giovedì 21 novembre 2024

Ictus: come i nutrienti possono aiutarci prima (e dopo)


È ben noto che la nutrizione può essere d'aiuto sia nella prevenzione primaria (quando non c'è malattia), secondaria (dopo l'evento, per prevenirne un secondo) e nel recupero dell'ictus.
L'ictus o stroke può essere ischemico (formazione di un trombo che occlude il vaso) o emorragico (rottura del vaso), il risultato è mancanza di apporto sanguigno ai neuroni, con conseguente pericolo di disabilità o morte, legate anche a malnutrizione e quindi anemia, sarcopenia, osteoporosi ecc.

Lo screening per la malnutrizione è previsto dalle linee guida ESPEN in caso di ictus.

"Infatti, nei primi 2-3 mesi dopo l’ictus ischemico, la neuroplasticità è altamente attiva e l’integrazione della dieta o della nutrizione potrebbe migliorare le funzioni funzionali, emotive e cognitive nei pazienti con ictus". In contrasto la malnutrizione, dovuta soprattutto a perdita di capacità, disfagia ecc., aumenta la mortalità.

Quali nutraceutici hanno effetti sul rischio?




Aglio e cipolla crudi inibiscono l'aggregazione piastrinica. Ginkgo biloba, zenzero, pomodoro, crucifere (cavolo e famiglia), curcumina hanno proprietà antitrombotiche evidenziate nei modelli preclinici.

Tra le vitamine, la D riduce il rischio cardiovascolare e la mortalità post-ictus, quelle del gruppo B complicanze neurologiche e depressione, la C lo stress ossidativo e l'infiammazione. La forma sintetica di B12 (cianocobalamina) non dovrebbe essere consigliata.

Tra i minerali, magnesio e potassio sembrano importanti sia in prevenzione che dopo l'evento, lo zinco e il selenio possono sostenere la funzione cerebrale.

La supplementazione con aminoacidi essenziali favorisce il recupero e protegge dalla sarcopenia e conseguente perdita di funzionalità, migliorando plasticità corticale, funzione cognitiva, funzione motoria e deambulazione. In seguito all'evento infatti aumentano i fabbisogni nutrizionali e bisogna contrastare una tendenza al catabolismo (perdita di massa magra) che aumenta il rischio di strascichi e la mortalità.

L'omocisteina è un fattore procoagulante e infiammatorio che è necessario ridurre sia in prevenzione che in terapia.

Il pesce e l'olio di pesce sono legati a minori infiammazione e rischio di ictus ischemico.

La dieta mediterranea è associata con minore rischio di stroke e buona salute in generale, grazie alla sua ricchezza in vegetali (e loro fibre e polifenoli), cereali, pesce ecc.
Anche la frutta a guscio oleosa ha dimostrato, grazie alla sua ricchezza in nutrienti, di poter favorire il recupero.
La ricchezza in fibre è necessaria anche dopo l'evento per favorire la funzione intestinale e nutrire il microbiota, che viene alterato in seguito all'ictus.
La comunicazione intestino-cervello è inoltre necessaria per il recupero, dato che i microbi rilasciano fattori neurotrofici, neurotrasmettitori e grassi a catena corta che modulano il metabolismo cerebrale e il recupero dei neuroni.
L'uso di probiotici può essere d'aiuto ma bisogna valutarne possibili effetti collaterali, in particolare in caso di basse difese immunitarie.

"In sintesi, il consumo della dieta e dei nutraceutici sopra menzionati i) ha mitigato le complicanze periferiche indotte dall’ictus come osteoporosi, sarcopenia, anemia, malnutrizione, disfunzione piastrinica e trombosi, ii) ha ridotto le complicanze centrali come disfunzione motoria, cognitiva, disfunzione , e depressione, e iii) ha migliorato le complicanze vascolari come l'adesione, l'attivazione, l'aggregazione e la trombosi piastrinica. Infatti, l’integrazione nutraceutica ha attenuato lo stress ossidativo, l’infiammazione, l’eccitotossicità e la disfunzione mitocondriale, esercitando così una neuroprotezione nell’ictus. Oltre a questi effetti neuroprotettivi, questi nutraceutici mostrano attività antipiastriniche e antitrombotiche inibendo la produzione di COX-2, TXB2, ADP, collagene, trombina e aggregazione piastrinica indotta da AA attraverso molteplici meccanismi. Pertanto, questi risultati suggeriscono che il consumo dei suddetti nutraceutici e della dieta aiuta a regolare la disfunzione piastrinica e allo stesso tempo offre neuroprotezione contro l’ictus ischemico".

