martedì 10 agosto 2021

Allergie alimentari: prevenire è meglio che curare


Siamo passati da "la permeabilità delle barriere non esiste" a "la protezione delle barriere è la pietra angolare della gestione della dermatite atopica (AD)". Così infatti si legge nelle nuove linee guida per la prevenzione e l'intervento delle malattie allergiche dell' EAACI.
Gli altri punti essenziali sono "la presenza di batteri commensali specifici per mantenere intatto il sistema immunitario della mucosa e la diversità della dieta materno-infantile, comprendente vitamine e minerali, e l'introduzione di alimenti allergenici opportunamente programmati per prevenire le allergie alimentari (FA).

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S. aureus è un batterio predominante nella pelle delle persone con dermatite atopica, è stimola l'infiammazione con diversi meccanismi. Il fungo Malassezia può favorire sia AD che dermatite seborroica.

Per indurre tolleranza agli allergeni, Un fattore nutrizionale fondamentale è la vitamina A, che modula il sistema immunitario.

"La crescente prevalenza di FA parallelamente ad altre malattie non trasmissibili può essere spiegata, in parte, da alterazioni nella composizione e nella funzione del microbioma commensale. Le pratiche di stile di vita del 21° secolo, tra cui un maggiore uso di antibiotici, diete a basso contenuto di fibre/ricche di grassi, ridotta esposizione a malattie infettive, parto cesareo e alimentazione artificiale, hanno impoverito collettivamente le popolazioni di batteri benefici per la salute. Oltre a cellule specifiche (Treg Foxp3+) indotte dall'antigene alimentare, è necessaria una risposta protettiva per la barriera intestinale indotta dai batteri per prevenire la sensibilizzazione allergica al cibo. La produzione di IL-22 indotta da clostridi da parte delle cellule linfoidi innate di tipo 3 (ILC3) è necessaria e sufficiente per ridurre la permeabilità epiteliale intestinale all'allergene alimentare".

I batteri buoni e la loro produzione di SCFA come il butirrato a partire dalle fibre sono dunque essenziali per prevenire le allergie.

Inoltre il microbiota regola la produzione di metaboliti del triptofano, degli acidi biliari e di neurotrasmettitori come il GABA (che blocca il prurito).

Ormai è assodato che ritardare l'introduzione dei cibi allergizzanti aumenta il rischio di allergie. Altri fattori di rischio sono gravidanza tardiva e difficoltà nella nutrizione del neonato.
Per quanto riguarda l'allattamento, non è chiaro se protegga dalle allergie, mentre è certo per l'AD. Questo ovviamente non è un invito a non allattare. La stessa cosa vale per i pattern dietetici in gravidanza (le uniche evidenze certe sono che frutta verdura e yogurt proteggano da AD, mentre oli vegetali e margarine aumentano il rischio). Diversificare la dieta è invece protettivo per asma, rinite, FA e AD. Beta-carotene, vitamina E, zinco, calcio, magnesio, rame e vitamina D sono associati a ridotto rischio di AD, mentre per le allergie rimangono dubbi. Gli antiossidanti riducono lo stress ossidativo ma non è chiaro se possano aiutare.

Gli omega 3 hanno chiari effetti immunomodulanti e tollerogenici, ma gli studi di intervento sono contradditori.

Per quanto riguarda i probiotici, sono particolarmente efficaci nel prevenire l'AD se somministrati in gravidanza e successivamente, mentre sono incerti gli effetti se dati solo al neonato

