolo causale tra le diete ad alto ad alto indice glicemico e l'aumento di insulina e l'aumento di peso non sia stabilito, alcune prove suggeriscono la possibilità. Per esempio in uno studio controllato l'aumentata secrezione di insulina conseguente all'introito di carboidrati riduce la respirazione mitocondriale e induce uno stato metabolico che favorirebbe la deposizione di grasso anziché la sua ossidazione, diminuendo la spesa energetica totale.
"Anche un piccolo spostamento nella partizione del substrato energetico dall'ossidazione allo stoccaggio, dell'ordine di 1 g di grasso corporeo al giorno, potrebbe avere un impatto importante sulla predisposizione all'obesità a lungo termine. Però non possiamo attribuire definitivamente gli effetti osservati alla riduzione dell'insulina in sé, poiché altri aspetti della dieta (ad esempio, profilo degli acidi grassi) o influenze indirette (ad esempio, il microbioma) possono essere coinvolti nei meccanicismi".

Aggiornamento 28/4/2022

Il consumo di frutta oleosa, nonostante sia ricca in grassi, non è associato ad aumentato rischio di obesità, anzi appare protettivo.
I risultati della metanalisi "Suggeriscono che il consumo di frutta oleosa può avere un effetto protettivo sul rischio di accumulo di adiposità. Ciò è ulteriormente supportato dai risultati delle presenti analisi insieme agli studi controllati, che hanno mostrato la mancanza di un effetto causale del consumo di noci sulle misure di adiposità".
L'uso della frutta oleosa è associato inoltre con ridotto grasso viscerale e pericardico.
I meccanismi probabili sono 1) la presenza di grassi insaturi, che vengono ossidati più facilmente rispetto ai saturi e hanno un effetto termogenico maggiore, risultando così in inferiore grasso accumulato, 2) l'effetto saziante dovuto alle fibre e alla masticazione indotta 3) l'incompleta digestione dei grassi che risulta in minori calorie assunte (dal 16 al 25% in meno rispetto a quelle calcolate col fattore Atwater, la bomba calorimetrica).
In conclusione "Le prove attuali suggeriscono che il consumo di frutta oleosa non porta ad un aumento dell'adiposità. Gli operatori sanitari e le linee guida dietetiche possono raccomandare la frutta a guscio, per chi non soffre di allergie, per i loro benefici cardiometabolici senza disposizioni o preoccupazioni per un effetto negativo sul controllo del peso."

Aggiornamento 9/5/2022

L'insulina ha un effetto sul trasporto di elettroni mitocondriale. Quando si mangia calorie in eccesso, l'insulina interviene sul consumo energetico e sullo stimolo lipogenico. Nelle persone sovrappeso e con problemi di glicemia l'introduzione di carboidrati in eccesso aumenta lo stress ossidativo e questo avvia la de novo lipogenesis.


Aggiornamento 14/5/2022

Esistono 2 modelli per il dimagrimento, quello del semplice bilancio energetico (EBM), in cui le calorie sono tutte uguali, e il modello carboidrati-insulina (CIM), in cui i carboidrati stimolerebbero l'insulina e quindi l'effetto lipogenico e di deposizione dei grassi. Probabilmente entrambi i modelli hanno qualcosa di buono e l'uno non esclude l'altro.
L'insulina non deve essere necessariamente demonizzata perché concorre alla sazietà e alla termogenesi. Il suo eccesso, legato sia ai carboidrati che alle calorie in generale, favorisce la deposizione di grasso.
Quali sono i punti in comune? "Entrambi i modelli concordano sul fatto che la qualità e la composizione della dieta sono importanti nella prevenzione e nel trattamento dell'obesità. Entrambi i modelli tengono conto della regolazione endocrina, del rilevamento dell'energia periferica e della ripartizione dell'energia. L'ultima variante del CIM esclude il precedente focus sull'effetto diretto dell'insulina postprandiale sul tessuto adiposo, ma il nuovo CIM differisce dall'EBM in quanto le diete ad alto carico glicemico sono identificate come il principale fattore di aumento della prevalenza dell'obesità. Tuttavia, una quantità schiacciante di prove indica che numerose variabili nell'ambiente alimentare oltre agli alimenti ad alto indice glicemico possono comportare un aumento dell'assunzione di energia e l'EBM ipotizza che l'obesità possa insorgere se uno o più di questi fattori sono in gioco.
L'EBM riconosce i potenziali benefici delle diete a basso contenuto di carboidrati o a basso carico glicemico nella gestione del peso corporeo e del rischio cardiovascolare in alcuni individui. Le iniziative di nutrizione personalizzata sono necessarie per l'eterogeneità biologica intrinseca nell'ottimizzazione della dieta degli individui. Mentre tali sforzi sono coerenti con l'EBM multifattoriale, il CIM definisce un'unica esposizione come determinante primario dell'obesità comune e propone un'unica "strategia pratica" per trattare l'obesità prescrivendo diete a basso carico glicemico nonostante l'evidenza che tali interventi non sono più efficaci della prescrizione di alternative a carico glicemico più elevato"

Aggiornamento 7/9/2022

Ennesima puntata del duello Ludwig-Hall. I cambiamenti della composizione corporea sono impercettibili dagli strumenti in un breve periodo e questo complica gli studi.