sabato 6 luglio 2024

I nostri piccoli eroi: i mitocondri

 Il mitocondrio è l'organello che fornisce la maggior parte dell'energia cellulare, sfruttando l'energia chimica dei legami presenti nelle sostanze nutritive.

Alla fine del 19° secolo Benda notò delle strutture intracellulari simili ai batteri, che funzionavano come organismi elementari; chiamò queste strutture “mitocondri”, formando la parola dalle parole greche “mitos” (filo) e “chondros” (granuli).


https://it.pinterest.com/pin/599189925414126768/


Storicamente le disfunzioni mitocondriali erano attribuite a difetti genetici, quindi condizioni presenti alla nascita e non acquisite. Oggi invece sappiamo che le loro alterazioni acquisite sono corresponsabili di numerose patologie (ischemia, malattie neurodegenerative e psichiatriche, epatiche, polmonari, cardiache, metaboliche, reumatiche, autoimmuni, tumori). Queste malattie sono infatti caratterizzate da cellule che non riescono a produrre energia e quindi funzionare correttamente, o da difetti nella bioenergetica che alterano alcune funzioni come l'apoptosi, la morte cellulare programmata che è necessaria nelle cellule alterate per evitare la formazione di tumori.

Le disfunzioni mitocondriali sono legate a bioenergetica compromessa, stress ossidativo aumentato, omeostasi del calcio alterata e modifiche nelle dinamiche mitocondriali.

Quali sono le ragioni che portano i mitocondri a funzionare male?

Inversione del trasporto degli elettroni (che dovrebbe avvenire in un solo senso) legato all'eccesso di specie reattive (i famosi radicali liberi, ROS), l'accumulo di proteine alterate, l'accumulo di calcio, ROS e amiloide (nelle malattie neurodegenerative) che alterano la morfologia e la funzione, la formazione di pori che danno il via alla morte cellulare, alterazioni nella bioenergetica creano sbilanciamenti energetici e facilitano l'insorgere di insulinoresistenza, instabilità del genoma che porta alla produzione di proteine alterate e mitocondri malfunzionanti.
Anche la malattia COVID19 può essere dannosa per i mitocondri.

https://www.nature.com/articles/s41392-024-01839-8/figures/4


Tra i supporti nutrizionali per i mitocondri, vitamina B2, creatina, carnitina, coenzima Q10. Anche la dieta chetogenica può essere d'aiuto.

In particolare, per ridurre lo stress ossidativo che si sviluppa durante le reazioni chimiche sono stati proposti coenzima Q10, MitoQ, nicotinamide riboside, N-acetil cisteina.

Questi interventi non hanno però verifiche sul lungo termine, compreso la dieta chetogenica che nel modello animale può favorire la fibrosi e può portare a sbilanciamenti nutrizionali.

"Allo stesso modo, l’efficacia clinica degli antiossidanti e dei composti mirati alla dinamica mitocondriale richiede un attento equilibrio, evitando interferenze con i meccanismi fisiologici di segnalazione dei ROS essenziali per l’omeostasi cellulare".
In pratica un eccesso di antiossidanti può essere problematico perché abbiamo necessità anche dei ROS e di (un po' di) stress ossidativo.

Il trapianto di mitocondri, l'inserimento di mitocondri giovani e funzionanti può essere un'altra prospettiva. Quello autologo (con mitocondri della persona stessa) può ridurre i rischi di rigetto immunitario.

Si tratta comunque di trattamenti ancora da approvare e sottoporre a rigorosi studi.