Aggiornamento 26/9/2021

Le allergie legate agli alimenti non mediate da Ig-E (o miste) sono prevalentemente reazioni gastrointestinali (malattie eosinofile in particolare esofagite, celiachia, enterocolite allergica indotta da proteine ​​alimentari (FPIES), enteropatia indotta da proteine ​​alimentari (FPE) e proctocolite indotta da proteine alimentari (FPIAP)) o dermatologiche (dermatite atopica) e spesso anche altri allergeni (inquinamento, irritanti, pollini ecc.) sono concausa.
Le diete di esclusione e quella a basso contenuto di istamina possono funzionare.
I fattori nutrizionali influenzano la tolleranza.
"Dopo che le fibre alimentari vengono metabolizzate, i derivati batterici, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA) e l'acido retinoico (RA), influenzano lo sviluppo e la funzione delle cellule FoxP3+ Treg attraverso l'interazione con le cellule epiteliali intestinali e le cellule dendritiche tollerogeniche (DC) con Cellule T CD4+ naive. L'attivazione e l'espansione delle cellule Treg promuovono la produzione della citochina regolatrice immunitaria, IL-10, che favorisce il cambio di classe delle cellule B da IgG1 a IgG4. Le cellule B IgG4 allergene-specifiche producono anticorpi ad alta affinità per gli allergeni alimentari, prevenendo le interazioni dell'allergene con le IgE legate ai mastociti. I fattori derivanti dal microbiota, come i cataboliti triptofano-indolo, possono attivare direttamente le cellule linfoidi innate attraverso il recettore degli arili (AhR), e indurre la produzione di IL-22, una citochina che promuove rigenerazione dell'epitelio intestinale e integrità della barriera" (riducendo la permeabilità intestinale che è alla base di molte malattie).
Invece l'esposizione a batteri infiammatori attiva le citochine che richiamano gli eosinofili, producono le Ig-E e promuovono il rilascio di istamina, alla base delle reazioni allergiche.
"In condizioni normali, solo quantità minime di antigeni alimentari (Ag) possono attraversare le barriere della mucosa attraverso la via paracellulare, un processo tipicamente associato allo sviluppo della tolleranza immunitaria. L'esposizione ad Ag di durata o entità inappropriata può portare a malattie immuno-mediate in soggetti geneticamente suscettibili.
Gli allergeni degli acari "sono in grado di interrompere le giunzioni strette intercellulari (TJ) e aumentare il traffico di Ag attraverso i monostrati epiteliali bronchiali. Questa proprietà, e in generale la capacità di indurre funzioni effettrici epiteliali, è condivisa con altri allergeni, inclusi alcuni allergeni alimentari, e trigger meno specifici come detergenti e microplastiche".
Alterazioni della permeabilità delle diverse mucose o epiteli (derma ecc.) sono sempre presenti nelle allergie.
"Come ampiamente documentato in numerosi studi condotti negli ultimi 20 anni, la composizione e la diversità delle comunità microbiche che rivestono tutte le superfici corporee, denominate collettivamente microbiota, rappresentano una variabile importante e critica nella regolazione della competenza barriera e delle risposte adattative e innate".
Escludere alimenti in gravidanza può favorire sbilanciamenti nel microbiota del bambino e aumento degli anticorpi legati alle allergie, mentre l'uso di probiotici riduce il rischio.

"Le reazioni alimentari non allergiche sono state anche definite come "ipersensibilità alimentare non allergica". Negli ultimi anni il termine “intolleranza” è stato spesso abusato per definire un'ampia gamma di disturbi legati all'assunzione di cibi diversi. Molteplici e autorevoli segnalazioni, sia scientifiche che istituzionali, chiedono con insistenza di rivedere la terminologia per collocare il complesso mosaico di questi disturbi nella più corretta definizione clinica di “reazioni avverse al cibo non immunologiche”.
L'esistenza e la prevalenza delle ipersensibilità tra cui glutine, istamina e glutammato, è tuttora dibattuto. L'assenza di test affidabili è un altro problema.
Le sensibilità a istamina, additivi e salicilati sono indipendenti dall'ospite. Quelle al lattosio, glutine (o grano) e FODMAP sono invece dipendenti dall'ospite.
Le linee guida NICE sull'intestino irritabile consigliano una dieta varia con esclusione degli alimenti trigger, e in secondo luogo la dieta FODMAP

Aggiornamento 24/10/2021

Solito ottimo articolo di Selfhacked.com sui probiotici

I probiotici riducono l'infiammazione sia in persone sane che in caso di malattie come IBD e fatica cronica
Modulano favorevolmente il sistema immunitario delle persone con asma e riducono i sintomi nella rinite allergica; migliorano anche la tolleranza verso gli antigeni alimentari
Riducono il rischio di dermatite atopica, soprattutto in gravidanza, e in alcuni bambini migliorano la malattia
Riducono l'incidenza della mucosite orale e intestinale

Le evidenze sono inferiori invece per malattie autoimmuni, infiammazioni polmonari, celiachia e artriti

L'articolo di Medscape invece evidenzia i buoni risultati in malattie psichiatriche, con o senza uso dei farmaci, ma avverte che sono necessari ulteriori studi.
Le persone con problemi mentali infatti hanno spesso un microbiota alterato e una condizione infiammatoria.
I probiotici possono ridurre depressione, stress e ansia, migliorare disturbo bipolare e schizofrenia, ma gli studi spesso non sono stati condotti correttamente quindi vi è necessità di ulteriori accertamenti.

