giovedì 20 dicembre 2018

Coloranti artificiali e loro sicurezza

I coloranti fanno parte degli additivi, e sono sostanze aggiunte al cibo di origine artificiale (o talvolta naturale) che conferiscono un colore diverso da quello originale. Ne esistono quindi di naturali (curcuma, cocciniglia) o artificiali (ossia prodotti con procedimento industriale chimico).
Li assumiamo spesso senza accorgercene, e i bambini con la loro alimentazione "moderna" sono tra i maggiori consumatori; il loro consumo è sicuramente in aumento.

In generale gli additivi non sono privi di effetti collaterali.
Poche settimane fa, in seguito ad una denuncia di un'associazione di consumatori, l'FDA americana ha messo al bando 7 additivi artificiali, ricordando che per una legge del 1938 qualsiasi sostanza sospettata di essere cancerogena non può essere messa nel cibo.

Si può essere allergici a coloranti presenti in cibi e farmaci? Secondo molti allergologi non sembra ci sia una vera e propria allergia, quindi il sistema immunitario non è coinvolto, ma le reazioni avverse non sono così rare. Una review dell'anno scorso invece ha evidenziato che le reazioni avverse ai
coloranti  possono coinvolgere anche il sistema immunitario, sono sia  IgE che non-IgE mediate, ma sono generalmente lievi, raramente portano ad anafilassi (reazione grave e sistemica). La prevalenza è generalmente bassa, ma sale nelle persone con altri tipi di allergie.


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Il loro consumo è sicuro?

Lo vediamo con stralci da un articolo di Healthline.com


"Attualmente la maggior parte dei coloranti artificiali deriva dal petrolio.
Molti di quelli sviluppati nel corso degli anni sono risultati tossici e tolti dal mercato.
L'industria spesso preferisce coloranti artificiali rispetto a caroteni o estratto di barbabietola perché i colori sono più accesi.
Tra le accuse che si muovono, cancerogenicità, allergie e iperattività nei bambini.
EFSA e FDA concludono però che non ci sono rischi significativi per la salute, anche se alcuni coloranti concessi in una nazione sono proibiti in altre. Attualmente si utilizzano 6 coloranti artificiali, ne sono stati banditi alcuni nel corso degli anni".

"Dagli anni '70 del secolo scorso un medico osservò che i coloranti artificiali potevano esacerbare l'iperattività nei bambini, ma non fu tenuto in grossa considerazione.
Studi successivi osservarono però che alcuni bambini predisposti, rimuovendo i coloranti, avevano effettivamente miglioramenti nel comportamento, e in particolare in uno di essi il 73% dei bambini con ADHD riduceva i propri sintomi eliminando i  coloranti artificiali.

Ci si trova sempre in quell'area grigia insomma in cui ciò che fa male ad alcuni ma è innocuo per altri viene definito sicuro.

In sintesi "Gli studi suggeriscono che esiste una piccola ma significativa associazione tra coloranti alimentari artificiali e iperattività nei bambini. Alcuni bambini sembrano essere più sensibili di altri".

Per quanto riguarda un eventuale legame coi tumori, "Il consumo di coloranti alimentari artificiali è in aumento, soprattutto tra i bambini. Consumare troppi coloranti alimentari contenenti contaminanti potrebbe rappresentare un rischio per la salute.
Tuttavia, con l'eccezione di Red 3 (eritrosina), attualmente non ci sono prove convincenti che i coloranti alimentari causino il cancro".
Gli studi sono comunque datati di alcuni decenni, e in questi anni si sono aggiunti molti additivi e contaminanti che potrebbero determinare un effetto sinergico.

Per quanto riguarda il legame con le allergie, "Alcuni coloranti alimentari artificiali, in particolare Blue 1, Red 40, Yellow 5 e Yellow 6, possono causare reazioni allergiche in individui sensibili", con diversi meccanismi.
Uno studio ha evidenziato che tra gli allergici che hanno gonfiore  e prurito, circa la metà peggiora se esposta a coloranti artificiali. In generale chi ha tendenze allergiche farebbe bene a evitarli.