"La direzione futura delle terapie per la disfunzione mitocondriale risiede probabilmente nella medicina personalizzata, in cui la profilazione genetica e metabolica potrebbe adattare gli interventi alle esigenze dei singoli pazienti, migliorando sia l’efficacia che la sicurezza. Mentre il panorama terapeutico per la disfunzione mitocondriale continua a maturare, l’integrazione di strategie dietetiche, farmacologiche e preventive mantiene la promessa di un approccio più completo ed efficace alla gestione di queste malattie complesse. Lo sforzo di tradurre questi progressi nella pratica clinica sottolinea la necessità di uno sforzo multidisciplinare, colmando il divario tra intuizioni molecolari e innovazione terapeutica per tracciare un percorso verso risultati migliori per i pazienti nel campo della patologia mitocondriale.

Aggiornamento 21/8/2024

Le diete possono avere un effetto importante sulle dinamiche bioenergetiche influenzando i mitocondri, i nostri organelli produttori di energia che soffrono in caso di alterazioni.
"La disfunzione mitocondriale si verifica nei monociti durante l'obesità e contribuisce a uno stato infiammatorio di basso grado; pertanto, il mantenimento di buone condizioni mitocondriali è un aspetto chiave per il mantenimento della salute".
I ricercatori hanno mostrato che 3 tipi di diete di restrizione (dieta chetogenica, digiuno intermittente e restrizione calorica) insieme alla rifaximina influenzano il microbiota, riducendo LPS.
LPS è rilasciato dai batteri infiammatori ed entra in circolo tramite permeabilità intestinale. Riducendosi, non vengono stimolati alcuni recettori (TLR4) che inducono infiammazione nei monociti, migliorando la salute mitocondriale.
Questo riflette probabilmente un generale miglioramento della bioenergetica dell'organismo.

Aggiornamento 12/11/2024

Il coenzima Q10 ad alte dosi ha migliorato la steatosi epatica e le funzioni vascolare, cardiaca ed endoteliale in persone con MASLD (steatosi epatica associata a disfunzione metabolica), riducendo così il rischio cardiovascolare.

martedì 23 gennaio 2024

Funghi e problemi (e loro risoluzione)

  

C'è molta confusione in merito al legame tra salute e funghi, intesi come i vari miceti che vengono in contatto con l'uomo e non (solo) come porcini o altre specie, ma anche come organismi uni o multicellulari che possono annidarsi nel nostro intestino o in altre parti, solitamente in maniera innocua (micobiota). Alcuni funghi hanno anche proprietà medicinali, come lo shitake e il reishi. 


https://www.facebook.com/164064580300043/photos/a.535113209861843/620567674649729/


Per fare un po' di chiarezza è uscita una posizione ufficiale dell'EAACI, la società europea di allergologia, sul legame tra funghi e reazioni avverse.

I funghi sono organismi eucarioti, eterotrofi, principalmente aerobi, che possiedono chitina nelle loro pareti cellulari ed ergosterolo nelle membrane. Le forme vegetative unicellulari possono essere chiamate lieviti.

Alcuni funghi hanno dimorfismo, ossia possono passare ad un'altra forma che può non essere innocua ma patogena. Per esempio la Candida è normalmente unicellulare, ma può passare alla forma invasiva di ifa, che è formata da più cellule messe insieme (passaggio a una forma multicellulare). Diverse specie stanno destando preoccupazione per la salute pubblica.

Il dimorfismo permette ai funghi di svilupparsi sia nell'ambiente (libero e come saprotrofi) che nell'ospite (parassita).

"La transizione a entrambe le forme può essere associata ad un aumento della patogenicità. Come altre forme fungine, i lieviti possono causare reazioni di ipersensibilità, infezioni o entrambe. Possono verificarsi infezioni gravi in ​​ospiti immunocompetenti; al contrario, i lieviti possono persistere all'interno dell'ospite, manifestandosi come infezioni opportunistiche alla soppressione immunitaria o ritornando nell'ambiente come saprotrofi dopo la morte dell'ospite. Esempi di lieviti di importanza medica nell'uomo sono mostrati in Tabella" (e come si può notare sono comunque normalmente presenti nell'organismo).