Aggiornamento 10/11/2021

L' EAACI (società europea di allergologia) ha rilasciato una posizione ufficiale sul rapporto tra batteri e allergia.
L'abuso di antibiotici in gravidanza e infanzia è associato con alterazione del microbiota intestinale e polmonare e aumentato rischio di allergie. Tuttavia a parte la dermatite atopica e il M. pneumoniae nell'asma severo non vi sono chiare associazioni tra specie batteriche e malattie allergiche. Gli antibiotici non sono appropriati per l'asma mentre lo possono essere probiotici e prebiotici.
Il loro uso in allergie alimentari, dermatite atopica e rinite, insieme ad HMO (prebiotico del latte materno) ha dato discreti risultati ma non definitivi.
Vale comunque sempre la pena di considerare l'alimentazione come primo modulatore del microbiota.

Aggiornamento 17/11/2021

Il latte materno può "educare" il sistema immunitario del bambino, e la dieta ha un ruolo importante.
"Il microbiota dell'intestino fornisce la stimolazione immunitaria più critica al neonato, favorendo un sistema immunitario ben addestrato e le corrette regolazioni metaboliche nei soggetti sani. Al contrario, diete ricche in grassi e zuccheri hanno effetti profondi sulla composizione del latte materno e alterano i profili immunitari nel neonato. In questa nuova fase, i neonati hanno un sistema immunitario vulnerabile, che favorisce la suscettibilità alla colonizzazione intestinale microbica e ad una risposta immunitaria alterate".
Un'alimentazione sbilanciata nella mamma fa produrre un latte che contiene citochine infiammatorie in eccesso. Le donne sovrappeso spesso hanno un eccesso di grassi non sani e altre molecole che favoriscono un profilo infiammatorio nel lattante.
Il latte materno contiene sia cellule immunitarie che rimangono negli anni successivi sia anticorpi che educano il sistema del neonato.
Questi "trasferimenti" sono importanti perché favoriscono la nascita della tolleranza immunitaria, che se manca favorisce allergie o malattie autoimmuni. Vengono inoltre trasferiti i batteri, per cui è essenziale che una mamma abbia un buon microbiota.

Aggiornamento 24/1/2022

Una dieta sana in gravidanza, ricca di verdure, frutta, cereali integrali, yogurt e povera di carni processate e cibo industriale riduce il rischio di malattie allergiche (quali asma, rinite, dermatite atopica, allergie alimentari) tra il 15 e il 23%.

Aggiornamento 29/4/2022

I bambini con allergie hanno un microbiota particolare con una aumento di una specie, Ruminococcus gnavus, che ha proprietà infiammatorie e modula negativamente il sistema immunitario riducendo la tolleranza. Inoltre sono ridotte specie come B. longum e in generale le specie che degradano la fibra e producono metaboliti benefici che incrementano la tolleranza.
I batteri infiammatori invece producono LPS che inducono rinosinusite.
"La vita rurale, il parto vaginale, il possesso di animali domestici, il consumo di un'ampia varietà di alimenti, il basso uso di antibiotici e il microbiota del latte materno possono ridurre il rischio nei bambini di sviluppare un'allergia respiratoria o alimentare.
Si suggerisce che la produzione di molecole pro-infiammatorie e la ridotta capacità di catabolizzare i polisaccaridi complessi possano essere associate all'aumentata infiammazione tipica delle condizioni allergiche. Questi risultati supportano l'importanza del microbiota intestinale nell'insorgenza di malattie allergiche e possono aprire nuovi spunti nello sviluppo di strategie preventive e terapeutiche innovative basate sulla manipolazione del microbioma".