Aggiornamento 21/9/2022

Uno studio non ancora revisionato può suggerire alcune differenze tra diete a basso contenuto di grassi o carboidrati, ovvero le calorie da grassi possono essere diverse da quelle di carboidrati, almeno negli effetti. Le diete lowfat vanno a stimolare meno il sistema di ricompensa e rendono più difficile mantenere la dieta nel lungo periodo, con un aumento del tono della dopamina e conseguente maggiore consumo successivo di cibi gratificanti ricchi di grassi e carboidrati.
Lo studio è fatto su poche persone e ha quindi necessità di essere replicato su numeri più grandi ma potrebbe spiegare la tendenza a riprendere peso soprattutto in alcune persone predisposte per il consumo di alimenti spazzatura.

Aggiornamento 9/10/2022


La dieta occidentale modula il microbiota e il sistema immunitario in modo da favorire l'aumento di peso.
In particolare lo zucchero favorisce la crescita del batterio Faecalibaculum rodentium, che blocca particolari cellule immunitarie, le Th17.
Le cellule Th17 indotte dal microbiota proteggono dall'obesità indotta dalla dieta e dalle malattie metaboliche come il diabete.
Lo zucchero riduce le cellule Th17 commensali e aumenta il rischio di malattie metaboliche e obesità, perché senza queste cellule vengono assorbiti maggiormente i grassi della dieta.
"Le cellule Th17 potrebbero aiutare a prevenire l'aumento di peso e le malattie metaboliche. Gli studiosi hanno scoperto che, normalmente, le cellule Th17 aiutano a rallentare l'assorbimento di alcuni grassi alimentari nelle cellule intestinali e riducono l'infiammazione nell'intestino. Senza le cellule Th17, l'assorbimento dei grassi e l'infiammazione intestinale sono aumentati.
Il nostro lavoro descrive un'intricata rete di interazioni tra componenti alimentari, microbiota e cellule immunitarie intestinali che regolano condizioni metaboliche come l'obesità indotta dalla dieta, sindrome metabolica e diabete. I nostri risultati suggeriscono anche che gli effetti degli interventi dietetici e immunitari sulle condizioni metaboliche non sono universali. I futuri approcci terapeutici della medicina di precisione dovrebbero tenere conto delle variazioni individuali del microbiota che funziona come un immunomodulatore".

Aggiornamento 11/10/2022


Provo a riassumere un'interessantissima e complessa review sui legami tra ritmi circadiani e nutrizione: non seguire correttamente i ritmi fisiologici del corpo (mangiare di giorno, dormire di notte) fa funzionare male il corpo.
Più nel dettaglio: si altera la secrezione di insulina e il suo funzionamento (resistenza insulinica), predisponendo al diabete e al deposito di grasso. Si altera il microbiota, favorendo l'infiammazione e l'accumulo di grasso. Si riduce la termogenesi e quindi il dispendio energetico. Si altera il ritmo corretto di anabolismo e catabolismo dei grassi, riducendo la loro ossidazione. Alterazione della comunicazione tra tessuti che gestiscono il ritmo, con tendenza a immagazzinare l'energia come grassi. Alterazione dei corretti ritmi tra fase antinfiammatoria e proinfiammatoria, con supporto della seconda. Alterazione del sonno e degli endocannabinoidi con aumento della fame edonica per cibi dolci. Dominanza del sistema simpatico sul parasimpatico con aumento della pressione, della glicemia e dei problemi intestinali. Alterazione del segnale leptinico con riduzione della sazietà e della spesa energetica.


Aggiornamento 27/10/2022

Il time restricted feeding (TRF), mangiare solo in una certa finestra temporale durante il giorno, è una metodica promettente per migliorare la composizione corporea.
Un'indagine sui topi mostra come questa metodica funzioni anche perché fa aumentare il dispendio energetico nel tessuto adiposo, se i topi mangiano solo durante la notte (i topi hanno i ritmi circadiani invertiti rispetto all'uomo).
Aumenta infatti la produzione di calore (termogenesi) grazie alla dissipazione di calorie indotta dai cicli futili, in particolare dal creatinfosfato che viene "ricaricato" e scisso in modo da sprecare energia.
Al contrario i topi che mangiano di giorno non hanno questa termogenesi e accumulano più calorie, ingrassando.
"Alimentarsi negli orari sbagliati altera la termogenesi: negli adipociti termogenici, la creatina chinasi B (CKB) e la fosfatasi alcalina non specifica del tessuto (TNAP) lavorano in tandem per accelerare il turnover dell'adenosina trifosfato (ATP) in adenosina difosfato (ADP) attraverso il ciclo futile della creatina. Questo percorso termogenico guida l'ossidazione dei nutrienti e il consumo di ossigeno. L'espressione di CKB e l'abbondanza di creatina sono regolate in modo circadiano, raggiungendo il picco quando il dispendio energetico è più alto (di notte nei topi). Quando i topi vengono nutriti durante la notte, quando sono più attivi e le vie termogeniche sono più altamente espresse, sono più resistenti all'obesità rispetto ai topi che ricevono un'alimentazione nelle ore di luce.
In contesti in cui gli esseri umani sperimentano cambiamenti rapidi o frequenti negli orari di alimentazione a causa del lavoro su turni, della perdita di sonno o dell'esposizione alla luce blu, il disallineamento tra l'alimentazione e la fase circadiana endogena della termogenesi nel tessuto adiposo può esacerbare la malattia metabolica. Proponiamo che l'allineamento dell'alimentazione con i ritmi termogenici intrinseci possa essere alla base dei benefici salutari del TRF".