In sintesi, vi sono alcuni timori nell'uso dei coloranti artificiali, ma attualmente l'evidenza che possano causare tumori è definita debole, e alle dosi di esposizione improbabile che possa succedere. L'allergia ai coloranti esiste ma si tratta di un fatto relativamente raro, ma che colpisce soprattutto chi abbia già allergie.
Il pericolo maggiore risulta quindi quello relativo ai comportamenti alterati nei bambini con predisposizione. Se notate comportamenti aggressivi o iperattività meglio evitarli.

C'è una nuova tendenza dell'industria a usare i coloranti naturali, visti come più sicuri, anche se in realtà possono raramente dare problemi anche loro.

La mia considerazione personale è di lasciare prevalentemente negli scaffali i prodotti dell'industria alimentare contenenti coloranti, anche perché spesso sono presenti in prodotti ricchi di zuccheri e grassi raffinati e poveri di nutrienti, soprattutto se abbiamo visto in passato che hanno favorito reazioni avverse che spesso dipendono dall'accumulo e dalla ripetitività dell'esposizione.

Aggiornamento 2/3/2019

La review di Vojdani sui coloranti artificiali: possono attivare infiammazione, reazione allergica, permeabilità intestinale, autoimmunità, crossreattività.

Aggiornamento 15/5/2019

Alcuni rischi legati ai coloranti secondo il Dr. Friedman



Aggiornamento 18/5/2019

Lo zafferano è efficace quanto il metilfenidato nel migliorare il comportamento dei ragazzi con ADHD in uno studio preliminare. L'effetto è dovuto forse alla riduzione dello stress ossidativo, spesso presente nei disturbi neurologici/comportamentali.

Aggiornamento 23/7/2019

Alcuni coloranti possono essere pericolosi per persone con carenza G6PD (quelli che chiamiamo fabici)

Aggiornamento 28/9/2019
In una popolazione cinese è stata rilevata una relazione lineare tra il consumo di bibite zuccherate e l'ADHD

Aggiornamento 10/9/2020

I coloranti per capelli sono inseriti nel gruppo dei probabili cancerogeni. Secondo una revisione degli studi non vi è prova certa che l' uso personale aumenti il rischio tumorale in generale. Un'associazione positiva è stata trovata per rischio di carcinoma basocellulare, alcuni tipi di cancro al seno, e cancro ovarico. Aumento del rischio di linfoma di Hodgkin in donne con capelli scuri, di carcinoma basocellulare in donne con capelli chiari. La genetica dell'N-acetiltransferasi (NAT1 e 2), enzima coinvolto nei processi di disintossicazione, potrebbe giocare un ruolo chiave

Aggiornamento 24/10/2020

Il consumo di bibite zuccherate (SSB) e zucchero è correlato con i comportamenti legati ad ADHD (deficit di attenzione e iperattività). "Si suggerisce che coloranti alimentari, conservanti o persino caffeina nelle SSB possano indurre effetti negativi sui sintomi dell'ADHD".

Aggiornamento 28/10/2020

Le tossicità di molti additivi, come biossido di titanio e altre nanoparticellle contenenti metalli sono ancora allo studio, per il loro effetto su microbiota, fegato, intestino e capacità di passare la barriera ematoencefalica e la capacità di creare stress ossidativo

Aggiornamento 12/12/2020

Gli effetti degli additivi alimentari sul microbiota, possono predisporre all'IBS

Aggiornamento 20/1/2021

Molti bambini con ADHD rispondono alla dieta, con dei miglioramenti nel comportamento. Questo forse perché il cervello tende a rispondere eccitandosi all'introduzione di alcuni cibi e in particolare il cibo spazzatura.
"Il programma di modifica della dieta sotto forma di aggiustamento dell'apporto energetico e di macronutrienti, con l'esclusione di additivi alimentari, glutine, latte e latticini, uova e cibi altamente contenenti salicilati e solfiti, insieme ai suggerimenti di educazione sanitaria (sonno regolare, tempo limitato per la TV) hanno migliorato i sintomi e il comportamento dei pazienti con ADHD come documentato dalla diminuzione dei punteggi della valutazione di Conner.

L'obesità ha un ruolo importante nell'influenzare iperattività, impulsività e problemi di apprendimento nei pazienti con ADHD. Il programma di modifica della dieta è riuscito a ridurre l'obesità e quindi i sintomi dell'ADHD.