Aggiornamento 24/6/2022

Rispetto alle popolazioni non industrializzate, i bambini nati da donne delle nazioni avanzate hanno scarsità di B. infantis, un batterio che sostiene il sistema immunitario e lo sviluppo del microbiota. È presente invece B. breve, una specie che digerisce in maniera limitata gli HMO, gli zuccheri del latte materno.
I ricercatori ipotizzano che, in assenza di B. infantis, il latte materno possa avere una capacità limitata di esercitare tutti i benefici per il bambino, sia nello sviluppo del microbioma che nella salute del bambino.
Vi è stata una perdita di specie batteriche nell'ultimo secolo, grazie alle modifiche nello stile di vita, tra cui parti cesarei, antibiotici, aumento della sanificazione, una dieta ricca di grassi saturi, povera di fibre alimentari e ricca di dolcificanti artificiali ed emulsionanti. Secondo Sonnenburg, autore dello studio, "il parto cesareo, che impedisce la condivisione di importanti batteri vaginali, e l'uso di latte artificiale vanno di pari passo con l'alterazione del microbioma intestinale all'inizio della vita".
Questa differenza potrebbe aumentare il rischio di malattie infiammatorie nelle civiltà industrializzate.

Aggiornamento 28/6/2022

L'uso di probiotici può avere interessanti prospettive nella dermatite atopica. È noto che attraverso l'asse intestino-pelle vengono regolati l'infiammazione e la risposta immunitaria che causano la patologia.
Secondo la revisione sistematica dei dati la miscela di Lactobacillus salivarius (LS01) e Bifidobacterium breve 03 (BR03) è quella più efficace.
I probiotici contribuiscono a ridurre la severità della malattia e migliorare la qualità della vita in persone con eczema.

Aggiornamento 13/7/2022

1000 UI al giorno di vitamina D dalla 14esima settimana di gestazione al parto riducono significativamente il rischio di dermatite atopica nella prole.
"La prevalenza dell'eczema atopico all'età di 12, 24 e 48 mesi era rispettivamente del 7,2%, 11,4% e 6,7% nel gruppo di intervento, rispetto al 12,0%, 14,6% e 8,4% nel gruppo placebo".

Aggiornamento 22/7/2022

Usare forme attive di folati (metilfolato, 5-MTHF) al posto che acido folico (AF) previene la presenza nel sangue di UMFA (acido folico non metabolizzato) che può essere problematica. Le forme già attive sono assorbite dalla mamma e dal feto, superando la placenta, e non vengono influenzate dalla presenza di mutazioni MTHFR.
La presenza di UMFA è stata collegata a ricorrenza di tumore all'intestino e problemi cognitivi.
"Altri esiti negativi potenzialmente legati all'UMFA durante la gravidanza sono le allergie alimentari e le malattie respiratorie. In uno studio recente, livelli elevati di UMFA nel sangue del cordone ombelicale sono correlati positivamente con le allergie alimentari nei bambini piccoli. Ulteriori studi suggeriscono che i tempi di esposizione all'AF durante la gravidanza possono aumentare il rischio di sviluppare l'asma durante l'infanzia. Un altro studio sostiene l'associazione tra UMFA, funzione polmonare e asma nei bambini e negli adulti. La supplementazione di 5-MTHF aggira il problema dell'integrazione con dosi eccessive di AF in gravidanza".

Aggiornamento 27/3/2022

L'allergia alle arachidi è discretamente diffusa negli USA e in Europa (circa 1-2% della popolazione).
Secondo alcuni ricercatori anticipare l'introduzione delle arachidi contribuirebbe a ridurre il rischio dell'allergia, per cui si dovrebbero inserire negli alimenti complementari.
Hanno sviluppato un modello secondo cui "per massimizzare la prevenzione dell'allergia alle arachidi nella popolazione, tutti i bambini dovrebbero iniziare a mangiare prodotti a base di arachidi entro i 6 mesi di vita; i neonati con eczema, in particolare eczema grave, dovrebbero iniziare a partire dai 4 mesi di età".