Aggiornamento 20/11/2022

Ritardare i pasti porta a una significativa riduzione dell'ossidazione dei grassi nei confronti dei carboidrati, come si evince da una aumento del quoziente respiratorio, che misura la "miscela" di carboidrati e grassi che viene consumata da noi costantemente. La spesa energetica totale non sembra essere influenzata in maniera significativa, ma in un contesto di eccesso calorico si favorirebbe maggiormente l'accumulo di adipe.

Aggiornamento 21/11/2022

Il time restricted eating, una forma di digiuno intermittente, può essere utile per il dimagrimento di persone normopeso o sovrappeso, con miglioramenti di alcuni parametri metabolici e della percentuale di grasso.
I miglioramenti possono verificarsi anche senza restrizione calorica e sembrano legati all'allineamento dei pasti coi ritmi circadiani naturali.

Aggiornamento 4/12/2022

La riduzione delle proteine può portare il corpo a desiderare maggiormente il cibo spazzatura, che nonostante non sia ricco di proteine, fornisce energia pronta e va a supplire la carenza. La necessità umana di proteine "spinge" il consumo eccessivo di grassi e carboidrati, dato che le proteine sono contenute "diluite" in questi alimenti. Gli autori chiamano questo meccanismo "leva proteica" e risulta supportato sia da studi RCT che da osservazioni nel mondo reale.
Nello studio l'introito energetico totale è inversamente proporzionale alla concentrazione proteica del pasto e queste calorie vengono in particolare dai cibi altamente palatabili.
Questo meccanismo può essere tra i responsabili dell'epidemia di obesità, in quanto favorisce nel complesso un bilancio energetico positivo e non fornisce una sufficiente quantità di proteine per sostenere la massa magra.
Gli autori dello studio sottolineano anche che le diete delle zone blu (quelle con la maggiore longevità e migliore salute generale) sono solitamente a contenuto proteico medio-basso, ma contemporaneamente a scarso contenuto di carboidrati a veloce assorbimento. In tale contesto la presenza di fibre contrasterebbe la fame indotta dal minor apporto proteico, favorendo in generale una migliore salute.

Aggiornamento 16/12/2022

In un nuovo studio
👉 in 165 persone con diabete di tipo 2 si sono confrontate 2 diete ad alto contenuto di carboidrati Vs basso contenuto, senza conteggio calorico
👉Carboidrati: ≈15 v 45%
👉Grassi: ≈60 v 30%
A 6 mesi con la dieta low-carb
⬆️ perdita di 4kg in più
⬇️ riduzione dell'emoglobina glicata (-0,59%)
⬇️ riduzione dell'insulinoresistenza
⬇️ riduzione della steatosi epatica
Le persone in dieta low carb hanno risportato un maggiore introito calorico
A 9 mesi i miglioramenti non sono stati mantenuti, segno che bisogna impegnarsi maggiormente nella fase di reintroduzione e gestione del peso.

Aggiornamento 2/1/2023

Aumentano i lavori che mostrano i legami tra microbiota e metabolismo energetico. Un gruppo di ricercatori ha evidenziato che è possibile mettere il relazione l'energia "estratta" dalla dieta con il tipo di microbi nell'intestino. Esistono 3 tipi di microbiota generici (con infinite sfumature) in base alla prevalenza di alcune specie: tipo B (Bacteroides), tipo R (Ruminococcaceae) e tipo P (Prevotella).
Il tipo B ha bassa diversità, veloce transito intestinale e bassa proteolisi ed è quello che estrae più energia dalla dieta. Nelle feci di queste persone si ritrovano pochi elementi ancora in grado di fornire calorie. Nello studio le persone con questo tipo di microbiota hanno un peso maggiore. Il tipo B è associato alla dieta di tipo occidentale (poche fibre e molti alimenti industriali) mentre il tipo P caratterizza persone con maggiore introduzione di alimenti non processati e fibre. Il tipo R ha maggiore proteolisi (digestione delle proteine) e chi lo possiede è più magro. Contrariamente a quanto ipotizzabile le persone con transito più lento avevano minore estrazione di calorie.

Aggiornamento 28/1/2023

Una revisione degli studi mostra che una significativa porzione delle persone normopeso che perdono peso di proposito, magari per pressioni sociali o distorsione dell'immagine, spesso riacquistano i kg persi con gli interessi. L'analisi suggerisce che indurre un bilancio energetico negativo genera dei comportamenti compensatori di adattamento che persistono oltre la fase in cui si mangia per recuperare il peso. In questo modo ci si può ritrovare con più kg totali, ma meno muscolo e più grasso. Per questo un taglio calorico può, in individui predisposti, favorire un passaggio al sovrappeso o all'obesità.

Aggiornamento 4/2/2023

Assumere olio MCT nei giorni precedenti all'inizio della dieta chetogenica dimagrante (VLCKD) aumenta il dimagrimento nella fase attiva facilitando l'ingresso in chetosi.

Aggiornamento 6/3/2023

Il grasso bruno è presente nelle persone in diverse quantità. Si tratta di un particolare tipo di grasso che dissipa come calore l'energia consumata nei suoi mitocondri (termogenesi). Pur essendo piccola in valore assoluto, la quantità di calorie consumata è comunque importante, tant'è che le persone con più grasso bruno hanno meno tendenza all'obesità e alle malattie metaboliche. Negli studi sui topi emerge che un esposizione acuta a una dieta ad alto contenuto di zucchero aumenta la termogenesi, ma un uso cronico di zucchero la riduce, nonostante aumenti la massa del grasso bruno. Si riduce in generale la capacità di consumare energia ma aumenta quella di metterla da parte, insieme alla produzione di trigliceridi. Ebbene sì, quello che mangiamo può influenzare la spesa energetica.