L'assunzione limitata di carboidrati nella dieta (concomitante alla riduzione dei cibi con glutine, NdT) è molto efficace nel ridurre l'iperattività e i problemi di apprendimento nei pazienti con ADHD. L'assunzione di grassi ha mostrato un aumento significativo dopo aver seguito il programma di modifica della dieta che forse è uno dei motivi della diminuzione dell'iperattività. Infine, questo studio conclude il grande impatto della modifica della dieta sulla diminuzione dei sintomi dell'ADHD non solo per l'effetto diretto sull'iperattività e sui problemi di apprendimento, ma anche per la diminuzione del BMI che a sua volta migliora i sintomi nei pazienti con ADHD".

Aggiornamento 13/5/2021

I coloranti giallo arancio S (E110) e Rosso Allura AC (E129) possono essere responsabili di colite e IBD in topi che hanno alti livelli di interleuchina-23, in particolare se presenti alcuni batteri che li metabolizzano.
"I drammatici cambiamenti nella concentrazione di inquinanti dell'aria e dell'acqua e l'aumento dell'uso di alimenti trasformati e additivi alimentari nella dieta umana nel secolo scorso sono correlati con un aumento dell'incidenza di malattie infiammatorie e autoimmuni", ha detto l'autore dello studio Sergio Lira.

Aggiornamento 29/5/2021

Le nuove linee guida per la prevenzione delle allergie alimentari nei bambini.
In estrema sintesi, evitare l'uso di latte vaccino in formula come supplemento per i bambini allattati al seno nella prima settimana di vita; introdurre uova ben cotte, ma non crude o pastorizzate nella dieta del neonato come parte dell'alimentazione complementare; nelle popolazioni in cui vi è un'elevata prevalenza di allergia alle arachidi, introdurle in una forma adeguata all'età come parte dell'alimentazione complementare.
Le donne in gravidanza non devono eliminare i cibi allergizzanti, perché questo aumenta il rischio di allergia nel bambino.
Inoltre, non si sono pronunciati pro o contro gli omega 3, probiotici, prebiotici o le vitamine in gravidanza e allattamento

Aggiornamento 26/9/2021

Le allergie legate agli alimenti non mediate da Ig-E (o miste) sono prevalentemente reazioni gastrointestinali (malattie eosinofile in particolare esofagite, celiachia, enterocolite allergica indotta da proteine ​​alimentari (FPIES), enteropatia indotta da proteine ​​alimentari (FPE) e proctocolite indotta da proteine alimentari (FPIAP)) o dermatologiche (dermatite atopica) e spesso anche altri allergeni (inquinamento, irritanti, pollini ecc.) sono concausa.
Le diete di esclusione e quella a basso contenuto di istamina possono funzionare.
I fattori nutrizionali influenzano la tolleranza.
"Dopo che le fibre alimentari vengono metabolizzate, i derivati batterici, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA) e l'acido retinoico (RA), influenzano lo sviluppo e la funzione delle cellule FoxP3+ Treg attraverso l'interazione con le cellule epiteliali intestinali e le cellule dendritiche tollerogeniche (DC) con Cellule T CD4+ naive. L'attivazione e l'espansione delle cellule Treg promuovono la produzione della citochina regolatrice immunitaria, IL-10, che favorisce il cambio di classe delle cellule B da IgG1 a IgG4. Le cellule B IgG4 allergene-specifiche producono anticorpi ad alta affinità per gli allergeni alimentari, prevenendo le interazioni dell'allergene con le IgE legate ai mastociti. I fattori derivanti dal microbiota, come i cataboliti triptofano-indolo, possono attivare direttamente le cellule linfoidi innate attraverso il recettore degli arili (AhR), e indurre la produzione di IL-22, una citochina che promuove rigenerazione dell'epitelio intestinale e integrità della barriera" (riducendo la permeabilità intestinale che è alla base di molte malattie).
Invece l'esposizione a batteri infiammatori attiva le citochine che richiamano gli eosinofili, producono le Ig-E e promuovono il rilascio di istamina, alla base delle reazioni allergiche.
"In condizioni normali, solo quantità minime di antigeni alimentari (Ag) possono attraversare le barriere della mucosa attraverso la via paracellulare, un processo tipicamente associato allo sviluppo della tolleranza immunitaria. L'esposizione ad Ag di durata o entità inappropriata può portare a malattie immuno-mediate in soggetti geneticamente suscettibili.
Gli allergeni degli acari "sono in grado di interrompere le giunzioni strette intercellulari (TJ) e aumentare il traffico di Ag attraverso i monostrati epiteliali bronchiali. Questa proprietà, e in generale la capacità di indurre funzioni effettrici epiteliali, è condivisa con altri allergeni, inclusi alcuni allergeni alimentari, e trigger meno specifici come detergenti e microplastiche".
Alterazioni della permeabilità delle diverse mucose o epiteli (derma ecc.) sono sempre presenti nelle allergie.
"Come ampiamente documentato in numerosi studi condotti negli ultimi 20 anni, la composizione e la diversità delle comunità microbiche che rivestono tutte le superfici corporee, denominate collettivamente microbiota, rappresentano una variabile importante e critica nella regolazione della competenza barriera e delle risposte adattative e innate".
Escludere alimenti in gravidanza può favorire sbilanciamenti nel microbiota del bambino e aumento degli anticorpi legati alle allergie, mentre l'uso di probiotici riduce il rischio.