Aggiornamento 30/4/2023

Da diverso tempo penso che l'EAACI, la società europea di allergologia, sia una delle società scientifiche più avanti di tutte.
In una recente posizione hanno illustrato come le fibre alimentari possano modulare il sistema immunitario e prevenire, alleviare e in qualche caso guarire malattie legate alle sue alterazioni come allergie, asma e malattia infettive, compreso COVID19.
Le fibre sono componenti essenziali dell'alimentazione e le allergie sono cresciute contemporaneamente al declino del loro consumo. Le fibre contribuiscono a mantenere la tolleranza immunologica attraverso la fermentazione microbica e la produzione di metaboliti batterici. Per questo la fibra può non essere sufficiente ma può essere necessario integrare le specie batteriche mancanti coi probiotici. È probabile che un tipo di fibra da solo sia inefficace, quindi il vantaggio si avrebbe dal corretto mix delle diverse fibre presenti in vari alimenti vegetali.
Potrebbe essere importante classificare le fibre in base al loro effetto immunitario. Per esempio promozione dell'integrità della barriera epiteliale, induzione delle cellule T regolatorie, prevenzione della polarizzazione TH2 e inibizione della degranulazione dei mastociti (rilascio di istamina).
Anche il timing di esposizione è importante, per cui sin da piccoli ci si deve abituare a mangiare fibre per modulare l'immunità. Alcune linee guida stabiliscono l'utilità della supplementazione con fibre in bambini a rischio malattie allergiche. Diversi studi mostrano l'utilità delle fibre nella gestione di allergie, dermatite atopica e asma, mostrando quindi un potenziale uso farmacologico dell'alimentazione. Ulteriori studi sono necessari per chiarire le varie interazioni tra microbiota, fibre e sistema immunitario.

Aggiornamento 22/11/2023

Nuove classificazioni nelle allergie, secondo l'EAACI.

Nel nuovo position paper dell' EAACI (Società Europea di Allergologia) si individuano e classificano 7 tipi di sensibilità allergica, 3 in più rispetto alle 4 già conosciute.
Si tratta di un passo avanti in quanto le sensibilità di tipo V e VI sono ritenute fortemente legate alla disbiosi e alla permeabilità degli epiteli (non solo intestinale ma anche di pelle e altre mucose). Viene chiaramente sottolineato che queste condizioni sono legate ad allergia, asma, malattie autoimmuni, dermatite atopica, rinosinusite, esofagite eosinofila, obesità e metabolismo alterato. L'alterata permeabilità è anche strettamente legata alla dieta (povertà di fibre e riduzione del muco protettivo), ma anche a fattori ambientali come inquinamento e prodotti di uso comune, inclusi dentifrici, shampoo, detersivi e alimenti trasformati.