Aggiornamento 8/4/2023

Il cibo spazzatura ha un ruolo importante e causale nell'epidemia di obesità perché riesce a influenzare il cervello nelle scelte. In particolare spinge le persone a diventare dipendenti da quei gusti e ad apprezzare meno cibo con caratteristiche più salutari.
Fornire a persone sane e normopeso cibo ricco in grassi e zucchero (HF/HS), indipendentemente dall'aumento di peso corporeo e dalle alterazioni dei marcatori metabolici, (1) riduce le preferenze per il cibo a basso contenuto di grassi, (2) svolge un ruolo critico nella sovraregolazione delle risposte cerebrali che portano al consumo di cibo altamente appetibile e denso di energia, e (3) ha un effetto generalizzato sull'azione neuronale che determina i comportamenti alimentari (nel contesto dell'apprendimento associativo e indipendentemente dalle ricompense alimentari). "Presi insieme, il consumo ripetuto di HF/HS rispetto al cibo a basso contenuto di grassi e zuccheri ma con le stesse calorie, e in assenza di cambiamenti nel peso corporeo o nello stato metabolico, può "ritarare" i circuiti cerebrali e quindi indurre adattamenti neurocomportamentali. Quindi, cambiare l'ambiente alimentare e ridurre la disponibilità di alimenti HF/HS ad alta densità energetica è fondamentale per combattere la pandemia di obesità".

Aggiornamento 5/6/2023

Il microbiota, l'insieme dei nostri microbi in particolare intestinali, ha una discreta influenza sul peso mediante diversi meccanismi.
Durante lo sviluppo influenza la crescita dei tessuti e la loro infiammazione; Influenza fame e sazietà tramite i metaboliti (SCFA) e i neurotrasmettitori e altre molecole che mimano l'azione degli ormoni, modulano la ricompensa del cibo; nel fegato influenzano gli acidi biliari e le vie metaboliche che fanno produrre grassi e carboidrati (lipogenesi e gluconeogenesi); nel tessuto adiposo influenzano la quantità di grassi immagazzinati, la loro ossidazione e la termogenesi; nell'intestino digeriscono nutrienti traendo più calorie dalla dieta e influenzano infiammazione e sistema immunitario modulando la permeabilità intestinale.

Aggiornamento 26/6/2023

Una dieta amica del microbiota può portare a spendere in media oltre 100 kcal in più al giorno rispetto a una dieta di tipo occidentale, notoriamente poco propensa a supportare il microbiota. Se i sembra poco immaginate che 10 kcal in più ogni giorno vogliono dire un kg in più in un anno.
Il vantaggio è dato soprattutto dalla maggiore escrezione di energia con le feci, energia che non viene metabolizzata nonostante fosse presente nel cibo, portando così a un maggiore spreco. Nell'altro caso si parla invece di "microbiota risparmiatore", ossia che tende a estrarre tutta l'energia possibile.
"Le comunità microbiche nell'intestino hanno un profondo impatto sull'endocrinologia, sulla fisiologia e sul bilancio energetico dell'ospite dei mammiferi.
La comunità scientifica si è recentemente riorientata verso interventi sulla popolazione che promuovono piccoli cambiamenti nell'assunzione e nel dispendio energetico come mezzo per prevenire l'aumento di peso. Questo studio dimostra il potenziale per attuare il principio dei "piccoli cambiamenti" attraverso il consumo di cibi integrali per modulare il microbioma intestinale. Un principio così semplice potrebbe essere un utile strumento a livello di popolazione per combattere l'epidemia globale di obesità. Gli esperimenti futuri dovrebbero concentrarsi sui meccanismi microbici o dell'ospite che sono alla base della grande variabilità interindividuale osservata nella risposta alla consegna di maggiori substrati dietetici ai microbi intestinali. Questi meccanismi possono quindi essere presi di mira con approcci nutrizionali di precisione".

Aggiornamento 25/7/2023

Una revisione comprendente 9 studi conferma che focalizzare le calorie nella prima parte della giornata porta a un dimagrimento maggiore e a un miglioramento dello stato metabolico (colesterolo, glicemia, resistenza insulinica) rispetto a una dieta con la stessa quantità di calorie ma assunte più tardi.
"La maggiore perdita di peso osservata anticipando i pasti può essere dovuta alla superiore sincronizzazione dei ritmi circadiani periferici e centrali nel corpo. È stato dimostrato che gli orari di alimentazione sono un segnale ambientale chiave per i ritmi circadiani periferici: i pasti ritardati forniscono stimoli contrastanti con quelli ricevuti dal nostro centro di controllo circadiano centrale da altri segnali come luce/oscurità, secrezione ormonale e cambiamenti della temperatura corporea. Ciò si traduce in disturbi del metabolismo che possono favorire l'aumento di peso e ostacolare la perdita di peso, nonché aumentare il rischio di malattie metaboliche. È stato anche dimostrato che l'assunzione precoce comporta una termogenesi più elevata e risposte glicemiche inferiori.
Questi orologi periferici includono glucagone, leptina e insulina e i loro recettori e trasportatori. […]
L'attuale revisione rafforza l'evidenza della relazione tra la perdita di peso e la distribuzione dell'apporto energetico totale nell'arco della giornata con la preferenza per i modelli alimentari in cui si mangia prima. Mentre la differenza media nella perdita di peso tra i gruppi era modesta (1,23 kg), mangiare in anticipo può essere uno strumento promettente da utilizzare insieme ad altre strategie dimagranti come la restrizione energetica per migliorare la perdita di peso".