Sono presenti naturalmente nell'intestino sano miceti che rappresentano il micobiota come SaccharomycesMalasseziaCandida e Cyberlindnera, tuttavia non si è esattamente definito un micobiota sano/fisiologico.

Il documento ci informa che i funghi sono una causa importante di malattie nell'uomo, incluso ipersensibilità di tipo I (le classiche allergie IgE mediate), ma anche di tipo 3 e tipo 4 (rispettivamente mediate da IgG e cellule T). Queste ipersensibilità stanno emergendo grazie alle nuove tecnologie.

Ma perché alcune persone manifestano malattia e altre no?

"Sebbene i funghi stimolino i PAMP (ligandi per i recettori di riconoscimento del modello immunitario innato (PRR) dell'ospite), la maggior parte delle interazioni tra i funghi e l'ospite umano non provocano la malattia. Invece, una malattia fungina di solito si manifesta in ospiti suscettibili. L'infezione è spesso associata a deficienza immunitaria, mentre l'ipersensibilità di tipo I si verifica principalmente nei pazienti atopici (allergici). A seconda della capacità di un dato fungo di crescere alla temperatura corporea umana (funghi termotolleranti) o meno (funghi mesofili), la minaccia patogena posta all'ospite umano è sia infettiva che allergica o solo allergica. Esempi tipici di funghi termotolleranti importanti dal punto di vista medico sono Aspergillus fumigatus e Candida albicans, mentre Alternaria alternata e Cladosporium herbarum gradiscono temperature intermedie".

I funghi possono creare danno anche rilasciando micotossine, sostanze prodotte dal fungo per facilitare la loro alimentazione. Le micotossine possono essere dannose se ingerite col cibo contaminato conservato, mentre non lo sono se inalate per via aerea.

Gli antigeni dei funghi sono proteine che innescano le reazioni immunitarie IgE e IgG. Esistono alcuni esempi di crossreattività di sostanze presenti tra regni diversi, come la chitina, presente nei funghi, nei crostacei, negli aracnidi e negli insetti, e la Malassezia, che ha proteine simili a quelle della cute.

I funghi possono rilasciare anche VOC (composti organici volatili) che possono indurre affaticamento, letargia, mal di testa, irritazione delle mucose oculari e delle vie aeree superiori e respiro sibilante, e in generale infiammazione, tuttavia la loro importanza per la salute umana è ancora controversa.

L'esposizione ai funghi avviene mediante molteplici vie: inalazione, ingestione, contatto ecc.



"Le interazioni fungo-ospite umano includono una combinazione di ipersensibilità, tossicità e infezioni opportunistiche. L'esposizione interna ed esterna ai funghi è ubiquitaria ed è alterata dai cambiamenti climatici. Facendo riferimento alla classificazione di Gell e Coombs, le ipersensibilità ai funghi possono essere di tipo I (IgE), III (IgG) e IV (cellule T) con i meccanismi immunitari relativi, ad esempio immunità innata e adattativa di tipo 2".

Sia le IgG che le IgE possono essere monitorate nel siero per verificare le patologie allergiche. 




La rinosinusite allergica legata ai funghi è associata ad Aspergillus (soprattutto), Candida e Alternaria in oltre la metà dei casi, ma solo in determinate condizioni climatiche (caldo e umidità) si ha manifestazione.
Anche l'asma fungina è associata a queste tre specie, così come alle muffe. Esiste inoltre una forma occupazionale che riguarda i panificatori, associata al S. cerevisiae (lievito di birra) o agli enzimi. L'asma in generale può essere influenzata dal micobiota, in particolare da Candida e Rhodotorula presenti nell'intestino. Altre complicazioni possono essere polmonite da ipersensibilità e micosi polmonare allergica.

Per quanto riguarda le malattie cutanee, orticaria colinergica e soprattutto dermatite atopica, legata alla Malassezia. Questo fungo rilascia proteine che creano mimetismo molecolare, inducendo un processo autoimmune. È anche responsabile della forfora e della dermatite atopica (assieme a S. aureus).