  1. Le reazioni di tipo I, IgE-dipendenti, si verificano in pazienti con rinite allergica (AR), rinocongiuntivite allergica (ARC), asma, dermatite atopica, orticaria acuta/angioedema, allergie alimentari, al veleno e ai farmaci. Sono immediate.
  2. Le reazioni di tipo II sono tipicamente reazioni indotte da farmaci che sono considerate causa di citopenia allergica. Tuttavia, le reazioni di tipo II rappresentano un evento patogenetico essenziale in diverse malattie autoimmuni, come la trombocitopenia immune, l'anemia emolitica autoimmune (AIHA), la neutropenia autoimmune, la malattia di Biermer, la sindrome di Goodpasture, la malattia emolitica del feto e del neonato (eritroblastosi fetale), la miastenia gravis, pemfigo e reazioni trasfusionali che coinvolgono gruppi sanguigni non corrispondenti.
  3. Le reazioni allergiche di tipo III comprendono la fase acuta della polmonite da ipersensibilità (detta anche alveolite allergica estrinseca), la vasculite indotta da farmaci, la malattia da siero e la reazione di Arthus. Le reazioni di tipo III sono associate a diverse malattie autoimmuni, tra cui il lupus eritematoso sistemico (LES), l'artrite reumatoide (RA) e la glomerulonefrite post-streptococcica.
  4. Risposta immunitaria di tipo IVa – T1 Le manifestazioni cliniche tipiche della reazione di tipo IVa sono la dermatite allergica da contatto, la fase cronica della polmonite da ipersensibilità (detta anche alveolite allergica estrinseca) e la malattia celiaca. Le reazioni di tipo IVa possono essere essenziali anche per gli endotipi di asma non T2, AR, CRS o AD. Questi meccanismi spiegano anche le reazioni allergiche non immediate ai farmaci, che si verificano dopo l'aptenizzazione del farmaco con una proteina trasportatrice.
  5. L'espressione più caratteristica di una reazione di ipersensibilità di tipo IVb può essere osservata nella classica reazione allergica con infiammazione cronica delle vie aeree nell'AR, nella rinosinusite cronica (CRS), nell'asma e nell'AD (endotipo T2), nell'allergia alimentare, nell'esofagite eosinofila (EoE) o nella dermatite da contatto con proteine. Le cellule Th2, ILC2, le cellule NK-T, gli eosinofili e un sottoinsieme di Mφ sono i principali attori della risposta immunitaria di tipo IVb – T2. Le reazioni di tipo IVb sono mediate dalle cellule Th2, che acquisiscono il loro fenotipo in seguito all'esposizione a IL-4, basofili o cellule NK-T.8
  6. Nelle risposte di tipo IVc, le cellule Th17, che appartengono alla linea delle cellule T helper, producono citochine della famiglia IL-17 che regolano gli effettori innati e orchestrano l'infiammazione locale inducendo il rilascio di citochine e chemochine proinfiammatorie in grado di reclutare NEU e migliorare la produzione di citochine Th2 . Le cellule Th17 della memoria acquisiscono il loro fenotipo in seguito all'esposizione a IL-6, IL-21, IL-23 e TGF-β forniti dalle APC. Le principali citochine effettrici prodotte dalle cellule Th17 sono IL-17A, IL-17F, IL-21, IL-22 e il fattore stimolante le colonie di granulociti-Mφ
  7. Tipo V: difetto della barriera epiteliale. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nella comprensione dei diversi fenotipi ed endotipi delle malattie infiammatorie della mucosa/cutanea come AR/ARC cronica, CRS, AD, asma o sindrome da enterocolite indotta da proteine ​​alimentari, EoE e malattia celiaca. Ciò ha rivelato che queste condizioni non sono malattie omogenee ma sono invece definite da una costellazione di sintomi che possono derivare da diversi meccanismi patologici. In alcuni casi, il processo infiammatorio sembra riflettere un'alterata funzione di barriera della pelle o della mucosa, piuttosto che da un disregolazione immunitaria primaria. La compromissione della funzione della barriera epiteliale facilita l'attivazione del sistema immunitario sottostante e successivamente porta all'infiammazione cronica. La perdita della barriera può derivare da difetti in diversi componenti essenziali, tra cui elementi strutturali dello strato corneo nella pelle, proteine ​​di giunzione stretta nella pelle e nelle mucose, antiproteasi protettive, espressione di prodotti antimicrobici, trasporto di ioni, protoni, acqua o materiali antimicrobici e altri meccanismi. L’attivazione dei nervi sensoriali, che contribuisce allo sviluppo dei sintomi allergici, è anche associata alla perdita della barriera. La disfunzione della barriera intestinale può verificarsi anche attraverso l’erosione del muco attraverso