"Le reazioni alimentari non allergiche sono state anche definite come "ipersensibilità alimentare non allergica". Negli ultimi anni il termine “intolleranza” è stato spesso abusato per definire un'ampia gamma di disturbi legati all'assunzione di cibi diversi. Molteplici e autorevoli segnalazioni, sia scientifiche che istituzionali, chiedono con insistenza di rivedere la terminologia per collocare il complesso mosaico di questi disturbi nella più corretta definizione clinica di “reazioni avverse al cibo non immunologiche”.
L'esistenza e la prevalenza delle ipersensibilità tra cui glutine, istamina e glutammato, è tuttora dibattuto. L'assenza di test affidabili è un altro problema.
Le sensibilità a istamina, additivi e salicilati sono indipendenti dall'ospite. Quelle al lattosio, glutine (o grano) e FODMAP sono invece dipendenti dall'ospite.
Le linee guida NICE sul'intestino irritabile consigliano una dieta varia con esclusione degli alimenti trigger, e in secondo luogo la dieta FODMAP

Aggiornamento 9/2/2022

Gli additivi alimentari e in generale il cibo industriale (dolci conservati, carni processate, zuccheri e grassi aggiunti, dolcificanti) alterano il microbiota e favoriscono permeabilità e infiammazione intestinale, aumentando il rischio di malattie infiammatorie croniche intestinali.

Se fate del vostro intestino un cestino della spazzatura non rimaneteci male se poi non state bene

Aggiornamento 29/12/2022

Il colorante sintetico rosso allura (E129), usato per esempio nel bitter, può aumentare il rischio di morbo di Crohn. I topi esposti cronicamente a questa sostanza sviluppano colite.
Il meccanismo d'azione coinvolge un'interruzione dell'integrità della barriera epiteliale intestinale tramite la chinasi della catena leggera della miosina e la riduzione dello strato di muco, inoltre stimola la secrezione di serotonina del colon, modulando la composizione del microbiota intestinale e promuovendo la colite e le reazioni infiammatorie.

Aggiornamento 25/4/2023

Un gruppo di adolescenti ha consumato 30g di noci al giorno per 6 mesi, con una moderata aderenza al protocollo (ossia non sempre l'hanno fatto).
Si sono riscontrati miglioramenti nell'intelligenza fluida, nell'attenzione e nei sintomi di ADHD.
Secondo i ricercatori i grassi presenti nelle noci (acido alfalinolenico, omega 3) è capace di favorire la crescita di sinapsi con un migliore funzionamento e quindi migliori connessioni tra neuroni. Per i risultati l'aderenza ha contato molto e i ricercatori hanno concluso raccomandando una porzione per almeno 3 volte a settimana.