Malassezia e Candida appaiono implicate anche in malattie intestinali (IBD) come Crohn e colite ulcerosa, influenzando sia genesi che progressione e gravità di queste patologie. 

In altri articoli ho trattato il rapporto tra Candida e salute, in particolare il legame con l'insufficienza cardiaca.

Esiste invece un'intolleranza al lievito di birra? Secondo una recente pubblicazione gli epitopi antigenici vengono alterati e inattivati dal calore, ma alcune persone potrebbero avere sensibilità. Sono tuttavia necessari ulteriori ricerche.

È noto che dieta corretta, alcuni fitoterapici e uno stile di vita corretto possono contrastare le crescite fungine patologiche nell'intestino e quindi ridurre i rischi delle malattie collegate. Viceversa diversi fattori ambientali (stress, alcol, sedentarietà, fumo, cicli di antibiotici) aumentano il rischio di infezione fungina (o meglio sovracrescita di funghi normalmente presenti in quantità non dannose).


Muffe

Per le persone sensibili alle muffe, raccomando l'articolo di Chris Kresser. L'esposizione porta a infiammazione e alterazione del sistema immunitario. Anche la neuroinfiammazione è comune e può favorire la nebbia cerebrale, la depressione e la disfunzione cognitiva. Inoltre le micotossine bloccano il sistema immunitario e possono persino riattivare infezioni latenti. L'esposizione cronica alla muffa compromette anche la risposta immunitaria agli agenti patogeni, aumentando il rischio di infezioni opportunistiche.

Le muffe possono avere inoltre effetto negativo sul microbiota ed esaurire le riserve cellulari di glutatione, prezioso antiossidante.

Le muffe casalinghe (indoor) destano ugualmente preoccupazione, grazie al rilascio di micotossine. 


Micotossine 

Le micotossine si possono accumulare nella catena alimentare se non vengono seguite le corrette tecniche di conservazione; una categoria di cibi a rischio è quella dei latticini. Anche i cereali sono a rischio, e questo penso possa almeno parzialmente spiegare perché alcune persone stanno meglio se li evitano. Gli autori dello studio avvisano comunque che i vantaggi  derivanti dal consumo sono superiori ai rischi legati ai contaminanti, in quanto sono alimenti ricchi di nutrienti, in particolare se integrali, e la principale fonte di carboidrati nelle nostre diete. L'uso dell'integrale inoltre favorisce una flora che possa decontaminare dalle tossine.

È stata osservata anche una possibile correlazione delle micotossine alimentari con malattie neurodegenerative, in collaborazione con l'eccesso alimentare e l'LPS batterico.

Per approfondimenti potete consultare il mio articolo sul legame tra tossicità e dieta

I funghi come medicina

Come accennato all'inizio, si ritiene che alcuni funghi possano avere proprietà benefiche e potenzialmente terapeutiche. Tra di esse si elencano: antiossidanti, antinfiammatorie, antitumorali (sia in prevenzione che in terapia), antidiabetiche, antiCOVID19

Alcuni funghi medicinali hanno proprietà positive nei confronti della funzione cardiaca e in particolare nell'ipertensione, ma la loro azione sembra essere utile solo nelle prime fasi della condizione.

Tra i composti attivi troviamo ergosterolo, lovastatina, cordicepina, tocoferoli, chitosano, ergotioneina, acido γ-aminobutirrico, quercetina ed eritadenina.
La presenza di composti potenzialmente tossici ne limita l'impiego.

Ganoderma lucidum (reishi) può aumentare Akkermansia, un batterio benefico per il metabolismo. Gli sono inoltre riconosciute "numerose proprietà farmacologiche, quali antitumorali, ipoglicemizzanti, immunomodulanti, antipertensive, citotossiche, antidiabetiche, antiossidanti, anti-iperlipidemiche, antimutagene, antinvecchiamento, antimicrobiche ed epatoprotettive".