un’alimentazione/dieta a basso contenuto di fibre. Ciò spiega per la logica dell'introduzione dell'ipersensibilità di tipo V per evidenziare le peculiarità dei processi patologici e per la loro importanza nell'ottica di approcci personalizzati e di precisione alla caratterizzazione di endotipi e biomarcatori e al trattamento biologico in rapido sviluppo, in particolare con anti-allarmine. I fenomeni di alterazione delle barriere inducono anche infiammazione attraverso l'attivazione del sistema immunitario tramite reazione di tipo IVb. Essendo un fattore importante nell'ipersensibilità di tipo V, il coinvolgimento diretto di fattori ambientali che interrompono direttamente le barriere epiteliali è stato recentemente dimostrato in diversi modelli e tessuti umani. L'esposizione diretta a inquinanti atmosferici, sostanze chimiche e altri fattori ambientali nell'esposoma può distruggere le barriere epiteliali e influenzare il microbioma e il sistema immunitario. È noto che molti degli agenti chimici presenti nei comuni prodotti di consumo (compresi dentifricio, shampoo, detersivi e alimenti trasformati) danneggiano queste barriere critiche, aumentando la permeabilità a batteri, tossine, sostanze inquinanti e allergeni. Quando le barriere epiteliali vengono danneggiate (diventando 'leaky', permeabili), sostanze e microbi possono passare nei tessuti più profondi, dove normalmente non appartengono e innescare una risposta immunitaria/infiammatoria che può avviare o aggravare molte malattie infiammatorie croniche attraverso le vie dell'inflammasoma I difetti della barriera epiteliale sono stati dimostrati non solo in T2 ma anche nelle risposte non-T2 nella rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP) e nell'asma non-T2. Recenti studi sull'esposizione in modelli murini di infiammazione polmonare eosinofila nell'asma e nello sviluppo di esofagite eosinofila in risposta al sodio lauril solfato e ai detergenti dimostrano che l'asma e l'infiammazione simile a (EoE) iniziano solo con l'attivazione delle cellule epiteliali e la perdita della barriera indotta da sostanze tossiche. Come esempio diretto di citotossicità chimica, gli individui con barriere epiteliali permeabili mostrano un'infiammazione locale nelle loro cellule epiteliali, denominata "epitelite". L’epitelite è l’evento iniziale che attira le cellule proinfiammatorie nell’area della barriera epiteliale danneggiata. Si inizia con gli insulti ambientali (esposizione a sostanze inquinanti e tossiche), infezioni virali ed enzimi negli allergeni. Principalmente le allarmine, IL-25, IL-33 e TSLP e numerose chemochine proinfiammatorie vengono rilasciate dalle cellule epiteliali che invitano il sistema immunitario, nell'area, in particolare il Tipo IVb e i soggetti della risposta T2. La disbiosi microbica si verifica in aree della barriera epiteliale infiammatoria che risulta permeabile. Un microbiota sano sulla superficie della barriera mucosa regola numerosi aspetti dell’omeostasi della barriera. Tuttavia, la ridotta biodiversità e le alterazioni nella composizione e nel metabolismo del microbiota intestinale e cutaneo sono associati a varie condizioni infiammatorie, tra cui asma, malattie allergiche, malattie infiammatorie intestinali, diabete di tipo 1 e obesità. La disbiosi si riferisce a uno squilibrio nei microrganismi che risiedono nei tessuti, con disbiosi microbica e traslocazione batterica legate allo sviluppo e all’esacerbazione di malattie allergiche e autoimmuni.
  8. Tipo VI – disregolazione immunitaria indotta dal metabolismo. Particolarmente presente negli obesi asmatici che diventano resistenti al cortisone, anche questa coinvolge il microbiota e la permeabilità intestinale, con mancata degradazione dell'istamina. Le sostanze che entrano dall'intestino vanno, attraverso la circolazione sanguigna, a infiammare i tessuti distanti aumentando il rischio di malattie croniche incluso, malattie autoimmuni, asma e allergie. "Recentemente sono stati identificati numerosi nuovi metaboliti immunomodulanti (ad esempio metaboliti del triptofano, acidi grassi a catena corta) e la secrezione disregolata di questi immunomodulatori può contribuire allo sviluppo di allergie".
  9. Tipo VII: risposta cellulare e infiammatoria diretta alle sostanze chimiche. Le reazioni di tipo VII si verificano in pazienti con AR, ARC, asma, AD, orticaria acuta/angioedema e allergia ai farmaci. Può essere dovuta all'uso di FANS (aspirina) che alterano il  metabolismo dell'acido arachidonico.