Aggiornamento 26/7/2023

Secondo una revisione degli studi, ridurre la densità energetica (ossia usare alimenti con meno calorie a parità di peso/volume) permette di usare la stessa quantità di cibo ma introdurre meno calorie, perché maggiormente saziante. In questo modo, utilizzando maggiormente il cibo salutare, si può favorire il dimagrimento.

Aggiornamento 5/9/2023


Ridurre i carboidrati in favore di proteine e grassi aiuta a ridurre il grasso nel fegato, anche in condizioni eucaloriche (cioè senza riduzione delle calorie). La riduzione dei carboidrati può avere un effetto maggiore della restrizione calorica.
"Anche in condizioni di bilancio energetico, i risultati cumulativi suggeriscono un effetto clinicamente significativo della riduzione dell’assunzione di carboidrati e dell’aumento dell’assunzione di grassi alimentari (e/o proteine) sul contenuto epatico di trigliceridi (TG) negli individui obesi con steatosi, in particolare negli individui con resistenza all’insulina. Sulla base di studi sull’uomo, i meccanismi attraverso i quali la riduzione dei carboidrati e l’aumento dell’assunzione di grassi portano a un minore accumulo epatico di TG possono essere correlati all’aumento della beta-ossidazione degli acidi grassi e all’aumento della chetogenesi nel fegato, adattamenti metabolici che imitano la risposta alla restrizione calorica. Inoltre, la lipogenesi (sintesi di grassi dai carboidrati) nel fegato viene ridotta quando la disponibilità di carboidrati nella dieta diminuisce, anche in condizioni eucaloriche. È probabile che anche una minore disponibilità di insulina, anche portale, nel fegato dovuta alla riduzione dei carboidrati regoli il metabolismo del substrato nel fegato verso un aumento dell'utilizzo degli acidi grassi e una minore deposizione di grassi.

Aggiornamento 12/9/2023

La food insecurity (FI) si realizza quando persone in difficoltà economiche hanno "periodi di introduzione di quantità e qualità insufficienti del cibo e ansia per la futura scarsità di cibo, ma non deficit energetico cronico" che li porterebbe a dimagrire. Infatti la FI è associata a rischio di eccesso di peso, tant'è che si parla di un paradosso insicurezza alimentare-obesità e può spiegare perché attualmente, contrariamente ai tempi passati, l'obesità riguardi più le fasce meno abbienti.
L'effetto appare maggiore nelle donne adulte dei paesi sviluppati.
I meccanismi non sono chiari ma includono sia un aumento dell'introito che una riduzione della spesa energetica. "Le riduzioni dell’attività fisica, della termogenesi indotta dagli alimenti e del dispendio energetico basale potrebbero tutti contribuire a ridurre il dispendio energetico nell’ambito della FI. Gli effetti della FI sul dispendio energetico basale, che costituisce il 60-70% del bilancio energetico umano, sono attualmente poco studiati e necessitano di ulteriori indagini. L’aumento della ritenzione dell’energia metabolizzabile è un ulteriore meccanismo che potrebbe contribuire al bilancio energetico positivo nell’ambito della FI che deve essere considerato".
Tra i fattori dietetici che favoriscono questo aumento di peso, scarsa introduzione di fibre (con conseguente alterazione del microbiota), ridotto apporto proteico (aumenta la ricerca di cibo, favorendo l'introduzione di junk-food), aumento dei carboidrati ad alto indice glicemico, che favoriscono i picchi di insulina, aumento del consumo di cibo spazzatura, che fornisce energia pronta ma non nutrienti.
Esiste inoltre un'ipotesi, chiamata dell'assicurazione, che spiega perché le calorie "prendono la direzione del tessuto adiposo" e non vengono consumate. Questo modello si integra con gli altri fattori e non li esclude.
Lo stress contribuisce all'indirizzamento dei nutrienti al tessuto adiposo.
Per difendersi dal rischio di carestia si mettono in moto meccanismi che aumentano l'accumulo di grasso in maniera "anticipata", in modo da sopravvivere più avanti, in risposta a segnali che prevedono la futura scarsità di cibo. "I cambiamenti nella qualità della dieta, nell’attività fisica e nelle energie potrebbero essere risposte adattive alla FI, selezionate perché forniscono un bilancio energetico positivo, piuttosto che vincoli imposti dall’ambiente della FI.