Aggiornamento 24/5/2024

L'orticaria cronica (CSU) è un disturbo che può non essere controllato dagli antistaminici in oltre la metà dei casi, ma può rispondere all'alimentazione.
I punti salienti di una revisione degli studi sono:

"L’allergia alimentare è una causa estremamente rara di CSU, mentre in alcuni pazienti può essere associata una sensibilità (intolleranza) alimentare (definita come pseudoallergia).
I componenti o le sostanze alimentari che possono provocare intolleranze alimentari sono chiamati pseudoallergeni. Questi sintomi sono reazioni di ipersensibilità che possono simulare vere reazioni allergiche e sono oggettivamente riproducibili in esposizioni ripetute. Tra gli pseudoallergeni degni di nota figurano alimenti ricchi di istamina o che attivano i mastociti come formaggio, pesce, frutti di mare, verdure come pomodori, frutta, cioccolato, alcol, alcuni farmaci, erbe e spezie, additivi alimentari come rosso cocciniglia, azorubina, carminio, rosso allura ed eritrosina. Questi prodotti alimentari possono innescare o peggiorare la CSU in modo dose-dipendente. Recentemente, diversi autori hanno segnalato che l'orticaria da contatto causata da alcuni alimenti può essere una causa di tali reazioni. L'intolleranza alimentare viene solitamente sospettata quando i sintomi clinici migliorano dopo 3 settimane di dieta di eliminazione rigorosa, o se i test provocativi orali (OPT) con sostanze implicate aggravano i sintomi

Nel complesso, le diete di eliminazione hanno prove inferiori rispetto alle diete integrate con alcuni supplementi come terapia aggiuntiva, poiché le prime mancano di studi randomizzati e controllati.

L’eliminazione degli additivi alimentari e le diete personalizzate possono essere utili in un sottogruppo di pazienti senza alcun test per predire la risposta, mentre integratori alimentari come vitamina D, diaminoossidasi (enzima degradatore dell'istamina) e probiotici possono essere utili in caso di carenze specifiche.

La restrizione generalizzata di alimenti, senza test di provocazione, è fortemente scoraggiata.

Le diete di eliminazione devono essere continuate per almeno 3 settimane per valutare la risposta, mentre in caso di carenze devono essere somministrati integratori alimentari finché i livelli sierici non ritornano normali".

In generale le maggiori evidenze sono per la dieta a basso contenuto di istamina, per quella personalizzata e per l'eliminazione degli additivi. Per gli integratori l'uso di vitamina D e probiotici e simbiotici.

La ricerca si conclude invitando a rivolgersi a un nutrizionista per la personalizzazione della dieta

Aggiornamento 25/7/2024

È possibile individuare nei neonati alcuni batteri e metaboliti che potrebbero essere segno di diagnosi di autismo (ASD) o ADHD negli anni successivi.
Tra i batteri, i Coprococcus sono protettivi mentre i Citrobacter aumentano il rischio.
Si è individuata anche una carenza di Akkermansia nei bambini con ASD, suggerendo che il suo effetto antinfiammatorio possa essere benefico e lo strato di muco importante per la salute nervosa. Anche i bifidobatteri, noti per favorire la produzione di dopamina, appaiono ridotti.
La disbiosi è inoltre presente negli anni successivi. "I dati indicano che la disbiosi non è esclusivamente il risultato di cambiamenti nella dieta post-diagnosi, ma piuttosto esisteva prima della diagnosi, fornendo preziose informazioni sullo sviluppo iniziale di queste condizioni. In molti casi, le differenze nel microbioma infantile indicavano sintomi precoci dell’umore e del tratto gastrointestinale anche a 2,5-5 anni".
Nel cordone ombelicale la carenza di acido linolenico (precursore degli omega 3 a lunga catena) è associato a maggiore rischio.
Alcune sostanze tossiche come i PFAS si trovano in maggiore concentrazione invece.
Altri fattori individuati sono: parto pretermine, infezioni, stress, uso di antibiotici (che alterano la flora), fumo da parte dei genitori e il genotipo HLA DR4-DQ8 (quello della celiachia, per capirci)

Questi dati aprono le porte ai legami ambientali con questi disordini neurologici e a diagnosi e misure preventive precoci. L'idea è che questi fattori alterino, in persone predisposte, il neurosviluppo, soprattutto aumentando infiammazione e stress ossidativo.
Ulteriori studi dovranno dimostrare la causalità delle associazioni.