Aggiornamento 7/12/2023

Gli AGEs, composti che si formano nei cibi cotti ad alta temperatura soprattutto in alimenti ultraprocessati con panature, prodotti da forno ecc., aumentano la prevalenza e la gravità delle allergie alimentari (FA).
Negli alimenti con AGEs si verifica la reazione di Maillard e sono presenti "cambiamenti chimici e conformazionali nelle proteine ​​alimentari, che influenzano la digeribilità, la biodisponibilità, l'immunogenicità e l'allergenicità.
Tra i meccanismi proposti, troviamo:
1) aumentata infiammazione. "Gli allergeni alimentari in presenza di AGEs possono attivare il recettore RAGE e cooperare per produrre citochine proinfiammatorie attraverso le cellule dendritiche presentanti l'antigene e le risposte delle cellule T. E questo è stato associato allo sviluppo e alla progressione di diverse malattie. Tra questi, l'FA provoca sensibilizzazione allergica attraverso le cellule dendritiche, le cellule presentanti l'antigene e le risposte delle cellule T. Inoltre, l'interazione degli AGEs con i RAGE sembra attivare i mastociti, con una possibile partecipazione alla patogenesi dell'FA
2) induzione di nuovi epitopi. "L'alterazione della funzione delle proteine ​​glicate si verifica perché la reazione di Maillard porta all'aggregazione delle proteine ​​attraverso la reticolazione intermolecolare o intramolecolare tra residui di lisina e arginina nella creazione di AGEs. Questo processo può alterare il livello di IgE e il riconoscimento delle cellule presentanti l'antigene. In altre parole, le proteine ​​modificate dagli AGEs possono portare a risposte immunogeniche.
3) alterazione del microbiota. Gli AGEs disturbano il microbiota che è fondamentale per raggiungere la tolleranza immunitaria. Inoltre l'aumentata permeabilità intestinale facilita l'ingresso degli allergeni.
Anche gli additivi presenti nel cibo spazzatura può aumentare il potere allergizzante.

Aggiornamento 15/2/2024

I fattori di predisposizione alle allergie alimentari sono la genetica, l'alterazione del microbiota, l'esposizione a detergenti cutanei e inquinamento. L'eczema infantile è il principale fattore di rischio.
Un'allergia emergente è quella alfa-gal, che è conseguente al morso della zecca e può rendere allergici alla carne dei mammiferi.
L'introduzione precoce di alimenti come uovo e arachidi riduce il rischio di allergia futura, soprattutto nei bambini con eczema.
La corretta gestione comprende evitare gli alimenti allergizzanti e gestire la dieta con un professionista che fornisca alternative per evitare carenze ed educhi a fare attenzione ad etichette e contaminazioni.
L'immunoterapia è un'opzione che può portare alla desensibilizzazione nei confronti dell'allergene.

Aggiornamento 16/2/2024

Le fibre vengono fermentate dal microbiota e trasformate in grassi a catena corta (SCFA). Questi agiscono su un recettore, GPR109A, che blocca la risposta allergica. Ecco perché un'alimentazione adeguata è fondamentale per regolare la risposta allergica.

Aggiornamento 1/6/2024

Dare arachidi nella prima infanzia è protettivo nei confronti dell'allergia negli anni seguenti. Inoltre la protezione appare durare nell'adolescenza, anche se per diverso tempo non si sono consumate

Aggiornamento 6/6/2024

In uno studio cross-sectional, l'escrezione urinaria di sodio, proporzionale alla quantità di sale assunto, è associata al rischio di dermatite atopica. I ricercatori suggeriscono che limitare il sale nell'alimentazione può essere un modo per ridurre l'incidenza di questa malattia dermatologica a carattere allergico, anche se lo studio non può stabilire causalità e potrebbe solo riflettere l'assunzione di molto cibo spazzatura. Il meccanismo ipotizzato è legato all'accumulo di sodio nella pelle. In questo modo vengono alterate le vie immunitarie: i linfociti T diventano t-helper 2 e sono così più infiammatori.

Aggiornamento 3/7/2024

Le allergie alimentari pediatriche sono in aumento.
Secondo gli esperti le cause ambientali sono alcuni farmaci (antiacidi, antibiotici, disinfettanti) ma il maggior contributo potrebbe venire dal consumi di cibo ultraprocessato

Aggiornamento 16/9/2024

L' EAACI , la società europea di Allergologia, ha revisionato l'efficacia degli interventi nutrizionali sulla dermatite atopica, in assenza di chiare allergie alimentari.
I più efficaci si sono rivelati i probiotici e la vitamina D, soprattutto in interventi di alcuni mesi.
La disbiosi ha un ruolo chiave per cui anche gli altri interventi per modificare il microbiota possono essere utili (prebiotici e simbiotici), mentre per i postbiotici c'è incertezza.
La vitamina D per essere efficace deve essere inclusa in un mezzo lipidico (grasso).
Tra i grassi, gli omega 3 e l'olio di enotera hanno mostrato efficacia.
Le diete di esclusione hanno scarsi risultati pubblicati, possono esporre a carenze nutrizionali e a allergie negli anni successivi.