Aggiornamento 5/10/2023

Ennesima puntata della telenovela Ludwig. Il prof ci spiega le debolezze del modello del bilancio energetico (EBM) e i punti di forza di quello insulina-carboidrati (CIM).
Gli ormoni gestiscono, a livello centrale, la fame e il dispendio energetico. Come possono non essere considerati? 
Soprattutto il rapporto insulina/glucagone gestisce il partizionamento dei nutrienti.
Alla fine anche Ludwig ammette che il modello non spiega completamente l'obesità, arrivando a un compromesso dove si integrano i 2 modelli.
"Gli aspetti edonistici e di ricompensa del cibo potrebbero indurre le persone a mangiare più del necessario per soddisfare il fabbisogno energetico, come postulato dall’EBM (che comprende un meccanismo di “spinta”). Quindi, nella tarda fase postprandiale, le risposte ormonali anaboliche al pasto potrebbero intrappolare quelle calorie in eccesso nel tessuto adiposo e sopprimerne il rilascio, come specificato nel CIM (un meccanismo di "trazione"), contribuendo a un circolo vizioso di eccesso di cibo e aumento di peso. I contributi relativi di questi meccanismi possono variare tra le persone, con diversa fisiologia (ad esempio la secrezione di insulina), stato di salute metabolica e per altri motivi, spiegando parte dell’eterogeneità in risposta a diverse diete dimagranti. Per quanto riguarda le implicazioni per la salute pubblica, i prodotti a base di cereali raffinati e gli zuccheri aggiunti costituiscono un ovvio obiettivo di intervento, identificato da entrambi i modelli, anche se per ragioni diverse (ma potenzialmente sinergiche)".

Aggiornamento 26/10/2023

Veramente le calorie da carboidrati sono tutte uguali? Forse nel breve periodo, ma nel medio-lungo termine la tendenza cambia a seconda della loro qualità. Questi i risultati di uno studio prospettico pubblicato sul BMJ.
"L'aumento dell’indice glicemico, del carico glicemico e della quantità di amido, zuccheri aggiunti, cereali raffinati e verdure amidacee (patate) sono associati a un maggiore aumento di peso nella mezza età. Al contrario, un aumento della quantità di fibre, cereali integrali, frutta e verdure non amidacee è stato associato a un minore aumento di peso. Questi risultati supportano la potenziale importanza della qualità e della fonte dei carboidrati per il controllo del peso a lungo termine.
Le associazioni sono maggiori nelle persone sovrappeso.

Aggiornamento 30/12/2023

Uno studio in preprint spiega perché il fruttosio industriale è particolarmente pericoloso nei bambini, ossia in individui in crescita. Il fruttosio arriva facilmente a livelli eccessivi se si ingeriscono bibite gassate o altre fonti di HFCS, mentre quello contenuto nella frutta è poco e si assorbe lentamente.
"La maggior parte del fruttosio che supera la capacità intestinale di assorbire e metabolizzare questo nutriente verrà trasportato al fegato, stimolando vie metaboliche che porteranno contemporaneamente all'accumulo di grasso epatico e alla riduzione della rimozione del grasso epatico. Il fruttosio stimola le proteine SREBP-1c e ChREBP, entrambe regolatrici trascrizionali chiave della lipogenesi epatica de novo (e del colesterolo). D’altra parte, il fruttosio aumenta la sintesi di acetil-CoA, che viene poi convertito in malonil-CoA portando all’inibizione della β-ossidazione limitando l’azione della carnitina palmitoil transferasi. La produzione di VLDL e trigliceridi (TG) è accentuata dalla formazione di gliceraldeide-3-fosfato, un substrato per la sua sintesi a partire dal fruttosio-1-fosfato". In pratica il fegato usa le calorie per produrre grassi lui stesso, che in parte andranno nel sangue e in parte si accumuleranno nel fegato.
Anche l'acido urico aumenta, con aumento dell'infiammazione, della disfunzione endoteliale e dello stress ossidativo.
A livello del tessuto adiposo, il fruttosio stimola l'adipogenesi, ossia la maturazione dei preadipociti a cellule adipose che saranno come dei magazzini nuovi per stipare il grasso. L'effetto è mediato anche dai glucocorticoidi (cortisonici esogeni o rilasciati sotto stress) e per questo consiglio sempre di fare attenzione all'alimentazione in caso di terapie. Il fruttosio stesso aumenta la produzione di cortisolo. Anche le proteine che favoriscono la mobilizzazione dei grassi si riducono, rendendo più difficile la loro fuoriuscita.
Il fruttosio aumenta anche il rilascio di leptina dagli adipociti, favorendo la resistenza leptinica e così facendo perdere la corretta funzione ipotalamica che permette di gestire il bilancio energetico. Viene così facilitato l'accumulo di grassi perché non vengono ossidati agevolmente. Anche la produzione di calore dal grasso bruno si riduce, limitando il consumo calorico durante la giornata.
Gli studi mostrano che anche l'uso in gravidanza e allattamento è pericoloso per il nascituro/lattante, dato che è associato con alterazioni nel tessuto adiposo e nei grassi circolanti, riduzione dell'ossidazione dei grassi nel tessuto adiposo bruno e in generale con maggiore adiposità.
In conclusione i ricercatori sottolineano la necessità di etichette che informino sui pericoli di questo ingrediente in modo da prevenire l'obesità, in particolare quella pediatrica.

Aggiornamento 4/1/2024

Alcuni recenti studi evidenziano che la dieta lowcarb può ridurre il rischio di diabete gestazionale e promuovere minor aumento di peso a lungo termine, ma solo se contemplano una maggioranza di alimenti salutari e di qualità. Questo va a smentire il tanto caro "tutte le calorie sono uguali" che ancora imperversa tra i professionisti.
Le diete a basso contenuto di carboidrati efficaci erano caratterizzate da (pochi) cereali integrali e legumi, frutta e verdura, proteine di alta qualità e grassi salutari.
I meccanismi sembrano legati alla presenza dei micronutrienti e antiossidanti che contrastano la resistenza insulinica che è alla base della patologia diabetica, mentre le fibre aumentano la sazietà e il ridotto introito di grassi saturi riduce l'infiammazione. Inoltre i carboidrati da fonti raffinate possono modulare il destino dei nutrienti, aumentando la tendenza a depositare grasso.