Shiitake (Lentinula edodesha proprietà metaboliche sull'uomo (ipotensive, ipoglicemizzanti e ipolipidemizzanti) e immunomodulanti e antitumorali (solo in vitro per ora). Ha inoltre proprietà prebiotiche, supportando il recupero dopo gli antibiotici assieme ai probiotici, o in generale agendo sulla flora disbiotica. Alcuni studi del bravo Armando D'Orta mostrano che il suo derivato AHCC può migliorare, grazie alle proprietà immunomodulanti, la risposta alla chemioterapia, in particolare ridurre gli effetti collaterali e migliorare la qualità della vita.

https://mushroommarauder.com/products/coffee-makes-me-shiitake-mug

Anche la Grifola frondosa (maitake) ha proprietà metaboliche (colesterolo e glicemia) e antitumorali, modulando il sistema immunitario grazie ai β-glucani.

In generale gli studi oggi hanno bisogno di numeri più grandi perché effettuati su campioni ritenuti troppo piccoli. Vanno inoltre migliorate e standardizzate le produzioni di supplementi a base di funghi medicinali per assicurare purezza e concentrazioni idonee.

Aggiornamento 3/2/2024

Alcuni studi mostrano un potenziale antipertensivo di alcuni funghi medicinali. L'effetto è legato a diversi meccanismi

Aggiornamento 8/5/2024

La colangite sclerosante primitiva (PSC) è una malattia epatica cronica, fibroinfiammatoria, colestatica, di eziopatogenesi sconosciuta, spesso associata a malattie infiammatorie intestinali come la rettocolite ulcerosa. Colpisce anche i bambini.
Le persone colpite sono affette da disbiosi che riguarda sia i batteri che i funghi intestinali. In particolare chi ha entrambe le malattie ha aumento di saccaromiceti, mentre chi ha solo rettocolite ha eccessi di candida.
In entrambi i casi aumentano i batteri infiammatori come Klebsiella e si riducono quelli antinfiammatori come Akkermansia, Bacteroides, Parabacteroides e Oscillospira. Queste alterazioni determinano un'alterazione degli acidi biliari rendendoli infiammatori.
In conclusione "l'alterazione del micro/micobiota ha un ruolo nella patogenesi della PSC-UC, influenzando la produzione di molecole intestinali cruciali (ad esempio, gli acidi biliari). Quindi, gli interventi sul contenuto microbico e fungino dell’intestino potrebbero avere un ruolo protettivo o terapeutico nella PSC".

Aggiornamento 8/11/2024

Da tempo diciamo che l'alimentazione modula il sistema immunitario. Ce lo spiega un articolo di Nature.
Un esempio è la chitina, presente in funghi, crostacei e insetti, che aumenta l'immunità di tipo 2 (quella che agisce nei confronti di vermi e parassiti).
La psoriasi risponde molto bene all'alimentazione: alcuni grassi infiammatori sono tra i responsabili delle alterazioni immunitarie che portano all'infiammazione cutanea.
Il digiuno agisce anche attraverso nervi specifici, provocando la riduzione di alcune cellule T, riducendo così l'eccesso di risposta immunitaria presente nell'autoimmunità. Questi neuroni potrebbero essere attivati tramite stimolazione elettrica, evitando le conseguenze negative del digiuno. Una di queste è proprio la diminuzione della risposta immunitaria, con esposizione alle infezioni.
Anche una dieta di tipo occidentale, ricca in grassi e cibo raffinato, ha l'effetto di abbattere le difese immunitarie e rendere più suscettibili alle infezioni. Nel modello animale 3 giorni senza fibre determinano un'alterazione del microbiota e una conseguente caduta delle difese immunitarie, in particolare nei confronti dei batteri. Nei topi che non assumono fibre cadono le difese nei confronti del melanoma.
Altri effetti molto specifici sono dati dalle diete vegane e chetogeniche.
"Mentre la dieta chetogenica, i partecipanti avevano livelli e attività migliorati delle cellule T e B che fanno parte del sistema immunitario adattivo, che monta una risposta “di precisione” che riconosce nemici specifici, coloro che seguivano la dieta vegana hanno riscontrato un miglioramento delle risposte immunitarie innate, che sono più rapide e meno specifiche delle risposte adattive".