Aggiornamento 18/1/2024

I succhi di frutta al 100% sono associati ad aumento di peso nei bambini. L'associazione appare in parte essere mediata dall'eccesso calorico. "Un potenziale meccanismo che collega il succo 100% frutta all'aumento di peso è il consumo di calorie liquide, che ha dimostrato di comportare un maggiore aumento di peso rispetto all'ingestione di calorie solide. Rispetto alla frutta intera, il succo 100% frutta contiene meno fibra alimentare, che porta al rapido assorbimento del fruttosio nel fegato. Se consumato in eccesso, ciò può portare alla lipogenesi epatica de novo, alla produzione di lipoproteine ​​a densità molto bassa e trigliceridi".
Le conclusioni dello studio concordano con le indicazioni attuali di non consumare quotidianamente questi prodotti ma preferire la frutta intera.
Curiosamente è possibile individuare un trend a seconda del tipo di frutta, con un possibile supporto dei cosiddetti "superfoods". "I succhi di melagrana, frutti di bosco (goji, crespino, mirtillo e ribes) e amarena tendevano alla perdita di peso, mentre i succhi di mela, agrumi e uva tendevano ad un aumento di peso".


Aggiornamento 25/1/2024

Uno studio su persone con malattia coronarica e stent (in pratica infartuati), una dieta a basso contenuto di AGEs (sostanze che si formano in cottura ad alte temperature, soprattutto se ci sono contemporaneamente carboidrati e proteine, per esempio nei fritti e nei prodotti da forno) ha ridotto il peso e la circonferenza addominale. Le calorie erano le stesse della dieta di controllo. L'effetto può essere dovuto alla stimolazione dell'appetito che inducono gli alimenti contenenti AGEs, insieme alla loro azione sull'insulinoresistenza, sistemica e ipotalamica, e sull'infiammazione. "Considerando il ruolo centrale dell’insulina nella regolazione del bilancio energetico e l’implicazione delle cascate proinfiammatorie nel mediare la disregolazione ipotalamica del bilancio energetico, la resistenza all’insulina e l’infiammazione possono rappresentare ulteriori potenziali meccanismi a supporto della capacità degli AGE di interrompere il controllo ipotalamico del bilancio energetico portando a aumento di peso corporeo". Anche l'appetito si riduce. Non si sono invece osservati particolari cambiamenti nel tessuto adiposo bruno.
L'effetto sul peso è confermato dal risultato di una metanalisi.

Aggiornamento 18/3/2024

In uno studio le persone sovrappeso sono state divise in 2 gruppi, uno che assumeva 40g di amido resistente (RS) e l'altro un placebo di 40g di amido normale. Le diete erano uguali per calorie introdotte. Il primo gruppo ha perso in media 2,8kg mentre il gruppo placebo ha mantenuto il peso. Anche il grasso viscerale è migliorato.
Il gruppo trattato ha avuto un miglioramento del microbiota con crescita di alcuni bifidobatteri e riduzione di batteri associati con alterazione metabolica.
Sono infatti migliorati la sensibilità insulinica, la permeabilità intestinale e i marker di infiammazione. Il cambiamento dei microbi appare essenziale per l'effetto dimagrante dell'amido resistente, infatti si evidenzia maggior perdita di peso a seconda del microbiota basale.
"Il microbiota intestinale ha svolto un ruolo fondamentale in questo meccanismo di perdita di peso, modulando potenzialmente l’obesità attraverso le interazioni con l’infiammazione di basso grado e la regolazione delle proteine ​​secretorie legate al bilancio energetico. L’adesione a lungo termine a un modello dietetico ricco di RS per mantenere la composizione del microbioma può essere cruciale per il mantenimento del peso. Poiché l'RS è presente naturalmente negli alimenti e può anche essere aggiunta alla dieta quotidiana, i nostri risultati forniscono uno stile di vita pragmatico per trattare l’obesità e i disturbi metabolici correlati. La manipolazione della composizione microbica intestinale attraverso la dieta può rappresentare una strategia per modificare il bilancio energetico dell’ospite per promuovere la salute".

Aggiornamento 10/6/2024

Il consumo di cibo processato (UPF) aumenta i rischi cardiometabolici (glicemia, circonferenza addominale, peso, adiposità ecc.) anche nei bambini.
"Diversi possibili meccanismi potrebbero spiegare i nostri risultati. In primo luogo, gli UPF contengono quantità maggiori di sodio, energia, grassi e zuccheri e quantità minori di fibre, che sono ben riconosciute come fattori che contribuiscono ai fattori di rischio cardiometabolico. Inoltre, alcuni UPF possono essere collegati a una risposta glicemica più elevata. È stato dimostrato che un elevato consumo di bevande zuccherate può ritardare il segnale di sazietà interna, portando a un eccessivo apporto calorico e a un carico glicemico più elevato. Inoltre, un consumo eccessivo di energia, grassi saturi e zucchero contribuisce all'aumento di peso e a un rischio più elevato dell’obesità, che è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Inoltre, il nostro studio ha dimostrato che i bambini che consumavano elevate quantità di UPF tendevano ad avere un apporto inferiore di frutta e verdura, che, insieme a un modello dietetico sano, sono noti per essere benefici per la salute cardiometabolica.
La maggior parte delle associazioni sono state mantenute nel nostro studio dopo aver ulteriormente adattato i modelli all'aderenza alla dieta mediterranea, suggerendo che altri fattori intrinseci UPF possono svolgere un ruolo importante nel determinare queste associazioni (ad esempio, gli additivi). Studi su animali e cellulari hanno rivelato potenziali rischi cardiovascolari derivanti da additivi autorizzati come solfiti, glutammato monosodico ed emulsionanti. La lavorazione degli alimenti genera contaminanti come acrilammide e acroleina, che sono stati collegati, rispettivamente, a maggiori probabilità e rischio di malattie cardiovascolari. Gli alimenti ultraprocessati possono contenere sostanze chimiche come bisfenoli e sostanze perfluoroalchiliche che sono state associate a un rischio più elevato di esiti cardiometabolici nei bambini".
Gli autori concludono suggerendo provvedimenti politici che riducano e disincentivino il consumo di questi alimenti.

Aggiornamento 4/8/2024

Il microbiota intestinale gioca un ruolo importante nell'attivazione del grasso bruno, quello capace di dissipare energia sotto forma di calore.
Alcuni batteri producono dalle fibre gli SCFA, che attivano il grasso bruno e la termogenesi. Altri col loro metabolismo aumentano gli aminoacidi a catena ramificata (BCAA) che inducono insulinoresistenza e bloccano il grasso bruno.
Anche LPS, prodotto dai batteri infiammatori, induce infiammazione e insulinoresistenza, riducendo la trasformazione del grasso bianco in bruno.

"I metaboliti influenzano la funzione mitocondriale nel tessuto adiposo, modificando l’ossidazione degli acidi grassi e la differenziazione degli adipociti, che sono fondamentali nella progressione dell’obesità.
La disbiosi, caratterizzata da uno squilibrio nella composizione microbica intestinale, è stata collegata a disturbi metabolici legati all’obesità, suggerendo che la modulazione del microbiota intestinale potrebbe offrire strade terapeutiche per migliorare la funzione mitocondriale e combattere l’obesità”

Aggiornamento 24/8/2024

Quali sono le novità sulla crononutrizione?
Ritardare o non seguire una routine nei pasti porta a creare problemi al nucleo soprachiasmatico, il gestore dei ritmi circadiani.
"Il disallineamento circadiano interrompe la regolazione metabolica o l’omeostasi, con conseguente compromissione del controllo del glucosio, aumento dei livelli di insulina, resistenza all’insulina e una risposta al glucosio che imita uno stato prediabetico. In particolare, è stato dimostrato che il consumo tardivo riduce la tolleranza al glucosio e compromette la funzione delle cellule beta pancreatiche nei soggetti portatori della variante a rischio di diabete di tipo 2 MTNR1B. I tempi del consumo di cibo influenzano anche i livelli di pressione sanguigna (BP) e i modelli circadiani. È stato dimostrato che il disallineamento circadiano a breve termine aumenta la pressione arteriosa modulando il sistema nervoso autonomo, riducendo l’attività simpatica e aumentando l’attività parasimpatica. Il disallineamento circadiano diminuisce anche la secrezione di melatonina, che è nota per abbassare la pressione arteriosa. Inoltre, modelli di alimentazione ritardati e irregolari sono associati a livelli più alti di proteina C-reattiva (CRP), un marcatore di infiammazione sistemica legata a pressione alta e altre complicanze cardiovascolari".

Invertire di 12 ore i normali ritmi alimentari porta a sopprimere la leptina e aumentare la grelina, aumentando l'appetito.

In generale "gli studi osservazionali e di intervento suggeriscono che modelli di timing alimentare più precoci (quando si mangia presto) e più regolari possono promuovere la salute cardiometabolica, ma rimangono molte lacune di conoscenza da colmare prima che questi aspetti della crononutrizione possano essere formalmente integrati nelle linee guida e negli approcci di sanità pubblica per la prevenzione delle malattie croniche", ma l'integrazione della crononutrizione nelle linee guida per la popolazione potrebbe portare a vantaggi salutistici non indifferenti

Aggiornamento 2/8/2024

Quando mangiamo lo facciamo per fame o per piacere.
"Le persone mangiano o perché hanno fame o per piacere, anche in assenza di fame. Mentre l’alimentazione guidata dalla fame è fondamentale per la sopravvivenza, l’alimentazione guidata dal piacere può accelerare l’insorgenza dell’obesità e dei disturbi metabolici associati".
È stato individuato un circuito cerebrale che, almeno nei topi, può privilegiare l'uno o l'altro tipo di appetito. I suoi neuroni si trovano nella banda diagonale di broca, nel sistema limbico, quello che gestisce le dipendenze.
Se questi neuroni funzionano bene e interagiscono con l'ipotalamo, bloccano l'alimentazione edonistica (quella che privilegia alimenti ricchi di zucchero e grassi), mentre rimuoverli spinge a mangiare cibo spazzatura, rendendo i topi velocemente obesi.
Probabilmente le persone con dipendenza da cibo hanno una ridotta attività di questi circuiti cerebrali

Aggiornamento 15/9/2024

Il cronotipo tardivo (alzarsi e mangiare tardi rispetto agli orari normali) e l'uso di cortisonici sistemici sono fattori di rischio per il diabete di tipo 2.
Nel primo caso il rischio di diabete aumenta del 46% (con maggiore peso, circonferenza addominale e grasso nel fegato), nel secondo del 260%.